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UNA DECISIONE SU MISURA: UN NUOVO ESPEDIENTE DELLA CONSULTA PER TEMPERARE LA PORTATA DEMOLITORIA DELLE PROPRIE SENTENZE DI ACCOGLIMENTO

(OSSERVAZIONI A MARGINE DELLA SENT. N. 41/2021 IN TEMA DI PRESENZA DI GIUDICI AUSILIARI NEI COLLEGI DI CORTE DI APPELLO)

di Cristina de Luca (*) Abstract: Il presente contributo, analizzando la sentenza n. 41/2021 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’incompatibilità con la Costituzione della presenza di giudici ausiliari nei collegi di corte di appello, si concentra sull’innovatività del modello decisorio adottato, ennesimo emblema della particolare creatività che caratterizza la recente giurisprudenza costituzionale, principalmente evidenziandone le rilevanti criticità. Invero, sempre più di frequente, la Corte pare ritenere necessario e in suo potere plasmare le proprie pronunce a seconda del contesto in cui essa è chiamata ad operare, orientando la scelta della tecnica decisoria da adottare al risultato ordinamentale ritenuto maggiormente auspicabile in considerazione delle specificità dei casi vagliati, anche qualora ciò richieda di forzare i confini positivamente definiti entro i quali il sindacato del giudice delle leggi dovrebbe compiersi: lo scritto tenta quindi anche di analizzare brevemente le ragioni, le implicazioni e i pericoli insiti nell’atteggiamento sempre più libero e proattivo tenuto dal giudice costituzionale nella presente stagione istituzionale.

This paper analyses the decision no. 41/2021 of the Italian Constitutional Court which declares the unconstitutionality of the presence of non-professional judge in the panels of the Courts of Appeal. The paper focuses on the innovation of the decision-making model adopted, emblematic of the creative approach characteristic of current constitutional jurisprudence, highlighting its significant critical elements. The Court seems to increasingly often deem necessary, and within its power, to shape its decisions around the context of its intervention, modifying its decision-making model according to the desired outcome, keeping in consideration the specificity of each examined case; even though this might occasionally require to push the boundaries within which the judicial review of legislation should be fulfilled. Finally, the paper attempts to briefly analyses the motivations, implications and risks inherent to the increasingly loose and proactive attitude of the Constitutional Judge in the current institutional season.

Sommario: 1. Premessa. – 2. L’oggetto della sentenza n. 41/2021: l’incompatibilità con la Costituzione dei giudici ausiliari presso le corti di appello. – 3. La determinazione della forma decisoria quale frutto di un necessario giudizio di opportunità. – 4. La problematica ricostruzione della Corte di un proprio autonomo potere di crono-modulazione delle sentenze di accoglimento. – 5. Le motivazioni della ricerca da parte della Corte di una tecnica decisoria “su misura”. – 6. L’eccentrica soluzione elaborata dalla Corte. – 7. Conclusioni.

1. Premessa

La giurisprudenza costituzionale degli ultimi anni ha mostrato sempre più di frequente una crescente sensibilità della Corte rispetto alle conseguenze sistematiche potenzialmente connesse al proprio intervento; quest’ultima, in par-ticolare, ha elaborato molteplici strategie volte proprio a meglio adattare il suo agire al contesto in cui essa è chiamata ad operare, come anche alle specifiche esigenze a quest’ultimo legate. Invero, in diverse sentenze recenti la Consulta ha apertamente orientato la propria scelta della tecnica decisoria da adottare al risultato ordinamentale ritenuto mag-giormente auspicabile in considerazione delle specificità dei casi vagliati, spesso anche qualora ciò richiedesse di for-zare i confini positivamente definiti entro i quali il sindacato del giudice delle leggi dovrebbe compiersi (1).

(*) C. de Luca è dottoressa in Giurisprudenza presso l’Università di Roma “Tor Vergata”.

