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di Maria Teresa D’Urso (*) Abstract: Nel presente lavoro si analizzano, in chiave analitico-espopositiva, le tematiche di maggiore rilievo riguardanti il giudizio di conto, quale disciplinato dalla normativa del nuovo codice di giustizia contabile (d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, e d.lgs. correttivo 7 ottobre 2019, n. 114), al fine di porre in evidenza la sua rilevante importanza ed attualità strategica per la gestione contabile dei flussi finanziari e/o dei beni pubblici nella società contemporanea.

Il giudizio di conto è stato la prima funzione conferita alla magistratura contabile. Fin dall’antichità, e poi nel Medioevo e nell’Italia pre-unitaria, vi erano organismi giurisdizionali preposti a tale funzione. Si ricordano in Francia les Chambres des comptes e nel Ducato di Sardegna la Camera dei conti di Chambery, antica capitale dei Duchi di Savoia e, dopo l’unificazione d’Italia (1861), la Corte dei conti del Regno d’Italia, istituita con la l. 14 agosto 1962, n. 800. Dopo aver evidenziato le ragioni storico-giuridiche del giudizio di conto, anche quale strumento di controllo nell’ambito della competenza generale della Corte dei conti, vengono esaminate le innovazioni di maggiore rilievo apportate a detto istituto dal nuovo codice di giustizia contabile e le varie fasi in cui esso si compone: la presentazione del conto, la sua “parificazione” e il deposito, nonché l’esame da parte del giudice designato, e il discarico (esito fisiologico), oppure iscrizione a ruolo (conto non in pareggio o irregolare) ed infine la sua conclusione con la decisione (definitiva e non definitiva), e la sua estinzione (già art. 2 l. n. 20/1994) con il decorso di cinque anni senza che sia stata depositata la relativa “relazione” nella segreteria della sezione competente, ai sensi dell’art. 150 del vigente c.g.c. Emerge da tale esame prospettico la posizione di assoluta centralità ed attualità del giudizio di conto, quale strumento di garanzia della legalità finanziaria e della trasparenza contabile nella società contemporanea, con l’auspicio di un maggiore rafforzamento di dialogo funzionale tra le due aree (giurisdizione e controllo) della Corte dei conti, ed una strategica attenzione organizzativa, in termini di risorse umane e strumentali, onde far fronte alla crescente presentazione di conti giudiziali conseguente all’espandersi dell’area pubblicistica ed al connesso aumento di nuove figure di agenti contabili, con il primario compito di privilegiare esigenze di funzionalità, in linea con i nuovi strumenti di informatizzazione dell’amministrazione pubblica, avendo come obiettivo finale l’ineludibile “legalità sostanziale” delle gestioni contabili.

This work analyzes, from an analytical-organizational point of view, the most interesting issues concerning the discipline of account judgment, as governed by the legislation of the new Code of Accounting Justice (Legislative Decree no.174 of 26 August 2016 and Legislative Decree no. corrective lgs. 114 of 7 October 2019), in order to highlight its absolute importance and strategic relevance for the accounting management of money and/or public assets in contemporary society. Accounting was the first function conferred on the accounting judiciary. Since ancient times, and then in the Middle Ages and in pre-unification Italy, there were jurisprudential bodies in charge of these functions. We remember in France les Chambres des comptes and in the Duchy of Sardinia the “Chamber of Counts” of Chambery, the ancient capital of the Dukes of Savoy and, after the unification of Italy (1861), the Court of Counts of the Kingdom of Italy established with the law of 14 August 1962 n. 800. After having highlighted the historical-legal reasons for the account judgment, also as a control tool within the general competence of the Court of Auditors, the most significant innovations brought to it by the new accounting justice code were examined and then the various phases of which it is composed, such as the presentation of the same, the "equalization" and the deposit, as well as the examination by the designated judge, and the discharge (physiological outcome) or registration in the role (account not balanced or irregular) and finally its conclusion with the decision (definitive and not definitive), and the extinction (formerly art. 2 of Law no. 20/1994) after five years without the relative report having been deposited in the Secretariat of the competent Section, pursuant to art. 150 of the Italian Civil Code.

