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CRITICA LETTERARIA E METODO RETORICO IN ERIC VOEGELIN

Paolo Ciccioli

1. Critica letteraria come «occupazione principale» in Voegelin

Come emerge dalla corrispondenza con l’amico e critico letterario Robert Heilman, Eric Voegelin nell’ambito delle sue ricerche attorno alla filosofia politica si interessò anche alla critica letteraria, per sua stessa ammissione una delle sue «occupazioni principali»1. Prima di inoltrarci nel tema, proviamo a mostrare in che misura tali indagini pos- sano interessare lo studioso di law and literature e in particolare di law

as literature2. Ricordare la carriera accademica di Voegelin può aiutarci in tal senso. Egli infatti fu studente di Giurisprudenza all’Università di Vienna e completò il proprio Dottorato con Hans Kelsen. Come il suo primo interesse muove dunque dal mondo del diritto così noi possiamo avviarci in questo studio proprio a partire da alcune sue ricerche sul “giuridico” elaborate in occasione di un corso di jurisprudence tenuto alla Louisiana University, pubblicato col titolo di The nature of the law. In questo lavoro il “diritto” (Law) viene definito come la sostanza del- l’ordine3

(e più precisamente della verità dell’ordine), che permea la

1 «Literary criticism is after all one of my permanent occupations» in Em-

bry, R.C. (Ed). (2004). Robert B. Heilman and Eric Voegelin. A friendship in letters. 1944-1984. Columbia: University of Missouri Press. 142. La traduzione di questo passo come di tutti gli altri tratti da fonti in lingua inglese è mia.

2 Sulla differenza fra law in literature e law as literature, vedi Manzin, M. (2014).

Argomentazione giuridica e retorica forense. Torino: Giappichelli Editore. 5, nota 3. Sul tema vedi anche Mittica, M.P. Diritto e letteratura in Italia. Stato dell’arte e rifles- sioni sul metodo. Materiali per una storia della cultura giuridica. 1, 2009, 3-29.

3 Voegelin, E. The Nature of the Law. In Pascal, R.A., Babin, J.L., Corring-

ton, J.W. (Ed). (1991). The Collected Works of Eric Voegelin. Vol. 27: The Nature of the Law and Related Legal Writings. (pp. 1-69). Baton Rouge: Louisiana State Univer- sity. 24.

comunità dell’Essere. Per Voegelin il compito primario del filosofo è quello di cercare la verità dell’ordine nella realtà o nella comunità del- l’Essere nella sua struttura quaternaria costituita cioè da Dio, uomo, cosmo e società. Possiamo dire perciò che quando Voegelin analizza i simboli della storia nella sua opera in cinque volumi Ordine e storia, compie uno studio che può senz’altro raccogliere l’interesse del filosofo del diritto.

Nella breve relazione che segue illustreremo l’analisi letteraria del racconto Il giro di vite di Henry James4, quindi dopo aver descritto per sommi capi il panorama delle maggiori correnti letterarie contempora- nee proveremo a enucleare, grazie all’interpretazione di alcuni studiosi del filosofo tedesco, le originalità della teoria letteraria voegeliniana, ipotizzando la possibilità di un metodo retorico per la critica letteraria.

2. Il giro di vite nella interpretazione del 1947

Il giro di vite è senz’altro uno dei più celebri racconti del romanziere

americano. Presentiamo tuttavia la trama in breve sintesi. La storia nar- rata è quella di una governante (Miss Giddens) che accetta l’incarico di lavoro di un giovane e affascinante scapolo, zio di due nipoti, Miles e Flora, a cui la governante deve badare, presso la sua tenuta nella cam- pagna inglese. L’unica condizione che Miss Giddens deve accettare è di non disturbare mai e per nessun motivo il suo datore di lavoro. Pur con- tando sull’aiuto della domestica Mrs. Grose, la nuova governante dovrà presto fronteggiare numerose prove a causa dell’apparizione dei fanta- smi della precedente governante (Miss Jessel) e del vecchio maggior- domo (Quint), morti per cause sconosciute e legati da un rapporto eroti- co raccapricciante di cui nel testo non si parla mai esplicitamente. La storia si conclude con la morte del piccolo Miles.

