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I criteri di valutazione

1.7 Struttura e criteri di liquidazione

1.7.2 I criteri di valutazione

La redazione del bilancio di esercizio, oltre all’individuazione delle entità attive e passive da iscrivere, comporta per molti cespiti patrimoniali (si pensi agli immobili o alle rimanenze di magazzino) anche il compimento di una serie di stime da parte degli amministratori, volte a determinarne con buone approssimazioni il valore da iscrivere in bilancio. Tale attività è alquanto delicata poiché coinvolge i margini di discrezionalità degli amministratori e riveste estrema importanza per la corretta determinazione del risultato economico dell’esercizio. Infatti- come meglio vedremo in sede di esame del reato di false comunicazioni sociali- sopravvalutazioni arbitrarie delle attività o sottovalutazioni arbitrarie delle passività incrementano artificiosamente l’utile di esercizio o ridimensionano le perdite. Viceversa, sottovalutazioni delle attività e sopravvalutazioni delle passività deprimono l’utile dando luogo alla formazione delle cc.dd. riserve occulte, cioè utili che la società ha conseguito, ma che dal bilancio non risultano per il gioco e l’influsso delle valutazioni.

Nella prospettiva di evitare o, comunque, contenere il pericoloso fenomeno, vengono, tra l’altro, fissati i già citati principi generali da osservare nelle valutazioni (quello della prudenza: articolo 2423 bis, n. 1; e quello della continuità nei criteri di valutazione: articolo 2423 bis, n. 6), nonché determinati (articolo 2426), con maggiore dettaglio, i criteri cui gli amministratori devono attenersi nelle valutazioni dei diversi cespiti. Criteri ancora oggi ispirati dal principio di prudenza- il criterio base accolto è infatti quello del costo storico ma molto più analitici del passato e, quindi, maggiormente suscettibili di ridimensionare la discrezionalità tecnica degli amministratori. Citiamoli brevemente. Le immobilizzazioni di ogni tipo (immateriali,

materiali e finanziarie) sono iscritte in bilancio al costo di acquisto o produzione (articolo 2426, n. 1).

Il valore delle immobilizzazioni materiali ed immateriali (non di quelle finanziarie), la cui utilizzazione è limitata nel tempo (ad esempio, macchinari e brevetti per invenzioni), deve essere, inoltre, sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene (articolo 2426, n. 2), attraverso la diretta riduzione del valore iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale. Se il costo storico è il criterio base di valutazione delle immobilizzazioni, regole particolari sono, tuttavia, dettate per alcune di esse. Le immobilizzazioni finanziarie costituite da partecipazioni in imprese controllate e collegate, anziché al costo, possono essere valutate col metodo del patrimonio netto, ossia, iscrivendo in bilancio un importo pari alla corrispondente frazione, opportunamente rettificata, del patrimonio netto della società partecipata risultante dall’ultimo bilancio della stessa (articolo 2426, n. 4).

I costi di impianto e di ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di pubblicità possono essere iscritti nell’attivo, con il consenso del collegio sindacale, solo se hanno un’utilità pluriennale.

L’avviamento può essere iscritto nell’attivo, con il consenso del collegio sindacale, solo se acquisito a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso sostenuto. Anch’esso deve essere di regola ammortizzato in un periodo non superiore a dieci anni (articolo 2426, n. 6). I crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo (articolo 2426, n. 8). Le attività e passività monetarie in

valuta sono iscritte al cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio; i conseguenti utili o perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l’eventuale utile netto è accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le attività e passività in valuta non monetarie devono essere iscritte al cambio vigente al momento del loro acquisto (articolo 2426, n.8 bis). Le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione (articolo 2426, n. 9). I lavori in corso su ordinazione possono essere, tuttavia, iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza (articolo 2426, n. 11), dato che in tal caso le oscillazioni del prezzo di mercato sono irrilevanti.

I criteri di valutazione fin qui esposti sono costantemente ispirati dal principio di prudenza e mirano ad evitare, come detto, che gli amministratori sopravvalutino i relativi cespiti patrimoniali , con conseguente esposizione in bilancio di utili più o 26 meno fittizi. E’ tuttavia normativamente imposto, come già evidenziato di derogare ai criteri di valutazione fissati, in presenza di casi eccezionali che rendano l’applicazione degli stessi incompatibile con l'esigenza di rappresentazione veritiera e corretta (articolo 2423, comma 4). Ricorrendo tale condizione, gli amministratori possono e

Così, in applicazione del principio in argomento, per fare un esempio, considerato che il costo di acquisto o di produzione è 26

il limite massimo di iscrizione delle immobilizzazioni, sarà necessario attestarsi al di sotto di questo limite se il valore del bene è di fatto inferiore; non è invece possibile superare quel limite anche se il valore di fatto è superiore. In questa seconda ipotesi, infatti, il maggior valore non si realizza se non con l’alienazione del bene, onde la sua iscrizione in bilancio darebbe luogo alla rappresentazione di un utile soltanto sperato 


debbono perciò attribuire ai beni un valore superiore a quello risultante dall’applicazione dei criteri sopra esposti, motivando però le singole deroghe nella nota integrativa. Inoltre, gli eventuali utili risultanti dalla deroga devono essere iscritti in un’apposita riserva non distribuibile fino a quando il maggior valore iscritto non sia stato realizzato per effetto dell’alienazione del bene o coperto da ammortamento.