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L‟invenzione dell‟arco è stata considerata a lungo una delle tappe fondamentali dello sviluppo tecnologico umano. Come afferma J. Rozoy: «C‟est un pas décisif vers la maîtrise de la nature. C‟est en fait, la première machine, et l‟on verra plus loin qu‟elle s‟accompagne de pas non moins importants sur la route de l‟abstraction» (1979, p. 1018).

Abbiamo già affrontato con dovizia di particolari i vantaggi balistici associati a questo sistema d‟arma ma interessante risulta soffermarsi ancora una volta sulle motivazioni che possano aver guidato la sua introduzione. Se, come abbiamo visto nel paragrafo 1.4.6 la sua origine si può ricondurre a contesti sud africani antichi almeno 64ka, allo stesso modo sembra evidente come questa tecnologia sia scomparsa e poi riapparsa a distanza di millenni in livelli cronologici differenti (Villa et alii 2011). L‟assenza di uno sviluppo lineare dell‟utilizzo di questo armamento ha fatto pensare ad una sorta di “regressione” dei sistemi di produzione dopo la fase di Howiesons Poort, ma come affermano Villa e colleghi: «It could be argued that this is only a matter of changing social mores, not technological regression. However, technology as group behavior is a social practice, thus […] this return to an earlier MSA or Middle Paleolithic technology and abandonment of a successful weapon would remain a societal choice to be explained, if the hypothesis of bows and arrows in the HP is accepted» (ibid., p.640).

Se allo stesso modo anche in Europa l‟origine dell‟arco viene ricondotta oggi con buona probabilità all‟inizio del Paleolitico superiore, è solo nel corso del Tardoglaciale che il suo utilizzo pare definitivamente assorbito dalle società di cacciatori-raccoglitori. Non bisogna escludere inoltre che per lungo tempo le due pratiche possano essere state associate e utilizzate a seconda delle esigenze. Come rimarcano R. Hitchcock e P. Bleed (1997): «All hunting strategies carry the possibility of failure, and modern hunters choose between a number of technological options, each of which require different types of equipment and carry different situational costs and benefits». I dati etnografici giustamente ci confermano come non ci sia motivo di pensare che una volta adottato l‟arco i cacciatori abbiano improvvisamente smesso di utilizzare i giavellotti con o senza propulsore. Ne consegue dunque che non esiste contraddizione nell‟ipotizzare l‟utilizzo congiunto di questi due sistemi d‟arma nell‟ambito del medesimo contesto crono-culturale.

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Ciononostante, come ho già precisato, esiste una fase cronologica in cui questo particolare sistema si impone in modo preponderante nei contesti europei, seguendo apparentemente l‟assestamento del clima e l‟ampliamento delle aree forestate. Se la comparsa dell‟arco è stata a lungo associata ai cambiamenti ambientali in termini di forte spinta deterministica, oggi sembra più probabile invece che il suo successo adattativo abbia seguito uno sviluppo analogo a quello che in biologia si definisce “exaptation” (sensu J. Gould): inventato in contesti ambientali poco forestati, come suggeriscono ad esempio i dati per la fase di Howiesons Poort di Sibudu cave (Backwell et alii 2008), sotto la spinta di altre e più complesse motivazioni, si è poi rivelato particolarmente efficace per la caccia di animali in foresta e dunque perfettamente “adattato” alla progressiva trasformazione che coinvolge l‟Europa alla fine del Paleolitico Superiore.

L‟adozione dell‟arco non può essere però considerata come un‟innovazione che si impone all‟interno di un sistema tecnologico ed economico già pienamente costituito e bilanciato secondo altre esigenze ed obiettivi funzionali. Il suo impiego sempre maggiore nelle pratiche venatorie non può che aver coinciso con un lento processo di trasformazione dell‟apparato produttivo, della mobilità e della struttura sociale stessa.

I dati che abbiamo a disposizione oggi per l‟ambito europeo, sembrano contestualizzare questo processo nel passaggio culturale tra Maddaleniano e Aziliano che corrisponde al periodo cronologico definito dall‟interstadiale Tardoglaciale..

