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Da Lenin a Stalin: il nuovo stato socialista

4. Lo sviluppo socioeconomico nella Federazione Russa

4.1 Inquadramento storico

4.1.2 Da Lenin a Stalin: il nuovo stato socialista

Il governo provvisorio che si era installato dopo la deposizione dello zar venne legittimato dal riconoscimento delle potenze occidentali e degli Stati Uniti, ma si trovò a combattere contro l'opposizione interna dei soviet. In otto mesi di potere il nuovo regime aprì il paese alla democrazia e alla libertà, restituendo anche l'indipendenza alla Polonia, ma non riuscì a far uscire la Russia dalla guerra e nemmeno a superare le enormi difficoltà in cui si trovava lo stato a causa dell'inflazione, della scarsa produttività dell'industria e della mancanza di una definitiva riforma agraria89. Si arrivò in breve al collasso di tutte le forme di autorità preesistenti: dalla Chiesa all’ordinamento giuridico, dalla nobiltà terriera alla disciplina militare, mentre il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione era fonte di sommosse e ribellioni. I bolscevichi non incontrarono

87 Cfr., Cfr. Nicolas Werth, Storia della Russia nel Novecento, Bologna, Il Mulino, 2000, p.58 88 Cfr. Ivi, pp.57-70

perciò forti opposizioni a rovesciare il governo provvisorio e a prendere il potere in nome del popolo, dichiarando di fondare il loro governo sul principio del «controllo operaio»90.

Tra le prime azioni intraprese dal regime bolscevico vi fu la trattativa con i tedeschi per l’uscita dalla guerra che ottennero in cambio della cessione di più di un terzo delle terre agricole dell’Impero russo e di più della metà della sua base industriale91. Con il trattato di Brest-Litovsk, passarono sotto il controllo tedesco, anche se formalmente indipendenti, la Polonia, i territori baltici e la maggior parte dell’Ucraina92.

L'uscita dalla guerra permise al governo di Lenin di dedicarsi alla trasformazione della Russia in una dittatura del proletariato, con la riorganizzazione dell'esercito e una serie di provvedimenti in campo economico che portarono alla nazionalizzazione delle banche e della terra, oltre al controllo operaio delle fabbriche. La politica del “comunismo di guerra”, adottata in questo periodo, assegnava allo stato il ruolo di unico fornitore dei beni, oltre che di principale produttore93.. Iniziò inoltre il processo di inglobamento nel Partito di tutte le istituzioni e strutture autonome, con l'eliminazione di tutti i partiti non bolscevichi94. Nella costituzione del 1918 veniva specificato che «il Partito comunista dirige, comanda e domina tutto l'apparato statale» e di fatto allargava la sfera di competenza del partito a tutti i campi della vita economica, sociale e culturale del paese. Il compito di sorvegliare la «realizzazione della volontà del proletariato»95 venne affidato ad un organo di polizia la Ceka, che in breve si trasformò in uno strumento di repressione violenta. Durante il periodo del Terrore rosso si verificarono l'eliminazione senza processo di centinaia di persone e l'internamento nei campi di lavoro forzato di tutti coloro che venivano individuati come nemici di

90 Cfr. Nicolas Werth, Op. cit., p.149

91 Cfr. Nicholas V. Riasanovsky, Op. cit., p.478

92 Cfr. Orlando Figes, La danza di Nataša, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, 2008, pp.371-372 93 Cfr. Nicolas Werth, Op. cit., p.171

94 Cfr., Ivi,p.176

classe. L'opposizione al nuovo regime scatenò nel paese una grande guerra civile: dal 1918 al 1919 le forze controrivoluzionarie, denominate i “bianchi”, con l'appoggio degli ex-Alleati tentarono di scalzare il potere dei “rossi”, mentre le regioni di confine combattevano per ottenere l'indipendenza. L'atteggiamento degli operai e dei contadini fu determinante per la vittoria dei bolscevichi. Queste due classi sociali si schierarono dalla parte dei bolscevichi grazie a una efficace propaganda che dipingeva il nuovo governo come difensore «della grande madre patria» e prometteva la possibilità di integrazione nel nuovo apparato statale96.

La Rivoluzione russa era stata vissuta dalle masse come una guerra ai privilegi e corrispondeva alle aspirazioni utopistiche del mondo contadino, secondo cui la vera virtù cristiana risiedeva nella povertà, mentre l’accumulo di ricchezza era fonte di immoralità. I bolscevichi utilizzarono queste convinzioni per fondare istituzionalmente la guerra contro la proprietà privata, sostituendo alla proprietà individuale la condivisione dell’organizzazione comunista97.

