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A cura del gruppo di lavoro Digital Cultural Heritage ICOM Italia

I risultati del sondaggio e l’analisi del gruppo di ricerca mostrano come i musei abbiano già maturato un’attenzione e una consapevolezza delle potenzialità offerte dal web, ma ancora non utilizzino tutte le possibilità messe a disposizione dalle tecnologie della comunicazione più recenti.

Un dato che si desidera sottolineare è la necessità che i musei lavorino su un sistema- tico processo di internazionalizzazione, aspetto fondamentale per raggiungere pubblici

e stakeholder stranieri (nel 70% dei casi le traduzioni sono insufficienti).

La scrittura per pubblici/target diversificati è una priorità che emerge chiaramente ma manca ancora la costruzione di percorsi personalizzati (nel 70% dei casi non esistono narrazioni differenziate). Dagli incontri e dalle tavole rotonde organizzate sull’atti- vità risulta che l’analisi dei pubblici e sulle comunità potenziali sono avviate, ma sono “eventi occasionali”, che non rientrano in una strategia complessiva e a lungo termine. Fondamentale è che il museo non solo si metta in ascolto ma che stimoli il dialogo conti- nuo con le persone, mostrandosi flessibile ai cambiamenti della società. Tutti gli elementi che costituiscono la web strategy sono anche una base fondamentale per migliorare la conoscenza e il coinvolgimento del pubblico.

Il web e il monitoraggio dei dati, se maggiormente studiati e applicati, forniscono un riscontro molto importante e, in un’ottica di project cycle management, diventano uno

strumento che permette di revisionare, rivedere e modificare la propria strategia in base a dati molto oggettivi. Risulta dunque fondamentale per i musei monitorare e valutare attentamente i comportamenti dei pubblici, avendo come supporto le analytics esterne ed interne alle diverse piattaforme online.

Diversificare linguaggi, oggetti di narrazione, grafica sono i passi principali per progettare una web strategy inclusiva in linea con gli standard di accessibilità (tecnolo- gica, sensoriale, cognitiva, culturale).

Serve invece uno slancio diverso per i due livelli che rappresentano a nostro avviso la sfida più difficile, quelli legati alla creazione di comunità e al grado di interazione, che richiedono un cambio di mentalità e l’elaborazione di nuove opportunità legislative e chiare linee guida applicative. Per quanto riguarda il riuso dei contenuti in Italia si fa ancora fatica, data la normativa vigente, a replicare le esperienze prodotte in altri Paesi, l’aspetto del libero riuso delle immagini, soprattutto a scopo commerciale, è infatti uno dei più spinosi che andrà affrontato a livello ministeriale. Per permettere questa evolu- zione di interazione servono ulteriori integrazioni legislative, anche se il codice dei beni culturali indica la libertà di riuso nella didattica, nella ricerca e nella divulgazione.

L’editing dei contenuti prevede un passaggio ulteriore che è quello di raccontare il patrimonio con i pubblici, in una modalità partecipativa e collaborativa di co-scrittura. Gli strumenti tecnici esistono già, ma serve un cambio di mentalità.

Per lavorare insieme e per coinvolgere il pubblico, i Musei devono modificare in primo luogo la propria mentalità e rinunciare all’autorevole e a volte autoreferenziale monologo

narrativo cui sono storicamente abituati, accettando di interagire con il pubblico anche attraverso il web, per cercare nuovi significati, nuove motivazioni e nuovi valori cultu- rali condivisi. Per scrivere insieme si deve cedere il monologo narrativo, e accettare che altri punti di vista abbiano valore. Il museo ha un ruolo interpretativo (Daniele Jalla,

2010) e anche il pubblico è portatore di significazione del patrimonio. Ma per andare verso questi nuovi orizzonti del web (dagli open data all’accesso libero a documenti e immagini) i Musei devono essere supportati da adeguate politiche culturali che rendano possibili e prioritarie tali strategie.