L’analisi di Voegelin si compone di due parti: una prima lettera del 1947, precisamente la numero 11 del loro epistolario pubblicato5, con- cepita per la semplice corrispondenza privata, che poi verrà pubblicata

4 James, H. (1994). Il giro di vite. (Elio Maraone Trans.). Milano: Garzanti Editore.

(Original work published 1898) [Italian translation of The Turn of the Screw].

nella Southern Review, e un commento critico appositamente pensato per la stessa rivista, intitolato Postscript: on paradise and revolution.

Già nella prima lettura critica del 1947 Voegelin riesce a formulare un’acuta interpretazione del racconto definendolo un dramma puritano, che nonostante la ricchezza piuttosto ambigua dei simboli in esso pre- senti, viene apprezzato per l’eccellente forma narrativa capace di espri- mere la crisi del XIX secolo, durante la quale si manifesta sempre più diffusamente l’inclinazione dell’uomo all’esistenza chiusa. Voegelin interpreta il datore di lavoro come simbolo di Dio, Miss Giddens come simbolo dell’anima mentre Mrs. Grose, la domestica scettica e incapace di vedere le apparizioni dei fantasmi, rappresenta il senso comune. Co- me detto la storia si conclude tragicamente con la morte del piccolo Miles a causa della caparbia rinuncia a invocare l’aiuto del datore di lavoro da parte di Miss Giddens, la quale è espressione dell’anima puri- tana propensa a contare solo sulle proprie forze e perciò orientata al- l’auto-realizzazione e all’auto-sufficienza, e in senso escatologico al- l’auto-salvezza. Ricorrendo al linguaggio teologico-metafisico, Voege- lin mostra come la governante rinunciando a partecipare all’ordine del- l’Essere, negando cioè l’intervento della Grazia divina, nel tentativo di aiutare il piccolo Miles finisce per sacrificarne la vita, ostacolando così il compiersi della ‘salvezza’ nel senso più autentico.

La prima interpretazione risulta molto analitica sebbene il filosofo, per sua stessa ammissione, non riesca a comprendere il mistero delle relazioni incestuose che vengono rappresentate nel racconto. Tuttavia Voegelin individua correttamente i quattro rapporti carichi di eroticità presenti: quello fra il datore di lavoro e Miss Giddens (che nella narra- zione viene presentato per primo), quello fra Quint e Miss Jessel (che funge da preistoria “mitica”, a cui le altre relazioni incestuose si rifan- no); quello fra Miss Giddens e il piccolo Miles; e quello fra i due fratel- li Miles e Flora. I punti salienti dell’analisi sono due e sono posti al- l’inizio e al termine della lettera. Il primo è una presentazione della sua lettura critica come «uno studio dell’anima diabolicamente chiusa; di un’anima posseduta dall’orgoglio di trattare il problema del bene e del

male solo con le proprie forze»6. Al termine della lettera invece Voege- lin pone una riflessione che riprenderà più diffusamente nel postscritto:

Se non fraintendo completamente le relazioni di questi simboli, direi che la concezione ultima e metafisica di James risale ad una visione del dramma cosmico del bene e del male quale relazione incestuosa propria della divinità7.