(1) Questa esplicita attenzione della Consulta all’impatto delle proprie pronunce è in particolare dimostrata in taluni orientamenti emersi da ultimo nella sua giurisprudenza, quale anzitutto il recente aperto superamento della c.d. teoria delle rime obbligate, a partire dalla sent. n. 222/2018 (cui hanno fatto seguito numerose altre pronunce); si tratta di una innovazione giurisprudenziale ampiamente commentata in dottrina: tra i diversi contributi, v. D. Tega, La Corte nel contesto, Percorsi di ri-accentramento della giustizia costituzionale in Italia, Bologna, Bononia University Press, 2020, 102 ss., che ne propone una chiara ed estesa ricostruzione, enfatizzandone l’appartenenza alla presente stagione attraversata dalla Corte. Non meno significativa, poi, si è rivelata l’elaborazione della tecnica dell’ordinanza di illegitti-mità costituzionale accertata ma non dichiarata con rinvio a data fissa, inaugurata con la decisione sul caso Cappato (ord. n. 207/2018, cui ha fatto seguito la sent. n. 242/2019); tale modello è stato ripreso poi dall’ord. n. 132/2020 (cui farà presto seguito, stante il protrarsi dell’inerzia legislativa, sentenza di accoglimento parziale delle questioni sollevate, come preannunciato dal comunicato stampa del 22 giugno del 2021 dell’Ufficio stampa della Corte costituzionale), come caratterizza anche la recentissima decisione sull’ergastolo ostativo (ord. n. 97/2021); tale modello è stato ripreso poi dall’ord. n. 132/2020 e, pare, caratterizzerà anche la recentissima decisione sull’ergastolo ostativo, secondo quanto si legge nel comunicato del 15 aprile 2021 dell’Ufficio stampa della Corte costituzionale; anche su tale tecnica i commenti sono numerosissimi: tenendo conto del profilo qui evidenziato, v. almeno R. Pinardi, Le pronunce Cappato: analisi di una vicenda emblematica della fase attualmente attraversata dal giudizio sulle leggi, in Liber amicorum per Pasquale Costanzo, in <www.giur-cost.org>, 24 aprile 2020; M. Ruotolo, L’evoluzione delle tecniche decisorie della Corte costituzionale nel giudizio in via incidentale. Per

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Recente esempio di questa tendenza della Corte a elaborare nuovi modelli decisori per meglio calibrare la propria risposta alle peculiarità del caso affrontato è la sentenza n. 41 del 2021, che presenta diversi profili di interesse, non tanto nella trattazione del merito della questione vagliata, quanto nel percorso argomentativo illustrato dalla Consulta a sostegno della peculiare decisione infine adottata. Nella pronuncia in questione, difatti, la Corte, dopo aver motivato l’incompatibilità delle norme censurate con il dato normativo costituzionale, si è premurata di precisare gli effetti pro-dotti dalla propria dichiarazione sotto il profilo temporale, posticipando la data a decorrere dalla quale dovrà prodursi la caducazione della normativa illegittima, adottando a tal fine un dispositivo di tipo additivo.

Non è in effetti la prima volta che la Consulta ritiene di poter modulare l’efficacia diacronica delle proprie decisioni in considerazione della portata eccessivamente demolitoria che avrebbe un accoglimento secco delle questioni ad essa sottoposte, per il pericolo del determinarsi altrimenti di vuoti e discontinuità asseritamente pregiudizievoli per l’ordi-namento (2). Tuttavia, la pronuncia in parola sembra presentare alcuni profili di peculiarità anche rispetto a talune recenti decisioni a cui essa potrebbe a prima vista essere assimilata e pare quindi mostrare chiaramente la particolare creatività che caratterizza la stagione attualmente attraversata dalla giurisprudenza costituzionale. Su tali aspetti si con-centreranno le brevi riflessioni che seguono.