Secondo un‟ottima sintesi prodotta recentemente da B. Valentin (2008a, 2008b) i termini di questo passaggio nell‟area dell‟Europa centro-occidentale possono essere così riassunti:

 Semplificazione del sistema di produzione litica: durante il Maddaleniano la produzione litica soddisfa due principali necessità, l‟ottenimento di lamelle per l‟impiego associato a punte in osso nei sistemi d‟arma e la produzione di lame per l‟utilizzo in qualità di strumenti (con o senza modificazione mediante ritocco). La produzione di queste ultime è vincolata a più esigenze: la ricerca di lunghezza, di normalizzazione e, se possibile, di produttività. Per raggiungere questi obiettivi, i maddaleniani del bacino parigino selezionavano con attenzione la qualità della materia prima da impiegare, che veniva prelevata in contesti prospicienti le aree abitate di ciascun sito. La produzione di supporti era preceduta da una lunga fase di preparazione del blocco e di predisposizione delle corrette convessità al fine di ottenere lame regolari e normalizzate. Il loro distacco avveniva mediante percussione diretta con un percussore in materia dura animale, tenero ed elastico. Le lame erano fabbricate non solo per un utilizzo immediato ma anche in previsione di necessità

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successive, fattore che ne presuppone un trasporto inter-sito anche a molti km di distanza in qualità di equipaggiamento al seguito del cacciatore. A livello archeologico questa soluzione economica si traspone nella frequente presenza di lame fabbricate con selce esogena in contesti lontani anche 50-100 km dalle fonti primarie di approvvigionamento.

Durante l‟Aziliano recente, la scheggiatura pare invece far fronte a due obiettivi principali: l‟ottenimento di qualche lama corta e poco normalizzata per il confezionamento di punte di proiettile e coltelli, e la produzione di schegge corte o allungate per la trasformazione in utensili. L‟analisi dei metodi di scheggiatura (Valentin 2005; Valentin et alii 2004) ha dimostrato come, nonostante un certo allungamento dei supporti costituisca ancora un obiettivo primario, questa esigenza venga però declinata nella produzione di schegge allungate piuttosto che in quella di grandi lame regolari simili a quelle maddaleniane. La selce utilizzata è quasi esclusivamente locale e di qualità variabile, poco selezionata. La scheggiatura avviene per percussione alla pietra tenera, applicata in tutte le fasi della catena operativa; questo tipo di tecnica richiede un arretramento del punto di impatto sul piano di percussione e di conseguenza il ricorso costante ad una forte abrasione della cornice per impedire il verificarsi di incidenti di scheggiatura. Il metodo di scheggiatura è semplice e consente una produzione rapida ed efficiente. La percussione alla pietra tenera concede inoltre una certa libertà di schemi operativi e la loro applicazione a materie prime di qualità non elevata. Nell‟Aziliano recente del bacino parigino le lame e le schegge sono prodotte quasi sempre per un utilizzo immediato e sembra assente ogni previsione anticipata delle esigenze su tempi medio-lunghi.

 Modificazione dell‟assetto degli armamenti: nel Maddaleniano la produzione degli armamenti appare concentrata, in termini di tempo ed energia, sulla confezione di punte in osso/palco da impiegare probabilmente su giavellotti scagliati al propulsore (Pétillon 2006; Pétillon et alii 2011). Nell‟Aziliano antico le cuspidi in osso sono quasi del tutto assenti a vantaggio delle punte in selce, più veloci da fabbricare e probabilmente impiegate su un diverso sistema d‟arma, l‟arco. Se questa trasformazione della panoplia venatoria comporta da un lato un cambiamento dell‟investimento tecnico necessario e della velocità di produzione, dall‟altro notifica profonde trasformazioni delle pratiche di caccia che danno luogo ad un aumento del tasso di perdita delle armature. A proposito degli armamenti maddaleniani, infatti, J. Pelegrin (2000) precisa, nell‟ambito di un modello predittivo sull‟evoluzione delle tattiche venatorie in parte confermato dagli studi archeozoologici di O. Bignon (2006,

