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Croce traduttore: L‟Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio

Quando Croce decide di fare i conti con il pensiero hegeliano, mettendo, finalmente, da parte interpreti e commentatori, cercando Hegel nelle sue opere e non nelle mistificazioni compiute da critici o semplici ripetitori, sceglie di farlo attraverso lo studio diretto delle opere del filosofo tedesco. In un arco di tempo di circa due anni, Croce si dedica allo studio delle maggiori opere del filosofo tedesco, tra cui la Scienza della Logica e la

Fenomenologia, approfondendo sempre di più la propria conoscenza del pensiero

hegeliano. Per quanto riguarda l‘Enciclopedia delle scienze filosofiche, è necessario fare un

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discorso a parte. Croce, nell‘affrontarne lo studio, prova una estrema insoddisfazione nei confronti delle varie traduzioni che nel corso degli anni si erano fatte di quell‘opera da lui considerata come la principale via di accesso al pensiero di Hegel, quella che più delle altre rappresenta in maniera completa un chiaro esempio dell‘intero sistema hegeliano.

Da qui l‘idea di intraprendere una nuova traduzione dell‘opera, in modo da offrire ai numerosi studiosi che – in questo clima generale di rinascita dell‘idealismo97 – cominciavano a concentrarsi sul pensiero del grande filosofo tedesco, un valido supporto per le loro – nonché per le proprie – ricerche filosofiche. E quale migliore occasione per attendere a tale impresa poteva sopraggiungere se non l‘inaugurazione di una collana, presso l‘editore Laterza,98

dedicata ai classici della filosofia moderna.99 «Alla fine del

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Gadamer all‘interno di uno dei suoi lavori attorno alla filosofia di Hegel di sofferma su questa importante rinascita degli studi hegeliani avvenuta ai primi del Novecento, annoverando, tra i vari protagonisti di tale rinascita, anche il filosofo napoletano. Scrive Gadamer: «Il nostro secolo ha visto un sorprendente ritorno della filosofia di Hegel, dopo che questa aveva giocato per decenni il ruolo di capro espiatorio, ed aveva rappresentato per le scienze sperimentali l‘esempio di una riprovevole speculazione. Una tale valutazione di Hegel è dominante ancora fino ai nostri giorni nei paesi anglosassoni. Fu all‘epoca del neo-kantismo che rifiorì, a poco a poco, questo interesse per la filosofia hegeliana. In Italia, in Olanda, in Inghilterra ed in Francia vi furono al volgere dei secolo notevoli rappresentanti dell‘idealismo speculativo. Basti ricordare Croce, Bolland e Bradley» (H. G. Gadamer, La dialettica di Hegel, trad. di R. Dottori, Marietti, Genova 1996, p. 80).

98 Per quanto riguarda la genesi travagliata di questa collana, una testimonianza importante è offerta dal

carteggio Croce-Laterza (B. Croce-G. Laterza, Carteggio I (1901-1910), a cura di A. Pompilio, Laterza, Roma-Bari 2004). Nel gennaio del 1905 Croce, inviandogli il programma della collezione, scriveva a Laterza: «Caro Laterza, Vi mando il programma della collezione. Pensandoci meglio, credo che sia opportuno di lanciarlo sin da ora, per evitare che diffondendosi la notizia dell‘intrapresa qualcuno ci rubi le mosse. Non sarà; ma è bene prender le nostre precauzioni. Aspetto le bozze del programma. Di esso dovrete darmene 850 copie, 650 per la Critica, e 200 da distribuire ad amici. Voi ne tirerete un altro migliaio, o più, e lo andrete spargendo come vi parrà meglio. Non sarebbe il caso di aggiungerlo alla Nuova antologia?» (Ivi, p. 110) Nel gennaio del 1906, a un anno di distanza, e già intrapresi i lavori delle prime traduzioni, come quella dell‘Enciclopedia di Hegel e della prima Critica di Kant, Croce, indispettito dall‘atteggiamento tenuto da Laterza, scriveva: «Caro Laterza, Sono dolentissimo con voi. Io non ho molto tempo, e pure vi ho scritto una serie di lettere, alle quali voi non rispondete o rispondete sempre in modo insufficiente. Ciò mi dispiace. 1°) Sono due mesi che dovete mandarmi la circolare pei traduttori, e non ve ne siete curato, malgrado le mie insistenze. 2°) Sono tre mesi e mezzo che doveva cominciarsi la stampa del Kant; e non se n‘è fatto niente. 3°) Vi ho scritto da un pezzo pel vol. del Bruno. Non è stato deciso ancora niente. 4°) Vi ho scritto pel vol. Labriola. Silenzio. Si può andare innanzi così? Io non voglio seccare la gente, non voglio fare insistenze. Desidero risposta pronta e precisa, come io sono pronto e preciso nei miei impegni. Voi dovete pensare sul serio a tutto ciò che vi ho detto. Saluti cordiali» (Ivi, pp. 154-155). Quello fra Benedetto Croce e Giovanni Laterza, soprattutto all‘inizio, fu un rapporto complicato, reso tale soprattutto dai temperamenti estremamente diversi che animavano i due. Ma, superati i primi contrasti, quella che ne nacque fu un‘amicizia profonda e sincera, un‘intesa intellettuale che, attraverso la loro collaborazione, segnò in maniera indelebile la cultura italiana, fornendo, soprattutto nei periodi più difficili – come non pensare alle vessazioni subite sotto il fascismo, quando il regime controllava le pubblicazioni e, cosa non secondaria, le scorte di carta a esse destinate –, attraverso il loro infaticabile lavoro, un punto di riferimento a tutti quelli che in quei tempi bui era impegnati a tenere viva la fiamma della cultura e della libertà. Sul rapporto Croce-Laterza, oltre ai successivi volumi del carteggio, cfr. Coli D., Il filosofo, i libri, gli editori Croce, Laterza e la cultura

