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DALL’IDENTITA’ INDIVIDUALE ALLA FORMAZIONE DELLE CATEGORIE SOCIALI

3.2 LA FORMAZIONE DELLE IDENTITA’ INDIVIDUALI E SOCIALI ED IL RAPPORTO CON

3.2.1 DALL’IDENTITA’ INDIVIDUALE ALLA FORMAZIONE DELLE CATEGORIE SOCIALI

I processi di formazione delle concezioni individuali, e la loro importanza per le organizzazioni, devono essere compresi, in rapporto al ruolo che hanno, nel concorrere alla formazione ed al condizionamento dei processi che avvengono nei gruppi ed all’interno delle organizzazioni. Secondo un’ottica basata sulle relazioni sociali sul posto di lavoro, Baron e Pfeffer (1994), rilevano a tal proposito, che i soggetti reagiscono agli stimoli provenienti dagli ambienti di riferimento, in base al comportamento assunto dagli altri colleghi. Si rintraccia quindi una sorta di effetto imitativo anche tra gli individui, parallelamente a come era stato individuato per i gruppi e le organizzazioni, quando si è parlato del trasferimento di pratiche discriminatorie nella società. Analizzando il problema secondo l’ottica che regola la diversità allora, i processi di trasferimento dei pensieri, vanno lungo un continuum, che parte dagli individui e si riflette nei gruppi, dando seguito al processo di costituzione delle categorie sociali.

Le tendenze accademiche, sulla definizione e formazione delle identità individuali e dei suoi riflessi sulla formazione delle identità sociali, rivolte quindi ai gruppi, sono differenti. Alcuni autori ammettono che i processi che danno luogo alla formazione delle identità, siano il risultato di ciò che gli individui pensano della propria condizione sociale e dei risvolti sulla soddisfazione, sul commitment o sui tassi di turnover219, altri ancora pensano, che l’identità si formi a partire dal confronto con altri individui220. In questo lavoro, si crede invece che la formazione delle identità individuali e di gruppo, siano il risultato congiunto, sia dei processi con i quali gli individui si “auto – valutano”, sia di quelli che vengono posti in essere nei confronti dei membri degli altri gruppi. Le

219 Si veda Hodson, 1989.

relazioni infragruppo ed intergruppo, danno forma a valutazioni di confronto, che attivano processi, all’interno dei quali gli individui, tendono a mettersi in relazione agli altri, valutando allo stesso tempo, ciò che la loro situazione attuale comporta. Per questo motivo, si pensa che le identità, vengano condizionate da entrambe le visioni. Il problema maggiore, è quello però di stabilire la portata ed il significato che ciascun individuo attribuisce all’uno o all’altro modo, ed il concorso di ciascuna variabile nella formazione dell’identità sociale finale di ciascuna persona, e quello che di conseguenza emerge, come visione d’insieme del gruppo.

L’identità, secondo gli assunti della Social Identity Theory, è un aspetto che quindi si estende essenzialmente su due campi: uno attiene quello relazionale e l’altro quello comparativo.

L’insieme e la qualità delle relazioni, soprattutto di quelle informali ed affettive, incidono moltissimo nel definire l’identità degli individui all’interno della società. Relazioni più o meno stabili di amicizia, relazioni lavorative intense e continue nel tempo, rappresentano fattori che condizionano il processo di formazione delle ideologie e delle concezioni sulla vita, dando peraltro seguito e condizionando in differenti modi, la formazione dei gruppi, entro i quali i soggetti includono o escludono se stessi e gli altri. Questa serie di aspetti può essere intesa, come l’immediata conseguenza della formazione delle identità sociali. L’individuo in pratica includendosi in un gruppo, piuttosto che in un altro, assume il set di qualità, che contraddistinguono quel particolare gruppo. Dall’altro lato, la suddivisione del mondo in gruppi omogenei tra di loro, rappresenta in maniera primordiale, uno strumento a disposizione degli esseri umani per semplificare la realtà. Le conseguenze che questo processo induce nella società, sono l’emergere delle differenze tra gruppi (uomini, donne, giovani, vecchi, ecc.) e l’accorpamento (mentale), di individui con le stesse caratteristiche, all’interno di stessi gruppi. L’aspetto che più affascina di questo pensiero, è che la “categorizzazione”, posta in essere da un soggetto, non viene fatta solo per includere e definire gli altri esseri umani in gruppi determinati, ma anche per permettere al soggetto stesso di includersi in un gruppo piuttosto che in un altro, e per definire la sua posizione, rispetto al mondo circostante. Il risultato di questi processi mentali, permettono all’essere umano di vedere e valutare se stesso, in riferimento ai gruppi che egli ha creato mentalmente o che la società in genere impone, come stereotipo.

