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Il falso in bilancio, profili economico-aziendali e giuridici

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INTRODUZIONE

L’impresa può considerarsi come un insieme di forze complementari e interdipendenti guidate dal soggetto economico e rivolte al raggiungimento di un obiettivo atto a soddisfare i bisogni avvertiti dagli individui. Da questa definizione di impresa possiamo dedurre come essa sia predisposta a cambiamenti anche radicali nel tempo, in modo da adattarsi e adeguarsi al meglio al mondo esterno e, in particolare, alle esigenze dei soggetti che la circondano. Oggi, infatti, sempre più, l’impresa deve tener in considerazione le richieste degli stakeholders e deve dar loro conto del suo operato. Un documento che si presta a rendere pubblica l‟attività aziendale è indubbiamente il

Bilancio d’esercizio che, come l‟impresa, è cambiato nel tempo sia nella struttura che

nel tipo di informazione, per adattarsi alle esigenze e alle richieste dei soggetti interessati alla sua redazione. Con questa tesi, ci si vuole soffermare sull’informativa che il Bilancio d’esercizio è in grado di dare all’esterno e il percorso evolutivo che lo ha portato ad essere oggi un documento di informazione; tutto ciò attraverso l’analisi delle varie componenti che ne hanno influenzato i cambiamenti dal punto di vista normativo, dottrinale e giurisprudenziale.

Nel primo capitolo si discuterà sulle funzioni del bilancio, e delle recenti modifiche della Direttiva 34/2013 recepite con il decreto legislativo n. 139/2015, la quale manda in pensione, abrogandole, le direttive quarta e settima in materia di bilanci di esercizio e consolidati. Tra le novità più importanti c’è da rilevare il nuovo art 2423 cod.civ che impone l’obbligo della redazione in capo agli amministratori, oltre che dello Stato

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Patrimoniale Conto Economico e Nota Integrativa, del Rendiconto Finanziario non obbligatorio però per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e per le micro-imprese. Inoltre si analizza ciò che questo documento è chiamato ad assolvere: porre in evidenza il risultato economico della gestione in riferimento ad un determinato periodo e il patrimonio ottenuto; identificare nella funzione informativa del bilancio, in quanto si è notato che esso rappresenta uno strumento consuntivo e di controllo della gestione programmata, mentre per i terzi esterni all’impresa rappresenta l’unico documento di minima informazione comune. Dopo aver dato una panoramica sulla struttura e sulle componenti del Bilancio d’esercizio ed evidenziato quali sono i soggetti interessati a questo documento informativo, il secondo capitolo inizia a delineare il reato di falso in bilancio analizzando le caratteristiche e la fisionomia di tale fattispecie. Nella seconda parte di questo capitolo verranno analizzate alcune tecniche cosiddette “fraudolente” con le quali si innesca il falso in bilancio.

Nel terzo capitolo verranno analizzati alcuni elementi fondamentali della disciplina civilistica legata in particolar modo all’approvazione del bilancio e ai soggetti direttamente interessati e coinvolti.

Nel quarto capitolo andrò ad esporre e analizzare la nuova normativa sul falso in bilancio disciplinata dalla legge 27 maggio 2015 n.69,cosiddetta Legge

Anticorruzione.

Infine, l’ultimo capitolo pone in risalto gli effetti e le conseguenze del falso in bilancio nel fallimento.In conclusione possiamo rilevare come il bilancio civilistico miri a fornire una periodica conoscenza del risultato economico conseguito nell'esercizio e

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della consistenza quali-quantitativa del patrimonio aziendale. Questo documento è uno strumento fondamentale di informazione per tutti coloro che sono interessati all'andamento dell'impresa e che vogliono trovare nel bilancio civilistico un punto di partenza per valutarne lo stato di salute. In particolare, i creditori possono ricavare informazioni sulle prospettive di recupero dei propri crediti, i soci ricaveranno elementi per valutare come sono stati impiegati i capitali investiti nell'impresa e per trarre indicazioni sulla remunerazione attuale e prospettica del capitale stesso, i potenziali partner, i fornitori e le banche indicazioni sulla solidità finanziaria dell'impresa.

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CAPITOLO PRIMO

IL BILANCIO: FUNZIONI, PRINCIPI, STRUTTURA

1.1 Profili introduttivi

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 205 dello scorso 4 settembre del

D.Lgs. 139 del 18 agosto 2015, è stata data attuazione alla direttiva europea 2013/34/

UE “relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, per la parte relativa alla disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per le società di capitali e gli altri soggetti individuati dalla legge”, le cui disposizioni entrano in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applicano ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire da quella data.

Di conseguenza, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, le nuove regole trovano applicazione a decorrere dal bilancio relativo all’esercizio 2016, ma è chiaro che, ai fini comparativi, anche il bilancio 2015 dovrà essere adeguato alle nuove prescrizioni.

Le novità più importanti , elencate agli artt. 6 e 7 del D.Lgs. 139/2015, riguardano: 1 • i principi di redazione del bilancio:

con la modifica agli artt. 2423 e 2423-bis c.c. viene introdotta da un lato la possibilità di non rispettare gli obblighi previsti in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa di bilancio, laddove gli effetti della loro inosservanza siano irrilevanti ai R.BAUER-A.SERGIACOMO, il nuovo bilancio d’esercizio e consolidato, tutte le novità del D.lgs n.139/2015 applicabili ai 1

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fini della rappresentazione veritiera e corretta (sempre in presenza di una tenuta regolare delle scritture contabili) e dall’altro viene eliminato il riferimento alla funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo a favore della sostanza dell’operazione e del contratto;

• gli schemi di bilancio:

con la modifica agli artt. 2424 e 2425 c.c. sono apportate una serie di novità allo stato patrimoniale e al conto economico.

Per quanto riguarda lo schema di stato patrimoniale:

• le azioni proprie non vanno più indicate tra le immobilizzazioni o nell’attivo circolante ma a diretta riduzione del patrimonio netto tramite l’iscrizione di una specifica voce di segno negativo;

• i costi di ricerca e pubblicità non vanno più indicati tra le immobilizzazioni. Sono pertanto capitalizzabili solo i “costi di sviluppo” (B.I.2);

• tra le immobilizzazioni (finanziarie e crediti), l’attivo circolante (crediti) e debiti è richiesta l’indicazione dei rapporti con imprese sottoposte al controllo delle controllanti;

• tra le voci del patrimonio netto è stata introdotta voce VII – Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi;

• non vanno più riportati in calce allo stato patrimoniale i conti d’ordine, le cui informazioni sono da riportare in Nota integrativa.

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Per quanto riguarda il conto economico:

• nella macroclasse C) Proventi e oneri finanziari, vanno indicati separatamente i proventi e gli oneri derivanti da imprese sottoposte al controllo delle controllanti;

• sono state aggiunte voci specifiche per i derivati;

• è stata eliminata la macroclasse E) relativa all’area straordinaria: i proventi e gli oneri straordinari vanno ora indicati, se di ammontare apprezzabile, nella Nota integrativa;

• i criteri di valutazione, prevedendo che l’avviamento va ammortizzato secondo la sua vita utile e, se in casi eccezionali non è possibile stimarla, entro un periodo non superiore a dieci anni e introducendo il fair value per la 2

valutazione dei derivati;

• la Nota integrativa, prevedendo principalmente che le informazioni sulle voci di stato patrimoniale e conto economico vadano presentate secondo l’ordine delle voci nei rispettivi schemi, e che i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio siano illustrati in tale documento e non più nella Relazione sulla gestione.

Una delle novità più importanti è la previsione dell’art. 6 co. 2 del decreto in commento che introduce l’obbligo di predisposizione del rendiconto finanziario.