europea, cit.; F. Laterza, Benedetto Croce autore e consigliere, Laterza, Bari 1967; L. Masella, Croce, Gentile e casa Laterza, in AA. VV., Croce e Gentile. La cultura italiana e l‟Europa, cit., pp. 207-214.

99 Il programma della collezione, recante la firma dei due curatori, Croce e Gentile, fu posto in appendice al

saggio Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel. I due filosofi, ribadendo la necessità della cultura filosofica italiana di ritornare allo studio dei classici, scrivevano: «Nel presente risveglio degli studii

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1904, organizzando la collana dei ‗Classici della filosofia moderna‘, Croce decise di aprirla con la Enciclopedia, di cui assunse la traduzione  quasi ad imporsi un confronto letterale, parola per parola, proprio con il ―compendio‖ che Hegel aveva dato del suo sistema. La scelta, beninteso, era quasi obbligata: il Gentile curava i Dialoghi italiani di Giordano Bruno, e sarebbe stato imprudente rivolgersi ad altri per un testo di quella difficoltà; ma è pur sempre significativa, sia per il fatto che Croce volle legare il suo nome a quello di Hegel, sia per la struttura del testo, redatto, come si sa, secondo il modello collaudato dei manuali universitari del Settecento: enunciati accompagnati da annotazioni di varia dimensione. Tra la prima (1817) e la terza (1830) edizione  quella che il Croce tradusse 

filosofici italiani ci pare giunto il momento di apprestare ad essi quel potente sussidio, che fin oggi è loro mancato, dell‘agevole lettura dei classici. Pur troppo, le opere che rappresentano i momenti principali nella storia del pensiero filosofico moderno, sono nate, quasi tutte, fuori d‘Italia, e sono scritte in una lingua straniera» (B. Croce, Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel con un saggio di bibliografia

hegeliana, Laterza, Bari 1907, p. 275) Certo, l‘Italia ha dato il suo contributo allo sviluppo del pensiero

