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Il regime comunista

4. Lo sviluppo socioeconomico nella Federazione Russa

4.1 Inquadramento storico

4.1.3 Il regime comunista

Nel periodo tra il 1938 e il 1940 l'URSS iniziò una politica di espansione territoriale che portò all'occupazione dell'Estonia, della Lettonia, della Lituania e di parte dei territori di Finlandia, Polonia, Romania, Mongolia e Ungheria110. L’entrata in guerra delle truppe sovietiche nel 1941 fu propagandata come una guerra patriottica in difesa della famiglia dei popoli dell’Unione Sovietica111. Per ottenere il consenso delle masse rurali, Stalin ricorse addirittura alla mediazione della Chiesa ortodossa, fino ad allora messa al bando. Nel 1946 venne varato un nuovo piano quinquennale per sostenere la ricostruzione, ma contemporaneamente si inasprì la repressione verso i dissenzienti e gli oppositori, che vennero deportati in massa nei gulag o eliminati fisicamente.

L’Unione Sovietica uscì vincitrice dalla IIª Guerra Mondiale, ma pagando un prezzo elevatissimo in termini di vite umane e di distruzioni materiali. Il risultato del conflitto aumentò l’importanza sovietica a livello internazionale e le permise di partecipare alla Conferenza di Yalta dove, a fianco di Stati Uniti e Inghilterra, Stalin contribuì a tracciare le linee della politica mondiale del dopoguerra. L’URSS si assicurò così il controllo dell’Europa orientale, ad eccezione della Grecia, e di gran parte dell’Europa centrale112.

Dal 1946 al 1955 venne varata una serie di piani quinquennali per sostenere la ricostruzione del paese, pesantemente danneggiato, attraverso il potenziamento dell’industria pesante, lo sviluppo dell’economia e la trasformazione in forma socialista della società rurale. Il controllo ideologico si estese a tutti i campi della cultura e della scienza, proibendo le discipline considerate “borghesi”113. L’ultimo periodo del governo di Stalin fu caratterizzato dalla rottura del rapporto di collaborazione avuto durante il conflitto con gli alleati occidentali e dalla conquista del potere dei comunisti nei paesi dell’Europa orientale, sostenuta da Mosca114.

110 Cfr. Nicholas V. Riasanovsky, Op. cit., p.517 111 Cfr. Orlando Figes, Op. cit., p.418

112 Cfr. Nicholas V. Riasanovsky, Op. cit., p.529 113 Cfr. Nicolas Werth, Op. cit., pp.414-419 114 Cfr. Nicholas V. Riasanovsky, Op. cit., p.534

Nel 1949 venne istituito il Comecon (Consiglio per la mutua assistenza economica) che raggruppava i paesi socialisti dell'Europa dell'Est, a cui aderirono successivamente altre nazioni della sfera di influenza sovietica tra cui la Mongolia (1962), Cuba (1972) e il Vietnam (1978) 115. L' intesa, all'interno della quale si utilizzava il rublo come moneta di scambio, nasceva in risposta al piano Marshall per la ricostruzione dell'Europa e all'Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica. Stalin riuscì a ridare all'URSS un ruolo tra le potenze mondiali con grandi investimenti nell'industria pesante e nella spesa pubblica, contraendo forzatamente i consumi individuali e attingendo arbitrariamente alle risorse dei paesi satelliti.

La formazione di un blocco di regimi comunisti legati all'Unione sovietica, contrapposto alla zona di influenza degli Stati Uniti, fu alla base del lungo periodo di tensione, denominato Guerra fredda, che durò per oltre sessant'anni, dalla fine della IIª Guerra Mondiale fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989. Sul piano militare URSS e Stati Uniti non arrivarono mai a uno scontro diretto, ma iniziò tra le due potenze una competizione per la supremazia in campo tecnologico e militare. L'equilibrio in questa situazione di rincorsa agli armamenti era garantito solo dalla paura dello scoppio di una guerra nucleare che avrebbe coinvolto l'intero pianeta. Durante la Guerra fredda si incoraggiò lo sviluppo dell’orgoglio nazionale per la supremazia politica e culturale della Russia, accompagnato da una campagna di propaganda anti occidentale. La divisione del mondo in due blocchi contrapposti non fece che alimentare nelle relazioni internazionali un clima di diffidenza e paura, radicalizzando le tensioni interne ai vari paesi. Il periodo in cui la guerra sembrò più vicina si ebbe sotto il governo di Nikita Khrushchev, succeduto a Stalin nel 1955, con la crisi di Cuba. Forte dell'alleanza con il regime locale comunista, l'URSS iniziò nel 1962 l'installazione nell'isola di missili nucleari a medio raggio, come elemento di dissuasione nei confronti di Washington116.