The position of absolute centrality and relevance of the account judgment emerges, as an instrument of guaranteeing financial legality and accounting transparency in contemporary society, with the hope of a functional strengthening of dialogue between the two areas (jurisdiction and control) of the Court of Accounts, and a strategic organizational attention for the judgment of accounts, in order to cope with the growing presentation of judicial accounts resulting from the expansion of the advertising area and the connected increase in new figures of accounting agents, with the primary task of favoring functionality needs, in line with the new computerization tools of the public administration, having as an inescapable objective the “substantial legality” of accounting management.

Sommario: 1. Premessa storica. – 2. Elementi di “novità” del nuovo codice di giustizia contabile con riguardo al giudizio di conto. – 3. L’attività di gestione e di controllo contabile della Corte dei conti e la giurisprudenza della (*) M.T. D’Urso è magistrato della Corte dei conti.

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Corte costituzionale. – 4. I soggetti tenuti a presentare il giudizio di conto. – 5. Il giudizio di conto. Elementi strutturali e finalità. – 6. Il giudizio di conto. Profili processuali (artt. 145-150 c.g.c.). – 7. Il deposito del conto e la nomina del relatore (artt. 139 e 140 c.g.c.). – 8. La relazione sul conto. L’approvazione dei conti con decreto (artt. 145 e 146 c.g.c.). – 9. Lo svolgimento del giudizio innanzi alla sezione (artt. 147 e 148 c.g.c.). – 10. Le possibili controversie azionabili nel giudizio di conto: il deconto e il conto complementare (art. 147, c. 3, c.g.c.). – 11.

L’estinzione del giudizio di conto (art. 150 c.g.c.). – 12. Il giudizio per la resa del conto (artt. 141-144 c.g.c.). – 13.

Conclusioni.

1. Premessa storica

Il giudizio di conto, quale strumento essenziale di garanzia della legalità finanziaria e della trasparenza contabile, trova origine e fondamento nella genesi storica della stessa magistratura contabile, premesso che “rendere il conto”

della gestione di denaro e/o beni pubblici è stata la prima attribuzione ad essa assegnata già nei secoli scorsi. Infatti il nome “Corte dei conti” deriva proprio dalla sua iniziale funzione, costituita dall’accertamento della regolarità dei conti giudiziali resi dagli “agenti contabili”, ossia da coloro che – persone fisiche e giuridiche – avevano il “maneggio” di denaro e/o di beni pubblici; essi per questo motivo erano obbligati a rendere il conto c.d. giudiziale. La storia insegna che l’esigenza di verificare la corretta gestione di denaro e/o di beni, specie se pubblici, affidati ad altri è sempre stata una esigenza ritenuta essenziale e connaturata ad ogni ordinamento. Fin dall’antichità, nei millenni decorsi, in Mace-donia, in Egitto con le dinastie dei Faraoni, in Mesopotamia (attuale Iraq) con i Sumeri, gli Assiri e nel regno di Babi-lonia (poi conquistato da Alessandro Magno nel 331 a.C.), nell’antica Grecia (città-stato di Sparta, Atene, Tebe), nella Roma repubblicana e poi imperiale i rendiconti delle spese pubbliche affidate a terze persone (in genere per spese militari e/o per la gestione di “province” conquistate in guerra) erano soggette a rendiconti pubblici. Questi ultimi – si riporta negli annali – erano incisi, soprattutto nei periodi più antichi, sulla pietra per essere poi esposti e permettere ai cittadini un controllo duraturo nel tempo sulle spese effettuate (1). In epoca più recente, la Corte dei conti, intesa quale magistratura preposta al controllo ed al coordinamento delle finanze pubbliche, era già diffusamente presente nel Me-dioevo e nell’Italia pre-unitaria. In Europa – e per quanto riguarda l’Italia – un’autonoma struttura contabile, addetta a tale funzione, trovò una compiuta articolazione normativa nella Francia napoleonica con la legge 16 settembre 1807, quale evoluzione delle “Chambres des comptes” risalenti all’Ancien Régime, la più importante delle quali era la “Cham-bre de Paris”, istruita nell’anno 1319 (2). Nel Ducato di Savoia, con l’editto del 1351, si dette origine alla “Camera

