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III.2.1. Stile

Le iniziali miniate sono in totale 34 e si possono dividere in iniziali abitate e iniziali decorate, con l’eccezione di un’unica lettera istoriata al fol. 71v, la L che introduce il

corpus di testi di Richart de Berbezill (per l’analisi della quale rimando alla scheda del

foglio corrispondente).

Tutte le lettere emergono da un fondo compatto, a volte ornato da roselline colorate agli angoli, in polvere d’oro, delineato da uno spesso bordo sfumato blu, rosso o verde, che reca decorazioni geometriche in punta di biacca; la cornice, che circonda completamente l’iniziale, risulta o quadrata con i lati leggermente incavati, o tagliata a “gradoni” mistilinei, che circondano le parti terminali delle lettere. Il corpo di queste è spesso zoomorfo: le S sono formate da un unico dragone con bocca spalancata e coda arrotolata, che con le spire incornicia il volto del poeta raffigurato (foll. 14v, 103r, 150r, 214v); le G sono create dalla curva di un drago a due teste (foll. 111v, 275r); altre volte due draghi si mordono a vicenda formando un circolo (fol. 129r). L’uso di dragoni è di memoria romanica, ma riconducibile allo “stile prezioso” sviluppatosi soprattutto a Venezia nella metà del Duecento. I draghi, rossi o blu, hanno, quando presenti, ali di colore diverso e artigli con tocchi di biacca o di nero a sottolinearne orecchie e occhi; inoltre il colore è spesso steso in modo da mimarne la squamosità. Altre lettere sono del tipo “a corpo pieno”, bombato grazie alla sfumatura dei brillanti colori, ornate da tocchi di biacca e scatole con motivi cruciformi, spesso poste a sottolineare l’ampiezza delle curve o il centro delle parti lineari; altre ancora sono “a corpo vuoto”, nelle quali figure più geometriche sono unite simmetricamente da una sorta di

ibidem, 605-606. 137

“cerniere”138. Dalle terminazioni aperte delle lettere, così come dalle bocche dei draghi, nascono poi diversi e vivacissimi tipi di ornato, principalmente fitomorfo, come palmette, foglie a calice e foglie ripiegate su se stesse dai bordi frastagliati, in numerosi e brillanti colori . La campitura interna delle lettere che fa da sfondo ai ritratti è quasi sempre blu, 139

con poche eccezioni che non ritengo significative140; spesso, quando la struttura della lettera divide l’iniziale in due spazi, questi sono colorati alternativamente blu e oro: il blu si staglia di solito dietro la testa del trovatore, mentre l’oro riempie la parte inferiore. Alcune volte lo sfondo interno, quando blu, è arricchito da sottilissime e flessuose decorazioni vegetali a biacca con terminazioni a freccetta, ritenute tipiche dello stile “alla Gaibana” perché ricorrono anche in altri manoscritti attribuiti a questa scuola. Sono peculiari di questo codice, invece, le terminazioni dei gambi in sfere dorate circondate da leggerissime ciglia (vogliono rappresentare dei girasoli?), che ritroviamo nelle iniziali ai foll. 21r, 26v, 47r, 129r, 206v, 208v e 214v .141

Per quanto riguarda le figure, esse sono costruite pittoricamente partendo da una base di verdaccio, con una tecnica detta “alla greca”142, perché derivante dalla miniatura bizantina; l’incarnato è costruito su questa base da lumeggiature, date da tocchi di biacca, e ombreggiature brune, che ne tratteggiano in particolare i volti insistendo sull’arcata sopraccigliare, sotto il mento e in corrispondenza delle guance. Gli abiti sono composti partendo da un leggero e vivace colore di base, spesso armoniosamente abbinato ai colori della struttura litterale, su cui sono aggiunte parti di biacca e tratti di colore più intenso, a volte steso morbidamente (confronta, a titolo d’esempio, la figura al fol. 111v), a volte in maniera più lineare, aguzza (come al fol. 108v), a tracciarne i contorni, le pieghe e i panneggi. Linee di biacca corrono anche a sottolineare scollature e polsini e a volte ricamano negli abiti delicate decorazioni (foll. 26v, 47r, 71v, 206v). Mi sembra possibile distinguere due livelli qualitativi differenti nelle miniature, che potrebbero corrispondere alle mani di due miniatori diversi, entrambi comunque appartenenti alla stessa bottega: il primo di maggiore capacità artistica, l’altro un po’ irrigidito nelle forme, riconoscibili dai

La distinzione tra i due tipi di iniziale si trova in Giordana Mariani Canova, “Un prezioso Antifonario”, 138

9-26.

La struttura di questo tipo di lettere, comuni nell’arte miniatoria veneta del periodo, è stata esaminata 139

principalmente da Mariani Canova in “Il poeta e la sua immagine”, 47-76 e da Fabio Luca Bossetto, Il

Maestro del Gaibana, Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale (2015), 91-93.

Si tratta delle iniziali ai foll. 10r, 12v, 24v, 71v e 137r, che presentano uno sfondo completamente dorato. 140

Mariani Canova, “Il poeta e la sua immagine”, 47-76. 141

ibidem. 142

seguenti dati: trattamento delle mani, che in alcuni casi presentano uno spesso bordo nero, mentre in altri il profilo è dato esclusivamente dall’ocra; delineazione dei dettagli del volto, come gli occhi, più o meno affossati ed espressivi, e le labbra, toccate o no dal rosso; la raffinatezza della stesura della biacca; la proporzione e il dinamismo delle figure; i modi di stesura del colore143.