Secondo il principio IFRS 13 il fair value è il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si 2

pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione nel mercato principale (o più vantaggioso) alla data di valutazione, alle correnti condizioni di mercato (ossia un prezzo di chiusura), indipendentemente dal fatto che quel

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Il nuovo art. 2423 c.c. al primo comma stabilisce che gli amministratori devono redigere il bilancio d’esercizio costituito da: 3

• stato patrimoniale, • conto economico, • rendiconto finanziario e • nota integrativa . 4

Il contenuto e le caratteristiche del rendiconto finanziario sono individuate dal nuovo art. 2425-ter c.c., secondo cui, dal rendiconto finanziario devono risultare, per l’esercizio in chiusura e per quello precedente:

• l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide all’inizio e alla fine dell’esercizio;

• i flussi finanziari dell’esercizio derivanti dall’attività operativa, di investimento e di finanziamento (ivi comprese con autonoma indicazione le operazioni con i soci).

La redazione del rendiconto finanziario non è obbligatoria per le società che redigono il bilancio in forma abbreviata e per le nuove c.d. micro-imprese.

Per ciò che attiene al tipo ordinario di bilancio, ossia al bilancio di esercizio, nulla è cambiato rispetto alla precedente normativa; esso deve essere redatto dagli amministratori (articolo 2423, comma 1, c.c.) ed approvato dall’assemblea ordinaria

Sull’evoluzione storica ed i significati del termine “bilancio”, cfr., in particolare, CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci. 3

Formazione ed interpretazione dei bilanci commerciali, 1961, pagg. 3 e seguenti.


E’ uno dei due documenti in cui si scinde la precedente “relazione degli amministratori”. L’altro, che a

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differenza della nota integrativa non forma parte integrante del bilancio, ma semplicemente lo “correda”, è la relazione sulla gestione.

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(articolo 2364, comma 1, n.1, c.c.) “che deve essere convocata almeno una volta all’anno, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale” (articolo 2364, comma 2, c.c.). Norme queste dalle quali si desume che l’attività sociale, ai fini della rappresentazione contabile del suo svolgimento, è distinta in “esercizi” della durata di un anno e che lo strumento di tale rappresentazione è costituito, appunto, dal bilancio. Di bilancio può, tuttavia, parlarsi anche con riguardo a documenti, denominati bilanci straordinari, volti alla descrizione e quantificazione dei componenti del patrimonio in momenti particolari della vita dell’impresa e per finalità diverse dalla determinazione del risultato di periodo. Le principali differenze tra il bilancio di esercizio - che costituisce la tipologia più rilevante di bilancio, anche in considerazione della sistematica frequenza (periodicità annuale) con la quale deve essere compilato dalle imprese- ed i bilanci straordinari attengono a vari profili ed, in particolare, allo scopo principale (da individuarsi nella determinazione, rispettivamente, del risultato economico di periodo o della composizione ed ammontare del patrimonio sociale in determinati momenti della vita dell’impresa), ai criteri di iscrizione e valutazione (nel primo caso, i criteri previsti dagli articoli 2423 e ss. c.c., nel secondo, criteri congrui rispetto agli scopi che con i bilanci straordinari si vogliono perseguire) e, come già evidenziato, al momento ed alla frequenza della loro redazione (alla fine di ciascun esercizio o in momenti particolari della vita dell’impresa). Accanto al bilancio di esercizio ed ai bilanci straordinari - questi ultimi previsti, come il primo, dal codice civile, anche in modo implicito - sono da annoverare i cc.dd. bilanci ordinari

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infrannuali , che hanno scopi e contenuti analoghi a quelli del bilancio di esercizio e 5

vengono redatti con riferimento ad una data intermedia dell’esercizio; nonché l’importante categoria del bilancio consolidato. La regolamentazione giuridica del bilancio di esercizio risale, nel nostro ordinamento, al codice civile del 1942, con le successive modifiche introdotte dalla riforma del 1974, che sintetizzava in un’unica norma (il vecchio articolo 2423 c.c.), di carattere generale ed introduttivo, l’enunciazione del contenuto, delle finalità, dei principi ordinatori del bilancio, dedicando, poi, tutte le successive norme direttamente all’individuazione dei contenuti dello stato patrimoniale e del conto dei profitti e delle perdite. Le finalità andavano individuate nell’esigenza che dal bilancio risultassero la situazione patrimoniale della società e gli utili conseguiti o le perdite sofferte . 6

I bilanci ordinari infrannuali si differenziano dal bilancio d’esercizio, dal punto di vista della struttura e del contenuto, 5

soltanto per alcune semplificazioni nella loro forma e per il fatto di attenere ad un periodo amministrativo di durata inferiore a quello normale di dodici mesi (fatta eccezione per il bilancio della società controllata da consolidare, alla data di riferimento del bilancio consolidato: articolo 30, comma 3, D. Lgs. 127/1991). Inoltre, per alcuni di essi il conto economico non sarebbe indispensabile. Rientrano nella categoria, tra gli altri - in aggiunta al bilancio della società controllata da consolidare di cui si è già fatto cenno- i seguenti bilanci ordinari infrannuali: 


-  bilancio per la rilevazione del capitale esistente, in caso di emissione di obbligazioni nelle società azionarie (obbligatorio, secondo una parte della dottrina, ex articolo 2410, comma 1, c.c.);

-  bilancio per la dimostrazione dell’entità del capitale, in ipotesi di riduzione dello stesso perché esuberante (richiesto, secondo una parte della dottrina, dall’articolo 2445 c.c.);

-  bilancio per la rilevazione di perdite (ex articoli 2446 e 2447 c.c.);

-   bilancio per la determinazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società ai fini della distribuzione di acconti sui dividendi (ex articolo 2433 bis, comma 5, che parla in proposito di “prospetto contabile“);

-  bilancio di chiusura della società trasformata, della società fusa e della società scissa, obbligatori per una corrente di pensiero, nonché ai sensi della normativa tributaria sulle imposte sui redditi;

-  situazione patrimoniale nelle fusioni e scissioni (ex artt.2501 ter e 2504 novies). 


L’ulteriore potenziamento del documento in analisi si ha riguardo, in particolare: 6

- ai bilanci di liquidazione: iniziale (articolo 2277 c.c.), intermedi e finale (articoli 2311 e 2453 
 c.c.); 


- al bilancio di trasformazione (articolo 2498, comma 2, c.c.), che costituisce il bilancio d’apertura 
 della società risultante dalla trasformazione, e bilancio d’apertura dopo la trasformazione 


(obbligatorio per una parte della dottrina); 


- al bilancio per la determinazione del rapporto di cambio fra azioni e/o quote nelle fusioni e nelle 
 scissioni e al bilancio d’apertura del complesso unificato dopo la fusione o della società 


beneficiaria dopo la scissione; 


- al bilancio di cessione (previsto implicitamente, secondo alcuni autori, dall’articolo 2278, comma 
 1, c.c., per il caso di vendita in blocco dell’azienda durante la procedura di liquidazione); 


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I principi ordinatori, che rappresentano le modalità con cui gli obiettivi del documento devono essere raggiunti, erano espressi nei termini “chiarezza e precisione”. La portata di precetto generale della norma in argomento era (ed è tuttora) generalmente riconosciuta, tanto da farne il fondamentale termine di paragone per giudicare della corretta applicazione delle singole disposizioni di legge, in materia di classificazione e di valutazione di bilancio. Era stata, infatti, abbandonata la tesi iniziale di una parte della dottrina che ne riconosceva semplicemente una funzione di rinvio alle successive disposizioni applicative in tema di criteri di classificazione e di principi di valutazione. La lacuna normativa fra la disposizione introduttiva di carattere generale e le specifiche regole applicative dava luogo, conseguentemente, ad un’intensa elaborazione dottrinale che portava al formarsi di una teoria del bilancio ben più articolata e strutturata di quanto non potesse emergere dal sintetico dettato normativo sul punto, e sulla quale si tornerà nel prosieguo.

