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Cronot nella Teogonia d'Esiodo

Nel documento Socialismo antico : indagini (pagine 165-188)

I. Il mito di Crono« noi potino toognnbxi « nel gooponn:i<. — - Li mitologi» (Mintici oro-liuti«- — 8. t'r*imw r Olaputo. — * I.» mutllaaiiin» d'Unno. — S. Lo ronca, U na-ndù ili ¿frodilo • Il poaeo pompilo. — II. La plotTn Inghiottita • rifornitala. — 1 La lolla di Cnmna co 7,MU. — 8. 1 Titani. — 0. 11 Tarlalo. — lo. Lo laido Boato. — 11 La paolo lllogìttlma di l'ronoa.

1. Passando dai poemi omerici agli esiodici, la figura di Cronos prende contorni più precisi e del suo mito abbiamo una compiuti

esposizione. Ci son fatti noti i genitori del dìo: Urano (Oiipavó? e

Gea (Tata) ; apprendiamo che fu preceduto da undici tra fratelli e sorelle e precedette altri sei maschi, che era il più terribile

(beivó-TCITO;) tra tutti e odiava il padre. Un padre, in verità, snaturato,

al punto di tener chiusa la propria figliuolanza nelle viscere di Gea, la quale ne gemeva e macchinò un artifizioso tiro. Quando ebbe prodotto il grigio acciaio, si fece una gran falce IIIET0 bpttavov) ed eccitò i figli a vendicar l'ingiuria c h e era stata loro fatta dal genitore malvagio, l'acevano spauriti costoro, ma il grande, astuto

Cronos l u i raS Kpóvoq dficuAouiiTris), fattosi animo, si profferse ai vo-leri materni ; Gea lo rimpiattò, gli pose in mano una ronca a sega

(iipmiv icapxapóbovTa) e lo ammaestrò negl'inganni. Ed ecco venire il grande Urano e chinarsi amorosamente su Gea, distendendo tutta la persona. Cronos esci allora dall'agguato, prese con la sinistra il

padre e con la gigantesca lunga ronca dentata che stringeva nella

destra gli recise i genitali e li gettò dietro di sè. Le stille di sangue,

accolte da Gea, produssero, col volger degli anni, le robuste E r m i ,

i magni Giganti splendidi per l'armatura e con in mano le lunghe

aste, e le ninfe che sulla terra si chiamano Melie. I genitali recisi

caddero dall'Epiro in mare, galleggiarono un gran pezzo sulle acque, e nella bianca spuma formatasi intorno a quel corpo immortale ebbe alimento una fanciulla, spinta dapprima a Citerà, poscia a Cipro, ove nacque e fu Afrodite. Urano incollerito sgridò i figli e li chiamò

Titani perchè avevano stesa la mano sacrilega sul proprio genitore (1). Cronos poi sposò Kea sua sorella e n'ebbe sei figli: Istia, Demeter,

Era, Airles, Ennosigeo e Zeus. Inghiottì i primi cinque come usci-vano dal seno materno e gli erano collocati sulle ginocchia, perchè niuti altro della stirpe uranica regnasse tra gli immortali, avendo udito da Gea e da Orano che un suo figliuolo lo avrebbe signoreg-giato. Rea era in estrema angoscia. Quando stava per partorire Zeus supplicò Urano e Gea di consigliarla come potesse sgravarsi di sop-piatto e mettere in salvo un vendicatore degl' ingoiati fratelli. Il consiglio fu che andasse a partorire a Lieto nell'isola di Creta. Li dunque nacque Zeus e Gea lo nascose in un antro del monte Egeo (AÌTCIÌUJ ÌV fipei). A Cronos fu presentata una grossa pietra fasciata che il crudele inghiotti, credendo di fare a Zeus come agli altri. Ma il fanciullo sfuggito dalle fauci paterne, crebbe vigoroso e dopo un po' d'anni, consigliato da Gea, costrinse il padre a rivomitare la prole. Venne fuori prima la pietra e Zeus la collocò nella divina Pito alle falde del Parnaso, poi liberò i fratelli che, grati, gli die-dero il tuono, il fulmine incandescente e il lampo (1). T r a i Titani e i figli rinati di Crtmos scoppiò gran guerra : stavano i primi sul-l'Otri, i secondi sull'Olimpo, due monti della Tessaglia , e batta-gliarono per dieci anni. La lotta, descritta da Esiodo con versi mi-rabili, fini con una grandinata di sassi e giavellotti (che ricoperse i Titani e li spinse giù nel T a r t a r o ove stanno , legati, senza spe-ranza di salvezza, sotto le radici della t e r r a e dell'infecondo mare in mezzo a densa caligine. Una muraglia con porte di bronzo, fat-tura di Posidone, cerchia quel triste sito. Laggiù se ne sta Cronos circondato da' Titani (2).

