danno (passing-on). - 5. Danni punitivi e danni esemplari. - 6. I criteri
seguiti dalla giurisprudenza italiana sull’azione di danno antitrust (tavola
sinottica).
1. Tipi di danno
Non tutte le possibili violazioni delle regole di concorrenza
generano gli stessi tipi di danno e non tutti i danni vanno risarciti allo
stesso modo
1.
Il danno patrimoniale cagionato da chi viola le regole di
concorrenza all’interno del mercato ha una natura potenzialmente
plurioffensiva ed è suscettibile di assumere una struttura (ed una
entità) diversa a seconda, almeno, di due elementi obiettivi: il tipo di
violazione (condotta predatoria o di sfruttamento) e la conformazione
del mercato all’interno del quale l’illecito antitrust si è verificato
2.
È inoltre opportuno, soprattutto quando si cerca di
incentivare politicamente l’applicazione tra privati delle regole
antitrust, non perdere di vista il legame intrinseco che corre tra la
fattispecie sostanziale, la regola, ed il suo scopo
3. In caso contrario, i
tribunali rischierebbero di liquidare danni inesistenti, incompatibili
con gli obiettivi della politica di concorrenza, oltre che slegati dalle
regole di diritto privato che governano la responsabilità civile
1 Sul punto si vedaS
IDAK, Rethinking Antitrust Damages, Stanford Law Review,
1981, vol. 33 no. 2, 330.
2 Sulla natura plurioffensiva dell’illecito antitrust si veda da ultimo Cass. civ, Sez.
III, n. 2305 del 2 febbraio 2007 (Fondiaria).
3 Questo caveat è stato illustrato da A
REEDA in un articolo pubblicato in Harvard
extracontrattuale
4.
Un sistema antitrust deviato, che risarcisca danni inesistenti
o che incentivi addirittura la collusione (negando, ad esempio, il
risarcimento a chi ha effettivamente subito un danno o risarcendolo
solo minima parte), comprometterebbe gravemente l’assetto liberale
del mercato, pregiudicherebbe l’effettività delle regole antitrust e
minerebbe la coerenza interna dell’ordinamento giuridico.
Si noti a tal proposito, che la scelta politica di tutelare
l’assetto liberale e concorrenziale del mercato con norme di rango
costituzionale (art. 41 Cost. it. ed articoli 3 e 4 trattato CE) ed
attraverso la creazione di un complesso sistema di applicazione delle
regole (amministrativo e giurisdizionale, a livello comunitario e
nazionale) sta ad indicare che l’illecito anticompetitivo, prima ancora
di creare un danno al singolo operatore economico (da risarcire in
giudizio su sollecitazione privata – private enforcement), crea un
danno (in termini di efficienza ed innovazione) all’intera società, la
cui tutela è affidata all’Autorità pubblica attraverso i suoi poteri di
investigazione e di sanzione (public enforcement).
Inoltre, l’applicazione da parte delle Autorità amministrative
e delle Giurisdizioni nazionali degli articoli 81 e 82 CE, così come
disegnato dal Reg. 1/2003 che affida espressamente alla
Commissione un ruolo guida nell’interpretazione delle regole
antitrust tende, nel tempo, a garantire una interpretazione uniforme
delle regole indipendentemente dalla natura (amministrativa o
giudiziale) dell’Organo che, nel singolo caso, è chiamato a decidere
la controversia. Questo fenomeno convergente, se guardato da una
prospettiva comunitaria, rafforza la certezza dell’applicazione delle
regole di concorrenza e la loro effettività nel mercato unico
5.
4 Cfr. AREEDA, cit., pag. 1227.
5 Su questo punto si vedano le considerazioni svolte dal Parlamento Europeo nel
Come abbiamo anticipato nel capitolo precedente, la Corte di
giustizia, allo scopo di perseguire una maggiore effettività della
tutela della concorrenza all’interno del mercato unico, ha
recentemente affermato, in aderenza al brocardo ubi ius ibi
remedium, il diritto in capo “ad ogni soggetto del mercato” ad
ottenere il risarcimento del danno subito a seguito di una condotta
anticompetitiva illecita
6.
Tale diritto si impone alle Giurisdizioni nazionali sempre e
quando siano soddisfatte, nel caso concreto, le condizioni sostanziali
precisate dalla stessa Corte nel caso Courage ed esista un nesso di
causalità tra il danno e la pratica anticompetitiva
7.