1.2 Funzione del bilancio

Prima di passare ad esaminare più nel dettaglio la disciplina del bilancio , è opportuno 7 affrontare il tema della funzione di detto documento, che, per molti anni, ha suscitato intense discussioni tra aziendalisti e studiosi del diritto. In estrema sintesi, due possono essere considerate le principali posizioni espresse sul punto: quella dei sostenitori della finalità tecnico-operativa del bilancio e quella degli studiosi inclini ad individuare “ Di bilancio si puo’ parlare anche come di un documento amministrativo, cioè legato alla ricerca di conoscenze in 7

un‟azienda per favorirne la razionale conduzione, ma indipendentemente dal particolare contenuto. Si risale, in tal caso, alle questioni relative al primigenio significato del bilancio come saldo di un conto e, in generale, alla pura tecnica delle scritture che conducono alla compilazione di un bilancio qualsivoglia. Il secondo pone l‟accento sul significato di sintesi che ogni bilancio porta con sé. A prescindere dal variabile contenuto, di cui si dirà più avanti, e dalla sua struttura ogni bilancio è un documento di sintesi sia perché utilizza un complesso di grandezze per esprimere uno od alcuni risultati o giudizi sullo svolgimento aziendale sia perché, di solito, riunisce e classifica i dati elementari in classi omogenee di cui pone in evidenza i

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nell’elemento conoscitivo la funzione specifica del documento. Per i primi, il bilancio è essenzialmente rivolto alla determinazione del risultato economico dell’esercizio, onde impedire un’eventuale distribuzione di utili non effettivamente realizzati. Per i secondi, invece, è da riconnettere primaria importanza alla finalità informativa del bilancio medesimo, inteso, quindi, come documento fondamentale destinato a fornire tanto ai terzi quanto ai soci una serie di sistematiche informazioni in ordine alla situazione economica ,finanziaria e patrimoniale dell’impresa. Quest’ultimo orientamento, che pone l’accento sulla finalità informativa, è stato accolto dalla giurisprudenza e dalla dottrina giuridica, ancorché non unanime, ed è oggi prevalente e sostanzialmente fatto proprio anche dalla dottrina aziendalistica, che sottolinea, appunto, la funzione di obbiettiva informazione dei soci e dei terzi propria del bilancio di esercizio . 8

In realtà, il primo filone di pensiero, pur non avendo tralasciato di considerare la funzione informativa del bilancio, ha ritenuto prevalente la sua valenza interna alla compagine societaria. Conseguenza pratica di tale impostazione è stata l’accentuazione dell’importanza degli aspetti di veridicità sostanziale a scapito dell’esigenza di chiarezza dei dati di bilancio. Il contrapposto indirizzo, invece, muovendo dalla non trascurabile considerazione che le società di capitali intessono ormai molteplici relazioni con vari soggetti economici, è pervenuto a riconoscere alle norme sul bilancio il compito, affatto secondario, di tutelare tutti coloro i quali potenzialmente siano in grado di interagire con la società. Da qui la primaria esigenza di garantire anche la leggibilità e la chiarezza delle informazioni, che vengono così a rivestire

PODDIGHE F. (a cura di), "Profili di Economia Aziendale e di Ragioneria", Cedam, Padova, 2003. 8

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un’importanza fondamentale, pur se considerate indipendentemente dalla veridicità sostanziale del risultato finale dell’esercizio.

In altri termini, poiché la società non riveste interesse soltanto per chi vi partecipa, ma 9 è in grado di influenzare le scelte finanziarie ed imprenditoriali di vari soggetti che si muovono nel mercato, occorre assicurare un adeguato livello di correttezza e completezza delle informazioni riguardanti i risultati della sua attività e la solidità del suo patrimonio. In tal modo, naturalmente, non si intende affatto disconoscere o minimizzare l’altrettanto importante funzione svolta dal bilancio all’interno della società, con particolare riferimento, ad esempio, alla disciplina che regola la distribuzione degli utili. Quello che, invece, si vuole rimarcare è come la centralità ormai riconosciuta alla funzione informativa ricada sia sul versante interno che su quello esterno alla società e come, in un sistema così costruito, non vi sia più spazio per affermare la validità di un bilancio che presenti caratteristiche di oscurità tali da non consentire la leggibilità del documento da parte di tutti i soggetti cui è destinato, pur se ciò non dovesse riverberarsi sul suo contenuto sostanziale.

Resta, perciò, attuale l’affermazione secondo cui il legislatore, con il prescrivere l’obbligo, per gli amministratori della società, di redigere il bilancio di esercizio e di renderlo pubblico mediante il deposito nel Registro delle Imprese, ha assegnato al bilancio medesimo la funzione di accertare periodicamente la situazione patrimoniale

L’articolo 2217 c.c. prescrive all’imprenditore commerciale (non piccolo) di redigere all’inizio dell’esercizio dell’impresa e, 9

successivamente ogni anno, l’inventario, che “deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee all’impresa”(comma 1).

L’inventario “si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite” (comma 2, primo periodo).


La redazione del bilancio, in tale ipotesi, assolverebbe una funzione analoga a quella riconducibile alla tenuta della contabilità in generale, ossia approntare uno strumento di (eventuale) controllo sull’attività dell’imprenditore a tutela dei suoi creditori, per il caso di insolvenza (infatti, solo nell’ambito di una procedura concorsuale l’omessa o irregolare tenuta della contabilità può essere rilevata e può dar luogo a sanzioni, ex articoli 216 e 217 L.F.).

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ed economica della società e di portare tale accertamento a conoscenza anche dei terzi, per la tutela di un interesse che trascende quello particolare dei singoli soci. Il che vale a porre in evidenza come, relativamente al bilancio, vi sia, da parte del sistema normativo, la preoccupazione, non soltanto di soddisfare esigenze organizzative interne alla compagine sociale, ma anche ed in particolar modo di garantire ampie forme di trasparenza ai conti dell’impresa, in vista ed in funzione di un interesse pure esterno alla società, identificabile con quello alla corretta informazione del mercato. Nell’attuale legislazione sul bilancio è, dunque, riconfermata la funzione di oggettiva informazione di detto documento, funzione oramai espressa con la pregante locuzione “rappresentazione veritiera e corretta” (articolo 2423, comma 2, c.c., di cui meglio si dirà nel prosieguo). Tale obbiettiva informazione è in funzione dell’interesse dei soci, dei terzi e della stessa società, nonché della collettività nel suo insieme, che riconnette importanza al regolare funzionamento delle imprese nell’ambito dell’economia nazionale . 10

1.3 Discipline interessate alla formazione del bilancio

La formazione del bilancio di esercizio, nelle sue varie parti, costituisce argomento d’interesse per discipline economiche e giuridiche, quali, in particolare, la ragioneria e l’economia aziendale da una parte, il diritto commerciale dall’altra. Siffatte discipline, ed in special modo, la ragioneria, hanno da tempo elaborato vari principi e precetti utili “ Quando si dice che il bilancio commerciale è il procedimento tecnico di determinazione e rappresentazione dell‟utile o 10

della perdita di esercizio dell‟impresa a cui si riferisce, non s‟intende soltanto di precisare il significato dell‟espressione, ma altresì di fissare lo scopo in ordine al quale un simile bilancio viene redatto [...] Quando si dice che il bilancio di esercizio deve rispondere al duplice scopo di determinare il reddito e di accertare lo stato patrimoniale dell‟azienda, si tengono presenti e la necessità pratica della distribuzione degli utili, e la necessità amministrativa di studiare e controllare l‟andamento d‟impresa” A. CECCARELLI, Il linguaggio del bilancio, 1968, p. 12

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ai fini della redazione dello specifico documento, soprattutto per ciò che attiene l’iscrizione in esso degli elementi patrimoniali e dei componenti del reddito d’esercizio, la loro denominazione e classificazione e la loro valutazione.

