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La questione ambientale e il concetto di decrescita

2. Visioni critiche e alternative dello sviluppo

2.2 La questione ambientale e il concetto di decrescita

Il problema dell'insostenibilità del modello di industrializzazione capitalista, date le risorse limitate di cui l'umanità dispone, nasce in seno alla riflessione ambientalista che prese piede agli inizi degli anni '70. In quegli anni vi fu una generale presa di coscienza del fatto che, sebbene i problemi ambientali avessero sempre accompagnato i processi di sviluppo delle società umane, ora ci si trovava a fronteggiare problemi globali, che non potevano essere affrontati solo a livello nazionale.

La questione venne sollevata dal Club di Roma con la pubblicazione, nel 1972, del rapporto The limits to growth. Il rapporto metteva in evidenza come non fosse possibile che le società continuassero a crescere seguendo il ritmo dei decenni precedenti, poiché questo avrebbe portato all'esaurimento delle risorse nel giro di un secolo. Sebbene questa visione sia stata disattesa nei fatti, l'aggiornamento del rapporto pubblicato nel 1992 poneva la questione del limite in maniera differente: il problema non riguardava tanto la finitezza delle risorse a disposizione dell'umanità, quanto invece un limite ecologico della Terra. Il tasso di inquinamento prodotto, allora, non era sostenibile dall'ecosistema terrestre e a maggior ragione, non lo è quello prodotto oggi, come dimostra il fatto che l'Ecological Debt Day, ovvero il giorno in cui il fabbisogno mondiale sorpassa la capacità rigenerativa della Terra, anticipa ogni anno. Nel 1990 lo si è raggiunto il 7 dicembre, nel 2000 il 1 novembre

e nel 2014 il 19 agosto22.

Queste riflessioni di carattere ambientalista sono confluite nel concetto di sviluppo sostenibile, definito per la prima volta nel rapporto Our Common Future, elaborato dalla Commissione Brundtland nel 1987, come segue: «sustainable development is development which meets the needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs»23.

Nello sviluppo sostenibile coesistono due visioni contrapposte delle sostenibilità. La prima, detta visione debole, ha un approccio ottimistico ai rapporti tra ambiente, economia e mercato. La soluzione ai problemi ambientali va ricercata attraverso i paradigmi classici della società industriale: la crescita economica e l'innovazione tecnologica. La seconda visione, definita visione forte, sostiene che il sistema capitalistico sia strutturalmente inadatto ad affrontare la crisi ecologica globale, perché le spinte economiche sono troppo forti e i tempi del riorientamento dell'economia troppo lunghi. Come conseguenza di quest’ultima visione si è sviluppato il pensiero sulla decrescita.

La via della decrescita come modello alternativo di sviluppo è stata elaborata dall'economista Sèrge Latouche all'interno della riflessione economico-sociale portata avanti dal MAUSS (Mouvement Anti-Utilitariste dans les Sciences Sociales). Il Movimento Antiutilitaristico, nato a Parigi nel 1981, si è formato sull’eredità di pensiero del sociologo e antropologo Marcel Mauss, conosciuto per le sue teorizzazioni sulle società primitive, espresse nel suo testo più famoso Essai sur le don24. Mauss, pur riconoscendo nella ricerca dell'utile e dell'interesse il fondamento

comune della società arcaica e di quella moderna, evidenziava come la società moderna, abbia separato nettamente la sfera economica da quella socio-affettiva, portando l'uomo contemporaneo a perseguire la ricerca dell'utile in modo razionale

22 Global Footprint Network, August 19th is Earth Overshoot Day: The date our Ecological Footprint exceeds our planet´s annual budget, 19 agosto 2014,

http://www.footprintnetwork.org/images/article_uploads/EarthOvershootDay_2014_PR_General.pdf,

consultato: dicembre 2014

23 Report of the World Commission on Environment and Development: Our Common Future, Oslo, 20 marzo 1987, p.41, http://www.un-documents.net/our-common-future.pdf, consultato: gennaio 2015

24 Marcel Mauss, “Essai sur le don forme et raison de l'échange dans les sociétés archaïques”, L'Année sociologique (1896/1897-1924/1925), 1923, pp.30-186

e tecnicizzato, indipendentemente dall'interesse comune25.