Questa è la storia di Cronos com'è narrata nella Teogonia. Ve-demmo già Cronos re dell'aurea stirpe nelle Opere e giornate ; nel

medesimo poema ci è presentato sotto un altro aspetto, cioè come re delle Isole Beate ove dimorano gli eroi vissuti in terra tra la stirpe di bronzo e quella di f e r r o :

Negli «tremi confini de In terra, lnngi dagl'immortali, il padre Zens

li collooò; Cronos ad essi impera.

Scevra l'alma da enre, abitan tatti

Nell'isole beate, al vorticoso

Oceano dappresso. Eroi felici cai porge fiori e dolcissimi fratti tre volt»; l'anno la feconda gleba (8). (1) Ivi, 4Ò3-506.

(2) Ivi, 889-785. (3 Hfsioo., Op. ri D

Triplice l'altezza ha dunque il Cronos d'Esiodo: è nume che usurpa il trouo del padre, impera su colesti ed è spodestato e imprigionato dal figlio; è re dell'umanità primitiva sulla t e r r a ; è re degli eroi nelle [sole Dente. Ad ogni modo, la raffigurazione esiodea illustra ed integra l'omerica.

2. Le cose da spiegare nella mitologia poetica croniana sono pa-recchie: 1* L'associazione di Cronos e dì Giapeto, che abbiam ve-lluto essere stata proverbialo t r a ' g r e c i ; 2° la mutilazione del padre perpetrata da Cronos con la ronca dentata ; 3° la sua prole rego-lare e l'inghiottimento e vomito di essa ; 1° la sua lotta con Zeus; 5 " la sua clausura nel T a r t a r o coi Titani ; 6" la sua posizione nelle Isole B e a t e ; 7* la sua flgliuolanza irregolaro non menzionata nè da Omero, nè da Esiodo; 8° la pietra di l'ito.

3 . Il più antico riconto ellenico di Oiapeto è quello testò riferito dell'Iliade. Nella protasi della Teogonia Giapeto figura tra i numi celebrati dalle Muse eliconie ed è anche lì associato a Cronos (1). Nel seguito del poema lo troviamo quinto tra i figli d'Urano e Gea, marito dell'oceanina Climene dai bei malleoli e padre di Atlante, Menetio, Prometeo ed Kpìmeteo (2). Apollodoro però nella genea-logia dei Titani chiama non Climene, ma Asia la moglie di Giapeto, pur mantenendola figlia di Oceano, e dà gli stessi nomi d'Esiodo ai figlinoli di lei; solo a proposito di Atlante e di Menetio dice che il primo sostiene il cielo sulle spalle e il secondo fu nella titano-machìa fulminato da Giove e piombato nel T a r t a r o (3). Il noto testo oraziano audax lapeti genus è chiaro indizio della parte rilevan-tissima che nella genesi mitica dell'umanità s'assegnava a cotesto Titano. Come padre di Prometeo, è il ceppo dell'umanità operosa, industriosi), intelligente, ambiziosa, domatrice della natura ; come avo di Deucalione è il progenitore dei greci, anzi uno dei progeni-tori dell'umanità (4). Giapeto ed Asia personificano, secondo il De-charme, la razza che ha popolato l'Europa e l'Asia (5). V'ha chi ne identifica il nome col biblico lafet; altri lo trae da Idirruu =

sca-f i ) Hi.ali»., l'htoj . 19: Ar)T<Jj T' 'TÀNITÓV VI Ite Kpóvov d'FKUXOU^RR|V. (2) Ivi, 507-511.

(8) Arou.., BUI, Lit«. I, 2.

