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Sembra ora possibile tratteggiare i contorni del concetto – democrazia partecipativa – che viene talvolta utilizzato alla stregua di una formula descrittiva, e di cui qui si vuole invece mettere in luce la dimensione prettamente prescrittiva96.

95 Le difficoltà che si sono incontrate per rendere effettiva la partecipazione a livello comunitario,

ha comunque spinto l’UE ad indurre gli Stati membri ad introdurre occasioni di confronto con i cittadini, per approfondire: M. PICCHI, Uno sguardo comunitario, cit. A livello internazionale è possibile richiamare, in campo ambientale, la dichiarazione di Rio (principio 10) del 1992 e la relativa agenda 21 locale, un documento lanciato dalle Nazioni Unite proprio durante la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo di Rio de Janeiro a cui si lega una diretta applicazione a livello locale che mira a perseguire obiettivi di sostenibilità (nelle accezioni ambientali, sociali ed economiche) ed a costruire un’adesione critica dei cittadini intorno a tali obiettivi per mezzo di pratiche di democrazia partecipativa, a cui dare attuazione a livello locale, v. E. M. TACCHI, Sostenibilità

ambientale e partecipazione: modelli applicativi ed esperienze di Agenda 21 locale in Italia, Franco

Angeli, Milano, 2004. Sempre in materia di ambiente non si può non menzionare la Convenzione internazionale firmata ad Arhus il 25 giugno 1998. Questa convenzione, sull’ «accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale», nonostante si limiti ovviamente alla formulazione di principi demandati per l’attuazione ai comportamenti obbligati delle parti contraenti, può esser indicata da molti punti vista come l’atto normativo più avanzato in tema di partecipazione (si vedano specialmente gli art. 6, 7 e 8). Cfr. U. ALLEGRETTI, Democrazia partecipativa e processi di democratizzazione, cit., nota 20. Più in generale si noti come il coinvolgimento della società civile alla costruzione delle decisioni sia un tema ricorrente nel diritto internazionale e nelle dinamiche di funzionamento delle organizzazioni internazionali, si vedano a questo proposito: J. A. SCOLTE, Democratizing the global economy. The

role of civil society, CSGR Working Paper N. 65/01, 2001; V. MISHRA, The Role of Global Civil

Society in Global Governance, in Beijing Law Review, 3(4), 2012, 206-212 e Report of the Panel of Eminent Persons on United Nations–Civil Society Relations, We the peoples: civil society, the United Nations and Global Governance, 2004.

96 Una siffatta definizione potrebbe essere utile anche in altri contesti disciplinari per mettere ordine

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Venendo alla rilevazione delle caratteristiche che astrattamente devono connotare i fenomeni partecipativi, sono da considerare quelle esperienze di

decision-making che, in primis, trovano nel momento deliberativo uno snodo

essenziale, prescindendo dalla puntuale applicazione del principio maggioritario, e che, in secondo luogo, coinvolgono i singoli individui nella definizione di atti che concorrono alla formazione dell’indirizzo politico generale. Si esclude così da questa categoria la partecipazione di tipo procedimentale che si rivolge unicamente ai titolari di interessi legittimi soggettivi97. Da quest’ultima precisazione si possono trarre altri due elementi che devono connotare le pratiche della ‘democrazia partecipativa’: da un lato, il necessario coinvolgimento ‘attivo’ degli enti governativi nella costruzione dei processi partecipativi, e dall’altro, il carattere

ci si riferisce con diverse formule definitorie. Infatti la categoria ‘democrazia partecipativa’ non può essere caratterizzata da tenuta stagna, incontrandosi infatti nella letteratura in materia concetti che vi si affiancano, portando determinate esperienze, altrimenti definite, a sovrapporsi parzialmente a questa categoria. Ciò significa che è possibile imbattersi in esperienze non descritte come democrazia partecipativa ma che in realtà appartengono – in specifiche porzioni – anche a questa categoria. Ci si riferisce primariamente al concetto di ‘participatory governance’ definibile come la «cooperation between state actors and members of civil society in the formulation, and at times

implementation, of public policy or could be conceived as the regular guaranteed presence when making binding decisions of representatives of those collectives that will be affected by the policy adopted». Cfr. K. O. LINDGREN, T. PERSSON, Participatory governance in the EU, cit., 5. Inoltre,

altri concetti da tenere presente in questo senso sono quelli di democrazia associativa, democrazia di prossimità e democrazia dibattente, elaborati tutti principalmente in ambito francofono. Su questi concetti si rimanda a: T. CHIAMPARINO, Le maschere della rappresentanza. La démocratie de

proximité e i dispositivi partecipativi in alcune città francesi, in Meridiana, 58, 2007, 105-138; A.