I provvedimenti economici adottati dal nuovo governo furono essenzialmente tre: la nazionalizzazione della terra, il controllo operaio delle fabbriche e la nazionalizzazione delle banche. Queste iniziative avrebbero dovuto inaugurare l'avvento della società comunista senza classi, nella quale era il lavoro prestato a stabilire la distribuzione dei beni98. Il coinvolgimento nella Iª Guerra Mondiale e la successiva guerra civile ebbero conseguenze disastrose sull'economia del nuovo regime a partire dall'inflazione, dovuta alla necessità di coniare nuova moneta per far fronte alle spese militari e al crollo della produzione industriale, con la precettazione di massa dei lavoratori.

La proprietà collettiva instaurata dal partito comunista comportava l'assegnazione centralizzata dei mezzi di produzione. Allo stesso modo venivano stabiliti sia il tipo di beni e di servizi da produrre sia il loro prezzo. Per recuperare rapidamente il ritardo industriale si utilizzavano sistemi di lavoro vincolato, da quello

96 Cfr. Nicolas Werth, Op. cit., p.185 97 Ibidem

forzato a quello per incentivi, sottraendo risorse all'agricoltura. La scarsa disponibilità dei beni di consumo, dovuta anche alla scelta dello stato di considerare prioritari gli approvvigionamenti militari su tutti gli altri fabbisogni, era utilizzata come elemento di regolamentazione della società99.

La fine dell'illusione di instaurare rapidamente una società comunista “dell'abbondanza” fu sancita dalle rivolte contadine e da quella della base navale di Kronstadt del 1920 che fecero emergere la necessità di procedere ad una revisione della politica adottata dal nuovo regime100. Si cercò di aprire l'economia socialista alle esigenze del mercato con la NEP (Nuova Politica Economica), attenuando le rigide misure adottate. In campo agricolo si sostituirono le requisizioni forzate con delle imposte e si autorizzò il commercio privato, mentre nell'industria si denazionalizzarono le piccole imprese e si promossero iniziative per riattivare gli scambi internazionali, mantenendo tuttavia il 70% della produzione sotto l'egida dello Stato101. Il 30 dicembre 1922 nasceva l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche (URSS), all’interno della quale il governo bolscevico subordinò il principio dell’autodeterminazione dei popoli agli interessi dello stato socialista, al fine di conservare il controllo sulla produzione del grano e delle materie prime. Nella costituzione emanata nel 1924 a tutte le nazioni veniva riconosciuta parità di diritti e di sovranità102.

Dopo la morte di Lenin, avvenuta nel gennaio del 1924, si scatenò la lotta per la successione tra le correnti del partito. Stalin riuscì ad imporsi come vincitore nel 1927, proponendo un programma di consolidamento del marxismo nell’Unione sovietica, indipendentemente dalla sua affermazione a livello mondiale103.

Conquistato il potere Stalin che si propose di emancipare la Russia dalle sue radici contadine, trasformandola in uno stato industriale avanzato. Le prime iniziative del suo programma furono la requisizione dei raccolti nel 1927 e la

99 Cfr. Nicolas Werth, Op. cit., pp.186-188

100 Cfr. Nicholas V. Riasanovsky, Op. cit., pp.487-488 101 Ibidem

102 Cfr. Nicolas Werth, Op. cit., pp.205-206

chiusura del libero mercato, per ritornare nel 1929 alla collettivizzazione dell'agricoltura. La collettivizzazione venne imposta con la forza attraverso deportazioni, confische ed esecuzioni e comportò il crollo della produzione di cereali e dell'allevamento del bestiame con il conseguente abbandono della terra da parte di circa 20 milioni di contadini104. Una durissima conseguenza fu la carestia che si abbatté sull'Ucraina e comportò la perdita di numerose vite umane.

Per accelerare la crescita dell'industria e la realizzazione di grandi opere pubbliche vennero avviati i piani quinquennali, non esitando a ricorrere anche al lavoro forzato. Si inaugurò l'epoca dell'economia pianificata basata su settori prioritari, definendo e fissando a priori ogni fase del processo di produzione e i quantitativi da realizzare. La conseguenza diretta di questa politica fu la perdita della qualità in favore della quantità105.

Nel 1936 venne adottata la Costituzione staliniana che avrebbe dovuto riflettere la nuova «fase “socialista” raggiunta dall’Unione sovietica, […] sintetizzata nella formula “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro”»106, ma pur garantendo una lunga lista di diritti civili, di fatto questi erano condizionati al fatto di essere «in conformità con gli interessi del popolo lavoratore e allo scopo di rafforzare il sistema socialista»107.

Venne eliminata qualsiasi forma di dissenso dando il via ad una campagna di propaganda e terrore, conosciuta come il periodo delle Grandi purghe staliniane (1936-1939). É stato stimato in 8 milioni il numero di persone coinvolto nelle azioni di polizia e in 680.000 quello delle vittime giustiziate (1937-1938)108, assicurando di fatto a Stalin il totale dominio della nazione109.

104 Cfr. Francois Benaroya, Op. cit., pp.24-25 105 Cfr. Nicholas V. Riasanovsky, Op. cit., p.497 106 Cfr. Ivi., p.506

107 Ibidem

108 Cfr. Nicolas Werth, Op. cit., p.303