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E proprio un evento inaspettato arrivava a scuotere Croce e allontanarlo da quelle ricerche per avvicinarlo definitivamente alla filosofia. Nel 1895,185 Labriola invia al proprio amico e discepolo un suo scritto, In memoria del manifesto dei comunisti, riguardante la filosofia di Marx.186 Croce, come si è visto, mantenne sempre vivo il rapporto con Labriola, anche

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G. Galasso, Croce e lo spirito del suo tempo, cit., p. 116

185 Anche Nicolini nelle pagine della sua biografia crociana racconta: «E ancora più piena e assoluta divenne

quando, nell‘aprile 1895, il Labriola inviò da Roma al nostro Benedetto, perché procurasse di farglielo pubblicare in opuscolo, il manoscritto del saggio In memoria del “Manifesto dei comunisti”: primo, tra quelli labrioliani, sulla concezione materialistica della storia. Non solo il Croce s‘offerse a pubblicarlo, e lo pubblicò, a proprie spese (1895); non solo incitò insistentemente il suo antico maestro a far seguire, a quel primo, altri studi sull‘argomento, che, stampati del pari a spese del nostro Benedetto, furono Del

materialismo storico: delucidazioni preliminari (1896) e Discorrendo di filosofia e socialismo (1898): ma la

lettura di quelle pagine fu per lui come una favilla cascata in una polveriera» (F. Nicolini, Benedetto Croce, cit., p. 163). Anche Garin sottolinea l‘entusiasmo di Croce nei confronti del pensiero di Marx: «Nel ‘95, suscitato da Labriola, si accende in lui l‘entusiasmo per l‘opera geniale di Marx, come scriverà nel ‘99, quando ormai gli era passato; un entusiasmo, d‘altra parte, che non si spiega senza tenere presente il travaglio politico di quegli anni, tale che poté far nascere perfino l‘impressione di un suo originario ―marxismo ortodosso‖, e di una successiva ―conversione‖» (E. Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, cit., p. 10 e Cfr. Id., Tra due secoli, cit., p. 132). Molto interessante la prospettiva offerta da Daniela Coli riguardo a questa vicenda: «Il brillante professore romano, forse affascinato dall‘idea di convertire al marxismo il nipote di due padri illustri del Risorgimento, gli passò i testi sacri di Marx, lo mise al corrente della sua corrispondenza con Engels, fino al famoso telegramma ―General is dead‖, con cui fu annunciata la morte dell‘amico di Marx. Croce visitò a Londra Eleonor Marx e passeggiò con Liebknecht per le vie di Napoli. Fu incuriosito da una rigenerazione dell‘umanità, ma a diciannove anni se ne tornò a Napoli, mise su casa, e si dedicò a studi di storia locale» (D. Coli, Il filosofo, i libri, gli editori Croce, Laterza e la cultura europea, Editoriale scientifica, Napoli 2002, p. 18).

186 «Al tempo stesso che lo Stato etico vagheggiato dai pubblicisti tedeschi gli si mostrava un‘utopia, il

Labriola s‘avvedeva che dura ma sola realtà son gl‘interessi antagonistici delle classi sociali. Pertanto già dal 1886 egli, sin allora conservatore di tipo spaventiano, si gettava nelle braccia del marxismo, del quale, e

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dopo il ritorno a Napoli, quando il suo interesse era tutto indirizzato verso le ricerche storiche e gli studi eruditi. Labriola, maestro di Croce fin dai tempi del soggiorno romano, che iniziò, di fatto, Croce alla riflessione filosofica, era destinato, adesso, ad accompagnarlo nel suo passo decisivo verso la maturazione filosofica. «Negata la filosofia della storia come reincarnazione della teologia, la filosofia già si faceva, per il Croce, comprensione delle guise della storia umana, o, se si voglia, del ritmo profondo dell‘umanità nel suo processo. E di nuovo gli era maestro Antonio Labriola, ora non più herbartiano professore di morale, ma marxista interprete della storia».187