Vi è tuttavia un problema di contrasto fra norme giuridiche ed economico-contabili in tema di formazione del bilancio. La situazione viene, poi, ad acuirsi ulteriormente per l’esistenza di norme fiscali che correlano la determinazione della base imponibile da assoggettare alle imposte sui redditi al risultato economico evidenziato dal bilancio redatto secondo le norme del codice civile, dettando nel contempo disposizioni sulla quantificazione di vari componenti del reddito e sulla loro iscrizione nel conto economico che sono, per alcuni profili, in disarmonia con le disposizioni del codice civile e con i principi contabili. Relativamente a tale aspetto, si sostiene in dottrina che il bilancio di esercizio- dopo l’attuazione della IV Direttiva CEE, l’eliminazione dallo schema di conto economico dell’articolo 2425 delle voci 24 e 25 e la previsione, nell’articolo 2426, comma 2, dell’effettuazione di rettifiche di valore esclusivamente in applicazione di norme tributarie- vada compilato tenendo conto soltanto delle disposizioni del codice civile integrate dai principi contabili, italiani ed internazionali (dell’I.A.S.B.) che siano “corretti”, ossia congruenti con i principi giuridici e non in contrasto con essi. Su tali basi, continua ad osservarsi, “le disposizioni tributarie non dovranno influenzare, dunque, né la compilazione dello stato patrimoniale, né la redazione del conto economico”.

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1.4 Chiarezza, verità e correttezza 1.4.1 Aspetti introduttivi

Esaminati i profili generali e le finalità del bilancio, occorre ora compiere una breve analisi delle norme di più diretto interesse in tema di disciplina del bilancio. In via preliminare, va sottolineato come la redazione di un bilancio non sia affatto un’operazione che possa compiersi seguendo regole e principi esaustivi, alla stessa stregua di quanto può, ad esempio, accadere nelle scienze sperimentali. La determinazione del reddito di esercizio e della composizione quali-quantitativa del patrimonio sovente presuppone, infatti, la considerazione di elementi non sempre caratterizzati dalla certezza, bensì soggetti spesso ad una valutazione e ad una interpretazione di carattere soggettivo.

La dottrina economico-aziendale ha classificato i valori di bilancio distinguendoli tra valori certi, stimati e congetturati . Al riguardo, possiamo sinteticamente osservare 11

come proprio gli elementi a contenuto valutativo siano quelli a causare maggiori problemi anche sul piano giuridico, in particolare sotto il profilo della cosiddetta verità del bilancio. In tale contesto, è stato rilevato che le norme di legge in tema di bilancio- che presentano minore genericità rispetto a quelle previgenti, in conseguenza soprattutto del recepimento di taluni principi contabili- non possono prescrivere le condizioni di verità di un bilancio, ma soltanto stabilire la correttezza o meno di un comportamento contabile. Infatti, non sarebbe logicamente possibile né epistemologicamente accettabile contrapporre una verità giuridica ad una verità fattuale. La consapevolezza, da un lato, dell’estrema difficoltà, se non impossibilità, di

QUAGLI A., Bilancio di esercizio e principi contabili, Giappichelli, Torino, 2004. 11

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pervenire ad una verità oggettiva nella redazione del bilancio, e, dall’altro, 12 dell’ineludibile necessità di rilevazioni il più possibile rispondenti alla realtà, ha inevitabilmente suscitato vivo interesse per la c.d. clausola generale, contemplata, come visto, nell’articolo 2423, comma 2, c.c., che costituisce la norma di riferimento di tutta la disciplina.

La norma testé citata- con la quale si dispone che “il bilancio deve essere redatto con

chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società ed il risultato economico dell’esercizio”- ha sostituito la

formula “chiarezza e precisione” contenuta nel precedente testo dell’articolo 2423. A questo punto ci si può chiedere se le due espressioni “chiarezza e precisione”, da un lato, e “rappresentazione veritiera e corretta”, dall’altro, abbiano o meno la stessa portata ed, inoltre, se la qualificazione come “clausola generale” vada attribuita ad entrambe oppure soltanto alla seconda. Per quanto attiene a quest’ultimo profilo, pur registrandosi qualche opinione contraria, l’orientamento generale, anche della giurisprudenza, è quello di riconoscere ad entrambe le citate espressioni la caratteristica di “clausola generale”.

Con riferimento, poi, all’altra questione, quella relativa alla portata delle due formule, c’è da rilevare come sul punto, al momento di recepire la Direttiva, alcuni autori si siano espressi per la portata innovativa delle nuove disposizioni ed altri, invece, abbiano sostenuto “l’identità sostanziale di significato” delle due formule. I sostenitori del primo filone di pensiero considerano la verità come un principio sostanziale,

[...]l‟uso dell‟aggettivo veritiero, riferito al rappresentare la situazione patrimoniale, economica e finanziaria, non significa 12

pretendere dai redattori del bilancio - ne’ promettere ai lettori di esso - una verità oggettiva di bilancio, irraggiungibile con riguardo a valori stimati, ma richiedere che i redattori del bilancio operino correttamente le stime e ne rappresentino il

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rispetto al quale la chiarezza e la precisione si pongono come uno strumento da utilizzare nella redazione del bilancio. Verità, da un lato, e chiarezza e precisione, dall’altro, sono stati considerati come operanti su due piani diversi e non raffrontabili tra loro.

Di conseguenza, si è giunti a riconoscere al principio di verità un contenuto fortemente innovativo per il nostro ordinamento. Il contrapposto indirizzo, invece, anche se con qualche diversità di opinione su particolari aspetti, muovendo dal presupposto della insussistenza di effettive differenze tra le norme in argomento, si è posto addirittura il problema se fosse necessaria o meno una modifica alla legislazione sul bilancio per attuare principi ritenuti sostanzialmente già presenti nelle disposizioni in vigore. In ogni caso, secondo questa impostazione- pur non ravvisandosi un preciso obbligo per il legislatore nazionale di dare attuazione specifica alla Direttiva, stante già l’esistenza di una normativa interna idonea allo scopo - era tuttavia consigliabile recepire le locuzioni richieste dalla Comunità, per scongiurare il pericolo di essere considerati inadempienti. Al riguardo, è da dire che appare senz’altro riconoscibile un contenuto significativamente innovativo nelle sopravvenute disposizioni, soprattutto nella parte in cui è stata resa esplicita una richiesta, di verità appunto, che nel previgente impianto normativo poteva essere considerata soltanto implicita, orientando, così, in modo decisamente più chiaro, l’attività di redazione del bilancio. Il quesito postoci andrebbe, quindi, riformulato nel senso di chiedersi se, con le nuove norme, cambi oppure rimanga la stessa la richiesta fatta dalla legge al redattore del bilancio e, conseguentemente, al bilancio medesimo.

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Al riguardo, potrebbe rispondersi che, dal punto di vista sostanziale, la richiesta non cambi, mentre, dal punto di vista formale, essa risulti specificata, ampliata, e forse resa più alta dall’esplicito richiamo al principio di verità. Ciò premesso, è da dire, poi, sempre sul piano generale, che, con riferimento alle espressioni “chiarezza, verità e correttezza”, contenute nel più volte citato articolo 2423, comma 2, c.c., si è sviluppato un ampio dibattito tra gli studiosi della materia.

