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CRONACHE EDITORIALI L’editoria italiana

Nel documento Ermafroditi, supereroi, picari mancati (pagine 187-195)

oltreconfine

di Andreina Speciale

Nel quadro di un mercato domestico sempre più asfittico, la vendita dei diritti esteri si segnala per la costanza di risultati positivi, di durata almeno decennale. L’istituzione però valorizza poco la cessione di licenze, forse perché l’export italiano fa buone cifre soprattutto in settori come i libri d’arte o per bambini e ragazzi, assegnando alle opere letterarie un ruolo di secondo piano. La scelta di puntare sulla vendita di diritti all’estero, da realizzarsi con un ventaglio di attività di promozione mirata, potrebbe invece essere di giovamento per tutti i comparti del settore.

GLI EDITORI

denza positiva e stabile che, dall’inizio degli anni Duemila, ha por-tato a un netto incremento dei titoli nostrani che hanno trovato casa all’estero, con una leggera flessione solo nelle ultime due rilevazioni.

Fonte: Ufficio studi Aie su Dati Ice-Doxa (2001-2007), stime Aie su dichiarazioni degli editori per gli anni successivi.

La vendita di diritti di libri e autori italiani a editori stranieri cresce a una velocità doppia di quanto acquistiamo, toccando il +155% di variazione in poco più di dieci anni. E cresce più della produ-zione editoriale: se i titoli in commercio aumentano del 3% ogni anno, le cessioni di titoli italiani all’estero, secondo lo stesso

Rap-porto Aie, crescono del 7% di anno in anno.

Un miracolo di produttività che dimostra il vitalismo di un settore tanto curioso di ciò che succede fuori dai confini nazio-nali, quanto orgoglioso di assicurare alle proprie idee un pubblico più vasto di quello italofono. Eppure, l’attività di foreign rights

sales stenta ad avere un posto di rilievo sia nei meccanismi della

produzione editoriale sia nella considerazione che le istituzioni normalmente rivolgono al settore.

Le ragioni di una tale trascuratezza si leggono forse negli stessi dati: scomponendo il fatturato dell’export nostrano, si sco-pre che non tutti i comparti editoriali riportano gli stessi risultati, in termini di licenze vendute in altri Paesi. La narrativa copre solo il 16,6% dell’export, mentre più dell’80% dell’attività di cessione diritti esteri riguarda il settore bambini e ragazzi (45%), la saggi-stica (21%) e il libro illustrato, d’arte, lifestyle, design o fotogra-fia (15%). Le proporzioni appaiono quindi rovesciate rispetto al

12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Acquisto di diritti Vendita di diritti 2013

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peso che la nostra tradizione normalmente accorda alla produzio-ne umanistico-letteraria, e distorte rispetto all’abituale marginalità di alcuni settori, come il libro d’arte e il libro per ragazzi, che insie-me pesano non più del 14% della produzione editoriale italiana.

Fonte: elaborazione Ufficio studi Aie 2012 su dati Ice-Doxa. Per libri illustrati si intendono in questa rilevazione albi per bambini e ragazzi.

Se la vocazione internazionale di queste due aree dell’editoria spinge le rispettive bilance commerciali nella direzione del pareg-gio, le patrie lettere stentano invece a essere rappresentate all’este-ro, e non da oggi. La pioneristica ricerca di Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Copy in Italy, ha dimostrato come la nostra narrativa d’autore, nelle sue affascinanti peripezie all’estero, non abbia mai generato grandi numeri in termini di fatturato, riuscen-do a esportare assai di più i titoli di intrattenimento – e capaci di alte tirature già in casa – che non la letteratura aggiornata e più affine al gusto europeo. E per quanto suoni del tutto naturale che un autore di grandissimo successo come Fabio Volo abbia avuto traduzioni in più di ventidue lingue, stona un po’ che i vincitori del premio Strega possano ambire al massimo a una manciata di edizioni straniere.

Fuori dai confini nazionali, la nostra narrativa sconta la mancanza di serialità: un dispositivo tanto disprezzato dai nostri romanzieri quanto ricercato dal compratore estero, che ovviamen-te vuole rassicurazioni sulla solidità e sulla riconoscibilità editoria-le del suo acquisto. Inoltre, il genere italiano di maggior successo oltreconfine si dimostra senza troppe sorprese il crime novel:

so-Libri per bambini Saggistica Narrativa Libri illustrati Arte e architettura Insegnamento lingua italiana Lifestyle Altri libri illustrati (design, fotografia ecc.) Guide di viaggio

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prattutto in quei Paesi beneficati da un ampio pubblico di lettori forti e curiosi di aprirsi ad altri orizzonti culturali, come quelli di lingua tedesca, spopolano autori come Lucarelli, Carofiglio, Ca-milleri e ovviamente Saviano, concordemente a un’immagine della nazione italiana che fatica ad andare oltre gli stereotipi ben noti.