La lettura di quelle pagine fu per Croce un evento sconvolgente che lo spinse ad abbandonare i lavori precedenti – mise immediatamente da parte le proprie ricerche intorno alla letteratura spagnola – e dedicarsi in maniera esclusiva agli studi intorno al materialismo storico, oltre che a pubblicare a proprie spese il lavoro del maestro. «L‘ardore filosofico, sin allora compresso e represso, esplose, per dir così, con violenza estrema. Sospese e quasi abbandonate le ricerche sulla Spagna, per alcuni mesi non fece quasi altro che occuparsi del problema economico. Ed espertissimo, qual era divenuto, della difficile arte dello studiare, non s‘avvalse punto di manuali e di libri di divulgazione: bensì lesse e rilesse i principali classici dell‘economia, scorrendo inoltre ciò che v‘era di non volgare nella letteratura socialistica, soprattutto meditando intensamente intorno ai punti essenziali e alle questioni più ardue di quella disciplina».188

segnatamente del cosiddetto materialismo storico, divenne, al dir del Croce, ―il miglior conoscitore mai stato in Italia e forse nell'Europa tutta‖. Comunque, per quanto concerne l‘Italia, era stato indubbiamente il primo che vi avesse scoperto, studiato direttamente nei testi originali, elaborato con genialità e insegnato quella non facile dottrina» (F. Nicolini, Benedetto Croce, cit., p. 161). Sul marxismo di Labriola in relazione alle ricerche e gli studi che avevano animato la precedente stagione culturale del suo pensiero, afferma Dal Pane: «L‘adesione al marxismo non rappresenta dunque, per il Labriola, una deviazione dalla strada fino allora battuta, ma lo svolgimento conseguente di premesse contenute nel suo sviluppo anteriore, il coronamento felice di tutta una vita di pensiero, di un ininterrotto succedersi di sforzi e di tentativi. Anziché costituire un colpo di spugna sul passato, il nuovo indirizzo avvalora gli scritti e gli studi precedenti del Labriola. Questi trovano nella nuova concezione della storia e nel nuovo atteggiamento mentale del filosofo il cemento che ne fissa le fila in un‘orditura consistente» (L. Dal Pane, Profilo di Antonio Labriola, cit., p. 56). Sulla genesi del marxismo labriolano si vedano le importanti riflessioni espresse da Cotroneo, le quali offrono una prospettiva diversa attraverso cui interpretare il complesso svolgimento intellettuale di Labriola. Scrive Cotroneo: «Ma proprio per questa ragione mi vedo costretto ad anticipare la conclusione, o, forse meglio, l‘argomento centrale – praticamente l‘unico – di questa mia relazione: che non è tanto quello – anch‘esso peraltro qui adombrato – che Labriola non arrivò al marxismo passando, per così dire, attraverso la filosofia (un concetto che, va da sé, non può né deve essere preso alla lettera) ma attraverso la prassi, l‘esperienza vissuta; ma soprattutto che non raggiunse Marx attraverso Hegel, come invece da più parti, persino dallo stesso Labriola, si ritiene, ovviamente non senza qualche ragione» (G. Cotroneo, Benedetto Croce e altri ancora, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005, p.126).

187 E. Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1943, cit., p. 184. 188

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L‘incontro con la filosofia di Marx189

rappresenta un evento decisivo nel corso dello sviluppo della filosofia crociana. Croce, mettendo da parte le proprie ricerche erudite, e dedicandosi in maniera esclusiva allo studio dei grandi classici dell‘economia, alla lettura delle opere di Marx e di tutta quella letteratura socialista che da esse aveva tratto ispirazione, vede aprirsi davanti ai propri occhi una nuova prospettiva, una chiave di interpretazione della storia, che lo affascina e allo stesso tempo lo attrae verso di essa. Spinto da Labriola ad approfondire i temi di quella filosofia, Croce comincia a esercitare in maniera consapevole e teoreticamente sicura la propria attività critica.

È importante sottolineare come da questa stagione del pensiero crociano derivi una delle conquiste essenziali all‘interno dell‘articolazione della filosofia dello spirito, e che rappresenta una delle più importanti acquisizioni dell‘intera filosofia crociana: la scoperta dell‘Utile.190

Nella Memoria del ‘93 Croce, anche se in maniera a volte ironica, nel riflettere intorno ai concetti, chiama in causa la triade di Vero, Buono e Bello. Manca ancora la consapevolezza dell‘importanza del momento economico all‘interno delle attività

189 Per un‘analisi approfondita intorno al rapporto intrattenuto da Croce con il marxismo, oltre ai testi citati,

cfr. C. Tuozzolo,“Marx possibile”. Benedetto Croce teorico marxista (1896-1897), Franco Angeli, Milano 2008; G. Cotroneo, Croce, il liberalismo e l‟oblio del “Marx possibile”, in AA.VV., Benedetto Croce

Riflessioni a 150 anni dalla nascita, cit., pp. 139-154 cfr. R. Trombelli, Marxismo, in AA. VV., Lessico crociano. Un breviario filosofico-politico per il futuro, cit., pp. 467-479; P. Di Giovanni, Croce e Marx, in