In via preliminare, va precisato che la specifica locuzione rappresenta sostanzialmente la traduzione della formula anglosassone “true and fair view”. Questa formula è stata introdotta nell’ordinamento inglese con il Companies Act del 1948 . La dottrina 13 anglosassone da sempre considera questo principio generale indeterminato ma preminente su ogni altra disposizione specifica in tema di bilancio. In realtà, il legislatore britannico ha inteso, ab origine, configurare la regola basilare in materia - quella del “true and fair view”, appunto - come una clausola generale, optando consapevolmente per una formula indeterminata. E ciò in perfetta coerenza con un sistema incline a conferire particolare rilevanza alle clausole generali ed a riconoscere ai principi contabili generali, come quelli della continuazione dell’impresa (going

concern) , della continuità dei bilanci (consistency), il ruolo fondamentale di 14

integrazione e precisazione della portata della regola generale. Differente era, invece,

Con il Companies Act del 1948 si sanciva testualmente l’obbligo, per i redattori del bilancio, di fornire “a true and fair 13

view of the state of the affairs of the company as at the end of financial year”, e, per quanto attiene al conto economico, “a true and fair view of the profit and loss of the company for the financial year”. 


“la correlazione sostanziale tra l‟aspetto finanziario e l‟aspetto economico delle operazioni aziendali, curata per formare 14

bilanci di esercizio che nello stato patrimoniale e nel conto perdite e profitti accolgano valori di capitale netto e di reddito di competenza economica dell‟esercizio, non può essere ottenuta nell‟ambito di un solo bilancio [...] ciò vale a dimostrare come la competenza economica dei valori di capitale e di reddito di un bilancio di esercizio implichi decisioni basate sulla considerazione di tempi fisici più lunghi del periodo di bilancio, di tempi che inquadrino l‟esercizio con esercizi passati e con

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per il particolare profilo, la tradizione tedesca ed, in qualche modo, anche quella italiana, caratterizzata da molti aspetti in comune con la prima.

I sistemi continentali, infatti, erano improntati ad una forte accentuazione delle disposizioni specifiche. La dottrina, inoltre, tendeva a minimizzare l’importanza delle norme di carattere generale pur contemplate dalle rispettive legislazioni. I diversi assetti normativi nei vari Paesi europei hanno inevitabilmente condizionato sia la stesura della Direttiva comunitaria- il cui testo si presenta come una soluzione di compromesso tra clausola generale e specifiche disposizioni, contemperando entrambe le esigenze- sia il recepimento nei singoli sistemi nazionali della Direttiva medesima; recepimento che ha presentato non poche difficoltà.

1.4.2 Chiarezza

La precedente formulazione dell’articolo 2423 c.c. faceva riferimento, come già accennato, alla locuzione “chiarezza e precisione”, che veniva intesa come corrispondente a quella di “evidenza e verità” (articolo 176 codice commercio e articolo 2217 c.c. ), richiamando, quanto alla “chiarezza”, il contenuto e la struttura del documento, e, quanto alla precisione, i criteri valutativi di bilancio. Nel nuovo contesto legislativo è, tuttavia, ritenuto che il principio di “chiarezza” assuma un significato lievemente diverso rispetto a quello che aveva in precedenza. Si ritrovano, infatti, nell’attuale assetto normativo, norme che rappresentano una specificazione di tale principio. In proposito, sono da menzionare gli articoli: 2423 ter, comma 2, c.c., che consente di redigere il bilancio con maggiore analiticità rispetto allo schema di cui agli articoli 2424 e 2425; 2423 ter, comma 3, il quale, addirittura, impone tale maggiore

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analiticità quando l’ulteriore suddivisione costituisca “informazione necessaria” ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta.

Il principio di chiarezza risulta, pertanto, esaltato rispetto al passato. Infatti, oltre ad 15 essere tradotto in norme specifiche, esso continua ancora ad essere enunciato come clausola generale.

In dottrina c’è chi ha ricondotto la “chiarezza ” in un’ampia nozione di intellegibilità, 16 considerata il precipuo scopo della redazione del bilancio di esercizio. In ogni caso, a parte le distinzioni tra chiarezza intrinseca ed estrinseca, particolare e generale, appare evidente come il significato reale di questo principio risieda nella “facile comprensibilità” del documento di cui trattasi, documento che deve essere redatto in guisa che, rispettando le precise disposizioni di struttura normativamente sancite, il destinatario possa facilmente ritrovare l’informazione laddove legittimamente si aspetta di trovarla. La chiarezza è inerente, in sostanza, alle modalità di rappresentazione ed evidenziazione dei valori e delle diverse informazioni, contabili ed integrative, circa la situazione economica, patrimoniale e finanziaria. Il bilancio può considerarsi chiaro quando reso intelligibile attraverso il rispetto dell’ordine e della classificazione dei valori previsti dagli articoli 2424, 2425 c.c., l’evidenziazione separata dei singoli componenti del capitale e del reddito (articolo 2423 ter, comma 1), il rispetto del divieto del compenso di partite (articolo 2423 ter, comma 6).

“con il termine di chiarezza i principi contabili nazionali (OIC) affermano che il bilancio deve essere comprensibile e deve 15

perciò essere analitico e corredato dalla nota integrativa che faciliti la comprensione e l‟intelligibilità della schematica simbologia contabile. Tuttavia l‟informativa fornita non deve essere eccessiva e superflua (principio contabile OIC 11, bilancio d‟esercizio-finalità e postulati)” M.S. AVI, Come evitare le invalidità del bilancio, 2007, pag. 122....lo stesso concetto viene riaffermato anche nel Framework degli IAS al paragrafo num. 25.

“Si può quindi affermare che la chiarezza debba essere contraddistinta da tre peculiarità inscindibili; 1) chiarezza 16

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La chiarezza riguarda, naturalmente, i quattro documenti contabili previsti dalla legge, ossia lo stato patrimoniale, il conto economico, il rendiconto finanziario ( nei casi previsti) e la nota integrativa (che è parte integrante del bilancio).

Tuttavia, pur in assenza di una esplicita previsione normativa, è da ritenere che anche le relazioni sulla gestione (che ora confluisce nella nota integrativa) e le relazioni dei

sindaci debbano osservare il principio della chiarezza, posto che se le stesse fossero

totalmente inidonee a trasmettere le informazioni nelle medesime contenute, sarebbero del tutto inutili. Considerando, infine, che il legislatore ha configurato un sistema rigido di specifiche disposizioni, può argomentarsi che il rispetto delle disposizioni stesse non dovrebbe condurre alla redazione di un bilancio non chiaro. Peraltro, ciò può desumersi anche dalla circostanza che soltanto ai fini del soddisfacimento dei principi di verità e correttezza e non già di quello della chiarezza è previsto un apposito sistema di deroghe. Impostazione, questa, dovuta, appunto, al fatto che il rispetto del principio della chiarezza dovrebbe scaturire, come detto, dalla “mera” osservanza dell’apposita disciplina, che, in quanto inerente ad un principio meno indeterminato degli altri due per caratteristiche intrinseche, meglio si presta ad essere più articolata e dettagliata.

1.4.3 Verità e correttezza

Quanto al principio della rappresentazione veritiera, è da evidenziare, preliminarmente, che il riferimento alla verità del bilancio non è una novità assoluta per il nostro ordinamento, come già posto in luce. Infatti, già il codice di commercio del 1882 disponeva che il bilancio dimostrasse “con evidenza e verità gli utili

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realmente conseguiti e le perdite sofferte”. Ciò detto, non trovandoci ad operare nel

campo delle scienze sperimentali, è stato affermato che “la verità del bilancio va considerata come un obbiettivo da conseguire nel contesto di una serie di regole convenzionalmente stabilite: obbiettivo che potrà forse soltanto essere avvicinato, non completamente raggiunto, ma al quale si deve comunque tendere”. E ciò, sostanzialmente, in linea con quanto espresso nella Relazione di commento all’articolo 2423 c.c. elaborata dalla Commissione ministeriale incaricata di armonizzare la legislazione italiana con la IV e VII Direttiva CEE, laddove si legge testualmente che: “L’uso dell’aggettivo veritiero, riferito al rappresentare la situazione patrimoniale,

economica e finanziaria, non significa pretendere dai redattori del bilancio- né promettere ai lettori di esso - una verità oggettiva di bilancio, irraggiungibile con riguardo ai valori stimati, ma richiedere che i redattori del bilancio operino correttamente le stime e ne rappresentino il risultato”. In tale contesto, è stato

affermato che non dovrebbe ritenersi violato il principio di verità del bilancio ogni volta che una valutazione appaia conforme a ragionevolezza, rispondendo complessivamente ad un canone di obiettività. Ai redattori del bilancio si imporrebbe un dovere di comportamento finalizzato alla massima possibile approssimazione a risultati valutativi non distanti dalla realtà. Un riscontro delle indicazioni di bilancio in termini di rigorosa alternativa tra vero e falso potrebbe essere compiuta soltanto nei casi di mera rilevazione storica dei dati (es. si può controllare se il denaro esistente in cassa corrisponda a quello enunciato nell’attivo dello stato patrimoniale, se i beni immobili o i crediti siano davvero esistenti o meno, ecc).