Eppure, rispetto ad altri settori editoriali, si può dire che la fiction letteraria sia forse stata l’unica a ricevere, negli anni passati, un qualche sostegno da parte delle istituzioni: l’attenzione mini-steriale all’export librario si è infatti concentrata principalmente su di essa, realizzandosi per lo più nelle forme dei sussidi alla tra-duzione di qualità, erogati a vantaggio delle case editrici stranie-re. La lista dei contributi del Ministero Affari Esteri assegnati nel 2013 per la promozione del libro italiano rivela una decisa predi-lezione per il sostegno alla nostra narrativa più tradizionale, con fondi stanziati anche per l’edizione di classici (Petrarca, Boccac-cio, Manzoni, Pavese, Pirandello) o per la diffusione di solidi

best-sellerist nostrani all’estero (Eco, Magris, Fallaci, Vassalli,

Mazzan-tini); pochissime invece le assegnazioni in favore della saggistica, dei libri d’arte e dei libri per bambini e ragazzi.

Da un punto di vista meramente economico, potrebbe sembrare paradossale decidere di non investire nei settori trai-nanti dell’industria, per proteggere invece quelli più fragili: ma è parimenti ovvio che tra i compiti di un’istituzione culturale ci sia quello di promuovere l’identità di una nazione attraverso le opere che essa ritiene più prestigiose o che la rappresentano più compiutamente. Viene allora da chiedersi se non sia auspicabile un’integrazione tra i due orientamenti, quello più letterario e tra-dizionale e quello più sensibile ai dati di fatturato. O quantomeno, se non sia possibile disegnare una strategia di cui possano benefi-ciare entrambi.

Come spesso accade, la terza via in effetti esiste e passa per azioni pratiche, di grande valore per chi opera nel settore. Innan-zitutto i sussidi di traduzione: al momento l’editore straniero che voglia avvalersene è costretto a una gincana burocratica di amba-sciate e istituti di cultura, dove raramente trova documenti disponi-bili nella sua lingua. Una riforma a costo quasi zero prevederebbe la semplificazione delle procedure di assegnazione, sul modello di

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Paesi come la Germania, o ancora di più i Paesi Bassi e la Catalogna, che hanno fatto delle politiche di sostegno alla traduzione uno stru-mento potente di affermazione della loro cultura all’estero. Tutti i comparti editoriali ne ricaverebbero uguale vantaggio.

Ancora più importante sarebbe continuare sulla strada dei contributi per i saggi di traduzione in lingua inglese, interrotta dal Ministero nel 2012 e non rinnovata per gli anni a seguire. Conside-rato l’esiguo numero di editor e buyers esteri che conoscono la no-stra lingua, le sample translations in inglese giocano un ruolo crucia-le nel consentire ai partner stranieri l’accesso vero e proprio ai nostri contenuti culturali. Una cura particolare meriterebbero in questo senso i traduttori dall’italiano verso altre lingue, spesso promotori inconsapevoli delle gemme nostrane: è buona pratica di altre nazio-ni quella di riunazio-nirli periodicamente in patria, per aggiornarli sulle novità del mercato e farne ambasciatori di cultura all’estero.

In termini di internazionalizzazione, molto è stato fatto negli anni passati da Aie e dall’Istituto nazionale per il commercio estero per promuovere la presenza di padiglioni italiani alle diverse fiere e vincere la resistenza di specifici mercati: missioni bilaterali sono state dedicate anche a Paesi emergenti, solitamente assai desiderosi di assorbire contenuti culturali diversi dai propri. Il grande valore di queste iniziative, a carattere periodico, sembra però evidenziare, di converso, l’assenza di una politica costante e istituzionale di

lob-bying, che ad esempio incoraggi stabilmente la presenza di autori

italiani nelle principali occasioni di dibattito culturale all’estero, o che crei sinergie tra i vari settori industriali per promuovere un’im-magine del nostro Paese libera dai ritriti luoghi comuni.