(4) Di CHAR* k, op. cit., p. 251. Cfr. Macky. Hill il. rei. T. II. p. 364 (5) Ivi: a...Iap"t et.. Asia, p r- niflcations ethnographiques ile la race qui a peuplé l'Europe et l'Asie ».

gliare, danneggiare (1). li di coteste due opinioni sembra meglio fon-data la prima , con questo però che il nome non è semitico, ma ariaco e attesta con la sua presenza nella Genesi ebraica come il mito giapetico forse già formato tra gli Elleni quando costoro ven-nero a contatto coi Semiti. È un mito che appartiene al più vetusto fondo della tradizione nazionale degli Elleni e come tale lo accolse la etnografia leggendaria semitica, assegnando alla famiglia iafetica il compito d'aver « popolato le varie isole de' pagani nelle loro terre (2) » e ponendo nella medesima il nome di lavan che designa gli lonii (3). Aggiungasi che nelle tradizioni dell'Armenia sulle età primitive si trova cotesto nome (4) sitto una forma che indusse il Pictet a riportarlo ad un vocabolo sanscrito che significherebbe « il capo per eccellenza (5) ». Etimologia ingegnosa (6). ma corrispon-dente piuttosto al concetto ellenico di Giapeto e conseguentemente al biblico, in cui Iapeto è il capo d'una razza (7) che al concetto ariaco al quale, nella nostra opinione, bisogna chieder luce per di-chiarare il senso del "home in questione. Alludiamo al mito di Pro-meteo, cosi felicemente spiegato, come s' è detto, ripensando una antichissima pratica religiosa degli A r i i : l'accendi mento del fuoco col mezzo del

pramantha.

C'è dippiù che un rudimento della primi-tiva semplicissima determinazione del futuro martire del Caucaso si rinviene nel testo d: Plinio ove a Prometeo è dato il merito d'aver per il primo ucciso un bue (8), laonde il mito prometeico ha la s u i

(1) V. I'RÎLLER, Or Myth , I, p. 41 in n. 1. Agli autori ivi ciuti in favore dell'identificaiione di Giapeto cm Jafet si agiiunga Uses«, A. T.. III, p. 326 Cfr. Smiii, Uict of thi B'hle v..c Japhel e LEXORIUVT. L'origine de thial. « T. II, p. 1 7 3 sgg.

(2) Gen , X, 5.

(3) Ved. Ritss, op. cit., T. III, p. 331.

(4) Mus. KOR., 1, 4.

(5) PictET, Ont). Indoeur., 1' edii., T. I, p. 627. Il vocabdo scr è il superlativo di ùpatùchta.

(Si Taie la dichiara il LEKORMAKT, Origine de Thist., T. II, p. 192, accettandola. (7) LESORH., op. e T. cit., p 191, «rive riguardo al nome lapetos: « il est r--el-lem nt indigène et tout nous indnit à penser que parmi les noms significatifs qii la tradition des vieux Aryas, telle que les Grecs la transportèrent avec eui dans leurs demeures définitives et telle qu'elle avait aussi pénétré en Arménie, donnait à l'an cétre mythique de leur race et de l'humanité, il y en avait un qui a pu produire la forme hellénique 'IOITÎTOI; »

(8) PLIS., Hist. nat.. VII, 57: « occidit primus.. Prometlieus hovem .

N«U'.4tfa-reyn Bralimamm I. M. 15 è detto clie il ritodi produrre il fuoeo mercè la

prima radice nel rito sacrificatorio (l). Ora se il pramantha aveva una parte rilevantissima nella produzione meccanica del fuoco tra gli Arii, non ne aveva una minoro la preghiera con la quale s'accompa-gnava l'operazione. «Quando il re Soma è arrivato, leggesi nell'Al-f a re^/a iirahmanam, allora essi (i sacerdoti) producono il nell'Al-fuoco per c o n f r i c a m e n e . . . ». L'Adhvaryu (dice all' Hotar) : ripeti i mantras per Agni che è prodotto per confricamento. L'Hotar ripete un verso indirizzato a Savitar : a te, o dio Savitar. lissi domandano: perchè ripete egli un verso indirizzato a Savitar mentre si tratta di durre Agni ? (La risposta è): « Savitar ha dominio su tutto le pro-duzioni (2) ». E poi seguono forinole sacre per Dy&cA-prithivi (cielo e terra) per Agni (fuoco) e per scongiurare i genii maligni che impediscono o ritardano l'accensione. Coteste formole sacre si mor-moravano in antico dall'Hotar mentre l'Advarvu fregando due ciocchi del Ficus religiosa « generava » il fuoco. Il vocabolo adoperato per esprimere questa specie di preghiera è japa o il verbo japati = mormorare, che all'inf. fa japitum. significa eziandio « mormorar preghiere o incantesimi, invocare a bassa voce » e trovasi spesso in composizione co' termini yajria omaggio, homa — oblazione nella terminologia liturgica più antica. Non avremmo qui l'etimologia del greco lapetos ? li non si spiegherebbe in tal modo la connessione tra Giapeto e Prometeo? In quanto all'unione di Giapeto con t'ronos, la formola con cui l'Hotar iniziava la produzione del fuoco, formula della quale daremo ragione illustrando il nome di Cronos, ce ne fornirà una conveniente spiegazione.