A tale diritto, che ha una natura strumentale e si applica ai
soli casi di rilevanza comunitaria, s’affianca la laconica previsione
del legislatore italiano di un analogo diritto al risarcimento del danno
nei casi di violazione della legge nazionale antitrust - ovviamente
circoscritto ai soli illeciti anticompetitivi che dispiegano i loro effetti
intra moenia - (art. 33.2 Legge 287/90 così come interpretato dalla
più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione).
Un simile parallelismo rimediale, pur avendo conosciuto per
lungo tempo sul versante italiano un’inconciliabile limitazione della
legittimazione ad agire rispetto al fronte comunitario e nonostante
tutt’ora subisca una speciale allocazione giurisdizionale, consolida,
una volta per tutte, il lato privatistico di un diritto all’assetto
concorrenziale del mercato - “il diritto a godere dei benefici della
competizione commerciale” - che ha un gene marcatamente
6 Si vedano Corte di giustizia, 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage c.
Crehan, Racc. pag. I-6297 (anche in Foro it., 2002, IV, 75 con nota di PALMIERI e PARDOLESI,Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: “chi è causa del suo
mal…si lagni e chieda i danni”), nonché 13 luglio 2006, cause riunite da C-295/04 a
298/04, Manfredi.
pubblicistico
8.
Il problema della quantificazione del danno antitrust emerge,
ovviamente, solo rispetto all’applicazione tra privati delle regole di
concorrenza dal momento che la reazione pubblica all’illecito
anticompetitivo consiste, e si esaurisce, tipicamente nell’imposizione
di una sanzione pecuniaria o in una misura amministrativa
9.
Le azioni giudiziali promosse dai privati si collocano invece
su un piano diverso; esse, pur complementando (ed in alcuni casi
anticipando o sostituendo) la reazione pubblica, perseguono una
finalità propria attraverso altri strumenti tipici (principalmente
l’azione di risarcimento del danno, ma anche la tutela cautelare ed i
provvedimenti d’urgenza)
10.
8 Quando ci si riferisce alla speciale allocazione giurisdizionale si allude alla
specifica competenza funzionale stabilita dall’articolo 33.2 della Legge n. 287/90 alla Corte d’Appello competente per territorio. Sulla compatibilità del riparto della competenza previsto nel sistema italiano con il diritto comunitario si è pronunciata la Corte di giustizia nel caso Manfredi, cit., par. 72. Cfr. anche Cass. civ., 2305/07, cit., pag. 20. Sulla genesi delle regole antitrust in Europa si veda il lavoro di GERBER,Law and Competition in twentieth century Europe, protecting Prometheus,
Oxford University Press, 2001.
9 Cfr. artt. 4 e 5 del Reg. 1/2003. Per la distinzione tra private e public enforcement
si rimanda alle considerazioni svolte nel capitolo II.
10 Nelle controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno del consumatore
finale, il ruolo dell’intervento pubblico si rivela, in mancanza di una previsione legislativa che alleggerisca, in qualche modo, la posizione dell’attore debole, di fondamentale importanza. L’eccessiva difficoltà probatoria, l’incertezza dell’esito processuale ed il rischio intrinseco connesso alla regola della soccombenza segnalano l’eccessiva onerosità di un’azione civile stand-alone. È pertanto più verosimile, ed il caso italiano del cartello Rca lo dimostra, che il contenzioso antitrust promosso dai consumatori si assesti, naturalmente, nel solco delle azioni
follow-on. In questo senso il ruolo investigativo e sezionatore dell’Autorità si rivela
molto importante ai fini dell’effettività della tutela dei diritti dei privati. Sul punto si veda il documento di lavoro dei servizi della Commissione annesso Libro Verde sulle azioni di danno, Working Paper SEC(2005)1732, pag. 8. Sul rapporto tra applicazione pubblica e privata delle regole di concorrenza si veda KOMNINOS,
Public and Private Antitrust Enforcement in Europe: Complement? Overlap?, Comp. Law Rev. Volume 3 Issue 1 pp. 5-26;WALLER, Towards a Constructive Public-Private Partnership to Enforce Competition Law,29W. Comp.,3(2006); WILS,Should Private Antitrust Enforcement Be Encouraged in Europe?, 26 World Competition (3), 473-488, (2003);JONES,Private Antitrust Enforcement in Europe:
Prima di addentrarci nell’analisi dell’istituto del risarcimento
del danno, vogliamo sottolineare la necessità di tenere ben presente
la non-specialità delle regole di concorrenza all’interno
dell’ordinamento giuridico comunitario e nazionale. Infatti, secondo
autorevole dottrina, la violazione delle regole di concorrenza, non
può dare luogo ad un tipo speciale ed autonomo di responsabilità
civile, avulso ed indipendente dalla regola generale ex articolo 2043
c.c., ma deve piuttosto essere ricondotta alle regole che governano la
responsabilità civile in modo da assicurare “una visione sistematica
del diritto antimonopolio, coerente con il diritto privato e con il suo
fondamento costituzionale”
11. La correttezza di tale impostazione
MONTI,Article 81 EC and Public Policy, Common Market Law Review,2002,39,5.