Nei suoi saggi, il Movimento ispirato a Mauss spazia dalla sociologia all'economia, con posizioni non sempre convergenti, ma comunque fondate sul principio comune di trovare nella pratica del dono, la nuova strada per rifondare i rapporti sociali. Latouche da parte sua, rigettando radicalmente qualunque forma di mercato, propone la riscoperta del dono per costruire una rete sociale, dove la circolazione dei beni e dei servizi non sia legata alla produzione di un utile, ma abbia valore di legame26. Per comprendere la diversità di questi approcci è importante valutare i diversi periodi storici in cui sono nati, ovvero prima e dopo il manifestarsi della crisi dei paesi del Terzo Mondo a causa del debito contratto con i paesi occidentali. L’approccio del MAUSS nasce infatti, negli anni ’80, mentre quello di Latouche nasce negli anni ’90 e si radicalizza negli anni 2000.

Sèrge Latouche critica le teorie dello sviluppo, ponendosi il problema di individuare altre strade per l'economia, che tengano conto della limitatezza delle risorse naturali e pongano rimedio alla sperequazione tra il Nord e il Sud del mondo. La sua sfida è di pensare a una società nuova che sostituisca il modello di crescita, con quello di decrescita o meglio a-crescita. A questo proposito, in un'intervista rilasciata nel 2006 a Bologna, presso la facoltà di Scienze Politiche in occasione della presentazione del suo saggio Come sopravvivere allo sviluppo, Latouche sosteneva:

Alcuni anni fa, ...il Nord voleva sviluppare il Sud e occidentalizzarlo, ma altro non era che il proseguimento della colonizzazione con altri mezzi a cui va aggiunta la relativa distruzione delle identità culturali e del tradizionale saper fare. Oggi, invece, tocca a noi occidentali: la distruzione della biosfera, la globalizzazione che altro non è che la mercatizzazione del mondo (e non la globalizzazione del mercato), quel gioco al massacro che porta ad abbassare i salari degli operai del Nord per renderli concorrenziali con quelli cinesi, altro non sono che elementi che compongono, paradossalmente, l’impossibile concetto di sviluppo sostenibile. Mentre io ritengo che l’unica soluzione stia nella società della decrescita economica.27

25 Marcel Mauss, Op. Cit., p.105

26 Cfr. Sèrge Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp.26-31 27 Intervista di Davide Turrini a Sèrge Latouche da Liberazione del 9/5/2006,

Per comprendere la posizione da cui parte l'analisi di Latouche, è necessario fermarsi a considerare come l'economia di mercato se, in alcuni casi, ha generato un miglioramento nelle situazioni di povertà assoluta, non ha colmato la disuguaglianza, né la povertà relativa. Altro fattore determinante è quello che viene definito il “paradosso della felicità”: infatti malgrado, dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, il reddito pro-capite nell'Occidente sia notevolmente aumentato, la percezione dei singoli, in relazione al benessere e alla felicità, è diminuita. In generale il benessere sembra non avere più una stretta correlazione con la ricchezza, anche se indubbiamente solo la diminuzione della povertà, crea le precondizioni indispensabili al benessere28.

Il modello di sviluppo proposto non punta al rallentamento della crescita o alla creazione di una società a crescita zero perché questo produrrebbe effetti ancor più negativi all'interno di una società che sulla crescita ha gettato le sue fondamenta. L'autore propone un cambiamento di mentalità, questo è il vero obiettivo della decrescita:

si tratta proprio di abbandonare una fede o una religione, quella dell'economia, del progresso e dello sviluppo, […] Il suo obiettivo è una società nella quale si vivrà meglio lavorando e consumando di meno. Si tratta di una proposta necessaria per ridare spazio all'inventiva e alla creatività dell'immaginario bloccato dal totalitarismo economicista, sviluppista e progressista.29

Latouche vede nella decrescita l'unica possibilità di riscatto della società contemporanea, poiché rifiuta anche il modello di sviluppo sostenibile, considerato un tentativo di ridare slancio a un concetto, quello di sviluppo, in difficoltà senza però avere l'intenzione di produrre un reale cambiamento nel sistema. In pratica l'idea di uno sviluppo sostenibile mira a rendere compatibili due termini

28 Cfr. Luigino Bruni, “Una radicale critica all’homo oeconomicus, l’uomo senza qualità” in Nuova Umanità, XXVII (2005/2)158, pp.367-374, Roma, Città Nuova Gruppo Editoriale,

http://nuovaumanita.cittanuova.it/contenutoNU.php?idContenuto=22838, consultato: novembre 2014 29 Sèrge Latouche, Op. cit., pp.18-19

inconciliabili: la crescita infinita e il mondo finito in cui viviamo. Il suo utilizzo diventa un paravento per evitare di mettere in discussione il sistema economico contemporaneo. «Il problema del concetto di sviluppo sostenibile non è tanto nel termine sostenibile, [...], quanto nella parola sviluppo, che è decisamente un "termine tossico"»30.