2. L’oggetto della sentenza n. 41/2021: l’incompatibilità con la Costituzione dei giudici ausiliari presso le corti di appello

La sentenza n. 41 del 2021 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della normativa istitutiva di giudici ausiliari presso le corti di appello nella parte in cui non prevedeva che essa si applicasse solo fino al completamento del riordino complessivo del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria, nel rispetto dei principi costituzionali; completa-mento che dovrebbe concludersi nei tempi contemplati dall’art. 32 del d.lgs. n. 116/2017, ossia entro il 31 ottobre 2025.

La decisione in commento è giunta all’esito di un giudizio introdotto in via incidentale da due ordinanze di rimes-sione della terza Sezione civile della Corte di cassazione, davanti alla quale pendevano due giudizi aventi ad oggetto altrettanti ricorsi contro sentenze di corte d’appello emesse da un collegio composto anche da un giudice onorario ausiliario. Il giudice rimettente dubitava infatti della legittimità costituzionale della previsione della figura dei giudici ausiliari presso la corte di appello quali magistrati onorari regolarmente inseriti nei collegi giudicanti, poiché in con-trasto con quanto espressamente previsto all’art. 106, c. 2, Cost., laddove è stabilito che “la legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici sin-goli” (3). Oggetto della questione erano più precisamente gli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni in l. 9 agosto 2013, n. 98. D’altra parte, la stessa giurisprudenza costituzionale aveva già più volte in passato precisato (sent. nn.

99/1964 e 103/1998) come la partecipazione di giudici onorari ai collegi potesse ritenersi legittima esclusivamente qualora prevista quale misura temporanea o per far fronte a circostanze di carattere eccezionale, diversamente dalla figura questionata, stabilmente incardinata in un ufficio giudiziario che decide in sola composizione collegiale.

un inquadramento dell’ord. n. 207 del 2018 in un nuovo contesto giurisprudenziale, in <www.rivistaaic.it>, 26 giugno 2019;C. Panzera, L’ordinanza “una e trina”, in <www.forumcostituzionale.it>, 7 giugno 2019;P. Carnevale, Incappare in… Cappato. Considerazioni di tecnica decisoria sull’ordinanza n. 207 del 2018 della Corte costituzionale, in <www.giurcost.org>, 17 luglio 2019; nonché gli scritti raccolti in F.S. Marini, C. Cupelli (a cura di), Il caso Cappato. Riflessioni a margine dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 207 del 2018, Napoli, Esi, 2019.

(2) Emblematica in tal senso è ad esempio la criticatissima sent. n. 10/2015, intervenuta sulla legittimità costituzionale della c.d. Robin Tax, i cui effetti caducatori sono stati circoscritti a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza in considerazione dell’impatto che altrimenti la pronuncia avrebbe avuto su altri principi costituzionali coinvolti. Sul peso assunto nell’economia di questa decisione dalla valutazione dell’incidenza che i suoi effetti avrebbero prodotto sul contesto finanziario pubblico, v., tra i molti, L. Antonini, Forzatura dei principi versus modulazione temporale degli effetti della sentenza, in <www.forumcostituzionale.it>, 23 aprile 2015 (in particolare, l’A. rileva che “calata in una dimensione esperienziale, la sentenza accetta esplicitamente di misurarsi, con la bilancia in mano, sull’impatto dirompente – circa nove miliardi di euro – della rimozione con effetto retroattivo della normativa impugnata”), come anche R. Pinardi, La Corte e la crisi tra bilanciamenti di interessi ed “impatto macroeconomico” delle pronunce d’incostituzionalità, ibidem, 27 aprile 2015. In termini più favorevoli alla decisione assunta, v. D. Diaco, Gli effetti temporali delle decisioni di incostituzionalità tra legge fondamentale e diritto costituzionale vivente, in <www.giurcost.org>, 26 aprile 2016, in particolare 212. Altro chiaro esempio della ten-denza in parola può essere altresì visto nella sent. n. 246/2019, cheha limitato gli effetti retroattivi dell’accoglimento per impedire che si producesse un vulnus all’esigenza di continuità dell’azione amministrativa; in questo caso, ad essere in gioco era l’operato fino a quel momento compiuto dal Commissario straordinario per la ricostruzione nei territori interessati dall’evento sismico del 24 agosto 2016, che, seppur in applicazione di una disciplina irrispettosa dei principi costituzionali, aveva comunque risposto a esigenze primarie dei cittadini vittime del terremoto; su tale pronuncia, v. R. Pinardi, Incostituzionalità “sopravvenuta” vs. manipolazione degli effetti: alcune precisa-zioni terminologiche e concettuali, in <www.forumcostituzionale.it>, 24 gennaio 2020, e G. Aversente, La sentenza n. 246 del 2019:

conferme e novità sul governo degli effetti temporali nel giudizio in via principale (e non solo), ibidem, 14 maggio 2020.

(3) Nella prima ordinanza di rimessione era stato in realtà altresì prospettato un profilo di incompatibilità della normativa censurata con gli artt. 102, c. 1, e 106, c. 1, Cost., dai quali si evincerebbe “un’ineludibile scelta del Costituente per l’affidamento, in via generale, dell’esercizio della giurisdizione ai magistrati professionali togati”. La questione relativa alla violazione dell’art. 102 è stata tuttavia ritenuta assorbita dalla decisione assunta all’esito del sindacato svolto sulle questioni relative ai primi due commi dell’art. 106.

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Dopo aver vagliato l’ammissibilità delle questioni sollevate (4) e prima di passare all’esame nel merito delle stesse, la sentenza procede in primis ad una ricostruzione del quadro normativo di riferimento (5), analizzando le ragioni sottostanti alla introduzione della figura censurata e la relativa disciplina, per poi ampiamente dilungarsi sull’evolu-zione storica di cui è stata protagonista la magistratura onoraria dall’Unità d’Italia ad oggi (6).

Di seguito la Corte passa ad argomentare la fondatezza delle questioni davanti ad essa sollevate per violazione dei primi due commi dell’art. 106 Cost. (7). Come veniva già sintetizzato nel comunicato stampa contestuale al deposito della sentenza in commento, difatti, «la Consulta ha affermato che l’articolo 106 della Costituzione, secondo cui è possibile la nomina di magistrati onorari “per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”, permette solo eccezional-mente e temporaneaeccezional-mente che, in via di supplenza, i giudici onorari possano svolgere funzioni collegiali di primo grado. Quindi, nei tribunali e non già nelle corti (d’appello o di cassazione). Pertanto, l’istituzione dei giudici onorari ausiliari, destinati, in base alla legge, a svolgere stabilmente e soltanto funzioni collegiali presso le Corti d’appello, nelle controversie civili, deve ritenersi in aperto contrasto con l’articolo 106 della Costituzione” (8).

Nonostante la riconosciuta illegittimità costituzionale delle norme sindacate, la Corte ha tuttavia ritenuto necessario, come accennato, farsi carico delle potenzialmente pregiudizievoli conseguenze che sarebbero discese da un suo inter-vento meramente caducatorio: “si pone, infine, l’esigenza di tener conto dell’innegabile impatto complessivo che la decisione di illegittimità costituzionale è destinata ad avere sull’ordinamento giurisdizionale e sul funzionamento della giustizia nelle corti d’appello, [anche in considerazione del fatto che] l’apporto dei giudici ausiliari finora è stato signi-ficativo e apprezzato nelle relazioni dei Presidenti delle corti d’appello sullo stato della giustizia nei singoli distretti”, per il suo contributo allo smaltimento o al contenimento dell’arretrato del contenzioso civile. Viene pertanto ritenuto evidente che il venir meno dello stesso “recherebbe, nell’immediato, un grave pregiudizio all’amministrazione della giustizia, tanto più nella situazione attuale, che vede come urgente l’esigenza di riduzione dei tempi della giustizia, e quindi anche di quella civile, dove hanno operato e operano i giudici ausiliari presso le corti d’appello” (9).