4 . Veniamo ora all'episodio della mutilazione d' Urano.

« 11 dio che mutila suo padre e divora i proprii Agli, scrive Tiele, appartiene al semitismo settentrionale (3) » . E dello stesso parere

(1) Anche in Grrcia In leggenda di Prometeo si connette con le cerimonie dei «enfili. Ved. WELCKR, Grieeh. Gor Iteri, T. I. p. 764 SII;.

|2) Aitar Br., I, ut, 16. L'Hòtar e l'Adhvarju sono le più antiche denominazioni de1 sacerdoti che eseguivano i riti sacri prima della separa/ione degli Eranii dagli Indi. L'Hòtar (propriam. colui che sacrifica Col fuoco) era ne' tempi più remoti il celebrante, e l'Adhvarju (propr. colui che «BgM nna funzione liturgica) il suo as-sistente Il primo pronunziava le formole sacre; il seoondo eseguiva le operazioni manuali sotto gli ordini dell'Hòtar. V. HAUO, op. <it, Intrad., p. 81. i'fr. HARLEZ,

Zmdac Prtf

(8) TIELE, Esqtutse cit, p. 225. Ai Semiti del Nord appartengono i Babilonesi, gli Assiri, gli Anunei, i Cananei e gl'Israeliti.

sono virtualmente Preller che ci vede l'influenza fenicia (1), Duncker che trova in questa parte del mito cromano la grecizzazione d'un mito fenicio appreso dagli Elleni in Creta (2), Grote che, in genere, la crede derivata dai culti della Frigia e di altre regioni asiatiche e connessa con leggende locali di Creta e di Delfo (3). M mry d'al-tronde è d'avviso che le origini di questo mito si colleghino certa-mente al simbolismo naturalistico degli A n i , trasformato poscia da un simbolismo il quale a raffigurazioni puramente fisiche sostituì idee morali rappresentate alla fantasia con gli stessi tratti (4). S'ac-costa a lui il Decharme : « La mutilazione di Uranos per opera di suo figlio, cosi scrive, è una favola di cui non sapremmo precisare il naturale significato, ma, per il posto ch'essa occupa nella Teogonia, corrisponde ad una grande idea astratta. La condanna di Uranos all'impotenza e l'avvento di suo figlio Cronos segnano in effetto un novello periodo, una seconda fase nello sviluppo della creazione, l'rano aveva tentatogli porre ostacolo a questo sviluppo distruggendo i proprii figli, ecco che paga il fio de" suoi colpevoli sforzi » (5). F i -m l -m e n t e il Lang scorge nello strano episodio la for-ma ellenica del vecchio mito naturalistico della separazione del cielo dalla terra. Cronos scioglie violentemente l'amplesso di Urano e Gea, come nella mitologia neo-zelandese Tutenganahau scinde Rangi da P a p a ; nella mitologia cinese al tempo di Puang-ku è disunito Kien da K i ; nella mitologia vedica Indra separa Dyaus da Prilhivi (6). E il Tiele in un recente scritto già da noi citato, afferma che l'evirazione di Uranos adombra il tramonto del sole: il membro reciso e gettato in mare è il sole che tramonta nell'Oceano; il sangue che spiccia dalla ferita è la luce rossastra del crepuscolo ; i giganti, le E r i n n i , le

(1) PRELI... GT. Mìjth., I, p. 46.