Una disciplina fondamentale nell’evoluzione dello spazio museale e nel suo utilizzo come ambiente di apprendimento è quella relativa alla pedagogia. L’approccio pedago- gico e lo sviluppo cognitivo nell’uso del patrimonio culturale appare come fondamen- tale nel disegno non solo di attività che riguardano l’educazione al patrimonio ma anche di quella che è la strategia del museo o dell’istituzione culturale declinata anche con le tecnologie. Come sottolineato nell’ambito di questa pubblicazione importante è il ruolo dei contenuti collegati ai diversi tipi di pubblico e alle diverse aspettative dei visitatori in base alle curiosità e alla conoscenza. È utile quindi individuare, nell’ambito del gruppo multidisciplinare dedicato alla progettazione di una opportuna strategia museale, una professionalità collegata a discipline connesse con l’ambito cognitivo e di apprendimento in grado di coinvolgere e stimolare i diversi pubblici con l’esperienza del patrimonio fisico o virtuale.

Web strategy: una questione di tempo o di persone?

Una parola accompagna la lettura dei risultati in ogni singolo parametro: compe- tenza. Tutti gli aspetti che concorrono alla progettazione e alla realizzazione di una web

strategy efficace e sostenibile sono legati alla necessità che ad occuparsene siano figure professionali adeguatamente formate e aggiornate. Risulta necessaria dunque una

concreta azione su questo aspetto, e di cui già si discute, che si occupi principalmente dei seguenti aspetti:

− Creazione di nuovi percorsi formativi per i futuri professionisti museali − Corsi di aggiornamento destinati ai professionisti museali

Una riflessione finale va fatta anche sulla questione del workflow e della divisione dei ruoli e delle attività all’interno degli Istituti, definire ruoli e competenze (chi fa cosa, chi è il referente e quali sono le sue responsabilità) sono i punti di base per costruire la web

strategy.

Quante ore sono destinate agli aspetti della web strategy? Dalla risposte emerge che le ore dedicate settimanalmente sono in media 3. I musei che hanno indicato un numero superiore di ore sono anche quelli che dimostrano una maggiore consapevolezza nell’uso delle tante possibilità che la rete offre. Questi risultati incrociati offrono un altro inte- ressante spunto di riflessione: una strategia efficace è solo una questione di mancanza di professionisti qualificati o è anche una questione di tempo dedicato a tale attività? Sicuramente entrambi gli aspetti sono importanti, da sole le competenze non bastano, è necessario che nell’organizzazione del lavoro sia destinato il tempo alle attività digitali.

“Mi sembra comunque che siano evidenti le analogie fra la conservazione degli oggetti mate- riali e quella degli oggetti digitali: la loro qualità intrinseca, le condizioni di scambio, di conser- vazione, di sicurezza sono simili e determinanti in entrambi i casi, ma presuppongono saperi e competenze del tutto diversi, che impongono altrettanto evidentemente la necessità che, anche nel mondo dei musei e del patrimonio culturale, si formino e siano presenti nuove figure professionali in grado di coprire non solo la fase di produzione, ma anche quella della gestione, conservazione e nell’uso degli oggetti digitali.”

Emerge anche un grave rischio di un dialogo non chiaro tra le parti:

“[...] da una parte ci sono i professionisti del patrimonio, con una solida formazione umani- stica e nessuna competenza informatica, nella veste di committenti e dall’altra gli informatici, padroni della materia, ma estranei al mondo di cui dovevano occuparsi nella veste di forni- tori. Lo squilibrio di competenze (e di interessi) coesiste con un dominio di fatto dei fornitori e delle loro soluzioni al problema in presenza di committenti inesperti e privi di competenze professionali adeguate.”