Sulle misure cautelari in materia antitrust rinviamo ai lavori di SCUFFI e TAVASSI,
Diritto processuale Antitrust. Tutela giurisdizionale della concorrenza, Milano,
1998, pagine 201-256 e di FOLGUERA e MARTINEZ CORRAL, Las normas de defensa
de la competencia: medidas cautelares en su aplicación directa, in El Derecho de la Competencia y los Jueces, MARTINEZ LAGE e PETITBO, Madrid, 2007;ARNAUDO, Il
sistema sanzionatiorio e le misure cautelari, in FRIGNANI e PARDOLESI, La
concorrenza, Tratt. dir. priv. dell'Unione Europea, diretta da AJANI eBENACCHIO, Torino, 2006.
11 La posizione sopra richiamata è di ALFARO, in La prohibición de los acuerdos
restrictivos de la competencia. Una concepción privatística del derecho antimonopolio, InDret 2004. In effetti, la responsabilità civile in materia antitrust,
così come il diritto della concorrenza nel suo complesso, tende ad essere percepita (anche da un vasto settore degli addetti ai lavori) come una parte slegata ed indipendente dalla generalità delle regole di diritto privato. Di conseguenza, soprattutto a livello nazionale, ciascun Stato membro elabora soluzioni speciali, sottoforma di previsioni legislative ad hoc, che confondono ulteriormente l’operatore giuridico ed economico che si trova a fronteggiare un caso antitrust. Si prenda come esempio, la quasi onnipresente riserva di competenza esclusiva in favore di un giudice ad hoc, di grado superiore al primo grado, o di una sezione specializzata, per conoscere le questioni relative all’applicazione delle regole di concorrenza (in Italia la legge 287/90 riserva tale competenza in primo grado alla Corte d’Appello competente per territorio – nei soli casi però di diritto nazionale antitrust -; in Spagna la competenza – anche qui per i soli casi di diritto antitrust nazionale - è stata affidata dal legislatore a los Juzgados de lo Mercantil (introdotti con la Ley Orgánica n. 8/2003; per inciso, in Spagna è in attesa di approvazione una nuova Ley de Defensa de la Competencia), nel Regno Unito, invece, la competenza a conoscere le controversie antitrust è stata affidata ad un tribunale specializzato, il
Competition Appeal Tribunal. La soluzione italiana di affidare in primo grado la
competenza esclusiva a conoscere le questioni antitrust nazionali ad una corte normalmente competente in secondo grado è vigente anche nella Repubblica Ceca,
concettuale è stata confermata dal recente orientamento della Corte
di Cassazione in materia di danno antitrust
12.
Da questa prospettiva, il diritto della concorrenza appare
come uno strumento utile a correggere le esternalità; appare come un
modo per garantire che gli accordi tra concorrenti (in senso lato) non
arrechino danno ai terzi (acquirenti diretti o consumatori finali) né
sottoforma di restrizioni sensibili dell’offerta, della qualità o
dell’innovazione dei prodotti/servizi immessi nel mercato né, tanto
meno, di aumenti artificiali dei prezzi
13.
Il richiamo alle regole di diritto privato, dunque, lungi
dall’essere una mera petizione di principio, è un sicuro ancoraggio
metodologico che serve all’operatore giuridico per (cercare di)
risolvere i delicati problemi sostanziali e procedurali in materia di
azioni civili antitrust
14.
in Slovacchia ed Irlanda. In Germania ed in Svezia tale competenza è affidata a sezioni specializzate e solo a determinati tribunali (Germania, Francia, Spagna e Slovacchia). Sulla compatibilità della previsione dell’art. 33.2 L. 287/90 con il diritto comunitario si veda la sentenza della Corte di giustizia nel caso Manfredi, cit., par. 72.
12 Cfr. Cass. civ., Sez. III, n. 2305/07, cit. 13 Cfr.A
LFARO, in La prohibición de los acuerdos restrictivos de la competencia.
