• Non ci sono risultati.

Come interagiscono i partecipanti

3. ANALISI DEL PROCESSO DELIBERATIVO

3.9 Come interagiscono i partecipanti

Un successivo elemento è il modo con il quale si sceglie di far interagire i partecipanti. Evidentemente quest’aspetto rappresenta un punto fondamentale del processo deliberativo perché,il processo deliberativo “richiede la trasformazioni delle preferenze nel corso delle interazioni”26. Questo significa che è all’interno della iterazione che avviene la trasformazione dei punti di vista dei singoli, ciò non significa soltanto un cambiamento del modo di pensare di alcuni soggetti, ma implica che durante l’interazione si generi un nuovo pensiero “formato all’interno dell’interazione piuttosto che essere preformato nella mente degli individui”27.

Questo significa che nell’interazione, che avviene fondamentalmente tramite scambi comunicativi, si riesce ad arrivare a qualcosa o meglio a idee che non c’erano prima, mettendo insieme vari punti di vista. Questo ovviamente implica la volontà di ognuno di ascoltare e tenere in conto i punti di vista degli altri, quindi di mettere in atto dei processi comunicativi con determinate caratteristiche che permettano di riconoscere e definire gli altri e i loro bisogni; riconoscere e definire se stessi e i propri comportamenti; pubblicizzare e condividere […] motivazioni, bisogni, esigenze, modalità e comportamenti dei singoli.”28 Questo ci permette di arrivare a una visione condivisa della realtà “che risulta dallo scambio reciproco dei vari soggetti, dalle diverse letture, dai vari punti di vista”29.

Riepilogando possiamo dire che la deliberazione si fonda su processi comunicativi che trasformano i punti di vista e le preferenze individuali, e lo scopo di tutto ciò è

26

Miller, 1993 in Gelli R, Le nuove forme di partecipazione,Carocci, Roma, 2007, pag 77.

27

Gelli R, Le nuove forme di partecipazione,Carocci, Roma, 2007, pag88.

28

Sapio A., Per una psicologia della pace, op. cit., p. 75in Palli s., complessità, nonviolenza e mediazione,tesi di scienze per la pace, Università di Pisa, 2009.

29

quello di riuscire ad individuare il bene comune, come bene di tutti e non come bene della comunità come ente astratto.

Normalmente quando si parla di deliberazione come un processo che permette di trasformare i punti di vista e le preferenze degli individui si aggiunge anche che questo si basa sulla ragione e sulla forza dell’argomento migliore e in particolare viene utilizzata la teoria dell’agire comunicativo di Habermas per definire il processo deliberativo come discorsivo e basato su flussi orizzontali di comunicazione produttori di contenuto e sul confronto basato su argomentazioni raziocinanti. La teoria di Habermass definisce l’agire comunicativo come un’azione nella quale due o più soggetti stabiliscono una relazione personale attraverso il linguaggio e all’azione, che sono orientati alla comprensione e all’accordo e alla ricerca di modalità condivisa di azione. L’agire comunicativo si basa su quella che viene definita razionalità comunicativa che per Habermas , è possibile solo se si è in presenza di una comunicazione libera da coazioni, basata solo sul principio che alle argomentazioni si risponda con altre argomentazioni. Secondo la teoria di Habermas affinché ci sia razionalità è necessario che ci sia la possibilità e la disponibilità di liberarsi dalle illusioni che si basano su un errore (riguardo ai fatti) e dall’autoinganno (riguardo alle proprie esperienze vissute). E colui che è sottoposto ad autoinganno può dimostrare la disponibilità a sottoporre se stesso ad analisi razionale in un processo di auto riflessione, ponendosi in modo riflessivo dinanzi alla propria irrazionalità, cercando di controllarla, sempre attraverso argomentazioni. La razionalità comunicativa si distingue dalla razionalità strumentale ciò orientata al raggiungimento di un fine, questo tipo di razionalità dà la possibilità di servirsi dell’altro per raggiungere un determinato fine. Quindi si può anche affermare che con la razionalità comunicativa gli individui si pongono in un dinamica di cooperazione, ma non solo l’interazione basata sulla razionalità comunicativa permette il sorgere dell’identità e fa si che i soggetti che partecipano si riconoscono come unici e al tempo stesso riconoscono l’alterità degli altri. Questo significa che è necessaria una comunicazione libera da coazioni e violenza perché l’individuo possa raggiungere