AA. VV. Croce filosofo…, cit., pp. 273-279; V. Vitiello, L‟interpretazione crociana di Marx e il problema

del controllo della pleonexia, in AA. VV., Croce filosofo…, cit., pp. 641-661; A. Jannazzo, Croce e il comunismo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1982; S. Cingari, Il giovane Croce. Una biografia eticopolitica, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2000; G. Pezzino, Il filosofo e la libertà. Morale e politica in Benedetto Croce (1908-1938), Edizioni del Prisma, Catania 1988; S. Petrucciani, Appunti su Marx e Croce. Materialismo storico, etica e teoria del valore, in AA.VV., Benedetto Croce Riflessioni a 150 anni dalla nascita, cit., pp.175-196. Una diversa valutazione deve essere fatta invece per il volume Emilio Agazzi, Il giovane Croce e il marxismo, Torino, Einaudi, 1962, che seppure si presenta come uno studio approfondito

di questa importante fase della formazione crociana, porta con sé un limite ineludibile, dovuto al modo di connettere le abbondanti informazioni raccolte, che si traduce in una interpretazione della filosofia crociana che non tiene conto dello sviluppo che essa ha avuto nel tempo. Questa viene letta come una ontologia che non coglie la storicità del reale, la cui formulazione dell‘utile è tesa a mistificare le concrete attività economiche degli uomini in modo da esorcizzarle, mettendole al loro posto ed evitando così che esse possano insidiare le altre sfere dello spirito, veri e propri travisamenti dell‘opera crociana. L‘opera sollevò numerose polemiche, provocando la reazione critica di chi, come Franchini o Parente (cfr. R. Franchini, Si sbarca su

Croce? in «Nord e sud», n. 39, marzo 1963, pp. 43-47), non riusciva ad accettare la palese deformazione

della filosofia crociana, o, al contrario, di quelli che, come Paolo Rossi, pur evidenziandone alcuni limiti storiografici, ne riconosceva comunque l‘importanza (cfr. P. Rossi, Note su Croce e il marxismo, in «Rivista Critica di Storia della Filosofia», Vol. 19, n. 3 (luglio-settembre 1964), pp. 316-325).

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Si guardi in tal senso il giudizio di Franchini a proposito dei risultati che il periodo di studi intorno al materialismo storico aveva prodotto all‘interno della riflessione crociana: «Anche in questo campo per lui si era ripetuta l‘esperienza già descritta a proposito delle meditazioni sulla storia e sull‘arte: fattosi editore e studioso degli scritti marxistici del Labriola, messosi appassionatamente al corrente delle più recenti polemiche sul socialismo, si era rapidamente impossessato di difficili questioni di economia pura, riuscendo a conclusioni che non potevano non parere rivoluzionarie o quanto meno eretiche ai suoi stessi maestri o autorevoli contraddittori come il Labriola e Vilfredo Pareto. L‘acquisto per lui e per noi più filosoficamente notevole di questo periodo è la prima scoperta dell‘Utile come categoria autonoma, quell‘Utile di cui era andato in cerca per illuminarne le sue indagini storiche, così come l‘estetica gli andava illuminando e agevolando quelle letterarie» (R. Franchini, Esperienze dello storicismo, cit., p. 152).

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dello spirito. Solo attraverso le importanti riflessioni marxiane sul ruolo giocato dall‘economia nello sviluppo e nell‘articolazione della storia dell‘uomo, e lo studio dei classici dell‘economia – Smith, Ricardo, etc. – che gli mostravano l‘importanza di quella scienza ―mondana‖ che, insieme all‘estetica191

, rappresentava una delle principali attività attraverso cui l‘uomo veniva a contatto con il mondo, Croce doveva pervenire a quella felice intuizione, l‘utile, che gli permetteva di maturare ulteriormente il disegno della propria filosofia.

Ma, se questo rappresenta uno dei maggiori risultati che il periodo marxista ha permesso di conseguire, bisogna aggiungere, ed è quello che più importa, che esso non è il solo. C‘è, infatti, un altro aspetto importante che bisogna tenere in considerazione e che lo stesso Croce sottolinea. Scrive Croce, a proposito del rapporto intrattenuto con Hegel negli anni della propria formazione: «Il lievito dello hegelismo sopraggiunse nel mio pensiero assai tardi; e la prima volta attraverso il marxismo e il materialismo storico, che, come avevano ravvicinato il mio maestro Labriola allo Hegel e alla dialettica, così mi fecero avvertire quanta concretezza storica, fosse, pur in mezzo a tanti arbitri e artifizi, nella filosofia hegeliana».192 Nella ricostruzione autobiografica, Croce data agli anni del proprio incontro con Marx la comparsa di quello stimolo, quel ―lievito‖, ad approfondire il proprio rapporto con Hegel. Fino ad ora, come si è visto, a parte gli stimoli indiretti ricevuti nel corso della propria formazione, attraverso le lezioni di De Sanctis e di Labriola, e nel rapporto indiretto con la filosofia hegeliana filtrato attraverso le opere della filosofia a lui contemporanea – storicismo tedesco, neokantismo, etc. –, che comunque si traducono in una acquisizione critica nei confronti di Hegel, in cui il lato negativo domina l‘interpretazione crociana, Croce non ha mai avuto modo, e neanche la voglia, di cimentarsi nello studio diretto del sistema hegeliano, e delle opere più importanti del filosofo tedesco.