(2) DCKCKER, Gcsch. d Alt., V, p. 307. Cfr. I, p. 327 ove il simbolismo dell'evira-zione è cosi spiegato: • Non sbaglieremo s lo considereremo i Baal Saiiiim) come il dio della benefica forza operativa del sole ; dacché il sole era pe' Cananei il signore de' deli e cosi il BUO spirito il dio principe. In E1 che taglia I genitali a Urano, cioè a Baal Samim, il cai sangue forma le sorgenti e i fiumi, abbiamo un mito nel quale si esprime il concetto che il dio sapremo costrinse il dio del sole a comuni-care all'acqua la propria forza vivificatrice e fruttifera».

(3) OROTK, ¡lisi., I, p. 20. (4) MAORV, Ih.il. d. rei, I, p. 356.

( 5 ) DKCHARMK, op. e l i , p. 6.

(6) LA»«, Custom nnd Myth., p. 45 sgg. Cfr. PHELLER, Gr. M., L p- 45 in n. 4 , TVLOR, Civii. prìm. (trad. fr.), I, p. 369 sgg.

Melie sono le potenti energie della natura, i fantasmi notturni e le s t e l l e ; Afrodite è la luna (1).

Di coteste opinioni alcune concernono il significato del mito, altre la sua provenienza. In quanto a quest'ultima, non ci sembra neces-sario di riferirla esclusivamente al semitismo. Un testo vedico rela-tivo a Savitar dalle braccia d'oro menziona la « moglie dell'evirato » e nel Hamayana c'è l'episodio della evirazione d'Indra per opera di Gautama (2). Noi tempi storici Farnahazo, satrapo di Dario II, vinti i calcedonesi, castrò i loro figliuoli e li mandò al suo re (3) ; e a Pessinunte, in Frigia, nella festa di Agdiste parecchi giovani si eviravano da se stessi con un affilato coltello, gridando: prendi Agdiste (4). N e U ' A M a r e a Veda c'è la formola per l'evirazione in caso di adulterio (5). Nel Rig Veda poi non mancano le allusioni alla energia priapica, come segno di vigoria e di potenza cosi umana come divina, insieme a probabili indizi di culto fallico t r a ' nemici degli Arii (6). Riguardo al significato, esso è reso aperto dall'anti-chissima pratica d'evirare il nemico vinto, sussistente ¡ancora oggi press«! alcune barbare popolazioni (7).

(1) T i n i , Le Mythe de Krouo» ite. in Rrr. d. rkist. d. rei. p. 272 sgg. (2) R V., I, 117, 24; Ram . tr. Gorresìo, * «dis., T. I, Cap. 49.

(8| AHRIAX Nico«., Btthyn. Ne' Fragm. h ml. gr-, III, p. 598. E SOGGIUNGE « Praetere* etiain morbam ex deoram ira, qood sacra qunedam negleùssent, «os invasisse, quo ad pudenda sibi praescindenda adigerentur ».

(4) PCSCSIR. T. I, p. 420; M* car. ffisl. ciL, III, p. 206.

( 5 ) LODWIO, R. P . , T . I I I , p. 4 7 0 .

16) R V.. VII, 21,5. VII, 100,6; X. 9'.». :!, X, 101. 12. Cfr. Liowi,.. T. III, p. 341 . T. IV, pp. 153 e 414; T. V. p. 124. 11 Ludwig riferisce il »oc. stsnadevah al culto fallico. Mira., T. IV, p. 347 sgg. dice che per quanto sarebbe interessante di trovare una prora dell'esistenza d'un eulto fallico tra le tribù aborigene contem-poranee de' RISALI vedici, bisogna confessare che il TOC. sisnadeca non fornisce questa prora. GRASSHA!IK,P. 1396 e BKRUAWXE. ILI, p. 268, traducon "<ùn<I per» coda ». MO.IIIR WILLIAMS ha « baving the generative organ for a god » or « sporting witli that organ. a lustful or unehast» inan ». Quest'ultima interpretazione È di SAVARA.