Una concepción privatística del derecho antimonopolio, cit., pag. 5 ed ancora
ALFARO, Los costes de transacción, Estudios Homenaje al profesor Aurelio
Menéndez, vol. I, Madrid, 1995, pagine 131-162.
14 Cfr. A
LFARO, Los juristas-españoles- y el análisis económico del derecho, InDret
2007, dove si legge che “[…] el Derecho público tiene poco que ver con el Derecho Privado. El Derecho público es el de control de los poderes públicos y el Derecho privado no es el del control de los individuos”, pag. 6. Lungo la linea interpretativa endogena sopra prospettata sembra muoversi anche la Corte di giustizia nella soluzione delle questioni procedurali prospettatele in via pregiudiziale nel caso Manfredi. Di tali istanze dovrà tenere conto anche il legislatore comunitario, ormai apertamente impegnato a regolare le azioni private in materia antitrust con uno strumento normativo ad hoc. A proposito si noti che alcune delle opzioni prospettate dalla Commissione Europea nel Green Paper configgono radicalmente con la tradizione giuridica di alcuni Paesi membri, soprattutto di quelli di civil law. Per una riflessione critica in merito all’opportunità di una regolazione comunitaria della materia cfr. CARPAGNANO, Prove tecniche di Private enforcement del diritto
Come già sottolineato, l’illecito anticompetitivo avviene, per
definizione, all’interno di uno specifico mercato. I potenziali
danneggiati da una condotta anticompetitiva illecita non possono che
essere, dunque, coloro i quali operano, anche occasionalmente,
all’interno di quel mercato, vale a dire le imprese ed i consumatori
finali.
Occorre però tenere ben distinte queste due classi di
potenziali danneggiati, non tanto - come ha fatto la Corte di
Cassazione fino al 2005 - sul piano della legittimazione ad agire,
quanto piuttosto ai fini della corretta individuazione del tipo di danno
da risarcire ed in merito ai criteri da adottare per la sua esatta
quantificazione
15.
15 Sul punto si veda, per quanto riguarda la giurisprudenza, la più volte citata
sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 2207/2005, in Foro it., 2005, parte I, 1014. Per quanto riguarda un’analisi delle principali problematiche di diritto interno relative alle azioni private fondate su una violazione del diritto antitrust e sulle conseguenze civilistiche di tale illecito, si veda DELLI PRISCOLI, Equilibrio del
mercato ed equilibrio del contratto, in Giur. comm., 2006, II, 256. Doverose sono
inoltre le letture di PARDOLESI, Cartello e contratti dei consumatori: da Leibniz a
Sansone, in Foro it., 2004, I, 469; PALMIERI, PARDOLESI, L’antitrust per il benessere
(e il risarcimento del danno) dei consumatori, ibid., 2005, I, 1015; SCODITTI,
L’antitrust dalla parte del consumatore, ibid., 2005, I, 1018. In particolare sulla
questione della configurabilità dell’azione di risarcimento del danno nell’ordinamento italiano si veda: SCODITTI, Il consumatore e l'antitrust, ibid., 2003,
I, 1127; BASTIANON, Antitrust e tutela civilistica: anno zero, in Danno e resp., 2003,
393;CALVO, Diritto antitrust e contratti esecutivi dell'intesa vietata (contributo allo
studio dei Folgeverträge), in Contratti, 2005, 181; CASTRONOVO, Antitrust e abuso
di responsabilità civile, in Danno e resp., 2004, 469;COLANGELO, Intese restrittive e
legittimazione dei consumatori finali, in Dir. ind., 2003, 175; LIBERTINI, Ancora sui
rimedi civili conseguenti a violazioni di norme antitrust, in Danno e resp., 2004,
933; NEGRI, Risarcimento del danno da illecito antitrust e foro per la tutela del
consumatore (la Cassazione non dilegua i dubbi nella vicenda RC auto), in Corr. giur., 2003, 747. Per un commento della sentenza sotto il profilo del diritto
comunitario antitrust si veda CARPAGNANO, Private Enforcement of Competition
Law Arrives in Italy: Analysis of the Judgment of the European Court of Justice in Joined Cases C-295-289/04 Manfredi, Comp. Law Rev., Volume 3 Issue 1, pp. 47-
72, 2006. Per una completa analisi delle implicazioni della sentenza Courage si rimanda a KOMNINOS, New Prospects for Private Enforcement of EC Competition
Law: Courage v. Crehan and the Community Right to Damages (2002) 39 Common Market Law Review, pp. 447-487.