3. Il giro di vite nella interpretazione del 1971

Nel postscritto redatto a più di vent’anni di distanza8, Voegelin con- testualizza il racconto Il giro di vite all’interno del clima culturale, e in particolar modo dei rapporti fra la filosofia e le teorie letterarie della modernità. Alla luce dei suoi studi inoltre ridimensiona la propria am- mirazione verso James, arrivando alla conclusione che fosse anch’egli afflitto dall’inclinazione all’“esistenza chiusa” che aveva colpito diffu- samente tutto l’occidente nel XIX secolo. In questo testo Voegelin pre- cisa le due nozioni di “esistenza aperta” ed “esistenza chiusa” quando descrive la deformazione della realtà e la svolta compiutasi

nella società occidentale dall’esistenza dell’apertura verso il cosmo ad un’esistenza di chiusura contro e in negazione, della realtà. In ragione dell’affermazione di questo processo, i simboli dell’esistenza aperta – Dio, l’uomo, l’origine divina del cosmo e il Logos divino che permea il suo ordine – perdono la vitalità della loro verità e sono eclissati dalle immagini di un ego auto-creativo, auto-realizzantesi, auto-sufficiente, che presume di ordinarsi in autonomia e salvarsi da solo e che è gettato in un mondo immanentemente chiuso con cui dovrà confrontarsi. Que- sto cambiamento nel modo dell’esistenza è accompagnato da diversi movimenti nella letteratura e nell’arte che esprimono il mutamento e il suo progresso – dal Manierismo, attraverso il Romanticismo, fino al

6 Embry, R.C. (Ed). (2004). 40. 7 Embry, R.C. (Ed). (2004). 52.

8 Voegelin, E. On Henry James’s Turn of the screw. In Sandoz, E. (Ed). (1990a).

The Collected Works of Eric Voegelin. Vol. 12: Published Essays, 1966-1985. (pp. 134- 171). Baton Rouge: Louisiana State University Press.

Simbolismo diffuso durante la vita di James, e via ancora fino al Sur- realismo9.

Il modo di “esistenza aperta” è quindi quell’apertura dell’ego verso il Cosmo e perciò inevitabilmente destinata all’imperfezione in ragione del fatto che il fondamento dell’Essere è al di là ed è destinato a rima- nerci10. Perciò nella filosofia di Voegelin, la coscienza dell’uomo è co- stitutivamente situata nella platonica metaxy, o nell’In-between, cioè in quel luogo di tensione esistenziale verso il Cosmo, che è sia nel corpo che al di fuori di esso, e che consente così la partecipazione della co- scienza alla struttura “metaxica” del Cosmo11

. In ragione dell’eclissarsi della realtà nella coscienza dell’uomo “spiritualmente analfabeta” che vive nell’esistenza chiusa, il narratore deforma il simbolo dell’Eden (recepito da James dopo le precedenti deformazioni di Milton e Blake e rappresentato dal giardino presente in questo racconto), e lo introduce nella realtà con il programma di trasformare «un simbolo generato da un’esperienza di imperfezione, in un programma di perfezione per que- sto mondo»12.

Chiunque conosca anche solo vagamente l’opera filosofica di Voe- gelin può facilmente riconoscere in questa lettura del simbolo del- l’Eden, la sua critica al movimento gnostico moderno formato da quegli attivisti ideologici che a partire dalla tarda modernità hanno deformato

9 Voegelin, E. (1990a). 151.

10 Ricorrendo alle fonti classiche il filosofo tedesco spiega le differenze fra i due

modi di esistenza in Voegelin, E. Reason: the classic experience. In Sandoz, E. (Ed). (1990b). The Collected Works of Eric Voegelin. Vol. 12: Published Essays, 1966-1985. (pp. 265-291). Baton Rouge: Louisiana State University Press. In particolare vedi l’in- terpretazione del frammento B89 di Eraclito a p. 274 in cui si distingue fra gli uomini che vivono nell’unico e comune mondo permeato dal logos e gli uomini che vivono nei mondi separati e privati della loro passione e immaginazione, ricorrendo al concetto di “omologia”. Per una simile interpretazione della nozione di “omologia” vedi Caval- la, F. (1996). La verità dimenticata. Padova: Cedam. 142-152 e Manzin, M. (2006). Libertà e liberazione. Due paradigmi a confronto. Diritto&questionipubbliche. 6, 101- 111. Disponibile on-line http://www.dirittoe-questionipubbliche.org/page/2006_n6/ (consultato il 10/10/2016).