(7) BIROIA** (Fred.), Origine, signification et histoire de la castration (Estr. dall' Archivio per lo studio delle traditions popolari), Palermo, 1883, p. 274 illu- strando la evirali ne primitiva e la successiva castrati..ne la cui generi rimonta al- l'epoca hrroico-guerriire conchiude: « ...on comprend maintenant pourquoi dans la période guerriere l'ide- a du venir au guerrier vainqueur d'opérer l'ablation du membre viril du vaincu. En effet le vaincu ayant eu la honte d'être faible comme une femme, le vainqueur lui &t l'injure de le rendre physiquement semblable à la femme, en le privant du membre viril. Ensuite, en le remlant, par la castration, semblable à la femme, le vainqueur constatait par là son droit de considérer le

L'episodio della mutilazione d'Urano itifallico esprimerebbe dunque la vittoria di Cronos sopra suo padre, col grossolano simbolismo ana-logo ad un costume vigente tra le popolazioni che adoravano Cronos e Rea e lo esaltavano sopra Urano e Gea. E va notata anche l'a-nalogia tra l'itifallismo di Urano antagonista di Cronos e quello che gli Arii vedici attribuivano ai proprii nemici (1). Ma non è tutto. In due luoghi del Rig Veda i vocaboli fallici kaprt e

gipi-atta alludono dirottamente o indirettamente a S o m a , il fulgido e multiforme dio del liquore inebriante, che ha tanta parte nei prischi miti vedici (2) e nella cui religione la simbolica fallica tiene largo posto, per la vecchia analogia tra l'organo della virilità e l'albero, cosi in genere come nelle specie particolari più utilizzate dalle po-polazioni primitive (3). Soma è infatti nei Vedi una delle forme ti-piche del principio mascolino, e il padre del principio mascolino è assimilato ora a Vritra ora a Varuna (4) , sicché appare un con-tatto tra Varuna e Soma, i quali sono uniti anche dalla qualità di Asuri, comune ad entrambi (5). Ora S o m a , alla sua volta è frequentemente identificato con Surya , cioè col sole ; identifi-cazione su cui torneremo più innanzi. Inoltre l'Hehn illustrando un frammento orfico relativo a Cronos giacente ebbro di miele sotto una quercia, identificò questo divino rappresentante d'una popolazione preellenica con la divina bevanda degli A r i i , pre-diletta al forte Indra cioè col delizioso Soma degl'Indiani, l'aureo Hòma degli Eranici (6).

5 . Qui va eziandio presa in considerazione la qualità della ronca eviratrice, c h e era, come Esiodo la descrive, una ronca dentata.

vaiucu colarne son esclave. Cesi ainsi quo ètre ehatré devint d'abord synonyme d' ' tre esclave d'on maitre vainqaeur ».

(1) Data, s'intende l'interpretazione ludwigiana del voc. iimadevas — die phal losverer. E in verità pare la più probabile

(?) R V., VII, 100, 6; X, 101, 12. BERSMAX*. Wort, cit., p. 313: . Kaprt!,, das männliche Glied... scheint es bildlich von einem bei der Somabe reitung aufgerich-teten nnd bewegten baumähnlichen Gerat he gebraucht zu sein ». Cfr. Ltuwn.. T. IV, p. 153: « Wir glauben nun. dasz das wort (ppivitta) die gestalt des Wisnu charakterisiert, in der er zeugt ». Sulla stoltissima attinenza di Wishnu con Soma ved. BEROAIGSE, T. II. p. 414 sgg. e i testi del R. V. ivi citati.

(3) Kchk. Die Herabkunft dei Feuert etc., p. 243 sgg. (4) Beruzione, T. II, p. 44-113.

(5) Mt'IR, T . V, p. 61. BEROAIOSE. ITI, p. 8 4 sgg.

(6) HEHN cit. d I I.irrEar, Knlturgetch. d. Mrnsrheit. T. I, p. 628. Cfr. POKPH-,

più nrlattn quindi a segare i rami delle piante che all'ufficio al quale l'adoperò Cronoa. Ebbene nel Hig Veda è menzionata la ronca amie arnese rurale (1) e nello Zondavesta è fatta allusione alla recisione dei rami della pianta che forniva il santo Hóma (2). Avremmo, ravvicinando la cerimonia liturgica ili cotesta segatura alla pratica guerresca dell'evirazione, un criterio ermeneutico doppio, o meglio, complesso per spiegare ad un tempo l'atto stesso del taglio dei ge-nitali e la presenza della ronca dentata nell'episodio dell'evirazione d'Urano (3). La tradizione poi che attribuiva ai Tolchini la

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