Premesso che il danno sofferto dall’impresa concorrente
(attuale o potenziale) è totalmente diverso da quello sofferto dal
consumatore finale, si deve anche tenere presente la difficoltà di
redigere con esattezza la lista dei danneggiati dall’illecito antitrust
soprattutto quando l’epicentro della collusione si trova lontano dai
consumatori finali. Tale difficoltà è imputabile alla conformazione
stessa dell’economia di mercato che, come è noto, si struttura in una
catena del valore composta da diversi stadi successivi di produzione,
trasformazione e distribuzione dei beni/servizi immessi nel mercato.
L’illecito antitrust può dunque annidarsi in uno (o più) di
questi livelli successivi rendendo difficile l’esatta individuazione dei
danneggiati e la reale entità del danno subito da ciascuno di essi
16.
Come vedremo più diffusamente nel paragrafo n. 4, il problema
relativo all’individuazione dei danneggiati dall’illecito antitrust
diventa ancora più complesso nelle ipotesi in cui il danno
patrimoniale venga “traslato”, integralmente o in una sua parte, da
uno stadio all’altro della catena del valore.
Sul versante comunitario, la mancanza di una normativa
uniforme che regoli in dettaglio le azioni private fondate su una
violazione del diritto della concorrenza porta con sé il rischio di
immergere nell’ineffettività le (re)azioni dei privati (imprese e
consumatori) alle illecite distorsioni della concorrenza che si
verifichino all’interno del mercato comune. Infatti, la disciplina di
dette azioni è affidata in gran parte alle norme sostanziali e
processuali degli Stati membri nel quale vengono incardinate e,
16 In molti casi le imprese conserveranno una traccia di soggetti a cui hanno venduto
i beni o fornito i servizi; tali informazioni potrebbero essere rese disponibili in giudizio attraverso un sistema simile alla pre-action disclosure. In questo caso le vittime dell’illecito antitrust potrebbero essere facilmente individuate. Decisamente più difficile si presenta l’identificazione degli acquirenti indiretti o dei consumatori finali, i quali potrebbero essere resi edotti dell’esistenza di un illecito antitrust e di una futura azione giudiziale, come accade negli Stati Uniti d’America, attraverso una capillare campagna di informazione.
quando queste non sono compatibili con il diritto comunitario,
possono pregiudicare, ed in alcuni casi anche compromettere,
l’effettività dell’intero sistema di private enforcement del diritto
comunitario della concorrenza
17.
Così, la quantificazione del danno antitrust si lega
necessariamente agli altri aspetti processuali che, per il momento, si
pongono come veri e propri ostacoli sul cammino, già di per sé
accidentato, che porta all’effettività delle regole antitrust comunitarie
(si pensi ad es. alle limitazioni della legittimazione ad agire, alle
regole in materia di onere della prova e di accesso alle prove, alla
possibilità di promuovere azioni di gruppo, alle modalità del
computo del termine di prescrizione, alla possibilità di liquidare i
danni punitivi, etc.).
La sentenza della Corte di giustizia nel caso Manfredi
18, ha
risolto alcune delle questioni processuali relative all’azione di nullità
e di risarcimento del danno fondate su una violazione delle regole
comunitarie di concorrenza attraverso il richiamo ai consolidati
principi di equivalenza e di effettività. Rimanendo sul problema della
quantificazione del danno antitrust, la Corte ha ribadito che proprio
dall’applicazione del principio di effettività, deriva che i danneggiati
devono poter chiedere in giudizio il risarcimento non solo del danno
reale subito (damnum emergens), ma anche del mancato guadagno
(lucrum cessans) oltre al pagamento degli interessi
19. Secondo la
Corte, l’esclusione totale del lucro cessante dallo spettro del danno
risarcibile non può essere ammissibile poiché, soprattutto in tema di
17 Cfr. CARPAGNANO, Prove Tecniche di Private enforcement del diritto comunitario
della concorrenza, cit., pag. 41.
18 Sentenza del 13 luglio 2006, cause riunite da C-295/04 a 298/04, cit.
19 Caso Manfredi, cit, par. 95. Per quanto riguarda il pagamento di interessi, la Corte
ha sempre ritenuto che la loro corresponsione, ai sensi delle pertinenti norme nazionali, costituisce una componente essenziale di un indennizzo (vedi, ad es., sentenza 2 agosto 1993, causa C-271/91, Marshall, Racc. pag. I-4367, punto 31), Sulla medesima questione si veda il paragrafo 149 dello Staff Working Paper collegato al Green Paper, cit., pag. 34 e ss.