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3. ANALISI DEL PROCESSO DELIBERATIVO

3.5 Chi si decide di includere

Dopo avere analizzato il perché decidere di iniziare un processo deliberativo, il passaggio successivo e chiedersi: chi viene incluso?

Per quanto riguarda chi includere, le scelte che possiamo compiere riguarda se lasciare la partecipazione aperta o selezionare i partecipanti e in quest’ultimo caso se volgere una selezione che favorisca la rappresentanza di tutti gli interessi in gioco o selezionare casuale. Ognuna di queste scelte può essere fatta per varie motivazioni e raggiungere scopi diversi e richiede attenzione a differenti cose.

Decidere di selezionare i partecipanti in modo che tutti i punti di vista e gli interessi siano presenti, può rispondere alla necessità di conferire una certa legittimità al processo, basata sull’idea che se si riesce a dare rappresentanza a tutte le varie istanze si dovrebbe assicurare il raggiungimento di un risultato buono in quanto si sono presi in considerazione tutti i punti di vista. Per fare questo è evidentemente necessario che siano scelti un numero limitato di persone che però rispecchino i punti di vista e interessi presenti nella società di riferimento. Questo richiede la presenza di qualcuno, possibilmente un soggetto esterno, che vada a rintracciare tutti i diversi interessi che riguardano la questione della quale si sta discutendo svolgendo una ricerca per cercare di capire quali sono i possibili interlocutori e i temi che devono essere affrontati. Questa ricerca deve mirare a scovare tutte le minime sfaccettature della questione in gioco e per fare questo è necessario andare a cercare le persone che sono toccate dal problema utilizzando quella pratica chiamata outreach che significa raggiungere fuori, ma questo potrebbe essere insufficiente, bisogna anche svolgere quello che è definito un ascolto attivo. Attivo perché chi lo mette in pratica, deve avere la volontà di capire il punto di vista dell’altro cioè la prospettiva dalla quale guarda le cose, prospettiva che è stata plasmata dalla sua storia, dalle sue conoscenze ed è trasmessa attraverso le sue parole ma anche attraverso le sue emozioni e sensazioni. E svolgere quest’operazione può essere realmente utile per avere un quadro completo dei reali interessi in gioco. Il mettere in pratica questo lavoro

richiede che ci si renda conto di come non ci sia un unico modo di vedere le cose o meglio, un modo corretto, ma ve ne sono tanti e ognuno dei quali ci svela qualcosa. Comprendere questo è la base per potersi aprire al punto di vista altrui e per comunicare agli altri il proprio punto di vista. Per questo motivo un ascoltatore attivo dovrebbe non solo poter vedere con gli occhi dell’altro ma aiutare l’altro a vedere il suo stesso punto di vista come a scoprire se stesso. Con l’aiuto di queste due operazioni, quella di andare a cercare e l’ascolto attivo, si può riuscire a ricreare un microcosmo che ovviamente non sarà mai perfetto.

L’operazione di costruzione di un microcosmo rappresentativo può essere sottoposta a critiche perché il meccanismo della rappresentanza presenta sempre molte insidie, una di queste nel fatto di dovere scegliere solo qualcuno per rappresentare un interesse e ovviamente la scelta del soggetto che parteciperà al processo non è indifferente, senza contare che se in ogni caso ogni persona apportare qualcosa di unico e l’esperienza di partecipazione è anche un momento di crescita, che così sarebbe offerta solo ad alcuni. Un'altra obiezione che si può muovere a questo sistema sta nel fatto che in questo modo si promuova la partecipazione di militanti, leader naturali e cittadini attivi lasciando facilmente da parte i cittadini comuni. Inoltre si corre il rischio che la selezione fatta dal terzo venga anche solo in parte distorta dalla sua visione della società alla quale ci si riferisce. Senza scordare che la costruzione di un microcosmo, più o meno completo, è possibile solo se la questione riguarda un numero non troppo ampio di persone.

Proprio per risolvere questi problemi sono utilizzate delle tecniche che rispondono ad altre logiche e si basano su una scelta casuale dei partecipanti. L’idea di fondo consiste nel credere che “qualsiasi cittadino messo in condizioni di interloquire con altri e di assumere le informazioni necessarie, sia in grado di esprimere posizioni puntuali su qualsiasi problema e costruire, insieme con gli altri, soluzioni intelligenti.” 23 In questo caso il meccanismo che sarà messo in atto è differente rispetto agli altri casi. E prevede che persone selezionate secondò modalità casuali,

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vengano informati sulla questione attraverso dialoghi con esperti e soggetti interessati o toccati dalla questione a vario titolo e poi attraverso l’interazione tra di essi possano arrivare a esprimere un loro giudizio/parere e anche a proporre soluzioni/decisioni. Su questa base si svolgono le giurie cittadine e uno dei casi più interessanti nel quale è stato utilizzato è quello nel quale in uno Stato del Canada si è scelto questo modo per elaborare la legge elettorale. In quell’esperienza i cittadini che sono stati selezionati si sono riuniti periodicamente per circa un anno. Inizialmente degli esperti hanno spiegato loro come funzionano i vari sistemi e poi sono stati i cittadini a crearne uno da poter utilizzare in quello Stato.

Questo ci sta a indicare come i cittadini comuni o i non esperti, se messi nelle opportune condizioni, possono non solo esprimere il proprio parere anche su questioni complesse ma anche elaborare delle soluzioni efficaci.