moderno tramite autori del calibro di Giordano Bruno e di Vico, ma anche in questo caso, la ristampa delle loro opere è necessaria vista la loro difficile reperibilità. La questione più importante che la pubblicazione di questa collana si incarica di affrontare è quella della scarsa attenzione data dagli studiosi ai classici e al loro studio diretto. Se, da un lato, è vero che un numero sempre crescente di studiosi italiani prestano un attenzione maggiore allo studio delle lingue straniere, dall‘altro, «la verità è, che la conoscenza dei classici è generalmente attinta dalle esposizioni, dalle monografie, dai manuali, attraverso i quali il più divin s‟invola. Ai classici si ricorre, volta per volta, per riscontrare nel testo passi già riferiti, già noti, già discussi; e se ne leggono pagine, capitoli, brani di libri; ma non si leggono i libri; e col sistema, con lo spirito degli autori non s‘acquista familiarità» (Ivi, pp. 275-276). Il ritorno allo studio diretto del classico, secondo i curatori, è una condizione essenziale perché si abbandoni la mera erudizione e si entri in una riflessione più profonda degli argomenti essenziali della storia della filosofia. Ma la collana non guarda soltanto al mondo degli studi universitari e specialistici ma, al contrario, è diretta anche, e soprattutto, agli studenti. La formazione scolastica, in genere, non offre allo studente la possibilità di formarsi direttamente sui testi dei filosofi ma si affida primariamente all‘autorità dei manuali; il risultato è che i giovani che fanno il loro ingresso nel mondo universitario o che muovono i loro primi passi all‘interno del panorama degli studi filosofici, «non sono in grado di leggere seguitamente, intendendola, una pagina di uno scrittore classico» (Ivi, p. 276). «La filosofia, pertanto, cominciata e continuata a studiare nella bibliografia, nella erudizione e nella critica, diventa e resta ne‘ cervelli dei dottori, di essa una materia morta di memoria, o, al più, un soggetto indifferente di disquisizioni e indagini filologiche; ma non apparisce mai qual‘è [sic] per la natura sua, e quale si agita nella ricerca ansiosa e nella trepida esposizione del filosofo, come vita intima e palpitante dello spirito: non illumina e non riscalda» (Ivi, p. 277). Nelle pagine finali i due concludevano scrivendo: «Lasciamo parlare i filosofi!» (Ivi, p. 281). Per quanto riguarda il rapporto tra la filosofia italiana e la traduzione filosofica (in particolare di quella di lingua tedesca) cfr. S. Poggi, Sulla traduzione filosofica in Italia e la germanizzazione

della filosofia italiana, in «Magazzino di filosofia», n. 2, 2000, pp. 253-264. Afferma Poggi: «È ovvio, e lo si

vede in modo assolutamente chiaro dall‘epistolario, nelle lettere pubblicate tra Croce e Gentile e da tante altre cose, che l‘intento di Croce, nel momento in cui assieme a Gentile avvia il programma editoriale di quelli che saranno i ―Classici della Filosofia Moderna‖ di Laterza, è proprio di intervenire con un deciso colpo di barra in questa direzione: fare conoscere alcune componenti indispensabili della grande filosofia tedesca e farle conoscere, in pratica, per la prima volta nel nostro Paese. Non si potrà mai ammirare abbastanza la decisione e la capacità di lavoro di Croce» (Ivi, p. 255). Anche se bisogna riconoscere che, come sottolinea lo studioso, Croce «mira a far conoscere alcuni testi che sono fondamentali per un tipo di storia della filosofia che è essenzialmente di impianto hegeliano. E questo direi che, come dato di fatto, è comunque piuttosto interessante, perché nel tipo di presentazione di testi filosofici della grande tradizione tedesca, Croce segue questa linea, che è poi anche quella di fare conoscere alcuni degli strumenti cui egli stesso ha messo mano, in una parola: di farci vedere cosa accade sul suo scrittoio» (Ibidem). Sulla figura di Croce come ―mediatore‖ tra la cultura italiana e quella tedesca cfr. K. E. Lönne, Benedetto Croce mediatore

di vita spirituale fra Italia e Germania, in AA. VV., L‟eredità di Croce. Atti del Convegno internazionale (Napoli-Sorrento 2-5 febbraio 1983), a cura di F. Tessitore, Guida, Napoli 1985, pp. 269-286.

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l‘opera era raddoppiata di mole, e lo stesso Hegel, nell‘occuparsi della seconda edizione, si lagnava che essa fosse sempre meno conforme al suo desiderio, di dare solamente ―das

Ganze‖  ed egli intendeva lo svolgimento a livello logico-metafisico  e si estendesse troppo, invece, nei ―Details‖, consolandosi peraltro con l‘utilità didattica di quel tipo di esposizione».100 Il filosofo napoletano, probabilmente, pur avendo maturato la decisione di fare i conti con Hegel, non aveva, comunque, questa fretta di lanciarsi in un‘impresa tanto grandiosa, quanto faticosa, come poteva risultare la traduzione di una delle opere più problematiche – almeno dal punto di vista della traduzione – del corpus hegeliano. Ma, con Gentile impegnato nella riedizione delle opere di Bruno, questo importante compito non poteva che ricadere, volente o nolente, su di lui.

Passiamo quindi a descrivere, in breve, quello che rappresenta uno dei momenti più importanti nell‘avvicinamento al saggio del 1906, mettendo in evidenza gli aspetti più rilevanti che hanno permesso a Croce di accrescere la propria conoscenza nei confronti del pensiero hegeliano. Una conquista faticosa, maturata attraverso un lavoro doppiamente gravoso, che, oltre a coinvolgere le sue abilità di traduttore, ha richiesto a Croce un notevole sforzo teoretico perché, mai come in questo caso, tradurre poteva significare, ad ogni passo, tradire il contenuto concettuale dell‘opera.