E conclude con: “È un vuoto che richiede di essere colmato, se possibile nel più breve tempo possibile.” Il tema dunque della formazione “fluida” dei nuovi professionisti è sempre più centrale e vivace anche tra le istituzioni. Solo nel 2018 ci sono stati tre studi dedicati al tema che confermano la necessità e l’urgenza delle definizioni professionali e di formazione. Gli studi sono i seguenti:

1. Il lavoro realizzato da ICOM Italia dedicato all’aggiornamento delle figure muse- ali Professionalità e funzioni essenziali del museo alla luce della riforma dei musei

statali. Individuandone anche i ruoli e le competenze all’interno del museo. In

attesa di prossime riflessioni e studi, si è ipotizzato che una professionalità che potrebbe raggruppare in un’unica le competenze legate agli aspetti del digitale è quella del “Responsabile dei progetti digitali” o “Digital strategy manager”, che progetta, supporta e coordina gli aspetti digitali legati alla gestione, conser- vazione, comunicazione ed accessibilità del museo. Tale figura trasversale è

costantemente aggiornata sulle tecnologie e delinea e sostiene l’intero sistema digitale del museo.

2. Il progetto Mu.SA – Museum Sector Alliance durante il quale è stata condotta da prima un’indagine per mappare i bisogni formativi dei professionisti muse- ali che si occupano degli aspetti digitali in alcuni paesi europei (tra cui Italia e Grecia). Dallo studio è emersa principalmente la necessità della presenza di due figure su cui concentrare formazione e professionalità: Online Cultural

Community Manager, responsabile della strategia di comunicazione del museo

e della gestione delle relazioni con i pubblici online; Digital Strategy Manager, il responsabile della strategia digitale del museo, una sorta di mediatore tecno- logico. All’interno del progetto è prevista la realizzazione di una piattaforma di Massive Open Online Courses (MOOC) per una formazione gratuita di queste ed delle altre figure individuate dalla ricerca.

3. Il rapporto L’innovazione digitale nei musei nel 201926 dell’Osservatorio

Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Politecnico di Milano, analizza lo stato di adozione delle tecnologie digitali nei musei, monumenti e aree arche- ologiche italiani nel 2019. Nell’analisi sono considerati sia gli strumenti di rela- zione con il pubblico sia quelli di supporto al back office. Sono inoltre analizzati il livello di diffusione di competenze professionali e gli investimenti dedicati all’in- novazione digitale.

Continuità nel tempo

I progetti digitali devono avere un approccio sistemico, un progetto di digital stra- tegy che copra molte aree della missione museale e su più anni: da innovazioni nell’al- lestimento e apparato didascalie, la possibilità di mostrare oggetti culturali non esposti, aumentare engagement del pubblico e il loro coinvolgimento diretto, creare reti e nessi tra realtà museali simili, creare nessi con il territorio e il paesaggio, permettere l’accessibi- lità cognitiva, creare nuove modalità di narrazione, implementare i servizi online, creare strumenti utili per la comunicazione interna. Ma al di là dell’efficacia di singoli progetti e singole azioni quello che serve in Italia è la pianificazione nel tempo, la continuità, la visione per il futuro. Una strategia digitale frutto di una visione e di un inquadramento strategico su lungo tempo.

La direzione Open

L’apertura dei dati permette al pubblico di sperimentare, utilizzare e riutilizzare le immagini per creare la propria esperienza e condividerla con gli altri senza barriere geografiche, temporali, economiche, sensoriali, fisiche, cognitive ed economiche. Al punto 3.2 del Codice Etico ICOM si afferma che i musei hanno una particolare responsa-

bilità nel rendere quanto più disponibili e accessibili le collezioni e tutte le informazioni

connesse, senza per questo venir meno alle limitazioni dovute a motivi di riservatezza e sicu- rezza. In questo senso è però necessario che i musei abbiano il giusto supporto per proce-

dere alla liberalizzazione dei dati e delle immagini in merito anche alle normative vigenti. Il web ha un potenziale infinito – reso possibile dal suo creatore Tim Berners-Lee – per l’accesso all’universalità della conoscenza e i musei possono divenire la massima espressione di un uso gratuito, libero e visionario della rete.

Il gruppo di ricerca Digital Cultural Heritage di ICOM