La Corte passa quindi a considerare come in generale, a fronte della violazione dei parametri evocati nel sindacato di legittimità costituzionale “è possibile che sussistano altri valori costituzionali di pari – e finanche superiore – livello, i quali risulterebbero in sofferenza ove gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale risalissero (retroatti-vamente, come di regola) fin dalla data di efficacia della norma oggetto della pronuncia”. D’altra parte, “il bilancia-mento di questi valori è stato operato dalla Corte in varie pronunce, anche eccezionalmente modulando nel tempo gli effetti della decisione”; questa possibilità non sarebbe d’altro canto preclusa dall’eventualità che, in un giudizio inci-dentale, una dichiarazione di illegittimità costituzionale risulti non essere utile, in concreto, alle parti nel processo principale, atteso che la rilevanza della questione va valutata solamente al momento dell’ordinanza di rimessione per accertarne l’ammissibilità. Emblematiche in tal senso sarebbero le sentenze nn. 266/1988, 50/1989 e 13/2004, come anche la sentenza n. 10/2015, cui sono seguite le sentenze nn. 246/2019 e 152/2020 (10).

In linea con tali precedenti, la Corte ha perciò ritenuto rilevante, in considerazione dello specifico contesto analiz-zato dalla pronuncia in esame, “la circostanza, del tutto peculiare in questa fattispecie, che l’interazione dei valori in gioco evidenzia, nell’immediato, il già richiamato pregiudizio all’amministrazione della giustizia e quindi alla tutela giurisdizionale, presidio di garanzia di ogni diritto fondamentale, essendo alla Corte ben presente l’esigenza di evitare carenze nell’organizzazione giudiziaria”. Per tale ragione occorrerebbe allora “come soluzione, nella specie, costitu-zionalmente adeguata alla protezione di tali valori, che la declaratoria di illegittimità delle disposizioni censurate lasci al legislatore un sufficiente lasso di tempo che assicuri la necessaria gradualità nella completa attuazione della norma-tiva costituzionale”.

La reductio ad legitimitatem è perciò perseguita “con la sperimentata tecnica della pronuncia additiva, inserendo nella normativa censurata un termine finale entro (e non oltre) il quale il legislatore è chiamato a intervenire”. A tal fine, è ritenuto rilevante come dato normativo già presente nell’ordinamento, utile ad orientare la decisione da assumere,

(4) Punto 5 del Considerato in diritto.

(5) Punto 6 del Considerato in diritto; aspetto poi ripreso nuovamente al punto 10, in cui è dato altresì conto dell’ulteriore intervento normativo occorso in materia lo scorso anno, che ha ampliato proprio l’impiego nelle corti di appello dei giudici ausiliari, aumentandone l’organico e prevedendone altresì la destinazione anche ai collegi in materia penale; si tratta dell’art. 256 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19), convertito con modificazioni dalla l. 17 luglio 2020, n. 77. Nel medesimo punto è peraltro ricordato come la l. n. 205/2017 abbia previsto anche la nomina in via straordinaria e non rinnovabile, per un triennio, di magistrati ausiliari nel numero massimo di cin-quanta, per lo svolgimento di servizio onorario presso la sezione tributaria della Corte di cassazione, probabilmente per concludere l’ex-cursus fatto delle varie figure di magistrati onorari susseguitesi negli anni e sottolinearne le differenze rispetto alla previsione dei giudici ausiliari.

(6) Punti 7, 8 e 9 del Considerato in diritto.

(7) Dal punto 12 del Considerato in diritto la Corte procede ad analizzare la ratio dell’art. 106 Cost., anche in chiave storica, e a richiamare la propria giurisprudenza in materia.

(8) Comunicato stampa del 17 marzo 2021, in <www.cortecostituzionale.it>, significativamente intitolato Incompatibili con la Costi-tuzione i giudici ausiliari, ma a partire dal 31 ottobre 2025.