Nella prefazione apposta alla traduzione, Croce si sofferma su alcuni punti essenziali che riguardano l‘opera, primo fra tutti, il posto che essa merita all‘interno del corpus hegeliano, e, dopo averne descritto brevemente la genesi e il contesto in cui è maturata, si sofferma più in particolare sul ruolo che l‘Enciclopedia ha svolto all‘interno del complesso sistema formato dalle opere del filosofo tedesco. Come ricorda il filosofo napoletano, rifacendosi, ad esempio, al giudizio espresso da Rudolf Haym nel suo importante lavoro intitolato

Hegel e il suo tempo, «questa Enciclopedia,  talvolta chiamata enfaticamente la ―Bibbia dell‘hegelismo‖,  viene considerata come l‘unica esposizione completa che si abbia del sistema di Hegel».101 Com‘è chiaro, in una ricostruzione di questo genere, Croce non poteva evitare di ritornare sull‘annosa questione – da noi già richiamata a proposito della differente interpretazione della filosofia hegeliana che divideva Croce dall‘amico Gentile102 – del posto spettante alla Fenomenologia all‘interno del sistema. Scrive Croce:

100 C. Cesa, Nota, in B. Croce, Saggio sullo Hegel seguito da altri scritti di storia della filosofia, vol II, cit.,

pp. 445-446.

101 B. Croce, Prefazione del traduttore, in G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in

compendio [1817], trad. pref. e note di B. Croce, intr. di C. Cesa, con aggiunta delle pref. di Hegel tradotte da

A. Nuzzo, glossario e indice dei nomi a cura di N. Merker, Laterza, Roma-Bari 2009, p. L.

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«Ora io son persuaso, per mia parte, del poco fondamento delle lunghe dispute fatte nella scuola sul rapporto in cui sia da porre la Fenomenologia verso gli altri libri; ed accetto il giudizio di coloro che la tengono, qual‘è [sic] realmente, una prima forma dell‘esposizione di tutto il sistema».103 E dopo aver ribadito la convinzione che «quel che v‘ha di sostanziale e di duraturo nel pensiero di Hegel si trovi tutto in ciascuno dei suoi libri capitali», e che nell‘intento di Hegel la filosofia doveva dividersi in due parti, una razionale, come trattazione dell‘Idea in sé, e una reale, esposizione dell‘Idea fuori di sé, conclude che, «secondo questo schema, il pensiero di Hegel non è esposto in modo letterariamente armonico se non nell‘Enciclopedia».104

Croce ribadisce ancora una volta la propria convinzione che la Fenomenologia dello spirito, spesso considerata come opera propedeutica per poter penetrare all‘interno della filosofia hegeliana, non è altro che un primo abbozzo del sistema.

Nelle pagine successive, Croce passa in rassegna le varie edizioni che hanno segnato la fortuna dell‘opera offrendo un‘analisi delle vicende editoriali che l‘hanno contraddistinta; dalla prima forma del 1817, la più schematica ed essenziale, passando per quella del ‘27 (la versione scelta da Croce, e prediletta, in genere, dai più grandi studiosi del pensiero hegeliano, perché ritenuta più completa della prima e più fedele della terza), alla Grande

Enciclopedia, pubblicata dagli scolari del filosofo, e ricca di aggiunte derivate dagli

appunti presi da questi nel corso delle lezioni del maestro.

All‘interno di un‘indagine di questo genere non poteva mancare una disamina delle svariate traduzioni in lingua straniera che hanno permesso la vasta diffusione del pensiero di Hegel fuori dai confini nazionali. Per quanto riguarda il caso italiano, Croce si concentra in maniera particolare, e con tono aspramente polemico, sulla traduzione che Novelli diede all‘opera nel 1863-64, giudicandola insufficiente. E, per legittimare la pesante stroncatura nei confronti del lavoro, porta all‘attenzione del lettore alcuni esempi concreti tratti da quella traduzione ponendoli a fronte dell‘originale tedesco e facendo emergere, così, i numerosi fraintendimenti operati dal traduttore nei confronti delle riflessioni hegeliane. Stesso discorso, ma per motivi estremamente diversi, vale per le traduzioni, in lingua francese, fatte dall‘illustre hegeliano italiano Augusto Vera. Scrive Croce a proposito: «nelle traduzioni del Vera, oltre questa continua annacquatura e oltre le inesattezze, s‘incontrano veri e propri errori di senso, onde a Hegel si fanno dir talvolta cose assai