(1) G. Guida, Spigolature in tema di responsabilità contabile in una prospettiva diacronica, in <www.dirittoeconti.it>, 7 giugno 2020;

A. Buscema, Il ruolo di garanzia della Corte dei conti e il sistema camerale, in <www.corteconti.it>, 13 settembre 2019. L’Autore evi-denzia che “chi gestisce denaro non proprio, e a maggior ragione denaro pubblico, ha l’obbligo di rendere il conto del proprio operato e non può sottrarsi a questo fondamentale dovere. Obiettivo di tale importante funzione svolta dalla Corte dei conti è l’accertamento della correttezza e della regolarità della gestione di denaro o di beni pubblici da parte di ciascun agente contabile, attraverso la verifica della regolarità delle quietanze rilasciate a fronte degli ordinativi di riscossione e di pagamento”; S. Sfrecola, Discorso per la celebrazione del 150° anniversario della istituzione della Corte dei conti (Torino, 12 novembre 2012), in <www.contabilita-pubblica.it>.

(2) A. Indelicato, La Corte dei conti: la prima magistratura dell’Italia unita, in <www.ildirittoamministrativo.it>, 2012; Aa.Vv., Storia e attualità della Corte dei conti” (Atti del Convegno di studi, Palermo, 29 novembre 2012), in <www.storiamediterranea.it>; M. Cantucci, Il giudizio sui conti degli agenti contabili dello Stato, Padova, Cedam, 1958, 65 ss.; G. Comite, La responsabilità contabile, in A. Canale, F. Freni, M. Smiroldo (a cura di), Il nuovo processo davanti alla Corte dei conti, Milano, Giuffrè, 2019, 467; C. Ghisalberti, voce Corte dei conti (premessa storica), in Enc. dir., vol. X; S. Buscema, Giurisdizione contabile, in Cinquanta anni di esperienza giuridica in Italia (Messina-Taormina, 3-8 novembre 1981), Milano, Giuffrè, 1981, 1222; F. Carbone, Discorso in occasione dell’insediamento a presidente della Corte dei conti”, in questa Rivista, 1954, 54; F.G. Scoca, Fondamento storico ed ordinamento generale della giurisprudenza della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa, in Responsabilità amministrativa e giurisdizionale contabile ad un decennio dalle riforme (Atti del Convegno, Varenna, 15-17 settembre 2005), Milano, Giuffrè, 2006, 37. L’Autore, nel suo intervento, rappresentava che “la funzione propria, tradizionale, logicamente e storicamente ineliminabile della Corte dei conti, è stata e resta il controllo sui conti pubblici, con il connesso giudizio di conto e di responsabilità contabile. Questo era il compito fondamentale disegnato dalla legge istitutiva della Corte dei conti nel Regno d’Italia, sulla scorta della esperienza di quasi tutti gli Stati pre-unitari della Penisola, tale risulta l’attribu-zione preminente assegnata alla Corte dei conti dall’art. 100 e dall’art. 13 della Costitul’attribu-zione”. V. anche M. Sciascia, Diritto delle gestioni pubbliche. Istituzione di contabilità pubblica, Milano, Giuffrè, 2007, 535 ss. L’Autore ricorda che nel Ducato di Savoia la magistratura contabile aveva origine nel “Consiglio del Duca”, organo collegiale “ambulatorio” al seguito del sovrano, nel cui ambito era prevista la carica di “maestro dei conti”. In seguito, essendo cresciuto il patrimonio del Duca, aumentarono i “maestri dei conti”. Essi, poi, costituitisi in autonomo collegio, si staccarono dal Consiglio del Duca e divennero “sedentori”. Con l’editto del 1351, si dava origine alla “Camera dei conti” di Chambery, la quale era una magistratura contabile che esercitava in forma giurisdizionale funzioni di controllo sulle entrate, la resa dei conti da parte dei maneggiatori del pubblico denaro e del patrimonio del principe. Alla “Camera dei conti” di Chambery si affiancò nell’anno 1575 quella di Torino, attribuendosi ad essa poteri di interinazione e di registrazione. Nel contempo veniva istituito il c.d. “Controllore Generale”, funzionario con competenza di controllo, che in seguito finì con l’assorbire gradualmente le funzioni di con-trollo svolte in precedenza dalla “Camera dei conti”. A questa ultima si attribuiva invece, con lo Statuto di Carlo Alberto (4.03.1948), la posizione di organo giurisdizionale con funzioni contenziose e miste. Anzi la “Camera dei conti” in sede giurisdizionale estendeva la sua cognizione a tutte le materie riguardanti il pubblico patrimonio ed in quelle in cui lo Stato era comunque interessato, diventando in tal modo un foro privilegiato ratione personae, i cui membri erano inamovibili, al fine di garantire appieno l’indipendenza della Camera medesima. Si rappresenta poi che il “Controllore Generale” era privo di autonomia, nel senso che dipendeva strettamente dal Governo, anche se sin dall’anno 1720 diventava un membro effettivo della “Camera dei conti”, pur mantenendo la sua posizione particolare di dipendenza funzionale dal Governo. Infine, con gli editti del 29 e 30 ottobre 1847, Carlo Alberto di Savoia attuava una generale riforma dell’amministrazione della giustizia, nel cui ambito si aboliva il privilegio del foro del regio patrimonio e si attribuiva alla giurisdizione