115 Cfr. Enciclopedia Treccani voce Comecon, http://www.treccani.it/enciclopedia/comecon/, consultato: maggio 2015

L'economia dell'Unione Sovietica in questo periodo era condizionata dalla penuria dei beni di consumo e dal loro razionamento. Questa situazione è stata definita da Gérard Duchêne, docente di economia presso l'Université Paris 12 specializzato nei paesi dell'Est, «un'economia della scarsità, dove le imprese e le famiglie si sono adattate al razionamento sviluppando dei mercati paralleli»117. Infatti si sviluppò un fiorente mercato nero a cui ricorrevano sia le imprese che i singoli cittadini, contribuendo alla diffusione della corruzione, piaga endemica che affligge la Russia anche ai giorni nostri. La produzione agricola veniva gestita dai Kolkoz, comunità agricole che condividevano i mezzi per coltivare la terra, anche se non riuscivano a produrre in maniera sufficiente da soddisfare il fabbisogno alimentare della nazione, nonostante la meccanizzazione di alcuni passaggi della produzione agricola e l'ampliamento dei terreni consacrati alla coltivazione118. Il solo settore che venne realmente pianificato fu quello militare, considerato prioritario sia nell'approvvigionamento che nel controllo della qualità del prodotto, non a caso sarà l'unico settore a poter essere confrontato con gli Stati Uniti. Dagli anni '50 fino ai primi anni '70 il modello di sviluppo economico sovietico si concentrò sull'accumulazione estensiva di capitale mirando a un rapido aumento degli output e del PIL pro capite. Si assistette al progressivo trasferimento della forza lavoro dalle campagne alle industrie, reso necessario anche dal piano di industrializzazione pianificato dal governo. Fino al 1975 questo modello di sviluppo ottenne buoni risultati, ma la mancanza di nuova forza lavoro da impiegare e l'esaurimento di risorse naturali facilmente accessibili e a basso costo lo fecero entrare in crisi. Pertanto tra il 1975 e il 1984 l'economia sovietica subì un rallentamento nella crescita, a cui si tentò di porre rimedio indirizzando lo sviluppo verso l'accumulazione intensiva di capitale con lo scopo di ridurre i costi e massimizzare i profitti119. Tuttavia la scarsa innovazione tecnologica dell'industria civile rese il

117 Duchêne Gérard, L'Economie de l'Urss, Paris, La Découverte, 1987 118 Cfr. Nicholas V. Riasanovsky, Op. cit., pp. 580-581

119 Cfr. Numa Mazat, Franklin Serrano, An analysis of the Soviet economic growth from the 1950’s to the collapse of USSR, Centro Sraffa Working Paper Series, 2009, pp.5-24,

http://www.centrosraffa.org/public/bb6ba675-6bef-4182-bb89-339ae1f7e792.pdf, consultato: maggio 2015

settore incapace di reggere il confronto con l'avanzamento dell'industria in Occidente, a causa della bassa produttività e della scarsa varietà e qualità dei prodotti.

La destalinizzazione non fu un processo breve perché la politica dell'URSS fino agli anni '80 rimase in bilico tra il superamento dell'economia pianificata di tipo comunista e il consolidamento del vecchio ordine, con un lungo periodo di stagnazione. Fu solo a partire dal 1985, con l'avvento di M. Gorbaciov, che il mondo sovietico iniziò a superare le chiusure che lo avevano isolato per più di 60 anni. La riforma economica della Perestrojca (ristrutturazione) si propose di ridare efficienza e produttività all'industria, combattendo la corruzione e riducendo l'autoritarismo statale in nome della trasparenza (glasnost). L'abbandono delle mire espansionistiche rese possibile negoziare con gli Stati Uniti una riduzione degli armamenti e cessare la pesante ingerenza nella politica interna degli stati satelliti120.