Era giunta l‘ora di fare i conti con quel ―convitato di pietra‖ che aveva accompagnato, con la propria ingombrante presenza/assenza, gli anni dello sviluppo intellettuale. Come

191 Così Croce si riferiva alle due attività, estetica ed economica, che in quanto hanno a che fare,

direttamente, con la realtà concreta, e a differenza di logica ed etica – le quali operano, rispettivamente, con le rappresentazioni estetiche e le azioni economiche –, vengono definite, appunto, ―scienze mondane‖. Il Saggio, composto nel 1931, e apparso sulle pagine de La Critica (B. Croce, Le due scienze mondane:

l'Estetica e l'Economica. I. Spirito e senso. II. Spirito e natura, in «La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e

Filosofia diretta da B. Croce», 29, 1931, pp. 401-412) successivamente raccolto in B. Croce, Ultimi Saggi [1934], a cura di M. Pontesilli, Bibliopolis, Napoli 2012, pp. 49-61, e infine posto in appendice alla edizione laterziana del Breviario di estetica.

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afferma Franchini, a proposito del suo discorso sulla formazione crociana, una delle fonti che condussero Croce al dialogo con Hegel,

non meno importante e troppo spesso messa da parte, è costituita dal lungo e assiduo contatto del Croce con le dottrine di Marx e dalla sua viva partecipazione alle polemiche che tra il 1895 e il 1900 si svolsero tra i maggiori marxisti europei, come il Labriola, il Sòrel, il Bernstein, il Kautsky, e che risultano in parte notevole dal citato libro del Croce su Materialismo storico ed economia

marxistica. Croce aveva largamente assimilato nel corso di quegli anni la tenace critica marxistica a

Hegel, al teologismo hegeliano, alla filosofia della storia, alle astrazioni, e accettato con appassionato consenso il richiamo di Marx al concreto, al determinato, alla storia, alle condizioni di fatto. Nemmeno l‘esperienza dell‘umanismo feuerbachiano, pur sempre attraverso Marx, dovette essergli estranea: tutte le critiche che più tardi rivolgerà a Hegel teologo e metafisico in nome dell‘umanesimo e dello storicismo reperibili nella filosofia hegeliana e che era stato tratto a ritrovare e distinguere dai suoi maestri ed amici marxisti, si spiegano in base a tale esperienza.193

Sottofondo incessante delle pagine dell‘estetica desanctisiana, punto di riferimento costante delle accese lezioni labriolane intorno alla filosofia della storia, Hegel tornava un‘altra volta a incrociare il percorso di Croce, e lo faceva attraverso uno dei suoi epigoni, forse uno dei più importanti, che in quegli anni costituiva uno dei principali interessi dello studioso. Bisogna comunque sottolineare le riserve che Croce accompagnava al riconoscimento dell‘importanza di questa fase nel suo incontro con la filosofia hegeliana: «Ma anche lo Hegel, che mi veniva presentato nella interpretazione e adattamento del Marx e dell‘Engels, fu accolto da me con cautela critica, come si vede dai miei saggi sul materialismo storico, nei quali mi argomentai di purgare questa dottrina da ogni residuo di astratto apriorismo, sia di ―filosofia della storia‖, sia di più recente ―evoluzionismo‖; e difesi il valore dell‘etica kantiana, e non prestai fede al mistero della sottostruttura o Economia (travestimento dell‘Idea), che opererebbe sotto la coscienza, e della soprastruttura o coscienza, che sarebbe mero fenomeno di superficie».194 Come si vede, l‘atteggiamento di Croce è sempre teso, giusta la lezione dei suoi maestri, a riconoscere la parte viva di ogni teoria, mettendo in evidenza l‘importanza di questa per gli sviluppi del pensiero successivo, e, allo stesso tempo, distinguere da quella parte ―immarcescibile‖ gli errori e gli abusi che, al contrario, devono essere approfonditi e dissolti.