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dei conti” di Chambery, magistratura contabile che esercitava in forma giurisdizionale le funzioni di controllo sulle entrate pubbliche e la resa dei conti degli esattori sul denaro pubblico. A tale “Camera dei conti” seguì, nel 1575, quella di Torino, istituita da Emanuele Filiberto di Savoia. Nell’Italia pre-unitaria infine vi erano magistrature simili alle Chambres des comptes: nel Regno Lombardo-Veneto era stata costituita nel 1771 la “Camera dei conti”; invece nel Regno di Napoli era funzionante, con mansioni analoghe, la “Regia Camera della Sommaria”, fondata nel 1444 e poi sostituita nel 1807 dalla “Regia Corte dei conti”. Nello Stato Pontificio la revisione dei conti era svolta dalla “Camera Apostolica”, struttura operante già nel XIII secolo, nel cui ambito venne istituita nell’anno 1828 la “Congregazione di revisione dei conti e degli affari di pubblica amministrazione”, poi sostituita in seguito dalla “Consulta di Stato per le Finanze” (1850-1870).

Nel Regno di Sardegna, sotto il dominio dei Savoia, era operativa la “Camera dei conti” piemontese, di cui fu grande fautore il Presidente del Consiglio dell’epoca, Camillo Benso conte di Cavour, il quale affermava che “gli atti più importanti di Governo sono quelli che si riferiscono al pubblico denaro, e devono, quindi, dare ai contribuenti che sacrificano parte dei loro averi a prò di uno Stato, l’assonanza che quei denari si riscuotono legalmente e che ricevono la loro destinazione”.

Com’è noto, con la legge 14 agosto 1862, n. 800, venne istituita la Corte dei conti del Regno d’Italia, la quale rappresentò di fatto una “estensione” della Camera dei conti del Piemonte all’Italia unificata sotto la sovranità di Casa Savoia, provvedendosi con la stessa legge alla contestuale abolizione delle altre magistrature di controllo degli Stati pre-unitari (3). L’art. 10 di detta l. n. 800/1862 disponeva che “La Corte giudica dei conti che debbono rendere tutti coloro che hanno maneggio di denaro o altri valori dello Stato”. Quindi la Corte dei conti del Regno d’Italia fu la prima magistratura alla quale venne attribuita giurisdizione sull’intero territorio dell’Italia unita, con specifica funzione di essere custode delle leggi di spesa pubblica e giudice dei relativi conti giudiziali (4).

