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David Lamb: una posizione laica 57

2. Bioetica cattolica e bioetica laica

2.2 David Lamb: una posizione laica 57

L'accertamento della morte si può fare in due modi: biologico e clinico.

Quello biologico è dato dai segni di putrefazione. Nei secoli passati molti popoli hanno avuto l'abitudine di abbandonare i defunti in luoghi aperti (caverne, alberi, ecc) affinché, in caso di errore, non accadesse nulla di irreparabile. Altre popolazioni tenevano in osservazione i morti per un certo periodo di tempo: 4-14 gg. Egiziani, 3 gg. Ebrei, 8-12 gg. Spartani, 9 gg. Romani, che poi amputavano al cadavere un dito prima di bruciarlo. Inglesi-Svedesi-Norvegesi abbandonavano il corpo in mare su una barca dopo averlo osservato per 10 gg. In Estonia potevano tenerlo in casa anche 2 mesi prima della cremazione.

Nel Medioevo i barbari non si curavano minimamente dei defunti, che seppellivano o abbandonavano immediatamente dopo un sommario accertamento. La paura del con- tagio e delle epidemie accelerava questi superficiali accertamenti, fatti dai familiari o

al massimo dal prete che amministrava gli ultimi sacramenti.

Per diagnosticare la morte, nell'antichità, ci si serviva di metodi molto grossolani: ad es. verificare l'assenza della vista, udito e del respiro (per quest'ultimo si usava lo specchio posto davanti alla bocca oppure un bicchiere colmo d'acqua messo sul tora- ce). Si usava anche la cera delle candele accese o gli spilloni per le piante dei piedi. A partire dalla fine del '700 nasce il metodo clinico, che allora consisteva nell'ascol- tazione prolungata del battito cardiaco. Nell'800 s'inventa l'elettrocardiografo, che misura l'attività elettrica del cuore e che permette di eseguire le autopsie prima dell'i- nizio della putrefazione, poiché basta registrare l'assenza di attività elettrica del cuore per 20 min. per avere la certezza della morte clinica.

Negli anni '60 ci si è chiesti se c'era un'altra possibilità per determinare la morte cli- nica della persona. E così è nato l'elettroencefalogramma. Si è cioè scoperto che quando le cellule nervose del cervello sono vive (anche se molto danneggiate) emet- tono delle scariche elettriche che possono essere registrate da una macchina; quando non emettono nulla, il tracciato è piatto. In questo caso si può parlare di "morte cere- brale".

Questa macchina ha permesso i prelievi di organi a cuore battente. E' stato anzi pro- prio il bisogno di trapiantare gli organi che ha favorito la creazione dell'elettroencefa- logramma. Siccome occorrevano come minimo 20 min. per stabilire se una persona era davvero morta, e questo era un tempo di osservazione troppo lungo per prelevare degli organi da trapiantare (senza ossigeno e sostanze nutritive gli organi si danneg- giano gravemente), si è deciso di spostare l'attenzione dal cuore al cervello.

Perché occorrevano almeno 20 min.? Perchè il cuore è vitale anche dopo 20 min. di assenza di ossigeno. Il cuore è più robusto del cervello, che pur è racchiuso nella sca- tola cranica e protetto dalle membrane dette meningi. Il cuore utilizza come fonte di energia anche le sostanze scartate dagli altri organi; è poi indipendente dal resto del- l'organismo (cervello compreso) perchè contiene in sé i meccanismi che attivano la contrazione; è protetto in modo quasi completo dai danni che possono capitare dal resto dell'organismo. La sua autonomia è così grande che dopo averlo asportato e immerso in una soluzione nutritiva, continua a contrarsi per un certo periodo di tem- po. Nei casi di morte per decapitazione si è costatato ch'esso continua a battere anco- ra per un po'.

Bastano invece 4-8 min. di assenza di ossigeno per distruggere tutte le cellule nervo- se del cervello, in modo completo e irreversibile; poche ore perchè queste cellule si autodistruggano con i loro stessi enzimi. Le cellule del cervello svolgono un lavoro molto intenso che non si interrompe mai, nemmeno nel sonno. Hanno quindi bisogno di un continuo rifornimento di sostanze nutritive, in particolare di ossigeno.