Già nel 1886, anno del ritorno a Napoli, prima di rituffarsi nei propri studi eruditi, Croce, che evidentemente manteneva ancora accesa quella passione filosofica innescata dalle lezioni di Labriola e che aveva animato il periodo romano, aveva manifestato al maestro la voglia di confrontarsi con la filosofia hegeliana, e, memore dell‘oscurità di certi espositori, che per certi versi aveva segnato i propri anni giovanili, chiedeva a Labriola un consiglio

193 R. Franchini, Croce interprete di Hegel…, cit., p. 13. 194

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riguardo l‘esistenza di qualche valida opera critica attraverso cui avvicinarsi allo studio della filosofia hegeliana. Nel marzo del 1886, Labriola indirizzava a Croce, in seguito alle pressanti richieste dell‘amico e allievo, due lettere riguardanti questa importante questione. Il 22 marzo scriveva: «Per l‘Hegel non posso consigliarvi che le storie più note della filosofia tedesca, perché in tutte ne troverete l‘esposizione. Quanto poi all‘esposizione critica, è un altro paio di maniche. Si trova nelle altre filosofie, o implicitamente o esplicitamente».195 E il 26 marzo ribadiva: «Quella esposizione critica dell‘Hegel, che voi vorreste, non c‘è. Come ciascuno a questo mondo ha la debolezza di occuparsi troppo di se stesso, così cotesta storia ragionevole della filosofia, che renda i motivi del pensiero altrui, non è ancora nata. Provate di leggere le solite esposizioni delle storie generali».196

Ma, come si è visto, Croce, dopo qualche tempo, anziché continuare a coltivare quello spirito filosofico venuto fuori nel corso degli anni precedenti, concentra la propria attenzione nuovamente sull‘attività che già in passato lo aveva interessato impegnando tutte le proprie energie intellettuali. E, va da sé, che il ritorno a quelle ricerche e a quegli studi, di carattere prettamente erudito, non dovevano certo avere avuto l‘approvazione del maestro che, in quegli anni, indirizzò delle lettere di fuoco al giovane allievo, spesso schernito con il titolo, offensivo agli occhi di Labriola, di ―letterato‖, e costantemente biasimato per la sua inattività politica e filosofica.

Con il sopraggiungere, nel corso delle proprie indagini, di sempre più numerosi dubbi sulla natura della storia e dell‘attività estetica, Croce aveva comincia ad avvicinarsi, come si è visto, alla vasta letteratura relativa a questo tema, racchiudendo i risultati di questi studi, nella memoria sulla storia. Ora, dopo l‘incontro con Marx, e l‘intensificarsi di questo bisogno filosofico, il sodalizio con Labriola diviene sempre più stretto.

E diviene sempre più profonda l‘esigenza di fare i conti con quella filosofia hegeliana che, seppure riconosciuta, nella fase iniziale degli studi marxiani di Croce, – a differenza di Gentile e dello stesso Labriola, che riconoscevano l‘importante contributo della dialettica hegeliana all‘interno della genesi, e degli sviluppi successivi, della filosofia di Marx – come ―precoltura‖ del giovane Marx e estranea alla sua fase matura, rimaneva un‘importante questione all‘interno dello sviluppo della filosofia contemporanea197

. Si

195 A. Labriola, Epistolario 1861-1890, a cura di D. Dugini e R. Martinelli intr. di E. Garin, Editori Riuniti,

Roma 1893, p. 220.

196

Ivi, p. 221.

197«In rapporto a Marx comincia ad affacciarsi il nome di Hegel, ma negativamente. Croce rifiuta l‘hegelismo

di Marx, almeno del Marx maturo […]. In Marx, secondo Croce, niente era rintracciabile dell‘Idea, e niente della dialettica hegeliana: ―quanto alla dialettica hegeliana dei concetti, a me sembra che essa abbia una somiglianza puramente esteriore ed approssimativa colla concezione storica dei periodi economici e delle

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diceva in una fase iniziale perché, nel saggio del 1896, Sulla forma scientifica del

materialismo storico  la cui composizione era stata innescata dalla lettura del lavoro di Labriola , che inaugurava, di fatto, la stagione di studi intorno al materialismo storico, Croce, commentando il rapporto Marx-Hegel, sosteneva l‘opportunità di «ristudiare una buona volta, con precisione e con critica, codeste affermate relazioni del socialismo scientifico con lo hegelismo». E aggiungeva, offrendo la propria interpretazione intorno alla questione: «Per accennare l‘opinione che io me ne son fatta, il legame tra le due concezioni a me sembra, più che altro, meramente psicologico, perché lo hegelismo era la precoltura del giovine Marx, ed è naturale che ciascuno riattacchi i nuovi ai vecchi