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Nei casi, invece, in cui le indicazioni di bilancio siano frutto di valutazioni dei redattori del medesimo (si pensi, ad es., alle valutazioni in tema di residua utilizzabilità delle immobilizzazioni o alle previsioni relative al valore di realizzazione dei crediti), assumerebbe maggiore importanza l’altra previsione contenuta nella clausola generale, ossia la correttezza, che si presenta come parametro più idoneo per poter giudicare la veridicità di un’attività così soggettiva come quella di valutazione.

La correttezza è forse uno dei principi più discussi tra quelli contenuti nella clausola generale. Secondo alcuni la correttezza va riferita alla conformità con le disposizioni legali, secondo altri va riportata ai corretti principi contabili, per altri ancora si sostanzierebbe nell’esigenza di un comportamento di buona fede dei redattori del bilancio nell’esposizione di dati che non devono risultare ingannevoli. Inoltre, è stato osservato, il principio di correttezza, nonché quello di verità, potrebbero riferirsi non congiuntamente allo stato patrimoniale ed al conto economico, e, quindi, andrebbero considerati disgiuntamente. Secondo tale impostazione, il principio di verità si adatterebbe al conto economico, mentre quello di correttezza (al quale si associa la “lealtà” e la “buona fede”) dovrebbe intendersi riferito allo stato patrimoniale, cioè proprio a quel documento nel quale è particolarmente rilevante, di regola, l’elemento valutativo.

Nel quadro di una interpretazione sistematica del binomio “rappresentazione veritiera e corretta”, il principio della “fairness” potrebbe essere inteso operante sia sul versante soggettivo che oggettivo. Richiamandosi, infatti, a quanto innanzi evidenziato in tema di funzione del bilancio e, cioè, che l’obbiettivo fondamentale di detto documento è quello di fornire informazioni indirizzate sia verso l’esterno che verso l’interno della

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società, il requisito della correttezza potrà ritenersi soddisfatto allorchè, innanzitutto, si siano osservate tutte le specifiche norme dettate dalla legge (momento oggettivo) ed, in secondo luogo, quando ciò venga effettuato dal redattore con uno spirito di correttezza, per la necessità, appunto, che il bilancio ottemperi alla sua funzione e, nello stesso tempo, rispecchi il più possibile la situazione reale. Al riguardo, si è portati a considerare soddisfatti i principi di verità e correttezza allorquando il compilatore del bilancio abbia riportato nel documento tutti i valori determinabili con certezza ed abbia operato ragionevolmente le determinazioni soggettive, di stima o congettura, applicando i principi contabili previsti dalla legge o, in assenza di questi, quelli di corretta ragioneria. Peraltro, non necessariamente il rispetto del dettato degli articoli seguenti il 2423 c.c. costituisce base per una rappresentazione veritiera e 17 corretta. Si pensi, al riguardo, che lo stesso legislatore ha previsto, all’articolo 2423, commi 3 e 5, rispettivamente, un obbligo di informazioni complementari ed un sistema di deroghe (cui si farà cenno nel prosieguo). In tale contesto, è da evidenziare, inoltre, che in dottrina la rappresentazione veritiera e corretta, nonchè la chiarezza, sono considerati valori autonomi e di pari peso giuridico. In conseguenza di ciò è stato ritenuto che la violazione anche di uno solo di detti principi determini l’invalidità del bilancio e, quindi, della delibera di approvazione dello stesso. Questa conclusione è stata anche assunta dal Supremo Collegio che ha, così, modificato sul punto in questione la propria giurisprudenza.

Nel testo italiano della Direttiva era, anche contenuta l’espressione “quadro fedele”, in quello francese la locuzione “image 17

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E’ stato poi inserito dall'art. 6, D.Lgs. 18.08.2015, n. 139 con decorrenza dal 01.01.2016 ed applicazione ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 01.01.2016 il nuovo comma 4, secondo cui “non occorre rispettare gli

obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione.”

1.5 Le informazioni complementari e il sistema delle deroghe

La caratteristica di clausola generale dei principi innanzi indicati è confermata dalle esplicite previsioni del terzo e quinto comma dell’articolo 2423 che indicano chiaramente la prevalenza delle regole generali su quelle relative ai principi di redazione del bilancio ed al contenuto dei documenti contabili. Il terzo comma sancisce che “se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono

sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo”.In tale ipotesi, la “ratio” della

norma non è la puntuale osservanza delle disposizioni specifiche, ma la rappresentazione veritiera e corretta. In sostanza, gli obblighi- trattasi di un preciso dovere e non di una mera facoltà- dei redattori del bilancio non si esauriscono nell’esecuzione materiale di quanto disposto dalla legge, ma impongono un confronto tra i risultati di quest’ultima attività ed i principi generali, prescrivendo, inoltre, ove

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detti principi non siano soddisfatti, di fornire le necessarie informazioni complementari. 18

A sua volta il quinto comma del medesimo articolo 2423 dispone che: “se, in casi

eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata”. In simile evenienza, addirittura la centralità dei principi generali induce il

legislatore a contemplare l’obbligo di derogare a quelle disposizioni la cui osservanza ostacolerebbe la verità e la correttezza dell’esposizione.

L’inciso della norma precisa che deve trattarsi di casi veramente eccezionali, poiché, come si legge anche nella relazione illustrativa al provvedimento che ha introdotto il nuovo articolo 2423 , “le norme relative alle strutture ed alle valutazioni sono dettate 19 proprio al fine di assicurare la rappresentazione veritiera e corretta”. Il fatto eccezionale deve, inoltre, riguardare la natura del bene e, quindi, deve avere carattere Una serie di esempi di “informazioni complementari” è rinvenibile nell’opera Il bilancio d’esercizio ed il bilancio 18

consolidato:

- l’indicazione, per le partecipazioni valutate con il metodo del costo, del valore delle stesse che 


risulterebbe applicando il metodo del patrimonio netto, nei casi in cui il costo sia inferiore al valore determinato secondo il metodo del patrimonio netto (l’informazione, nei casi in cui il costo sia superiore, è già richiesta dalla legge la quale prescrive anche che la differenza tra i due valori sia motivata nella nota integrativa); 


- effetto sull’onere per imposte sul reddito dell’esercizio derivante da redditi esenti o detassati, ovvero

dall’utilizzazione di perdite portate a nuovo; 


- effetti economici e patrimoniali che deriverebbero dall’applicazione della metodologia finanziaria ai

contratti di leasing finanziario; 


- di quanto ha beneficiato il risultato economico a seguito di significative riduzioni quantitative

verificatesi nell’esercizio nelle giacenze di magazzino valutate con il metodo lifo. 


Per le società quotate, la Consob ha, invece, richiesto, in alcuni casi, tra le altre, le seguenti “informazioni complementari”: 


- ulteriori notizie in merito a plusvalenze-minusvalenze realizzate in operazioni poste in essere con 


società controllate; 


- una più ampia illustrazione dei criteri di contabilizzazione delle spese sostenute per i programmi 


di ricerca e sviluppo realizzati nel periodo.

