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Criticità e opportunità

Capitolo 4 Gli impatti dell’RFID: analisi di costi, benefici, rischi ed opportunità

4.4 Criticità e opportunità

Nonostante il rapido successo che la tecnologia RFID ha avuto e sta avendo, vi sono ancora un certo numero di criticità rispetto alle caratteristiche ideali desiderate dagli utilizzatori finali; esistono, infatti, delle problematiche che costituiscono un freno all’espansione massiva della tecnologia, soprattutto nel settore della logistica, ma anche in altri campi; alcune di queste problematiche sono di più facile risoluzione, altre richiedono uno sviluppo tecnologico maggiore.

o non vi è uniformità nelle frequenze operative, né nelle potenze in trasmissione; questo fa si che alcune applicazioni che funzionano bene in una parte del mondo, non possono essere utilizzate in un altro Paese. - Difficoltà nell’allestimento dell’applicazione

o non esistono, o sono molto rari, casi di sistemi “chiavi in mano”; la motivazione principale è che ogni sistema è praticamente unico, quindi non è semplice standardizzare il processo;

o spesso le aziende che si occupano di realizzare dei sistemi RFID creano delle aspettative sui risultati non realistiche, portando quindi successivamente a dei feedback negativi sulla tecnologia;

o il costo del software applicativo è ancora elevato, anche in questo caso perché spesso va creato su misura in base all’azienda.

- Prestazioni modeste di tag e reader rispetto alle specifiche o alle aspettative o succede spesso che la distanza di lettura teorica promessa dal costruttore

sia molto lontana dalle prestazioni in situazioni reali;

o non sempre si ottiene il 100% delle letture e vi possono essere delle possibilità di fallimenti che pregiudicano il risultato finale; senza garantire la totale lettura degli item passati sotto l’antenna, è impossibile affidarsi completamente ai dati estratti dalla tecnologia RFID;

o può succedere che anche la velocità di lettura-scrittura sia molto più bassa di quella garantita, soprattutto in caso di letture massive.

- Incompleta applicabilità su tutte le merci

o un grande limite che ancora si ha, e su cui infatti si sta lavorando molto, è la scarsa flessibilità per la progettazione delle antenne, il che implica un conseguente limite riguardo a forma, dimensioni e contenitori dei tag. - Difficoltà ad ottenere fiducia da consumatori ed aziende

o altro grande limite riguardo alla tecnologia RFID è la modesta sicurezza e protezione dei dati, che ne ha infatti rallentato lo sviluppo come metodo anticontraffazione.

- Limitata integrazione dei processi di “tagging”

o perché la tecnologia funzioni al meglio, dev’essere integrata lungo tutta la catena di distribuzione, dal produttore al negozio, e più il processo parte a monte della supply chain, maggiori prestazioni e minori costi si ottengono; il problema principale, però è come distribuire questi costi sull’intera catena, in quanto spesso chi sostiene i costi e chi ne ricava i benefici sono due soggetti diversi;

o è inoltre necessario uno sviluppo maggiore dal punto di vista tecnico dei sistemi “middleware”, che ancora non sono disponibili per tutti gli attori della catena.

o la presenza di metalli, sia nei chip che nelle antenne, collanti, materiali plastici ed altri, rende lo smaltimento dei tag non semplice, soprattutto se paragonato ad un barcode.

- Costo del tag, che viene percepito come maggior fattore ostativo

o come già detto in precedenza, non sempre viene ripartito su tutti gli attori della catena distributiva; senza una corretta collaborazione tra di essi diventa difficile individuare chi deve sobbarcarsi il costo, che se invece venisse suddiviso, sarebbe molto meno rilevante;

o mancando la giusta collaborazione, spesso il costo del tag viene semplicemente aggiunto al prezzo delle merci a un certo punto della catena distributiva; questo comporta un aggravio, che può essere anche notevole, al soggetto che deve sostenerlo.

Il grande problema, però, che viene rilevato da molti autori, è la difficoltà ad individuare il valore aggiunto che la tecnologia RFID porta al contesto aziendale, a maggior ragione se confrontata con tecnologie, come per esempio il barcode, consolidate già da molto tempo; questo porta ad una giustificazione dell’investimento non facile.