Mettere i cittadini nelle condizioni significa evidentemente che i vari partecipanti devono essere ben informati su tutti gli aspetti della questione che si sta affrontando, non soltanto ottenendo delle informazioni da parte di esperti, ma anche raccogliendo le testimonianze da parte di vari attivisti, amministratori nelle aree interessate e da persone toccate dalla questione in gioco. In questo caso il problema di considerare tutti i punti di vista in gioco viene risolto in maniera se vogliamo indiretta, in quanto tutti i vari punti di vista e interessi vengono riportato ai componenti della giuria che così sono spinti a tenerli in conto. Anche quest’approccio però potrebbe essere sottoposto a critica perché, per esempio, si può temere che chi si trova a partecipare sia manipolato dagli esperti che intervengono a spiegare i vari fenomeni o dalle testimonianze degli attivisti. Questo problema potrebbe essere in parte risolto cercando di comunicare le informazioni nel modo più imparziale possibile e interpretare i vari fenomeni cercando di riportarli tutti in maniera equilibrata, così come si devono riportare in maniera equilibrate le diverse testimonianze. Così anche in questo caso si dovrà svolgere una fase di ascolto e di ricerca, questa volta finalizzato a individuare gli argomenti da presentare ai partecipanti che non stanno rappresentando i vari interessi, ma hanno il compito di discutere e di pronunciarsi

sulla questione. Un altro punto debole di questo sistema sta nel coinvolgere soggetti che probabilmente non hanno un interesse forte nella questione o comunque non sono direttamente coinvolti. Inoltre rimane sempre la questione di far vivere un’esperienza importante come solo a un numero ristretto e selezionato di persone. Un'altra via che si può percorrere e quella di lasciare la porta aperta, ossia non limitare il numero dei soggetti coinvolti e lasciare partecipare chiunque.

Scegliendo di procedere in questo modo si dà la possibilità a tutti di partecipare, almeno in teoria. Nella realtà molto di frequente ci si ritrova ad avere dei partecipanti composti di attivisti, associazioni, comitati vari mentre è molto più raro trovare cittadini comuni. Questo può essere visto come un limite perché solo alcune posizioni saranno rappresentate, mentre altre (e mi riferisco soprattutto agli “interessi particolarmente deboli o dispersi che non sono organizzati e non possono far sentire la loro voce per esempio gli anziani, i giovani, gli abitanti di un quartiere degradato”24) hanno alte probabilità di restare fuori e questo costituisce un problema sotto due punti di vista. Da una parte, sono stati esclusi alcuni degli interessi in gioco, e dall’altra sono tagliati fuori proprio quei soggetti che hanno maggiormente bisogno di essere inclusi perché normalmente si trovano in posizioni di marginalità.

Restando sempre sul tema di quali persone realmente parteciperanno a un processo che resta aperto a tutti, un’altra critica è sollevata a proposito di quei processi organizzati su un progetto o una decisione specifica come la costruzione d’inceneritori, autostrade ecc.

Essa evidenzia come a partecipare in questi casi siano solo gli oppositori del progetto mentre chi è favorevole, e rappresenta quegli interessi che motivano il progetto, ne rimangono fuori.

A mio parere questo, almeno in parte, è un falso problema perché quando ci si trova in questa situazione tutti gli interessi che trovano corrispondenza nel progetto proposto, o almeno una buona parte, sono già ben rappresentati e difesi dal soggetto che presenta il progetto.

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Da questo se ne può dedurre è ridotta la problematica della non presenza delle posizioni favorevoli. Comunque in ogni caso la presenza di soggetti portatori d’interessi e punti di vista che non riescono facilmente a essere presenti può essere superato se si svolge una campagna volta a stimolare la partecipazione proprio di questi soggetti. In questo modo possiamo avere i vantaggi derivanti dal lasciare le porte aperte senza dover rinunciare alla presenza di soggetti meno attivi. Ovviamente questo richiede che sia svolto una fase di ricerca e ascolto, che quindi è qualcosa che ricorre in tutti i tre i casi, ma anche una fase di stimolo alla partecipazione, rivolta lì dove è necessaria. I tre modi che abbiamo analizzato non sono solo alternativi gli uni agli altri, ma è anche possibile combinarli e trovare delle soluzioni miste secondo le varie esigenze. L’ideale, sarebbe lasciare sempre a tutti la possibilità di partecipare. Il valore aggiunto dell’inclusione è proprio il riconoscere l’importanza del contributo che ognuno può dare, quindi porre un limite al numero delle persone coinvolte, può risultare come fare un lavoro a metà. C’è un altro aspetto che bisogna porre in evidenza cioè il fatto che partecipare debba essere considerato un diritto. Il diritto a potersi esprimere, proporre e opporre e a decidere sulle questioni di pubblico interesse, che sono questioni d’interesse di ciascuno perché incidono sulla vita di tutti. L’importanza di questo diritto però non si ferma a questo ma consiste anche nell’essere un’occasione unica di crescita per ogni persona e di costruzione di soluzioni e modi di organizzazione più propensi al benessere di tutti. Cose che richiedono la partecipazione di tutti, e per questo il diritto alla partecipazione non riguarda solo la mia partecipazione ma anche quella degli altri. Anche per questo è da auspicare che lo sviluppo di processi partecipativi avvenga anche dal basso, per acquisire con più consapevolezza un diritto senza lasciare che sia sempre calato dall’alto. Considerando anche che non è coinvolta soltanto la possibilità di esprimersi su varie questioni, ma entra in gioco anche la possibilità di mettere in atto sistemi che ci possano permettere di vivere meglio, proprio per le ragioni di interdipendenza di cui si è parlato nel paragrafo precedente.

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