11 Per la metaxy e altre nozioni vedi il glossario contenuto in Embry, R.C. (2008).

165-171.

il simbolo dell’eschaton cristiano tentando di mettere ordine nelle crisi proprie della storia, ricorrendo a una sua immanentizzazione13. Tale fenomeno storico descritto da Voegelin è stato studiato da Manzin in

Ordo Iuris14 ricorrendo a una peculiare analisi teoretica e storico-com- parativa sull’affermazione del “pensiero sistematico” nell’Europa occi- dentale in ragione della diretta (sebbene non necessitata) stratificazione del pensiero neo-platonico a partire dalla tarda antichità. L’oggetto da cui muove questa indagine è costituito dai sistemi giuridici costruiti dai filosofi della modernità che in contraddizione con l’ontologia platonica (in cui l’identità e la differenza sono coesistenti) e dimentichi del fon- damento trascendentale dell’Essere hanno perseguito il programma “perfettista” volto a spiegare e ordinare utopisticamente tutto l’esistente prescindendo dal suo fondamento15.

A venti anni di distanza dalla prima interpretazione, anche grazie agli studi dedicati all’antropologia e alle religioni comparate, Voegelin può procedere finalmente a penetrare il mistero che gli era sfuggito, quello cioè delle relazioni incestuose con la divinità, analizzando il mi- to dell’androgino che tratteremo qui nel dettaglio. Il mito dell’androgi- no è presente fin dai primordi nella storia dell’umanità come simbolo in grado di esprimere la prima esperienza della realtà cosmologica nel quale l’uomo sperimenta la sua esistenza. L’uomo vi ricorre per spiega- re l’unità della realtà presente dietro le varie forme di dualità proprie dell’esistenza (come il maschio e la femmina, il male e il bene, l’ordine e il disordine, la vita e la morte) formando il simbolo di un dio o di un uomo androgino, «una divinità che si manifesta sia come il Dio buono

13 Sulla immanentizzazione dell’eschaton vedi Voegelin, E. (1999). La nuova

scienza politica. (Renato Pavetto Trans.). Roma: Edizioni Borla. (Original work pub- lished 1952) [Italian translation of The new science of politics]. 143-167. In particolare il riferimento al ruolo delle opere di Scoto Eriugena, traduttore di Dionigi Aeropagita a p. 163.

14 Manzin, M. (2008). Ordo Iuris. La nascita del pensiero sistematico. Milano:

FrancoAngeli. In una lettura diversa ma complementare a quella di Manzin, Voegelin rintraccia la formazione dei moderni sistemi di pensiero a partire dalla diversa declina- zione della tensione esistenziale fra i due poli dell’Uno (hen) e dell’Illimitato (apeiron) in Voegelin, E. (1990b). 281-84.

15 Un’equivalenza fra il “pensiero sistematico” e il “pensiero gnostico” la si trova in

che come Satana, come un’età dell’oro prima che la vita fosse lacerata dalla lotta, come un paradiso prima che il peccato abbia portato alla morte»16. Ma diversamente dalla filosofia, la speculazione sul simbolo presente nel mito dell’androgino, quella che Voegelin chiama la mito- speculazione, non è trascendente ma intra-cosmica, ragion per cui i suoi simboli possono più facilmente essere combinati, mescolati e deforma- ti. L’uomo può dunque isolare una parte di un simbolo dallo spettro della realtà e perdere così il significato cosmologico stesso. Ed è esat- tamente quanto è successo a Voegelin nella interpretazione del 1947 nella quale non è riuscito a cogliere il senso complessivo del racconto per aver isolato non già una parte di un simbolo ma addirittura una par- te di una parte come il motivo dell’incesto che

di per sé non significa nulla, ma riceve la peculiare aura di violazione dell’ordine sacro dal contesto del mito dell’androgino. […] Infatti l’“incesto” è possibile solo quando una coscienza spirituale sperimenta la divisione dei sessi come destino dell’uomo implicato nel processo della procreazione, della nascita e della morte, quando cioè il commet- tere l’“incesto” può essere sperimentato come un raggiungimento del- l’unità divina, superando i limiti stabiliti per l’uomo dagli dei17

.