BOUVIER, Democratie deliberative, democratie debattante, democratie participative, in Revue

europeenne des sciences sociales, XLV - 136, 2007, 5-34; Y. SINTOMER, J. DE MAILLARD, The limits

to local participation and deliberation in the French "politique de la ville", in European Journal of Political Research, 46, 2007, 503-529.

97 Qui si viene a contatto con la disciplina del diritto amministrativo. Si v. supra, cap. 1, § 3.2., per

una più approfondita prospettiva sulle differenze tra democrazia partecipativa in senso costituzionale e partecipazione in senso amministrativo, su cui si rimanda ancora una volta a: S. CASSESE, La

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aperto che deve dare la possibilità (attraverso diverse metodologie98) a tutti i potenziali interessati di partecipare alla procedura. Per quanto si prediligerà l’analisi di quegli strumenti partecipativi che includono tutti i soggetti potenzialmente interessati alla decisione finale, si andranno tuttavia, qualora rilevante, ad analizzare anche quelle strutture partecipative che coinvolgono gruppi di soggetti portatori di interessi specifici, rappresentativi di interessi diversi da quelli politici. L’applicazione di tali coordinate può valere solo, come visto, se riferita alle pratiche innestate nel tessuto istituzionale degli enti locali, subnazionali e nazionali, escludendo così l’insieme di quelle pratiche definite di democrazia partecipativa a livello sovranazionale e internazionale che, per le ragioni rilevate nel paragrafo precedente, non applicano tutti, od alcuni, dei caratteri sin qui delineati99.

Infine, un processo decisionale può essere definito di ‘democrazia partecipativa’, quando si integra con le procedure proprie della democrazia rappresentativa. Detto altrimenti, le pratiche di democrazia partecipativa non devono andare a sostituirsi alle funzioni di cui sono investite le istituzioni rappresentative, bensì devono innestarsi all’interno dei processi di produzione delle

98 Cfr. per tutti: L. BOBBIO, Dilemmi della democrazia partecipativa, in Democrazia e diritto, 4,

2006, 11-26.

99 Allineata a questa definizione anche A. ALGOSTINO, La democrazia e le sue forme. Una

riflessione sul movimento no TAV, in Politica del diritto, 4, 2007, 653-702, 663: «Si potrebbe

considerare quale elemento connotante la democrazia partecipativa (come distinta dalla democrazia rappresentativa, nonché dalla democrazia diretta classica) il coinvolgimento dei cittadini attraverso forme ulteriori rispetto a quelle del circuito elettorale rappresentativo e/o del referendum. Si potrebbe ipotizzare di utilizzare l’espressione «democrazia partecipativa» in relazione a tutte le nuove forme di partecipazione dei cittadini sorte molto spesso negli ultimi anni, frequentemente in forma sperimentale, e/o a livello locale, ma connotate, comunque, da una «partecipazione istituzionale», ovvero che coinvolge le istituzioni e che, al di là della considerazione del ruolo più attivo o passivo da esse esercitato, vede una formalizzazione da parte del diritto (anche se magari solo a livello locale). L’«istituzionalizzazione», in tal senso, sarebbe da leggersi come il quid che differenzia la democrazia partecipativa dalla «democrazia dal basso», intesa come forma caratterizzata da spontaneità e autorganizzazione, con la consapevolezza, al di là della validità della distinzione proposta, del legame di consequenzialità che può crearsi, con una probabile tendenza della seconda a confluire nella prima, attraverso un processo di istituzionalizzazione».

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fonti giuridiche – indipendentemente dalla natura della fonte in questione100. Di conseguenza il titolare della decisione finale rimane l’ente pubblico, che dovrà tuttavia tenere in considerazione l’opinione formatasi nel contesto della procedura partecipativa, per quanto sia dotata di effetti meramente consultivi.