Il 13 dicembre del 1975 Carlos Arias formò il Governo Provvisorio in vista delle future elezioni libere.147 Si rese inevitabile l’ammissione al Governo di transizione di vecchi sostenitori del Regime. Ciononostante tornò allo stato di legalità quasi la totalità dei partiti148, che iniziarono la loro attività propagandistica già agli inizi del 1976. Dal discorso che Juan Carlos tenne il 2 giugno 1976 si evinceva il pensiero collettivo, che trovava espressione attraverso le parole del Monarca:
“La monarquía hará que, bajo los principios de la democracia, se mantengan en España la paz social y la estabilidad política. Se asegurará asimismo el acceso ordenado al poder de las distintas alternativas de gobierno, según los deseos del pueblo libremente expresados.”149
Dunque il Re esprimeva il desiderio e si rendeva garante di un taglio netto con il passato e con la tradizione centralista e autoritaria che caratterizzava la storia spagnola. Il cambiamento radicale doveva necessariamente riguardare la struttura del potere e l’organizzazione territoriale statale.150 Promotori per definizione del sentimento antifranchista erano i baschi e i catalani, ai quali nel periodo della Seconda Repubblica (1931-1936) era stato riconosciuto lo Statuto d’autonomia. Questi erano riusciti a sopravvivere alle condizioni imposte
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Per conoscere in maniera più approfondita i caratteri del Governo provvisorio, si consiglia la consultazione del manuale di Vilar, Sergio, La década sorprendente 1976-1986, Planeta, Barcelona 1986, p. 23.
148 Soltanto ai partiti caratterizzati da ideologia comunista non fu concesso di operare in maniera libera
e legale.
149 “La Monarchia farà sì che, attraverso i principi della democrazia, si mantengano in Spagna la pace
sociale e la stabilità politica. Allo stesso tempo sarà assicurato l’accesso al potere delle diverse alternative di Governo, secondo la volontà del popolo che si sarà liberamente espresso.” Articolo tratto dal quotidiano El País “El Rey de España promete una Monarquía democrática” del 3 giugno del 1976.
150 Sergio Vilar, nella sua opera appena citata, identifica il re Juan Carlos I quale incarnazione del
desiderio di un cambiamento radicale nella vita politica spagnola. Inoltre questi viene considerato dall’autore il promotore massimo dei valori democratici e costruttore di un nuovo Paese.
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dall’esilio e si erano resi i maggiori artefici delle critiche al centralismo, prima in via clandestina e successivamente in maniera legale. Inoltre l’attivismo dei nazionalisti baschi e catalani già negli ultimi anni di dittatura era riuscito ad influenzare tutti i partiti d’opposizione, proprio per mezzo della critica al potere centrale.151
Per quanto riguarda il sentimento di appartenenza nazionale, la situazione si presentava alquanto complessa. Per tutti i cittadini che la abitavano, la Spagna rappresentava lo Stato; tuttavia al contempo essa costituiva una Nazione solo per una parte di essi.152
In risposta alla continuità del regime in seno al Governo Arias, in Catalogna venne costituito il Consiglio di Forze Politiche della Catalogna.153 Questo nuovo organo coadiuvava l’azione dell’Assemblea catalana, che operava dal 1971. Mentre quest’ultima non aveva stilato un programma politico ben definito, limitandosi ad un’azione di protesta generalizzata, la nuova coalizione aveva degli obiettivi politici che avevano spinto i vari capi di partito ad allearsi. Tra gli obiettivi principali dei catalani vi era il desiderio di formare un Governo provvisorio nella regione, ristabilendo la Generalitat e i principi e le istituzioni presenti nello Statuto d’Autonomia del 1932.154
Inoltre si richiedeva a gran voce l’amnistia per i condannati per attività politica o sindacale durante il franchismo, il riconoscimento della libertà di associazione sindacale e di
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Per avere un’idea del panorama dei partiti politici nazionali e del ritorno alla ribalta da parte dei partiti di sinistra (comunisti e socialisti in primis), è possibile reperire informazioni nel testo di S. Vilar, Op. Cit., pp. 37-50.
152 Un’efficace analisi delle dinamiche socio-politiche relative alla Spagna e ai nazionalismi periferici
è offerta dal manuale di Botti, Alfonso (a cura di), Op. Cit., cap. I.
153 Il Consell del Forces Polítiques de Catalunya venne formato nel dicembre del 1975 da undici
partiti politici d’opposizione al regime, includendo sia le forze democristiane che i partiti di sinistra. Un organo così ampio e variegato rispondeva meglio alla necessità di esercitare un pressione corale sul Governo centrale.
154 Secondo Carmelo Adagio e Alfonso Botti, il periodo della Seconda Repubblica rappresentava
l’unica esperienza di autonomia regionale per la Catalogna sino al 1979. Lo Statuto d’Autonomia catalano fu approvato nel 1932, revocato nel 1934 e ristabilito nel febbraio del 1936. A. Botti, Op.
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sciopero, il riconoscimento delle libertà democratiche e la celebrazione delle elezioni generali spagnole, utili per una riforma politica del Paese.155
Nel 1977 vennero celebrate le prime elezioni libere da oltre quaranta anni dalle ultime. La forza politica che ne uscì vincitrice fu Unión de Centro Democrático (UCD), ossia i centristi capeggiati dal Primo Ministro Adolfo Suárez,156 ottenendo il 35% dei voti. La seconda forza politica del Paese risultò essere il partito socialista del PSOE (Partido Socialista Obrero Español), che ottenne il 29%. Oltre a queste due forze politiche che prevalsero sulle altre, nelle elezioni generali del 1977 si affermarono due partiti, di estrema sinistra (il Partido Comunista de España, con il 9,2%) e di estrema destra (Alianza Popular, che ottenne l’8.3%).157
Il parlamento spagnolo appena eletto avviò immediatamente il processo di negoziazione e di elaborazione del testo costituzionale. I partiti politici di maggioranza riconoscevano la necessità di realizzare concessioni ai nazionalisti baschi e catalani, pur avendo ben chiaro di aver l’intenzione di limitare l’autonomia di queste regioni per prevenire la nascita di uno Stato federale.158
155 S. Villar, Op. Cit., pp. 16-17.
156 In carica dal luglio 1976 al febbraio 1981.
157 I dati relativi alle elezioni generali del 1977 sono stati tratti dal testo di Kleiner-Liebau D., Op. Cit.,
p. 52.
158 Guido Levi sostiene che “Repubblica” e “federalismo” rappresentavano due questioni tabù nella
delicata situazione politica postfranchista. L’autore illustra le ragioni del rifiuto dell’organizzazione federale dello Stato nel suo saggio Il dibattito sul federalismo in Spagna tra Otto e Novecento, presente nel manuale di A. Botti, Op. Cit., p. 154.
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