Le relazioni incestuose individuate da Voegelin sono perciò in rela- zione con i simboli deformati (Dio, l’anima, la salvezza) in ragione di quella “rivolta egofanica”18

dell’uomo all’ordine dell’Essere, che lo porta a ricercare la perfezione su questa terra perseguendo l’unità nel mito androgino. Ecco spiegata la comune derivazione del dramma puri- tano e del motivo dell’incesto da quei simboli della realtà deformata appercepita da James, che diventano manifestazione del modo di esi- stenza chiusa espresso in forma narrativa ne Il giro di vite. Infatti pur utilizzando simboli ancestrali (l’Eden, il mito dell’androgino) James ha scritto «un’opera d’arte romantica o simbolista [che] non è un dramma eschiliano nel quale la piena articolazione delle varie tensioni risultano essere il modo della coscienza che fanno di un dramma una tragedia»19.

16 Voegelin, E. (1990a). 169. 17 Voegelin, E. (1990a). 170.

18 Per una spiegazione della nozione vedi: Voegelin, E. (1990b). 288. 19 Voegelin, E. (1990a). 152.

Perciò l’errore della prima interpretazione, dipeso forse dalla frequenta- zione di Voegelin dei circoli simbolisti, è causato dai difetti presenti nel racconto di James rintracciabili nella

confusione dei simboli, oltre che nella generale nebulosità del significa- to che pervade l’opera, causata da una certa deformazione della realtà personale e sociale sperimentata in quanto tale dall’artista al giro di boa del secolo ed espressa con gli strumenti dell’arte simbolista. L’indistin- zione e l’ambiguità sono intrinseci ai simboli che esprimono la realtà deformata20.

4. I caratteri della teoria voegeliana

Possiamo procedere adesso a illustrare le tracce per una peculiare proposta teorica alla luce degli studi di Voegelin. Secondo Eugene Webb la moderna critica letteraria si distingue per uno scontro fra due scuole, che possiamo chiamare “romantica” e “positivista”. La prima è caratterizzata dallo sforzo di definire l’opera letteraria come una forma narrativa unica e organica, radicalmente autonoma dalle altre discipline e perciò caratterizzata da un’oggettività contemplativa. I maggiori teo- rici della corrente “romantica” sono quindi Coleridge, i simbolisti fran- cesi, i formalisti russi, il movimento del “New Criticism” (in cui si ri- conosceva Robert Heilman) e i decostruzionisti. La corrente “positivi- sta” invece è più orientata a enfatizzare la relazione della letteratura con i fattori storici e sociali ed è rappresentata da quegli attivisti positivisti e ideologici, troppo concentrati nella denuncia sociale e inclini perciò a oggettivare il linguaggio, come Sainte-Beuve Marx, Taine e Zola e il movimento del “New Historicism”. Lungi dal voler trovare una terza via in un’operazione di sintesi fra i romantici e i positivisti, evitando perciò la sterile contrapposizione tutta moderna fra spirito e materia, Webb si chiede se non sia possibile rintracciare in Voegelin gli elemen- ti di una teoria letteraria che tenga conto dell’articolazione esperienziale della coscienza umana nel fondamento dell’Essere e nel flusso della storia. Nella filosofia di Voegelin infatti

20 Voegelin, E. (1990a). 151.

l’immaginazione letteraria riflette i modi di esistenza degli individui ca- lati nella storia che in tal modo ne danno espressione artistica, e allo stesso tempo riflette i loro modi di esistenza dipendenti dalla capacità di resistenza o sottomissione dell’individuo alla cultura circostante21.