Se il confronto con la concorrenza europea risulta ancora per lo più impietoso, soprattutto in termini di fondi e investimenti strutturali, in verità alcuni segnali di cambiamento esistono. È re-centissimo, ad esempio, il varo di BooksinItaly.it, un nuovo portale web di impostazione bilingue, italiano-inglese, che intende pro-muovere il libro italiano all’estero mettendosi al crocevia di enti e istituzioni diverse: il sito si propone come una vetrina della mi-gliore produzione libraria contemporanea, offrendo all’attenzione dei buyers esteri eccellenti recensioni d’autore e pagine tradotte delle novità di punta per i romanzi e la saggistica, classifiche di

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vendite settimanali, interviste e approfondimenti tematici, accan-to a strumenti di uso immediaaccan-to, come la banca dati dei tradutaccan-tori editoriali, le schede anagrafiche di editori, autori e agenti, gli ag-giornamenti su eventuali finanziamenti alla traduzione.

Nelle intenzioni dei promotori, il portale vuole inoltre dare l’abbrivo a un’iniziativa più vasta, di durata triennale e dall’inedita centratura milanese. Nella città motore dell’editoria, il progetto

Copy in Milan si propone di realizzare un’integrazione di spazi e

strumenti per favorire la formazione dei professionisti del settore e potenziare l’internalizzazione della filiera. L’iniziativa, pensata per Expo 2015, promossa dal Ministero degli Affari Esteri, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Centro per il libro e la lettura in collaborazione con Aie, con il sostegno oltre che di Fondazione Cariplo, anche di Regione Lombardia e di Comune di Milano, ambisce ad avere una risonanza internazionale e mette-rebbe a disposizione, anche ai comparti meno letterari del settore, uno spazio fisico e una serie di attività pensate per accrescere il

know-how tecnico del distretto lombardo.

Occorre poi citare il caso di Europa Editions, lo spin-off statunitense di Edizioni e/o che, grazie anche, ma non solo, al “fe-nomeno editoriale” Elena Ferrante, sembra aver colto anzitempo l’auspicio che Richard Charkin rivolgeva agli editori stranieri nel suo discorso d’apertura al Frankfurt’s Rights Directors Meeting di quest’anno: l’executive director di Bloomsbury e attuale presidente di Ipa (International Publishers Association) invitava gli editori di tutto il mondo a sorpassare l’approccio ormai scontato della vendita dei diritti all’estero e di farsi essi stessi editori in lingua straniera, osando avventurarsi in mercati e tra pubblici sconosciuti.

L’auspicio di Charkin – assai poco gradito al popolo degli agenti letterari – può valere senz’altro da sprone per i pochi editori fortunati e lungimiranti, che non manchino di sprezzo di perico-lo: per tutti gli altri, forse meno temerari ma più avveduti, rimane affidato alla concretezza delle buone pratiche – pazienti, lente ma incardinate nelle specificità dell’industria – il compito di spingere le curve già promettenti del foreign right sales a toccare le punte d’eccellenza di altri celebri export italiani.

La correttezza del testo trasmesso in e-book

di Alberto Cadioli

E se la soluzione fosse nel diritto d’autore?

di Piero Attanasio

I LETTORI

A

l di là delle statistiche sulle quote di mer-cato, l’introduzione dell’e-book nelle abitudini di lettura, e di stu-dio per molti alunni le cui scuole sono passate del tutto alla didat-tica digitale, è ormai una realtà che non si può trascurare. Oggetto ormai da tempo, soprattutto fuori d’Italia, di numerose riflessioni in ambiti diversi – che possono andare dai problemi della produ-zione considerata da un punto di vista socio-economico (i costi di lavorazione, il marketing, le forme promozionali, le trasforma-zioni delle abitudini di acquisto ecc.) a problematiche di rilievo tecnico quali lo sviluppo dell’hardware o la questione del software (con la difficoltà nell’introduzione di uno standard e la persistente divisione tra formati proprietari, come per il Kindle di Amazon, e formati aspiranti alla diffusione generalizzata e futura, come pdf e ePub); o ancora a osservazioni di varia natura sulla lettura (per esempio la condizione del lettore digitale di fronte a una nuova to-pologia del testo) –, l’ampliamento del mercato dell’e-book merita attenzione anche dal punto di vista delle modalità con le quali un testo viene pubblicato in edizione digitale.

La domanda posta, di fronte a ogni edizione a stampa, da chi si occupa di trasmissione di testi di letteratura (trascurando

La correttezza del testo

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