La necessità di aprire questa parentesi, relativamente alla nascita dei movimenti, connessi all’analisi dell’identità sociale, è stata fatta, per permettere di comprendere come questa parte degli studi sociali, sia andata progressivamente ad occupare un posto sempre più importante, nelle discipline sociali e nel campo della gestione delle risorse umane.

L’identità all’interno della società, si forma a partire dall’importanza attribuita dall’attore ai ruoli di cui esso è investito. Il collegamento e l’importanza nel definire i ruoli, sembrano ora apparire più chiari. Infatti, gli individui in generale, tendono a scegliere con maggiore frequenza l’identità, corrispondenti al ruolo che massimizza i propri attributi221. Secondo i recenti cambiamenti a livello familiare nella società, i rapporti nei ruoli ricoperti da uomo e donna nella famiglia, sono evoluti. Si parla negli ultimi anni (Connell, 2000 e Coltrane, 1996), di uomini differenti, che aggiungono ai classici tratti di mascolinità, naturalmente loro riconosciuti, nuove tendenze, come la cura ed il mantenimento della prole, anche se si è visto, che nella pratica, questa tendenza per alcuni paesi è piuttosto teorica che pratica222. Analizzando il problema, con il concorso delle teorie sulla formazione delle categorie sociali, queste nuove tendenze, si riflettono in pratica, “sul gruppo sociale uomo” nel complesso, modificando, di fatto, le interpretazioni che la società attribuisce a questo gruppo. Come interpretare questa evoluzione? In che modo questa tendenza influisce oggi sulla formazione delle identità all’interno dei gruppi? Se lo svolgimento delle mansioni connesse alla famiglia (cura della prole e disbrigo delle faccende domestiche), è andato progressivamente cambiando o si sta comunque evolvendo223 negli ultimi decenni, presentando un ruolo maschile più attivo e partecipe ai problemi della vita familiare, sicuramente i tempi da dedicare all’attività lavorativa retribuita per le donne, sono aumentati corrispondentemente. Wiley (1991), afferma che la teoria dell’identità sociale, ammette che per identità, s’intende anche il grado di commitment mostrato per una particolare mansione. Si può quindi notare, come cambiando l’impegno ed il tempo profusi nello svolgimento di mansioni, che precedentemente venivano svolte solo dalle donne, l’assetto sociale in

221 Stryker, 1987.

222 Si consulti per maggiori approfondimenti, il secondo capitolo, nella parte dedicata al rapporto tra il

gender gap ed i ruoli delle donne.

223 Anche se i risultati delle analisi svolte nel secondo capitolo, vedono ancora una massiccia presenza

delle donne, nello svolgimento dei lavori domestici, il gender gap, rispetto agli uomini, si è visto essere diminuito.

generale, stia mutando gradualmente ma allo stesso tempo, considerevolmente in rapporto al modo di pensare e di concepire un dato gruppo. L’importanza di quanto detto è insita anche, nelle nuove tendenze di pensiero, che si sviluppano all’interno dei gruppi sociali. Non si avranno soltanto donne, dedite ad attività connesse strettamente con i carichi che la famiglia impone, ma divisione equa dei compiti, ripartizione dei problemi tra marito e moglie, ecc. In poche parole, tutto questo significa, maggiore spazio per le donne nel mondo del lavoro e riduzione dei pensieri e delle attribuzioni negative sulla loro disponibilità e sul loro tempo, da dedicare allo sviluppo di una carriera che abbia le stesse opportunità degli uomini. Le tendenze verso queste nuove forme di identità all’interno della società, possono essere analizzate anche in rapporto combinato, al tempo dedicato allo svolgimento di una mansione ed alla conseguente importanza che i lavoratori le attribuiscono. Infatti, relativamente alle tendenze mostrate negli ultimi decenni, se le donne sono meno presenti in ruoli di impegno familiare, dedicando maggior tempo alla propria attività lavorativa, ne saranno anche maggiormente attratte, aumentando i livelli di commitment e sperimentando migliori performance, secondo quanto stabilito dalle teorie sulla motivazione, citate nel secondo capitolo. Questo dato si evince osservando ad esempio, gli aspetti connessi con lo svolgimento di un’attività lavorativa remunerata per le donne. Dedicarsi maggiormente (in termini di quantità e di qualità), allo svolgimento di un’attività lavorativa remunerata o remunerata meglio, significa porre fine anche al pensiero negativo della società, secondo il quale il contributo economico delle donne nelle famiglie e nullo. In base a quanto affermato sulla formazione delle identità allora, questi mutamenti condizioneranno anche, dapprima la formazione delle identità individuali, per poi incidere su quella dei gruppi ai quali gli individui appartengono224, proprio come visto

nella figura 3.1 del paragrafo precedente. L’importanza di agire, individuando la formazione delle identità a livello di gruppo, si delinea così in maniera molto decisa. A proposito del pensiero di alcuni autori225, i quali sono concordi nello stabilire che in