A tutt'oggi gli USA e l'Inghilterra ritengono condizione sufficiente per autorizzare il trapianto degli organi, quella di verificare l'assenza del respiro spontaneo e la dilata- zione delle pupille in presenza di una luce molto intensa. In Italia, oltre a questo, oc- corre anche l'esame dell'elettroencefalogramma e un periodo di osservazione di 12 ore, in cui un anestesista rianimatore, un neurologo e un medico legale, che non han- no alcuna relazione con l'équipe che effettuerà l'eventuale trapianto, devono control- lare la persona morta, ripetendo tutte le prove possibili per confermare la diagnosi di morte cerebrale.

Quindi l'uso delle macchine in grado di mantenere il respiro corporeo ha semplice- mente allungato la vita agli altri organi per rendere possibili i trapianti. Oggi molti medici affermano che la "morte cerebrale" coincide con la morte della persona, an- che se il cuore batte spontaneamente e le macchine mantengono il respiro e la tempe- ratura. D'altra parte solo se il donatore è in questo stato è possibile prelevare i suoi organi.

Essere in questo stato significa non avere più memoria, intelligenza e personalità, non essere in grado di provare fame, sete, emozioni, non riuscire a respirare né a mantenere senza la macchina la propria temperatura. Il cervello è irrimediabilmente distrutto. Le ultime cose a morire, senza le macchine, sono i globuli rossi e gli sper- matozoi. Barba e unghie continuano a crescere per alcuni giorni dopo la morte. L'unico modo di salvare una persona che ha subito un trauma cerebrale che l'ha por- tata in coma è quello di riattivargli il respiro con la respirazione artificiale immedia- tamente dopo che l'ha perso, poi di applicargli per un certo periodo di tempo le mac- chine del centro di rianimazione. In tal modo la persona può recuperare tutte le sue facoltà, anche se possono esserci dei problemi alle attività superiori del cervello (ad es. amnesie, difficoltà a parlare, di ideazione, ecc).

Il coma è una difesa dell'organismo: l'immobilità impedisce di aggravare il danno o di farne degli altri e favorisce i processi di riparazione. Una persona resta in come

finché il danno non è riparato, oppure muore. Un coma irreversibile coincide con la morte della persona, perchè anche nel caso in cui essa si risvegli, le sue funzioni ce- rebrali resteranno irrimediabilmente danneggiate.

Si può uscire dal coma spontaneamente o con l'aiuto di terapie. La ripresa può essere totale o parziale. Si può recuperare la coscienza ma si può restare paralizzati, oppure avere altre gravi difficoltà.

Oggi comunque non accadono più casi di morte apparente (catalessi) tali da inganna- re la scienza. Oggi non può assolutamente accadere di seppellire persone giudicate morte che poi si risvegliano nella tomba, come poteva accadere nei secoli passati. Oggi siamo persino in grado di spiegare perchè troviamo cadaveri scomposti dentro la bara, come se si fossero agitati. Le casse di zinco e i loculi di cemento alterano la naturale decomposizione delle sostanze organiche, per cui, mentre alcune parti ram- molliscono e fluidificano, altre seccano, si ritraggono, diminuendo le loro dimensio- ni. Siccome le articolazioni rimangono mobili, le parti che si accorciano tirano l'osso cui sono legate, e non trovando resistenza in altri tessuti normalmente decomposti, si hanno gli spostamenti dell'arto. Non a caso dalla comparsa degli strumenti medici di accertamento della morte, non sono più stati riportati casi di morte apparente.

In sintesi. E' proprio la pretesa di vincere la morte che porta la medicina ad andare contronatura. La morte fa parte della vita e la vita fa parte della morte. Il vero signi- ficato dell'esistenza umana sta in questo processo di trasformazione delle cose (dalla vita alla morte e viceversa). La morte non è il contrario della vita: lo pensa solo chi ritiene che nella vita non sia possibile vivere alcun vero significato. E il desiderio di vivere o di morire a tutti i costi ad essere contrario alla natura delle cose.