L’articolo 2423 c.c. riveste così tanta importanza nella specifica materia che potrebbe in qualche modo essere ritenuto una 19

specie di “norma costituzionale” in tema di disciplina di bilancio, una norma cioè volta ad indicare e circoscrivere i fini di tutte le altre 


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oggettivo e non soggettivo (può pensarsi, in proposito, in via esemplificativa, ad un terreno agricolo iscritto al costo d’acquisto e successivamente divenuto suolo edificabile). All’applicazione della deroga deve seguire non solo, con finalità di tutela economico-patrimoniale, l’iscrizione degli eventuali utili in una riserva indisponibile, ma anche l’indicazione nella nota integrativa della motivazione della deroga e della influenza che quest’ultima ha sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria, precisando anche cosa si sarebbe verificato se la deroga non fosse stata applicata. Una norma ispirata ad un principio analogo a quello fino ad ora esaminato era già contenuta nel vecchio testo dell’articolo 2425, comma 3, ove si prevedeva la possibilità di deroga ai criteri di valutazione degli elementi dell’attivo per “speciali ragioni”. La norma aveva dato luogo ad accese controversie, in particolar modo dopo il riferimento al “quadro fedele” contenuto nell’articolo 9 della L.72/1983 (c.d. Visentini bis) di interpretazione autentica.

Al riguardo, si può, in sintesi, osservare che le nuove disposizioni hanno confermato, da un lato, la necessità che le "speciali ragioni" previste dal vecchio testo dell’articolo 2425 avessero carattere obiettivo e, dall'altro, come in quel caso la deroga dovesse essere costruita come una facoltà e non come un obbligo.

1.6 I principi di redazione del bilancio

Passando, ora, ad un breve esame dei richiamati principi di redazione del bilancio (articolo 2423 bis c.c.), occorre subito porre in chiara evidenza come questi vadano collocati in una posizione intermedia tra i principi enunciati nella clausola generale e le successive regole afferenti la redazione e la valutazione del bilancio cui sono

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logicamente sovraordinati. Si tratta in ogni caso di regole già quasi tutte considerate implicite in altre disposizioni del codice o, comunque, insite nelle regole di buona contabilità cui già si riteneva che i redattori dei bilanci dovessero attenersi e, dunque, regole non destinate ad apportare significative modifiche.

Il numero 1 dell’articolo in rassegna prevede due distinti ma collegati principi, quello della prudenza e quello della continuazione dell’attività aziendale (c.d. going

concern) . 20

Il primo di essi si desumeva già dall’articolo 2433 c.c., secondo il quale non possono essere distribuiti dividendi se non per utili realmente conseguiti, nonché dall’articolo 2425 bis, previgente testo, a mente del quale erano iscrivibili fra i ricavi solo le plusvalenze da effettivi realizzi, mentre dovevano essere iscritte le minusvalenze anche se solo stimate. Il che significava, in sostanza, che erano evidenziabili gli utili solo se realizzati e le perdite anche se solo temute.

Il principio della prudenza costituisce, da tempo, un vero e proprio cardine di questa materia, mirando ad evitare, nelle valutazioni delle attività e delle passività di bilancio, una sopravvalutazione del reddito prodotto e del collegato capitale di funzionamento. L’osservanza di tale principio dovrà comportare, sul piano applicativo, che nella redazione del bilancio di esercizio si considerino le perdite anche se solo “presunte” ed

Tale concetto è richiamato da molteplici discipline tra cui: 20

a)Codice Civile, art. 2423 bis

b) IAS 1, Presentazione del bilancio d’esercizio c) Principio Revisione n. 570

d) Documento Banca d’Italia, Consob e Isvap n. 2 del 6 febbraio 2009 e Comunicazione Consob n. 9012559 e) Documento di ricerca Assirevi n. 138

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i rischi prevedibili e non si considerino, invece, i profitti non ancora realizzati (o 21 “utili sperati”), se non nei casi previsti in modo esplicito (es: quote maturate di utili su commesse pluriennali). L’indicato principio della prudenza non deve, però, rappresentare l’arbitraria riduzione di reddito e di patrimonio, ma deve essere una qualità dei giudizi a cui deve uniformarsi il procedimento valutativo di formazione del bilancio di esercizio, specialmente in relazione alle incertezze ed ai rischi connessi con l’andamento operativo aziendale. In ipotesi di incertezza su come la prudenza debba essere interpretata, ossia come valutazione minimale delle attività e massimale delle passività oppure come valutazione ragionevole ed oculata, è ritenuta preferibile la seconda prospettazione, che si presenta maggiormente in sintonia con quanto disposto dalla clausola generale. Le eccezioni al principio della prudenza devono essere molto limitate. In tale eventualità, è assolutamente necessario che la nota integrativa indichi esplicitamente il comportamento seguito dall’impresa, con la specificazione dell’effetto quantitativo sul reddito d’esercizio e sul patrimonio netto di bilancio. Il n.1 dell’articolo 2423 bis c.c. dispone, inoltre, che la valutazione delle voci (del bilancio) debba essere fatta non solo secondo prudenza ma anche “nella prospettiva della continuazione dell’attività” . Questo principio, denominato, appunto, di 22 continuazione dell’attività dell’impresa, comporta che in sede di redazione del bilancio di esercizio i valori da attribuire ai beni della società debbano essere quelli di Principio che ribadisce e rafforza quello della prudenza, escludendo la possibilità di prendere in considerazione profitti non 21

ancora realizzati. 


Lo IAS 1 (pt 23 e 24) solidalmente all’art 2423 bis asserisce che: 22

Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell’entità di continuare ad operare come entità in funzionamento. Il bilancio deve essere redatto nella prospettiva della continuazione dell’attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare l’entità o interrompere l’attività o non abbia alternative realistiche a ciò. Qualora la direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni, di significative incertezze per eventi o condizioni che possano comportare l’insorgere di seri dubbi sulla capacità di continuare a operare come un’entità in funzionamento, tali incertezze devono essere evidenziate”

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“funzionamento”- valori cioè calcolati nella prospettiva della continuazione in futuro dell’attività- salvo che sussistano ragionevoli motivi per supporre la cessazione dell’attività sociale, nel qual caso i beni costituenti il patrimonio della società andranno stimati a valori di liquidazione o che, comunque, tengano conto della prospettiva della loro liquidazione. Nei successivi punti (da 2 a 4), l’articolo 2423 bis sancisce, rispettivamente, il principio dell’iscrizione in bilancio di soli utili effettivamente conseguiti alla chiusura dell'esercizio, il principio della competenza economica ed il vincolo di “tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo”.

Le relative previsioni normative nulla aggiungono a quanto già acquisito in tema di redazione del bilancio. Altro principio è quello della separatezza (articolo 2423 bis, 23 punto 5) - ossia della valutazione separata degli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci- volto ad evitare che attraverso una valutazione di tipo complessivo si effettuino compensazioni tra perdite presunte relative ad alcuni elementi del capitale (da considerare obbligatoriamente) ed utili sperati relativi ad altre poste patrimoniali (che non è consentito imputare). Il tutto nell’ottica di salvaguardare, da un lato, la “clausola generale” della rappresentazione veritiera e corretta e, dall’altro, il già considerato principio della prudenza. Infine, al punto 6 dell’articolo 2423 bis c.c., il legislatore, avendo voluto garantire la comparabilità nel tempo dei bilanci e la omogenea determinazione dei risultati di esercizio, ha introdotto il concetto di Un esempio che chiarifica il principio della separatezza è dato anche dal c.d “component approach” il quale viene messo in 23

atto in caso ammortamento di componenti aventi vite utili diverse dal cespite principale cosicché:

Se l’immobilizzazione materiale comprende componenti, pertinenze o accessori, aventi vite utili di durata diversa dal cespite principale, l’ammortamento di tali componenti si calcola separatamente dal cespite principale, salvo il caso in cui ciò non sia praticabile o significativo. Se, ad esempio, un ascensore o un nastro trasportatore presentano una vita utile di durata inferiore di quella del relativo stabile o macchinario, il calcolo distinto dell’ammortamento è più corretto e facilita la contabilizzazione nel momento in cui il componente verrà sostituito” (OIC 16 (2014), par. 65)

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continuità nella redazione del bilancio, affermando che “i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro”. A tale principio, denominato della costanza, è possibile derogare qualora, in casi eccezionali, si renda necessario modificare i criteri di valutazione per rispettare l’obbligo di rappresentazione corretta e veritiera della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’impresa. Anche in tale caso dovranno essere illustrate nella nota integrativa le motivazioni della deroga - deroga facoltativa e non obbligatoria, diversamente da quanto previsto dall’articolo 2423 c.c. - indicandone l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.