224 Per comprendere come questo processo possa generare effetti positivi sulla personalità e sui

comportamenti degli individui, basti pensare che Ely (1994), apporta un esempio emblematico. L’autore, infatti, riporta che nelle organizzazioni con donne in età non più giovane, che occupano posizioni gerarchiche elevate, le altre donne che si trovano all’inizio della propria carriera, percepiscono una migliore possibilità di crescita e per questo si applicano in maniera propositiva, rispetto invece alla situazione inversa.

genere gli individui, comparano il proprio status a quello dei membri di altri gruppi, ritenuti differenti, si può affermare che le donne, si relazionano agli uomini, stabilendo una forma di valutazione comparativa, sui rispettivi costi o benefici che l’appartenenza all’altro gruppo genera. Se da questa valutazione scaturiscono sentimenti negativi come frustrazione per appartenere al proprio gruppo, percezioni di scarse possibilità di successo lavorativo, appaiono evidenti i risvolti sulle performance e sull’impegno che ne conseguono, in linea con quanto visto precedentemente.

Un importante contributo sulla categorizzazione dell’ambiente da parte degli individui proviene da Tajfel (1972)226, che conferma che le persone, tendono ad organizzare l’ambiente circostante, in sottogruppi, caratterizzati da proprie peculiarità, proprio come fanno ad esempio le donne con gli uomini o viceversa. I gruppi, secondo la Social Identity Theory, sono tra di loro omogenei in base a criteri differenti. La suddivisione dell’ambiente in ulteriori micro – ambienti, enfatizza le eterogeneità presenti. In accordo con quanto detto precedentemente allora, l’impostazione di Tajfel, risulta essere positivamente collegata ai fini di questo lavoro. Se gli individui, non categorizzano l’ambiente entro cui agiscono, oppure, anche categorizzandolo non percepiscono le differenze come originate da erronee assunzioni da parte dei dirigenti, essi tenderanno a non creare mentalmente gruppi ideali, che di fatto, come visto, condizionano negativamente il loro impegno e le loro performance, relativamente alle mansioni svolte.

L’attività dei responsabili del reparto delle risorse umane, dovrebbe tendere, in ottica di gestione della diversità allora, anche alla considerazione degli aspetti legati alla formazione ed ai condizionamenti che derivano dalle identità di gruppo, evitando la formazione ed il diffondersi di sentimenti negativi e di frustrazione che si originano dall’appartenenza ad un gruppo, valorizzando per converso, gli aspetti positivi che i gruppi invece producono. Indurre, anche indirettamente i membri di alcuni gruppi, come le donne, a pensare che il loro non sia uno status negativo, ma rappresenta semplicemente il manifestarsi di diversità di natura biologica e non di condizioni immutabili ad esempio, aiuterà sicuramente le aziende ed i propri managers, a raggiungere obiettivi di maggior impegno e partecipazione attiva, alle politiche implementate per la corretta gestione delle risorse disponibili.

Gestire la diversità in ottica Diversity Management, si ritiene poter essere quindi anche incidere sulla formazione di base dei pensieri dei lavoratori, in quanto, si è compreso, che proprio questo rappresenta il fulcro, dal quale si origineranno le idee e gli assunti, che i gruppi utilizzeranno e condivideranno, nello svolgimento delle mansioni e nella vita organizzativa. La conferma di questa impostazione, proviene anche da studi sulle differenze tra uomo e donna elaborati da Kanter (1977), che afferma che le mansioni condizionano le persone. Differenti interpretazioni attribuite dai gruppi, allo svolgimento di una mansione ad esempio, possono comportare secondo l’autrice deviazioni nelle interpretazioni di chi osserva. Far comprendere ai propri lavoratori quindi che l’assegnazione di un compito, non dipende dal fatto di appartenere ad un gruppo particolare, donna o uomo, è senza dubbio un altro obiettivo da raggiungere per tutte le organizzazioni. L’assegnazione delle mansioni, deve essere interpretata non a livello di gruppo, ma come il risultato delle differenti attitudini tecniche, professionali, conoscitive e di preparazione, di cui ciascun individuo è portatore, e non tanto perché gli uomini ad esempio, sarebbero maggiormente idonei a ricoprirle, perché dispongono di maggior tempo, non investito nella famiglia.

3.3 GLI STEREOTIPI: QUALI IMPLICAZIONI PER AZIENDE E