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Il criterio volontaristico: le origini nei sistemi di common law

Ai sensi dell’art. 6 della Convenzione dell’Aja il primo criterio di collegamento al quale dobbiamo ricorrere ai fini dell’individuazione della legge applicabile è la scelta del diritto effettuata dal costituente.

L’accoglimento di tale criterio, noto come criterio volontaristico, è inizialmente avvenuto, a livello dei singoli sistemi di conflitto, nel campo delle obbligazioni contrattuali, mentre in relazione alla materia in esame, a fronte dei diffusi elementi di assolutezza e realità e delle esigenze di tutela dei terzi rispetto al rapporto fiduciario, la soluzione maggiormente opportuna sarebbe apparsa l’adozione del criterio del situs rei.

Tuttavia, il ricorso al criterio volontaristico con riguardo ai trusts era già diffuso nei sistemi originari dell’istituto, nell’ambito dei quali esso sorse proprio per effetto di una reazione all’inidoneità della norma di conflitto relativa ai diritti reali a fornire un adeguato riscontro alla volontà del disponente. Nel 1930, infatti, in un articolo di Cavers57 apparve l’affermazione secondo cui in materia di trust sui beni mobili il primo criterio di collegamento era dato dalla scelta della legge applicabile operata dal settlor, e ciò veniva giustificato in vista dell’esigenza di salvaguardare la validità del trust: difatti nella struttura fondamentale dell’istituto è il costituente che conferisce determinati beni e che ha pertanto il potere di stabilire come questi debbano essere gestiti, dunque l’attribuzione in capo al settlor del potere di scelta della legge applicabile è funzionale agli scopi che egli intende conseguire sul piano materiale. Il Cavers, peraltro, aveva desunto tale

37 criterio alla luce di un’evoluzione giurisprudenziale intervenuta in materia, dalla quale non era tuttavia ricavabile l’affermazione espressa di detto criterio volontaristico: praticamente, nella maggior parte delle ipotesi, in questa evoluzione giurisprudenziale non era dato riscontrare alcuna affermazione della libertà del disponente di scegliere la legge applicabile al rapporto, e ciò perché non era neppure dato riscontare un’espressa manifestazione di volontà del disponente. Ciò che semmai era dato riscontrare in tale giurisprudenza era il ricorso a presunzioni circa la sussistenza di detta volontà, tenuto conto delle varie connessioni che la legge desunta presentava con la fattispecie concreta e del fatto che le altre leggi potenzialmente applicabili avrebbero reso il trust invalido. Il filo conduttore comune dell’evoluzione giurisprudenziale, dunque, sebbene basato su mere presunzioni, è da rinvenirsi nella ricerca della legge più favorevole alla validità formale del trust. Da queste applicazioni pratiche si giunse dunque ben presto all’affermazione del criterio volontaristico in materia di trusts costituiti su beni mobili anche a livello di norme di conflitto, tanto che lo stesso Restatement

of the law, conflict of laws, nella sua seconda versione del 1971, giunse ad

affermare che il disponente potesse scegliere la legge regolatrice del negozio fiduciario, seppur apponendo due limitazioni, di diverso rilievo, al fine di contemperare le esigenze emerse nella prassi in ordine ad una troppo estesa portata della facoltà lasciata al settlor: da un lato, infatti, si veniva a chiedere che la legge scelta presentasse un qualche collegamento con la fattispecie, e dunque tale limitazione aveva un effetto altamente condizionante; dall’altro si affermava che la scelta sarebbe stata invalida qualora avesse violato “a strong public policy”, e dunque, tale secondo limite è meno restrittivo della libertà di scelta58

. Per quanto concerne, poi, lo sviluppo giurisprudenziale in materia di trust su beni immobili, è da rilevare come, tanto nel Regno Unito quanto negli Stati Uniti, essi, siano sempre stati disciplinati mediante il ricorso alla lex rei sitae, e ciò in ragione delle maggiori esigenze di tutela dei terzi che si rinvenivano in tale ambito. Da ciò quindi derivava la conseguenza della invalidità di quei trusts istituiti su beni siti in Paesi che non conoscevano l’istituto. Per far fronte a tale situazione è possibile notare come, comunque, siano stati cercati degli escamotage suscettibili di restringere l’ambito di applicazione nell’ipotesi in cui la legge locale applicabile non avesse consentito di sostenere la validità del trust.

58 È importante rilevare che nel sistema statunitense si seguono ancora i principi esposti nel testo dal momento che tale Stato non ha ratificato la Convenzione dell’Aja.

38 Da un lato, infatti, è dato rilevare come diversi ordinamenti giuridici dell’area di common law attribuissero effetto ai rinvii operati dalle norme di conflitto della

lex causae, e ciò dunque avrebbe consentito talvolta di sottrarre la disciplina del

rapporto alla lex rei sitae ove il trust non era istituto conosciuto; dall’altro lato l’applicazione della legge del situs rei veniva elusa con il ricorso alla dottrina dell’equitable conversion, valevole soprattutto con riguardo ai c.d. trusts for sale, ossia i trusts per la vendita: in sostanza, in base a questa dottrina, il trust veniva considerato costituito non sui beni immobili trasferiti al trustee per la vendita, bensì sui cespiti che dovevano risultare una volta conseguito lo scopo fissato dal disponente (la vendita dei beni immobili, appunto).

Alla luce di quanto visto, dunque, come già accennato, tanto nel caso in cui il trust abbia ad oggetto un bene mobile quanto nel caso in cui abbia ad oggetto un bene immobile, seppur per vie diverse (ricostruzione presuntiva di una volontà implicita, espresso riconoscimento della libertà di scelta della legge applicabile al disponente, accettazione del c.d. “doppio rinvio”, adesione alla dottrina dell’equitable conversion ), nei sistemi originari dell’istituto si cercava di dare rilevanza e preminenza al criterio volontaristico al fine di salvaguardare la validità del trust.

11. Segue: La funzione del principio volontaristico nella Convenzione