plurioffensiva
96. Il danno cagionato da una condotta anticompetitiva
illecita (sia essa un cartello o un abuso di posizione dominante) può,
infatti, colpire indiscriminatamente i concorrenti (attuali/potenziali)
dell’operatore colluso oltre che i consumatori finali.
95 Come abbiamo anticipato nel paragrafo introduttivo, la tendenza che si sta
affermando a livello comunitario è quella di riconoscere alla decisione dell’Autorità amministrativa in materia antitrust forza vincolante per il giudice civile. In tal modo si dovrebbe arrivare al risultato che un provvedimento definitivo di un’Autorità di concorrenza o una decisione giudiziale nazionale abbiano valore vincolante in tutti gli Stati Membri, sempre e quando i fatti e le parti del caso siano le stesse. A tal fine è necessario che all’intero degli Stati Membri venga accettata l’idea che la prova di una violazione antitrust fornita da una Autorità di concorrenza nazionale in un provvedimento definitivo e, quando necessario confermato in sede di ricorso, costituisca automaticamente una prova prima facie nei successivi procedimenti civili fondati su quella violazione, sempre quando il convenuto abbia avuto la concreta possibilità di difendersi nel procedimento amministrativo.
96 Dello stesso avviso è la Corte di Cassazione, si veda da ultimo la sentenza n.
È anche possibile che la condotta anticompetitiva sia idonea
a colpire solo alcuni soggetti intermedi della catena
produttiva/distributiva e che questi, a loro volta, riescano a traslare il
danno patrimoniale (in tutto o in parte) ad altri soggetti, colpiti
anch’essi dall’illecito antitrust ma “solo” indirettamente
97.
Alcuni tipi di condotte anticompetitive illecite (si pensi ad
esempio ai cartelli sui prezzi o sulle quote di produzione) sono idonei
più di altri a colpire simultaneamente una vastissima platea
disaggregata di soggetti che, a vario titolo, entrano in contatto con la
violazione subendone gli effetti dannosi.
Questo fenomeno è molto evidente nel caso dei consumatori
finali, i quali, molto spesso, a causa proprio della struttura del
mercato concorrenziale, trovandosi all’ultimo stadio del processo
produttivo/distributivo, subiscono integralmente o in gran parte gli
effetti della condotta anticompetitiva illecita praticata negli stadi
superiori
98.
Ad esempio, nel noto cartello Rca, le compagnie di
assicurazione colluse, praticando un sovrapprezzo illecito su tutto il
proprio portafoglio clienti, hanno danneggiato, simultaneamente, un
numero molto elevato di soggetti i quali a causa della anelasticità
della domanda (la sottoscrizione di una polizza Rca è imposta dalla
legge) non hanno potuto evitare o limitare il danno.
Secondo le stime dell’Autorità Garante della Concorrenza e
Mercato, il danno patrimoniale subito dagli assicurati a seguito della
condotta illecita, corrisponde al venti per cento del premio
97 Si tratta del fenomeno c.d. passing-on (che verrà analizzato più diffusamente nel
successivo cap. III), tipico delle fattispecie, come la maggior parte dei casi antitrust, che danno luogo esclusivamente a danni di carattere meramente patrimoniale (pure
economic loss).
98 Il danno subito dal consumatore finale, in questo caso, non è sono il sovrapprezzo
pagato ma anche la mancanza di alternativa e il minor livello di qualità e di innovazione che la condotta anticompetitiva comporta all’interno di indeterminato mercato. La questione è affrontata in dettaglio nel capitolo III a cui si rimanda integralmente.
assicurativo effettivamente pagato. Tale cifra, nella maggior parte dei
casi non raggiunge le poche decine di Euro; si consideri che, in una
delle ultime sentenze riconducibili al caso Rca, la Corte d’Appello di
Napoli ha liquidato il danno all’assicurato in una somma pari ad
Euro 19,68
99.