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2008), che il vantaggio delle punte in materia dura animale consista nella loro grande durabilità ed affidabilità così come nella facilità di resharpening; fattori che compensano il dispendio di tempo necessario al loro confezionamento. Questi vantaggi, però, per risultare realmente tali devono rapportarsi a tattiche di caccia in grado di consentire facilmente il recupero dei proiettili non andati a segno: l‟abbattimento di animali in massa, sottointeso dai dati archeozoologici per molti contesti del Maddaleniano europeo ed espletato mediante tecniche di caccia all‟affût o di tipo rabattage, potrebbe assecondare questo tipo di condizione. Di conseguenza, un fattore significativo per la progressiva perdita di interesse per questo tipo di panoplie, secondo J. Pelegrin, potrebbe essere proprio rappresentato dall‟aumento del tasso di perdita dei proiettili in conseguenza al cambiamento delle strategie di caccia impiegate. Per la sua rapidità di confezione, la punta in selce benché fragile risulterebbe dunque maggiormente vantaggiosa e quindi più largamente adoperata.  Verso un‟economia sempre meno programmata: il cambiamento delle esigenze negli

armamenti riflette un cambiamento globale che investe tutto il sistema produttivo. Se nel Maddaleniano la scheggiatura appare altamente programmata strutturandosi su esigenze a lunga durata nell‟ambito di un complesso sistema logistico-territoriale, con l‟Aziliano si assiste al progressivo annullamento di queste anticipazioni mediante la calibrazione della produzione su necessità per lo più contingenti. Secondo B. Valentin (2008b), questa evidenza sarebbe rapportabile ad una minore programmazione delle attività di caccia stesse che, come suggerito da altri autori (Churchill 1993; Rozoy 1992), non necessiterebbero più dell‟impiego e della coordinazione di numerose persone ma sarebbero più variabili e meno codificate. Questo processo si collocherebbe dunque entro la tendenza di un aumento progressivo della mobilità nel quadro di spostamenti meno programmati e che coinvolgono gruppi meno numerosi di individui.

Se spesso in passato il concetto di “Azilianizzazione” è stato associato ad un‟idea di regressione tecnologica e di decadimento culturale, soprattutto in rapporto alla semplificazione del sistema produttivo, oggi si tende piuttosto ad interpretarlo come una fase di grandi cambiamenti e graduali adattamenti culturali a delle nuove condizioni ambientali. La scomparsa progressiva di un‟economia “programmata” risulta determinante per le variazioni insite nell‟armamento e nelle strategie venatorie ma dipende essa stessa da una trasformazione complessiva del modo di “vedere” e concepire la struttura sociale e il suo rapporto con l‟ambiente circostante.

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Studiare e ricostruire gli armamenti di un determinato orizzonte crono-culturale, non può esimersi dunque dal tenere in considerazione tutti gli aspetti che caratterizzano un gruppo umano, contestualizzando l‟analisi entro il quadro economico e sociale di riferimento.

Il mio lavoro si inquadra perfettamente entro questa linea di ricerca ed ha come obiettivo una migliore comprensione delle dinamiche comportamentali e logistiche dei cacciatori epigravettiani che frequentarono l‟Italia nord-orientale nel corso del Tardoglaciale. Come ho già sottolineato nell‟introduzione, questa fase è definita da alcune grandi trasformazioni quali: il progressivo ripopolamento delle aree alpine, la graduale semplificazione del sistema produttivo litico, lo spostamento dell‟investimento tecnico dalla fase di produzione a quella di trasformazione, la differenziazione funzionale dei siti, la presenza di contesti di caccia a vocazione specializzata (Fiore e Tagliacozzo 2005; Phoca-Cosmetatu 2005) e l‟accentuarsi di una generale tendenza relativa all‟ampliamento della dieta.

Poter ricostruire, contestualmente all‟analisi delle armature di un sito, le modalità di fabbricazione degli armamenti e osservarne le eventuali modificazioni in senso diacronico, ci aiuterà a far luce sulle peculiarità del contesto epigravettiano nell‟ambito della ben più ampia prospettiva europea.

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