(9) Punto 21 del Considerato in diritto.

(10) Punto 22 del Considerato in diritto.

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la previsione dettata dall’art. 245 del d.lgs. n. 51/1998 per le figure di giudice onorario all’epoca introdotte dal mede-simo atto, secondo cui le modifiche dell’ordinamento giudiziario, in forza delle quali tali magistrati onorari potevano essere addetti al tribunale ordinario, si sarebbero applicate fino a quando non si fosse raggiunto il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria a norma dell’art. 106, c. 2, della Costituzione. Stante infatti che è attualmente in corso una nuova complessiva riforma della magistratura onoraria (d.lgs. n. 116/2017, la cui completa entrata in vigore è già differita per vari aspetti al 31 ottobre 2025, come previsto dall’art. 32 di tale decreto legislativo) e che vi sono altresì diverse ulteriori iniziative di riforma in materia all’esame del Parlamento (d.d.l. n. S1516, testo unificato dei d.d.l. nn. 1438, 1555, 1582 e 1714), allo scopo di evitare, nell’immediato, un pregiudizio all’amministra-zione della giustizia, sarebbe possibile adottare un’analoga prescriall’amministra-zione limitativa “sicché l’illegittimità costituzionale della normativa censurata può essere dichiarata nella parte in cui non prevede che essa si applichi fino al completamento del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi contemplati dal citato art. 32 del d.lgs. n.

116 del 2017, così riconoscendo ad essa – per l’incidenza dei concorrenti valori di rango costituzionale – una tempo-ranea tollerabilità costituzionale, rispetto all’evocato parametro dell’art. 106, primo e secondo comma, Cost. In tale periodo rimane – anche con riguardo ai giudizi a quibus – legittima la costituzione dei collegi delle corti d’appello con la partecipazione di non più di un giudice ausiliario a collegio” (11).

3. La determinazione della forma decisoria quale frutto di un necessario giudizio di opportunità Il percorso argomentativo riportato propone diversi spunti di riflessione.

La decisione adottata dalla Corte giunge all’esito di un bilanciamento tra i molteplici valori costituzionali a suo parere coinvolti dalla questione. Nondimeno può osservarsi come tale ponderazione intervenga in una fase successiva e di-stinta rispetto a quella della valutazione della compatibilità tra norma censurata e parametro costituzionale (12). Come si è visto, difatti, la Consulta ha prima ampiamente motivato le ragioni per le quali la normativa vagliata deve ritenersi

“del tutto fuori sistema” e “in radicale contrasto” (13) con il parametro costituzionale invocato, per poi tuttavia osser-vare come la presenza di concorrenti valori costituzionali, meritevoli di eguale se non di maggiore considerazione, rendeva inopportuna una “mera” dichiarazione di illegittimità costituzionale. Il bilanciamento sopraggiunge perciò solo all’esito del giudizio di legittimità costituzionale, nella valutazione sulle modalità di intervento da adottare per ottenere il migliore risultato ordinamentale possibile data la peculiarità dell’oggetto del sindacato svolto. Ciò che quindi pare in primo luogo opportuno evidenziare è proprio come l’esigenza di compiere un contemperamento tra interessi costitu-zionalmente rilevanti venga invocata dalla Corte solo nel momento in cui essa si preoccupa espressamente di adattare il proprio modus operandi allo specifico contesto in cui è chiamata ad agire.

Secondo il ragionamento seguito dalla Consulta, benché indubbiamente l’istituzione dei giudici ausiliari presso la corte di appello collida apertamente con il dato costituzionale, altrettanto innegabile è che in concreto la previsione di

Secondo il ragionamento seguito dalla Consulta, benché indubbiamente l’istituzione dei giudici ausiliari presso la corte di appello collida apertamente con il dato costituzionale, altrettanto innegabile è che in concreto la previsione di