Proprio questo aspetto, che intercetta direttamente il
problema degli incentivi dell’azione giudiziale, costituisce uno degli
ostacoli più insidiosi ad un private enforcement effettivo all’interno
del mercato unico. Infatti, a fronte della modesta entità di un danno
patrimoniale, è evidente la scarsa propensione del danneggiato,
ovviamente in termini economici, a proporre l’azione in giudizio ed a
sopportare i costi dell’assistenza legale oltre all’inevitabile rischio
processuale in merito all’esito della decisione.
Le imprese colluse, invece, distribuendo il piccolo
sovrapprezzo su tutto il loro portafoglio clienti ricavano
normalmente un notevolissimo vantaggio economico. Infatti,
l’effetto determinato dalla mancanza di efficaci strumenti di
aggregazione processuale (almeno nella maggior parte degli Stati
membri) non può che costituire un forte incentivo alla collusione,
sancito dalla scarsissima incidenza delle azioni private sugli illeciti
profitti dei collusi.
Si noti che l’effetto deterrente delle azioni private è,
ovviamente, indipendente dall’entità della (eventuale) sanzione
pecuniaria inflitta all’impresa collusa dall’Autorità amministrativa
competente
100.
In ogni caso, il problema degli incentivi all’azione negli
small claims rimane una key difficulty del private enforcement nella
materia antitrust, soprattutto se si considera che nella maggior parte
99 Cfr. App. Napoli, 3 maggio 2005, in Foro it., 2005, I, 1880, con nota di P
ALMIERI.
100 La sanzione amministrativa costituisce, oltre che una sanzione per l’illecito
commesso, anche un deterrente alla violazione delle regole antitrust da parte delle imprese.
degli ordinamenti giuridici degli Stati membri non esistono,
tradizionalmente, efficaci strumenti di aggregazione processuale. In
assenza di forme di aggregazione processuale dei danneggiati, questi
sono costretti ad adire le vie legali individualmente ed in modo
disaggregato, costoso e scarsamente incisivo.
Già da alcuni anni la Commissione europea sta prospettando
l’ipotesi di introdurre nell’ordinamento giuridico comunitario alcune
modalità che permettano di tutelare in modo più effettivo i diritti di
chi ha subito un piccolo danno antitrust. Allo studio della
Commissione vi è anche la possibilità di introdurre le azioni di danno
collettive
101le quali, oltre alla tutela specifica degli interessi dei
consumatori, potrebbero essere utilizzate per raggruppare in un’unica
azione un numero consistente di domande di portata più modesta,
risparmiando così notevoli risorse economiche e rendendo l’azione di
riparazione maggiormente incisiva
102.
Da questo punto di vista, sarebbe opportuno, inoltre,
esaminare questioni come la legittimazione ad agire delle
associazioni di consumatori, la ripartizione del danno (se il
risarcimento viene concesso all’associazione stessa o ai suoi membri)
e la quantificazione del danno (il risarcimento concesso
all’associazione potrebbe essere calcolato sulla base di un profitto
illecito dell’attore e quello concesso ai membri sulla base del singolo
danno subito). Su tutti questi aspetti, già da un paio di anni si è
innescato un animato e qualificato dibattito sia a livello comunitario
che in alcuni Stati membri, in vista di un auspicato intervento del
101 È importante tenere presente la distinzione che corre tra representative actions e
class actions. Ad esempio, in una representative action l’ente rappresentante non è
portatore di un interesse economico nella specifica controversia; esso agisce in nome di un “quasi public interest”. Nel Regno Unito lo strumento delle representative
follow-on actions è previsto per i consumatori (ma non per le imprese) presso il Competition Appeal Tribunal dalla section 47B del Competition Act del 1998.
102 Cfr. Libro Verde sulle Azioni di risarcimento del danno, cit., punto 2.5, domanda
H. Su questa stessa linea si potrebbero prevedere azioni collettive da parte di gruppi di acquirenti diversi dai consumatori finali, come ad esempio le piccole imprese.