Anche in ragione della sua amicizia con Heilman, Voegelin era cer- tamente più vicino alle posizioni dei teorici “simbolisti” (assimilabile alla corrente “romantica”). Concentriamoci dunque, seguendo le analisi di Webb, sulle affinità fra la critica letteraria simbolista e quella voege- liniana, a partire dai tre caratteri propri della scuola simbolista. Il primo dei quali è «l’irriducibilità del significato letterario a qualsiasi tipo di parafrasi concettuale»22. E su questo punto Voegelin non avrebbe nulla da ridire in ragione della sua concezione filosofica del mito come espressione propria dell’unità del cosmo. Il secondo carattere è «l’indi- pendenza dell’opera letteraria dalle intenzioni dell’autore»23. E anche qui Voegelin avrebbe concordato, come si desume da una parte della lettera in cui considera valide le spiegazioni dell’autore dell’opera solo quando non entrano in aperto conflitto con il testo letterario, che deve sempre prevalere. Il carattere della teoria simbolista che Voegelin non avrebbe condiviso è invece la sua tendenza a considerare l’ambiguità in quanto tale un valore letterario, di modo che la mente del lettore viene tirata dentro un processo che non ha un fine o un obiettivo al di fuori di se stesso. Perciò quel lettore (o critico letterario) che voglia estrarre il pieno significato del racconto, senza rimanere impigliato nella struttura indistinta del racconto, deve anzitutto rintracciare la coscienza critica della realtà e l’estensione della sua possibile deformazione. L’interprete «non può semplicemente seguire il simbolismo ovunque lo conduca e

21 Webb, E. Eric Voegelin and Literary Theory. In Hughes, G., McKnight, S.A.,

Price, G.L. (Ed). (2001). Politics, Order and History: Essays on the Work of Eric Voegelin. Sheffield: Sheffield Academic Press. 2-3. Webb mostra così la distinzione effettuata da Voegelin fra storia e storicismo nella lettera 65: «Occuparsi di opere d’ar- te, di poesia, filosofia, immaginazione mitica, ha senso solo se l’indagine viene condot- ta come una ricerca nella natura dell’uomo. Con questa proposizione si esclude lo stori- cismo, ma non si esclude la storia, poiché ciò che è peculiare della natura dell’uomo è lo spiegarsi delle sue potenzialità nella storia». In Embry, R.C. (Ed). (2004). 157.

22 Webb, E. (2001). 7. 23 Webb, E. (2001). 8.

aspettarsi di riuscire a cogliere qualcosa che abbia senso in termini di realtà»24. Secondo Voegelin il critico deve «verificare prima di tutto quale tipo di realtà è stata deformata e, in secondo luogo, che tipo di deformazione ha sofferto»25. Tali strumenti interpretativi sono partico- larmente importanti anche al giorno d’oggi, perché il critico per primo può fallire nell’esegesi ricorrendo a mezzi d’interpretazione derivanti da quelle teorie egemoni inclini alle deformazioni dell’esistenza, come la psicoanalisi26.

Va perciò riconosciuto a Voegelin il merito, già nella sua prima in- terpretazione de Il giro di vite, di aver individuato la maggior parte del- le realtà deformate: cioè «Dio, l’uomo, l’anima, il dramma della salvez- za e della dannazione»27. Il secondo compito del critico letterario, quel- lo cioè di esaminare il tipo di deformazione subita dalla realtà, evitando di restare impigliato nell’ambiguità dei simboli, è stato sviluppato da Voegelin curando l’analisi della trasformazione dei simboli dell’Eden e del mito dell’androgino che abbiamo illustrato precedentemente.

Un ulteriore importante contributo per la critica letteraria è il simbo-