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La persona umana ridotta ad organ

COMMERCIO D’ORGAN

3. La persona umana ridotta ad organ

Come l'essere umano considera il proprio corpo è da sempre uno dei temi centrali della ricerca antropologica. Si assiste a una nuova antropologia della morte. C'è chi ha definito il trapianto di organi la nuova forma tecnologica del sacrificio rituale u- mano: il capitalismo globale e la tecnologia avanzata hanno insieme generato nuovi "gusti" medicalmente stimolati per i corpi umani, per il vivo e il morto, per pelle e ossa, carne e sangue, tessuti, midollo e materiale genetico "dell'altro". C'è chi para- gona i riti "new age" dei trapianti al "cannibalismo gastronomico". E poi il trapianto distribuisce sul mercato quella che Giorgio Agamben103 chiama "la morte che prece- de la morte", per la necessità di definire una persona morta quando ancora possono

101 Il termine Cyborg nasce dalla contrazione dell’inglese cybernetic organism organismo ciberneti- co, indica un essere anche umano di forma umanoide, costituito da un insieme di organi artificiali o biologici: ad esempio, anche le protesi ossee o i pace-maker contribuiscono a costituire, letteralmente dei cyborg.

esserne estratti organi viventi. E' un problema di definizione teorica della morte. Ma anche una questione sanguinosa di violenza istituzionale. Addirittura in Cina, dove gli organi vengono prelevati dai condannati a morte in attesa di esecuzione, una dot- toressa disse di aver partecipato a un'operazione in cui i due reni furono espiantati al condannato alla fine della notte; al primo mattino l'esecuzione con una pallottola in fronte. In Cina nel 1996 sono state confermate 4.360 condanne eseguite. Così si è creato un mercato di organi viventi, soprattutto in direzione di Taiwan e della diaspo- ra cinese nel mondo. E ti dicono: "Vieni fra due settimane che sono in programma più esecuzioni."

Per quanto riguarda il nostro rapporto col nostro corpo. Assistiamo a uno sconvolgi- mento inaudito. A una sua mercificazione, ma non generica (lo schiavismo comprava e vendeva i corpi, ma nella loro integralità); qui invece si comprano parti del corpo, il corpo diventa suddivisibile, questo lo vendo, questo no. E naturalmente tutto l'uni- verso della medicina come pratica sociale è trasformato da questo commercio: cam- bia l'etica medica, cambia la bioetica, il paziente diventa un consumatore, un compra- tore di organi altrui. Il paziente compra viaggi medici, si è instaurato un turismo me- dico. Sempre più i centri medici, le aziende sanitarie propagandano i loro servizi me- dici come una località turistica pubblicizza i suoi campi da golf, l'agio dei suoi alber- ghi cinque stelle, la bontà della sua cucina, la convenienza dei suoi prezzi. Così na- scono agenzie di viaggi medici organizzati, che possono avere come meta, la Germa- nia per la chirurgia plastica. Questi medical tour operators offrono pacchetti tutto compreso. Per esempio a Tel Aviv, in collaborazione con uno dei chirurghi dei tra- pianti più importanti d'Israele, una ditta ha sviluppato collegamenti con chirurghi dei trapianti in Turchia, Russia, Moldavia, Estonia, Georgia, Romania, e, da poco, New York City. Il costo del pacchetto tutto compreso è salito da 120.000 a 200.000 dollari e continua a rincarare. Il pacchetto comprende l'affitto di un aereo privato (per acco- gliere sei pazienti ognuno accompagnato da un familiare e da dottori israeliani); la "doppia operazione": estrazione del rene del donatore e trapianto; il compenso al "donatore"; le "commissioni" pagate ai funzionari della dogana e dell'aeroporto; l'af- fitto della sala operatoria e della stanza nelle cliniche e l'accoglienza in albergo per gli accompagnatori. Il pacchetto dura cinque giorni. Giorno 1: arrivo sul posto, pre-