Iniziava così nel 1862 l’attività della Corte dei conti, la quale perseguiva – come affermò il Ministro delle finanze Quintino Sella (5) – anche il fine elitario di “eguagliare le condizioni dei cittadini, qualunque sia la parte d’Italia in cui ebbero nascimento o tengono dimora”. In tal modo si attribuiva rilevanza costituzionale alla Corte dei conti fin dalla legge istitutiva n. 800/1862, conferendole natura di organo ausiliario del Parlamento nella funzione di controllo finanziario sulle entrate e le spese pubbliche.

L’indipendenza della Corte dei conti sia nei confronti del Parlamento, sia nei confronti del potere esecutivo trovava un sicuro fondamento già nella l. n. 800/1862, come evidenziato dal Presidente del Consiglio dei ministri dell’epoca, del giudice ordinario la cognizione delle cause civili e criminali (penali) in materia di fisco, le quali in precedenza erano giudicate dalla regia “Camera dei conti”. Questa ultima diventata “giudice di appello” avverso le decisioni dei Consigli di Intendenza, nonché il Tribunale supremo (ossia di ultima istanza) di tutto il contenzioso amministrativo, pur conservando le attribuzioni giurisdizionali in materia contabile.

Infine, con la L. 30 ottobre 1859 n. 3707, le competenze relative al contenzioso amministrativo venivano assegnate al Consiglio di Stato, che prima aveva compiti solo consultivi. Nel contempo, la “Camera dei conti” si trasformava in Corte dei conti con giurisdizione sui conti giudiziali e relative responsabilità degli agenti contabili, a cui si aggiunsero i compiti di controllo preventivo prima spettanti al soppresso Controllore Generale. Si aggiunge da ultimo che dopo la unificazione d’Italia (1861), veniva istituita – come accennato in precedenza – con la l. 14 agosto 1862, n. 800, la Corte dei conti del Regno d’Italia, con la stessa competenza dell’omonimo organo dello Stato piemontese, con l’aggiunta della figura del “Procuratore Generale” (già Controllore Generale nella Camera dei conti).

(3) A. De Brun, La Corte dei conti e le sue funzioni di controllo sulla amministrazione dello Stato, Milano, Vallardi, 1912, 2 ss.

L’Autore ricorda che alla l. 14 agosto 1862, n. 800, faceva poi seguito il r.d. 9 ottobre 1862, n. 896, il quale disciplinava il regolamento che stabiliva le divise dei magistrati e ufficiali nelle sedute pubbliche (giubba, panciotto e calzini di panno nero e cravatta bianca), e nelle cerimonie ufficiali (abito da spada di panno turchino, cappello di feltro nero con mappa tricolore, alamari, spadino, ecc.). Successivamente, molto tempo dopo, veniva approvato il r.d. 12 ottobre 1933, n. 1964 (“Approvazione del regolamento per la carriera e la disciplina del personale della Corte dei conti”), che ne poneva in risalto un impianto autorevole e formale.