103 B. Croce, Prefazione del traduttore, cit., pp. L-LI.

104 Ibidem. E, ribadendo il proprio giudizio nei confronti dell‘opera, aggiungeva: «C‘è in questo libro, in

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diverse e opposte a quelle che egli ha dette».105 E, anche in questo caso, Croce si preoccupa di fornire, attraverso il confronto con l‘originale, gli esempi che dimostrano l‘insufficienza di questa opera di traduzione. L‘unico che, secondo il filosofo, è stato all‘altezza del compito, portando a termine una meritoria opera di traduzione dell‘opera hegeliana, «per giustezza d‘interpretazione e per fedeltà»,106

è stato l‘inglese Wallace, il quale, pur traducendo dalla Grande Enciclopedia, ha operato delle scelte editoriali precise escludendo alcune aggiunte reputate non valide.

Va segnalata, inoltre, la scelta di Croce di non inserire nell‘edizione dell‘Enciclopedia da lui curata, le prefazioni alle varie edizioni107. Ciò è dovuto, non tanto alla mancanza di interesse nei confronti di queste prefazioni – che, anzi, offrono un importante affresco del clima culturale, e in particolare filosofico, in cui l‘opera si innesta, le reazioni da questa suscitate e gli sfoghi di Hegel nei confronti delle critiche ricevute –, ma, al contrario, per due aspetti molto diversi tra loro. Se il primo, infatti, è di carattere squisitamente editoriale, e riguarda la scelta di alleggerire il volume di una parte ritenuta inessenziale, il secondo è di carattere concettuale. Secondo Croce, infatti, la materia trattata da Hegel nelle pagine delle prefazioni non è strettamente legata al contenuto dell‘Enciclopedia. Scrive Croce, sottolineando questi due aspetti: «Quantunque queste tre prefazioni sieno assai belle e importanti (come molti altri degli scritti minori di Hegel), esse hanno un legame poco stretto, o affatto occasionale, col testo dell‘Enciclopedia; e per questo; e per non ingrossare il volume, le ho escluse, pensando che possano qui bastare i cenni che ne ho dati».108

Infine, Croce, passa a esporre al lettore i parametri utilizzati nell‘attendere al gravoso compito di traduzione dell‘Enciclopedia: «La presente traduzione è quasi letterale, essendomi studiato di conservare non solo il significato astratto, ma anche la lettera e l‘impronta originale [...]. Più che un ritratto, questa mia traduzione è, dunque, e ha voluto essere, un calco».109 E chiude la propria prefazione con il riconoscimento dell‘importanza e

105 Ivi, p. LX. Per un‘approfondita indagine attorno all‘attività di Vera e alla sua fortuna all‘interno del

panorama filosofico francese e in generale per un‘analisi dettagliata della presenza di Hegel in Francia cfr. A. Bellantone, Hegel in Francia (1817-1941), 2 voll., Rubbettino, Soveria Mannelli 2006 e in particolare, per quanto riguarda Vera, i due paragrafi dedicati allo studioso all‘interno del cap. III intitolato Gli hegeliani

degli anni Cinquanta (1846-1862) (Ivi, pp.263-320)

106 Ivi, p. LXIII

107 A partire dall‘edizione del 2002 la casa editrice Laterza ha inserito all‘interno del piano originale

dell‘opera deciso da B. Croce le tre Prefazioni di Hegel, a cura di A. Nuzzo.

108 Ivi, p. LXVI. 109

Ivi, pp. LXVI-LXVII. E aggiungeva: «So bene ciò che si può addurre contro un tal metodo; ma ogni metodo di traduzione è difettoso, e, tutto considerato, credo che per un libro di filosofia, e per un libro di Hegel, quello da me adottato sia il meno cattivo» (Ivi, p. LXVII ) A proposito delle traduzioni, non bisogna dimenticare quanto affermava Croce, nelle pagine dell‘Estetica, quando scriveva: «Corollario di ciò è l‘impossibilità delle t r a d u z i o n i , in quanto abbiano la pretesa di compiere il travasamento di

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la centralità di questa opera di Hegel, all‘interno dello sviluppo del pensiero filosofico, poiché in essa sono concentrati la maggior parte dei problemi che hanno impegnato gli eroi della ragione pensante, dalle origini del pensiero filosofico fino alle ultime fatiche teoretiche che hanno preceduto la nascita della filosofia hegeliana. Scrive Croce, ribadendo l‘importanza dell‘opera: «Questo volume di Hegel reca in fronte il numero 1 nella serie dei