Per uscire dal circolo vizioso della società dei consumi è necessario innanzitutto «decolonizzare il nostro immaginario»31, rinunciare all'idea che la crescita inarrestabile del PIL e dei consumi, con uno sfruttamento indiscriminato della natura, sia l'unica via per raggiungere il benessere e l'unico fine dello sviluppo.

Lo stesso Latouche definisce il progetto di decrescita come «un'utopia, cioè fonte di speranza e un sogno»32, ma questo non gli impedisce di studiare le maniere per tradurlo in realtà. Il progressivo processo di trasformazione verso una società della decrescita viene sintetizzato nel manifesto delle 8 R, le cui tappe di cambiamento interdipendenti sono: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare e riciclare. «Questi otto obiettivi possono innescare un processo di decrescita serena, conviviale e sostenibile»33. In particolare, il rivalutare comporta un recupero dei valori fondanti le relazioni sociali, come l'altruismo, la collaborazione ma anche il tempo libero e il gioco. È determinante cambiare anche l'atteggiamento nei confronti dell'ambiente sentendosi responsabili del suo mantenimento per le future generazioni. La tappa successiva, che deriva direttamente dal cambio dei valori, è il riconcettualizzare, cioè l'acquisire una logica diversa riguardo ai concetti fondamentali di ricchezza e povertà, rarità e abbondanza, sottraendoli al dominio dell'economia. Si passa poi al ristrutturare, dotandosi conseguentemente di nuove strutture affinché la produzione di beni e la società rispecchino i nuovi valori. Da una società più equa, scaturisce il ridistribuire, cioè la ripartizione delle ricchezze e del patrimonio naturale, per iniziare a sanare il

30 Sèrge Latouche, Abbasso lo sviluppo sostenibile! Evviva la decrescita conviviale!,

http://www.decrescita.it/joomla/index.php/component/content/article/54-abbasso-lo-sviluppo- sostenibile-evviva-la-decrescita-conviviale, p.2 ,consultato: gennaio 2015

31 Sergè Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, p.22 32 Ivi, p.43

debito ecologico nei confronti del Sud del mondo. Un passaggio essenziale per la decrescita è quello di rilocalizzare. Si deve riportare quanto più possibile la produzione nei luoghi di consumo, limitando all'indispensabile i movimenti di merci e capitali. La rilocalizzazione «implica che qualsiasi decisione economica, politica o culturale che può essere presa a livello locale deve essere presa a tale livello»34. Decrescere implica ridurre in tutti i campi l'impatto del nostro modo corrente di vivere, rivedendo l'utilizzo che il mondo occidentale fa del tempo e dei prodotti, limitandone lo spreco e i rifiuti. Le riduzioni necessarie vanno da quella dei rischi sanitari, prevenendo invece di curare, a quella degli orari di lavoro, per ripartirlo fra tutti. Le ultime due tappe per la rinascita della società sono individuate nel riutilizzare e riciclare i beni. Per porre un freno all'inquinamento e allo spreco è necessario indirizzare la tecnologia verso un nuovo corso opposto all'idea di obsolescenza programmata e nei casi in cui non sia possibile un riutilizzo diretto di un bene o di un rifiuto, il suo riciclo deve esserne incentivato.

Il passaggio ad una società diversa richiede però, oltre all'elaborazione di un programma di trasformazione, anche la volontà di attuarlo da parte di tutti gli attori coinvolti e pertanto non può escludere la fase di realizzazione politica, attraverso una presa di coscienza trasversale e l'adozione di misure adeguate: «non sono dunque né le idee né le soluzioni che mancano, ma le condizioni della loro realizzazione. […] L'importante rimane il cambiamento radicale di rotta»35. Lo scopo di Latouche non è tuttavia quello di dar vita a un movimento politico, ma di influenzare il senso critico della popolazione perché questa giochi un ruolo attivo nel dibattito politico sul cambiamento e sulla realizzazione di una società più equa e rispettosa.

La critica alla modernità, che emerge dalla tesi di Latouche, non corrisponde al solo rifiuto del modello di progresso dominate, ma prevede che questo venga riformulato e infine superato. Si prospetta, così, una società che, attraverso la decrescita, sarà in grado di ristabilire le sue priorità, nella consapevolezza che è dalle

34 Sergè Latouche, Breve trattato sulla decrescita serena, p.50 35 Ivi, p.93

buone relazioni personali che può scaturire il benessere e accrescere la percezione della felicità.