Nonostante ciò, vi sono molti esempi di applicazioni di successo, come il caso Metro Group, una grande catena di vendita europea che vanta la riduzione del 14% dei fondi di magazzino e del 18% del loro deprezzamento (Heng, 2006) o il “tagging” di due milioni di libri e manoscritti della biblioteca vaticana che ha risolto molti problemi di inventario e di prestito dei volumi (Talone & Russo, 2008).

Dall’indagine effettuata da Aberdeen Group Inc. (Aberdeen Group, 2005) su aziende che sono comunque in maggioranza favorevoli all’uso della tecnologia RFID, ne risulta una classifica, riportata in Figura 15 riguardo ai motivi principali che ne frenano l’implementazione.

Riguardo ai costi dell’infrastruttura, Heng (2006) cita uno studio (Soreon Research) che mette i costi del software al primo posto, così come si può vedere in Figura 16; in un altro studio (VDC-Corp.com, 2006), però, valuta il costo del software al 7%, quello dei servizi al 34% e quello dell’hardware al 59%.

Figura 16. Stima dei maggiori fattori di costo in un'applicazione RFID (Heng, 2006)

Come suggerito anche da altri autori, Talone e Russo (2008) ritengono che, perché avvenga uno sviluppo sostenibile della tecnologia senza dover aspettare sviluppi tecnologici ancora non certi, l’unica soluzione sia puntare ad un’implementazione che coinvolga tutta la catena logistica, così com’era successo all’epoca dell’introduzione del barcode, per ripartire costi e benefici su tutti gli attori in campo.

In questo modo l’attenzione si potrebbe concentrare, invece che sulle prestazioni esasperate di tag e reader, ai sistemi di gestione e, soprattutto, alla loro accessibilità da parte di tutti i componenti della catena logistica.

Inoltre, sempre Talone e Russo suggeriscono che, invece di concentrarsi sul costo del tag come valore assoluto, bisognerebbe valutarlo caso per caso in base ai benefici che porta; vi sono infatti diversi esempi in cui il costo del tag, seppur più elevato rispetto ad un barcode, è ampiamente giustificato dai risparmi che porta l’uso della tecnologia RFID rispetto ad una più tradizionale o ad altre soluzioni alternative.

Ad oggi, d’altro canto, in alcuni settori (vedi il campo dei supermercati), il costo praticamente nullo del codice a barre ha ancora la meglio e non esistono benefici sufficienti per giustificarne l’abbandono; l’adozione più promettente dell’RFID, quindi, soprattutto per la grande distribuzione, è effettuare un “tagging” di prodotti raggruppati (ovvero contenitori, casse, pallet,…) piuttosto che di singolo prodotto. Il discorso è diverso se c’è la necessità di effettuare anche la funzione di anti-taccheggio, ma in questo caso il valore del prodotto deve giustificarne l’impiego; è questo il motivo per cui il processo di identificazione del singolo item si sta sviluppando molto nel campo dell’abbigliamento di alta moda, dove i margini elevati ne consentono l’utilizzo.

Per quanto riguarda le proposte future per abbassare i costi vi sono la riduzione dell’area del chip per tag UHF fino a circa 0,3 mm2 e lo sviluppo di nuovi processi di assemblaggio dei chip per produzione di miliardi di tag (Talone & Russo, 2008).

Più a lungo termine, invece, vi sono studi di soluzioni alternative al silicio per sostituirlo con nanotubi di grafene o, proposta più vicina all’applicazione industriale, con polimeri plastici; queste tecnologie permetterebbero di realizzare tag in cui l’elettronica sia stampata direttamente sull’oggetto, con stampanti non troppo diverse da quelle per barcode (Cipolloni, 2006).

Creare tag senza chip al silicio ridurrebbe drasticamente i costi, portandoli ad essere paragonati a quelli del barcode. Vi sono già esempi di tag di questo tipo, come quello presentato da Philips Research o quello realizzato da PolyIC, joint-venture tra Siemens e Kurtz (un’industria di stampa tedesca), entrambi creati in polimeri plastici; le applicazioni più interessanti, dato lo spessore molto sottile e la flessibilità del tag, sono quelle di anti-contraffazione per banconote e libri/riviste (Talone & Russo, 2008). Questi tag, nonostante il loro indubbio interesse e le loro potenzialità, non riscontrano ancora delle applicazioni commerciali a causa degli standard che utilizzano e dei limiti tecnici che ancora devono superare (Cipolloni, 2006).