operazione, analisi, dialisi e riposo; giorni 2 e 3: operazioni (2 o 3 pazienti per notte a seconda della dimensione del gruppo): giorni 4 e 5 convalescenza sul posto e rientro. Negli Usa – Texas- c'è un centro che si chiama "Ufficio della medicina internaziona- le" ma che funziona come azienda di soggiorno. Basta pensare a quanto corteggia i pazienti/turisti stranieri. A Cuba, all'Havana c'è un ospedale, Cico Garcia, solo per stranieri, dove non hanno ancora reparti per trapianti, ma con alcune specializzazioni, per cui sono famosi in tutto il mondo. Molti emigrati cubani di Miami vengono a far- si curare qui, visto quanto è cara la sanità negli Stati uniti. Lo stesso fanno i sudame- ricani, brasiliani, argentini, venezuelani, che a Cuba ricevono cure pari a quelle sta- tunitensi ma a un prezzo molto minore. Così oggi a Cuba c'è una medicina a due pi- ste e a due livelli. Ma nessuno se ne lamenta perché il livello per gli stranieri fornisce quei dollari che permettono di far funzionare la cura gratis per gli altri. "Per 25 anni abbiamo curato gratis tutti gli stranieri che venivano qui. Adesso ci facciamo paga- re", mi hanno detto alla loro agenzia turistica/medica. Apprezzo la loro franchezza. Uno dei problemi principali dei trapianti è che generarono un'insopportabile eufe- mizzazione del linguaggio. Tutto quest'universo di traffici, contrabbandi, spacci, ri- catti, veri e propri crimini, viene tutto riformulato nella categoria del "dono", dell'al- truismo, del sacrificio di sé, e tanto più la pratica è ignobile, tanto più è ammantata in nobiltà d'animo. Ma la teoria del dono è già stata elaborata da Marcel Mauss,104 che sostiene sia un fatto sociale articolato in tre momenti fondamentali basati sul princi- pio della reciprocità: dare, ricevere (l’oggetto deve essere accettato) e ricambiare, mentre Pierre Bourdieu105 ci ricorda che ogni dono è un inganno, perché presto o tardi esige un contro-dono. Ma a forza di praticare quest'ipocrisia, la stessa classe medica degenera in un cinismo di fondo, che si nasconde dietro l'ideologia della neu- tralità. Ci sono medici che dicono; "Questo traffico mi disgusta, ma non diremo nien- te al paziente, perché nella sua situazione comprerei anch'io un organo". La trasfor- mazione della pratica medica è uno dei primi temi della ricerca dell'antropologia me- dica, un settore che ho contribuito a fondare.

104 M. Mauss, Saggio sul dono. Forme e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi, Tori- no 2002.

Il finanziere George Sorosha detto di recente che i valori di mercato di un'economia globale capitalista erodono i valori sociali e la coesione sociale. Nulla lo illustra me- glio degli attuali mercati di organi umani, con un meccanismo di mietitura, esporta- zione, distribuzione e vendita degli organi, con i loro brokers (agenti di borsa), per rifornire un'industria sanitaria determinata dal meccanismo della domanda e dell'of- ferta. Le tecnoconologie di trapianti si sono subito trasferite all'Est (Cina, Taiwan, India) e al Sud (in specie Argentina, Cile e Brasile) e questo ha creato una scarsità globale di organi viventi che ha innescato un movimento dei corpi malati in una dire- zione, e degli organi sani (trasportati in ordinari refrigeratori di poliestere da picnic da compagnie aeree commerciali) nella direzione opposta, creando un circuito kula dei corpi e delle loro parti (ndr: Nancy Scheper-Hughes107 si riferisce a un elaborato scambio commerciale e simbolico che l'antropologo Bronislaw Malinoski credette di rilevare nel Pacifico occidentale). E questo flusso globale struttura i vari agenti per classe, per genere, per origine geografica. Il flusso segue di solito le moderne rotte del capitale, da sud a nord, dal Terzo al Primo mondo, dai poveri ai ricchi, dai neri e scuri ai bianchi, dalle donne agli uomini. In India, questi "doni" sono diventati lo strumento principale con cui genitori disperati sono riusciti ad accasare la figlia cre- andole una dote (dowry) con i soldi dell'organo. Lo stupefacente, nel senso di Ben- jamin, è con che velocità la gente si assuefa a quel che prima era inaudito e inaccet- tabile. Quando negli slum di Bombay, Calcutta e Madras sono comparsi "organ ba- zar", dove i donatori sono pagati 2-3.000 dollari a organo, all'inizio c'è stato uno scandalo, la televisione e i settimanali indiani hanno fatto inchieste indignate. Ma dopo qualche anno sembrava tutto normale.

Due esempi brasiliani. Nel 1981 uscì sul Diario de Pernambuco quest'inserzione: "Sono pronto a vendere ogni organo del mio corpo che non sia vitale alla mia so- pravvivenza, che possa aiutare a salvare la vita di una persona in cambio di una somma di denaro che possa permettermi di nutrire la mia famiglia" (l'inserzionista fu rintracciato e confermò tutto, ma aggiunse una postilla che è straziante: "Non sono stupido. Voglio che il dottore dapprima mi esamini e mi paghi il denaro prima dell'o- perazione. E, dopo aver pagato i miei debiti, investirò quel che resta nel mercato a- zionario"). Sul versante opposto dello spettro, ancora a Pernambuco stavo facendo

ricerche sulle morti dei bambini, sempre tra obitorio e cimitero, e a un certo punto vidi un funerale che procedeva accompagnando una bara piccola piccola. Chiesi a chi la portava: "E' figlio suo?" "No è un piede amputato che andiamo a ricongiungere al morto", mi rispose. Tanto per capire come nella cultura tradizionale fosse radicata l'idea dell'inseparabilità, dell'integralità del corpo.