1.7 Struttura e criteri di liquidazione

In base alla nuova normativa, il bilancio - come già evidenziato - si articola in più parti, tra loro complementari e destinate ad integrarsi reciprocamente: lo stato patrimoniale, il conto economico, il rendiconto finanziario e la nota integrativa (art. 2423, comma 1). In applicazione del principio di chiarezza, sono dettagliatamente indicate le voci che devono figurare nello stato patrimoniale (articolo 2424) e nel conto economico (articolo 2425). Nel contempo sono dettate alcune regole generali che devono essere rispettate nella redazione di tali documenti (articolo 2423 ter), anch’esse ispirate dal principio di chiarezza e volte a consentire un più agevole raffronto fra i bilanci dei diversi esercizi. Le singole voci devono essere inserite nello stato patrimoniale e nel conto economico secondo l’ordine tassativo fissato per legge. Diversamente che per il passato, gli amministratori non possono perciò scegliere liberamente l’ordine di esposizione né modificarlo da un esercizio all’altro.

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Le voci sono organizzate in grandi categorie omogenee (contraddistinte da lettere maiuscole), a loro volta articolate, in relazione al grado di analiticità richiesto, in sottocategorie (numeri romani), in voci (numeri arabi) ed in alcuni casi anche in sottovoci (lettere maiuscole). E ciò nella prospettiva di creare un sistema di voci chiaro, ordinato e facilmente intellegibile. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l’importo della voce corrispondente dell’esercizio precedente (articolo 2423 ter, comma 5). Inoltre- come già rilevato- è sancito il divieto di compenso di partite (articolo 2423 ter, comma 6) e sono rese possibili semplificazioni (bilancio in forma abbreviata) per le società che non superano determinate dimensioni (articolo 2435 bis c.c.).

1.7.1 Contenuto dei documenti di cui si compone il bilancio

Ciò detto, passiamo, ora, ad un breve esame del contenuto dei documenti di cui si compone il bilancio, iniziando dallo stato patrimoniale che rappresenta, in modo sintetico, la composizione quantitativa e qualitativa del patrimonio della società (attività e passività) e la sua situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell’esercizio, rendendo possibile, inoltre, l’immediata conoscenza del patrimonio netto contabile della società. Come per il passato, lo stato patrimoniale deve essere redatto nella forma a colonne contrapposte, secondo lo schema contemplato dall’articolo 2424 c.c., di cui vengono fornite alcune sommarie indicazioni. Le voci dell’attivo sono aggregate in quattro grandi categorie tendenzialmente ordinate, salvo la prima, secondo il criterio della liquidità crescente.

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In calce allo stato patrimoniale secondo la il nuovo D.lgs 139/2015 non devono infine più essere iscritti i conti d’ordine le cui informazioni ora sono da riportare in nota 24 integrativa.


Passando al contenuto del conto economico, va detto che anche con riferimento ad esso rilevanti sono le novità introdotte dalla nuova disciplina (articolo 2425 c.c.). E’ stato, infatti, abbandonato il tradizionale schema a sezioni contrapposte e si è passati ad una forma espositiva scalare, con esposizione, cioè, in unica sequenza prefissata dei componenti positivi e negativi di reddito. L’attuale schema consente una migliore valutazione qualitativa del risultato di esercizio, attraverso una serie di totali parziali che permettono di tenere distinto il risultato della specifica attività industriale o commerciale della società (utile o perdita della gestione ordinaria), da quello determinato da oneri e proventi di diversa natura (risultato della gestione finanziaria e risultato straordinario). A tal fine il conto economico è articolato in cinque sezioni scalari. Nella prima, denominata “Valore della produzione” (lettera A, articolata nelle voci 1-5), vanno indicati e sommati i ricavi di competenza dell’esercizio dell’attività produttiva tipica e le variazioni, positive o negative, delle relative rimanenze di magazzino. Dal totale così ottenuto si sottraggono i “Costi della produzione” (lettera B, articolata nelle voci 6-14 ed in sottovoci), fra i quali sono compresi gli ammortamenti, le svalutazioni e gli accantonamenti. Si ottiene così, per differenza, il risultato lordo della gestione ordinaria della società. Nella terza sezione (lettera C, articolata nelle voci 15-17 ed in sottovoci) vanno iscritti e sommati algebricamente i I conti d’ordine rappresentano annotazioni di memoria, a corredo della situazione patrimoniale - finanziaria esposta dallo 24

stato patrimoniale; essi non costituiscono attività e passività in senso proprio.

I conti d’ordine svolgono una funzione informativa su operazioni che, pur non influendo quantitativamente sul patrimonio o sul risultato economico dell’esercizio, possono influenzare tali grandezze in esercizi successivi.

I conti d’ordine comprendono le garanzie, gli impegni, i beni di terzi presso la società e i beni della società presso terzi.(OIC n.22)

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“Proventi ed oneri finanziari”, quali i proventi derivanti da partecipazioni in altre società e gli interessi attivi e passivi. Segue il relativo totale. Nella quarta sezione (lettera D, articolata nelle voci 18-19 ed in sottovoci) vanno iscritte e sommate algebricamente le “Rettifiche di valore di attività finanziarie”, dovute a rivalutazioni e a svalutazioni delle stesse. Segue il relativo totale.

Nella quinta ed ultima sezione (lettera E, articolata nelle voci 20- 21) vanno, infine, iscritti e sommati algebricamente i “Proventi ed oneri straordinari”, con relativo totale. La somma algebrica dei diversi totali dei parziali così ottenuti costituisce il risultato globale di esercizio, che va indicato prima al lordo e poi al netto delle imposte (voce 22). Si ottiene così l’utile o la perdita finali di esercizio, da riportare nello stato patrimoniale. E’, invece, venuta meno, con la legge 503/1994, la previsione della distinta indicazione nel conto economico delle rettifiche di valore (ammortamenti, svalutazioni, ecc.) e degli accantonamenti operati esclusivamente in applicazione di norme tributarie (voci 24 e 25).

Oltre lo stato patrimoniale ed il conto economico, gli amministratori devono redigere tre ulteriori documenti volti ad illustrarne il contenuto ed in alcuni casi provvedere ad integrarlo. Si tratta, come già accennato, della nota integrativa (articolo 2427 c.c.), 25 della relazione sulla gestione (articolo 2428 c.c.), del rendiconto finanziario (articolo 2425 tre c.c.), che sostituiscono l’unitaria relazione degli amministratori prevista dalla disciplina previgente (articolo 2428, comma 3).

se il bilancio della singola società non è, e non può essere, sufficientemente chiaro se non è accompagnato dalla nota 25

integrativa, che spieghi e commenti, adeguatamente, la formazione dei valori accolti nello stato patrimoniale e nel conto economico, a maggior ragione si può fare la stessa affermazione per il bilancio di gruppo, che deriva dall’integrazione di più

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