Si ricorda inoltre che la Corte dei conti, così istituita, iniziava la sua attività a Torino in data 1° ottobre 1862 ed alla inaugurazione, avvenuta in forma solenne, partecipava, oltre al Ministro di grazia e giustizia, Luigi Barbaroux, anche il Ministro delle finanze, Quintino Sella, il quale, rivolgendosi ai magistrati, affermava, tra l’altro, che “La fortuna pubblica è connessa alle vostre cure. Della ricchezza dello Stato, di questo nerbo capitale della forza e della potenza di un paese, voi siete creati tutori. È vostro compito di vegliare a che il potere esecutivo non violi mai la legge; ed ove un fatto avvenga, il quale a vostro alto discernimento paia ad esse contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento”. Il primo presidente della Corte dei conti, Federico Colla, nel discorso di insediamento, ricordava in parti-colare che “La Corte dei conti del Regno d’Italia ha ora compiuto un rito solenne, il quale, più che omaggio alla grandezza della sua missione, Ella considera come pubblico segno del sommo pregio in cui vuol essere tenuto il retto e ben regolato maneggio del denaro e di tutte le altre cose che allo Stato appartengono”. Si ricorda infine, quale dato storico, che con il trasferimento della Capitale d’Italia da Torino a Firenze (l. 11 dicembre 1864, n. 2032) e poi, in via definitiva, a Roma (l. 3 febbraio 1871, n. 33) dopo la presa di Roma da parte dei bersaglieri al comando del generale Cadorna il 20 settembre 1870 e l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia, anche la Corte dei conti venne spostata a Roma. Essa trovava la sua prima sistemazione, come sede, dapprima presso il Monastero delle domenicane, espropriato per l’occasione con decreto reale del 18 agosto 1871. Poi, dopo quasi cinque anni, si trasferì, in data 12 settembre 1876, in un’ala del Palazzo del Ministero delle finanze e del tesoro, di dimensioni notevolissime, fatto costruire appositamente dal Ministro delle finanze Quintino Sella in via XX Settembre. Infine, dopo quasi un secolo, nell’anno 1962, avveniva il trasferimento della Corte dei conti nell’attuale sede, nel quartiere delle Vittorie, zona Prati, inaugurata in forma solenne in data 10 dicembre 1962, con l’intervento del Presi-dente della Repubblica, in contemporanea con la celebrazione del primo centenario dell’istituzione della Corte medesima.

(4) A. Buscema, Il ruolo di garanzia della Corte dei conti e il sistema camerale, cit., 3.

(5) M.L. Lanzafame (a cura di), La prima magistratura dell’Italia unita. Percorso espositivo storico-documentale per i 150 anni della Corte dei conti. 1862-2012, Roma, Corte dei conti, 2012, 2.

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Camillo Benso conte di Cavour (6), convinto fautore della creazione della magistratura contabile, il quale ebbe modo di affermare più volte che “è assoluta necessità concentrare il controllo preventivo e successivo della spesa pubblica in un magistrato inamovibile”. Quindi fin dall’inizio la Corte dei conti, quale magistratura neutrale ed indipendente, veniva percepita quale organo autorevole destinato a rappresentare un presidio sicuro e una garanzia neutrale e terza dell’equilibrio economico-finanziario della spesa pubblica, in particolare attraverso l’esercizio della giurisdizione in materia di conti giudiziali.

2. Elementi di “novità” del nuovo codice di giustizia contabile rispetto al giudizio di conto

La dottrina dominante ha messo in evidenza, con riguardo al “giudizio di conto”, che le “novità” contenute nel nuovo codice, pur non essendo moltissime, in compenso sono molto rilevanti, sotto il profilo strutturale e funzionale, per un suo adeguamento ai principi del giusto processo (art. 4 c.g.c.) ed ai caratteri processuali del controllo giurisdi-zionale automatico ed obiettivo, e con la presenza del p.m. contabile garante di imparzialità e di sana gestione.

Il legislatore ha innovato sulla normativa previdente in particolare con le seguenti disposizioni: a) è stata prevista la tenuta, in apposito sistema informatico (con l’applicativo Sireco) “presso la Corte dei conti di una anagrafe degli agenti contabili” (art. 138, c. 2, c.g.c), in cui devono confluire tutti i dati comunicati dalle amministrazioni e tutte le

Il legislatore ha innovato sulla normativa previdente in particolare con le seguenti disposizioni: a) è stata prevista la tenuta, in apposito sistema informatico (con l’applicativo Sireco) “presso la Corte dei conti di una anagrafe degli agenti contabili” (art. 138, c. 2, c.g.c), in cui devono confluire tutti i dati comunicati dalle amministrazioni e tutte le