un’identità pienamente sviluppata o di compiere scelte autonome. Questo discorso Habermas lo fa sia per l’individuo che per la società, sostenendo l’esigenza di una razionalità comunicativa per ritrovare se stessi e per condurre a identità individuali e sociali più libere. Nella teoria di Habermas quindi è centrale la razionalità per liberarsi dai vincoli inconsci e dai vincoli della tradizione che non permettono una comunicazione libera e tutto ciò va raggiunto anche attraverso un’azione politica. La teoria di Habermas ci porta a riflettere sulla reale possibilità per gli individui di realizzare un tale tipo di comunicazione, che ovviamente sarebbe ideale all’interno di un processo deliberativo, ma ne cercare di applicare questo tipo di comunicazione non si può fare a meno di notare che “ i fattori psicologici, svolgono un ruolo importante[…] il successo della razionalità discorsiva è legato anche al superamento di barriere di ordine psicologico”30, e quindi necessari all’interno dei processi deliberativi prestare attenzione anche a questi e porre in atto le operazioni adeguate al loro superamento, tutto ciò per permettere realmente una comunicazione libera, ma anche autentica dove al centro ci siano le persone con le loro esigenze autentiche. Questo si può ricondurre all’idea di Habermas di superare i vincoli inconsci e della tradizione, ma credo che questo concetto vada approfondito per tenere in conto il fatto che “ i processi cognitivi che entrano in gioco nei processi deliberativi sia a livello individuale sia per effetto dell’interazione di gruppo, sono molti e complessi, e i loro “difetti” tutti ascrivibili alla natura limitata, della razionalità umana: Le emozioni, il framing e le euristiche rappresentano tre modalità di conoscenza che si possono considerare imperfette se poste in relazione ai canoni astratti di una razionalità assoluta. Tuttavia, come suggerisce una visione ecologica, i limiti della cognizione possono essere reinterpretati in una luce positiva […] e sono in grado di indurre buon scelte, nel senso di scelte che si adattano al contesto”31. Per ciò, a parere di chi scrive, è essenziale riconoscere come la ragione sia solo una parte della natura umana composta di altri elementi, quali emozioni, le esperienze precedenti, ecc, ed è necessario riconoscere il valore fondamentale di questi elementi al fine di conoscere e

30

Gelli R, Le nuove forme di partecipazione,Carocci, Roma, 2007, pag Pag.96.

31

modificare la realtà che ci circonda. Da ciò ritengo che il problema non è quello di cercare di eliminare queste cose o porle sotto il controllo della ragione, come sostiene Habermas, ma quello di portare consapevolezza e conoscere a questi aspetti in modo tale che non restino in uno stato inconscio, ma siano esplicitare e utilizzare al fine di assumere scelte che possano risultare adeguate per gli individui e per il sintema in cui vivono considerati nella loro interezza. Ritengo che un lavoro in tal senso sia stato compiuto nell’opera di Danilo Dolci educatore e pedagogista che lavorò “Nella seconda metà del novecento in un'area degradata della Sicilia occidentale connotata da una cultura fondata sulla logica del dominio clientelare […] inventando un'esperienza controcorrente, che si fonda prioritariamente sulla componente axiologica e tende a dar vita ad un modello dove lo sviluppo individuale e collettivo, si basa sull'umanizzazione e la democratizzazione.”32 Il lavoro di Dolci ha diversi punti di contatto con la teoria di Habermas in quanto “Danilo Dolci ha cercato di dar vita ad una struttura creativa nuova, per dare la possibilità agli individui di trasformarsi e di promuovere una cultura diversa, progettuale e cooperativa, ponendo al centro dell'interesse, non solo le istanze storiche ed ambientali dei soggetti , ma anche quelle endogene, insite nel soggetto umano, che Danilo Dolci considera soffocate e represse dai vigenti modelli culturali intrisi di dominio.”33 Quindi Dolci ha cercato di sviluppare modelli comunicativi che favorissero una comunicazione libera come prospettato da Habermas, prestando attenzione a vari fattori come emozione ecc, e dal suo lavoro emergono degli spunti utili per cercare di capire quali siano gli elementi a cui portare attenzione relativamente all’interazione dei partecipanti in un processo deliberativo. In particolare gli elementi ai quali Dolci presta attenzione e che può essere interessante individuare in questa sede sono due: l’importanza che Danilo dà all’educazione, “L'azione educatrice di Danilo Dolci si connota come promozione della coscienza dei propri diritti, come offerta di strumenti tecnico-scientifici per la realizzazione concreta di quanto progettato, di ricerca e di

32

A.Valsega, Per una pedagogia comunicativa: il modello di Danilo Dolci e le sue possibili applicazioni,tesi di scienze dell’educazione,Università di Firenze, 2004, pag 47.

33

A.Valsega, Per una pedagogia comunicativa: il modello di Danilo Dolci e le sue possibili applicazioni,tesi di scienze dell’educazione,Università di Firenze, 2004, pag 60.

analisi degli ostacoli, anche culturali, che si oppongono alla realizzazione[…] educazione e politica dunque, vengono inevitabilmente ad identificarsi in quanto i presupposti della democrazia non sono solo istituzionali ,ma soprattutto culturali. Per il mantenimento e lo sviluppo della democrazia è fondamentale una crescita collettiva "dal basso", una presa di coscienza delle persone sul proprio valore, delle proprie risorse e quindi delle potenzialità di generare nuove strutture.”34 Il secondo elemento è invece rappresentato dalla importanza che accorda a un’interazione in piccoli gruppi, avendo compreso che “la partecipazione di tutti sia possibile solo al di sotto di un certo numero, superato il quale si creano sottogruppi, esclusioni, ritiri, leadership, demagogie. Il piccolo gruppo, al contrario, agevola l’interazione diretta tra i partecipanti, le relazioni frontali e gli scambi immediati di informazioni; facilita,l’espressione di tutti i punti di vista presenti, favorisce la comunicazione orizzontale. In altri termini, fornisce i prerequisiti perché tutti i soggetti siano nelle condizioni nello stesso modo alle informazioni e di comprendere pienamente la natura del problema, nonché di esprimere la propria opinione.”35

Documenti correlati