La decorazione pittorica del manoscritto N si inserisce nella corrente “gaibanesca”, il cui perno è costituito delle miniature dell’Epistolario di Padova del 1259 da parte del Maestro di Gaibana; il canzoniere trobadorico condivide la medesima base bizantina e continua a utilizzare moduli tipici dello “stile Duecento” occidentale; esso vira però verso un tono più cortese, caratterizzato da una vivacità forse di influenza francese. Mi sembra di poter accostare al codice due manoscritti in particolare, dal punto di vista dello stile: l’Antifonario di di San Marco, ora in collezione privata, e il cod. 1101 dell’Österreichische Nationalbibliothek di Vienna. L’Antifonario (FIG. 47, 48) manifesta nelle iniziali, da una solida base di matrice bizantina, un gusto tendenzialmente gotico, soprattutto per la vitalità delle figure e per la naturalezza e la freschezza delle decorazioni vegetali, assimilabili a quelle del manoscritto N, così come la struttura delle lettere, similmente modulata, e la gestualità dei personaggi. Appare diversa la resa delle figure: sempre costruite partendo dal verdaccio di matrice bizantina, nell’Antifonario appaiono decisamente meno toccate dalla biacca, mentre gli abiti sono accesi da forti sbalzi chiaroscurali che mancano nel canzoniere trobadorico. È stata ipotizzata, per i due codici, la stessa bottega artistica: entrambi appaiono meno evoluti nella decorazione rispetto all’Epistolario padovano; sono stati quindi datati al secondo quarto del Duecento, per dar loro una distanza temporale che li allontani leggermente dal 1259144.

Di diversa opinione Mariani Canova: “le iniziali miniate poste a capo delle diverse parti appaiono tutte 143

della stessa mano, dimostrando che il manoscritto venne concepito, almeno al momento del definitivo allestimento, come un’opera unitaria e di pregio” (Mariani Canova, “Il poeta e la sua immagine”, 70).

L’accostamento tra il canzoniere N e l’Antifonario è stato fatto per primo da Giovanni Valagussa, “Alcune 144

novità”: 3-22, in cui lo studioso ipotizzava addirittura una stessa mano; per l’analisi dell’Antifonario vedi Mariani Canova, “Un prezioso Antifonario”, 9-26, in cui viene fissato un termine post quem al 1232, per ragioni liturgiche; si veda anche Bossetto, Il Maestro di Gaibana, 17-18. L’ipotesi di una stessa bottega si trova in Mariani Canova, “La miniatura di età ezzeliniana in Veneto” in Ezzelini, 59-65. La studiosa ha poi cambiato opinione, proponendo per il canzoniere una datazione più avanzata; per la storia critica si veda

Il cod. 1101 di Vienna145 (FIG. 49, 50) mi sembra così vicino al manoscritto N da poter ipotizzare la stessa bottega: anche se i colori sono più decisi e scuri e manca lo sfondo dorato (rimpiazzato dal rosso squillante o dal nero), la struttura delle lettere è la medesima, con sezioni modulari unite da cerniere e dalle “scatole” con decorazione cruciforme, da cui nascono, allungandosi per la pagina, sinuose forme vegetali con gli stessi motivi del canzoniere; compaiono anche i draghi a completare le lettere o a costituirne l’intero corpo, uguali in ogni dettaglio; le figure presentano una gestualità pressoché identica; i volti, che esprimono la stessa decisa vitalità, lasciano trasparire il fondo di verdaccio e compaiono anche qui piccoli tocchi di rosso a colorare le labbra e le guance, con gli stessi occhi infossati e la forma del viso allungata; gli abiti sono costruiti come quelli dei trovatori, partendo da un colore leggero su cui sono aggiunte linee bianche e fasce più scure a mimare le pieghe; anche le tipologie sono le stesse: abiti lunghi più stretti in vita e mantelli di vaio, vestiti drappeggiati all’antica altrove. Tuttavia una generale maggiore staticità, sia nelle figure sia nelle strutture, e un rigidità più accentuata delle forme potrebbero suggerire per il manoscritto di Vienna una datazione più arretrata rispetto a quella del canzoniere N146.

III.2.2. Iconografia

Vi sono nel manoscritto quattro iniziali, ai foll. 75r, 87v, 127r e 211r, che non ospitano figure, ma esclusivamente una decorazione di tipo vegetale: si tratta di tre M e di una T. È probabile che il miniatore abbia evitato una decorazione figurativa per motivi di rispetto religioso: la M, divisa in due parti da una sostanziosa stanga centrale, suggerirebbe la presenza di due figure pericolosamente equivocabile con il soggetto sacro

Alessandro Conti in La miniatura bolognese. Scuole e botteghe 1270- 1340, Bologna: Edizioni Alfa 145

(1981), 19, collegava il manoscritto di Vienna alla scuola del Gaibana e lo riteneva padovano in base alla scrittura, mentre in “Problemi di miniatura bolognese” in Bollettino d’Arte, n. 2 (1979), a pagina 26, nota 43 avvicinava il canzoniere N a certa miniatura dell’Italia Sveva, che richiama alla mente il “Miniatore svevo” del ms. Plut.1 dex.9 della Laurenziana (FIG. 65), anche citato da Conti nello stesso articolo; Valagussa in “Alcune novità”, 4-5 colloca il cod. 1101 di Vienna semplicemente nello stesso giro di anni del canzoniere N e dell’Antifonario di San Marco, cioè intorno al 1250, insieme al Vangelo Plut.3 dex.9 e alla Bibbia Conv. Soppr. 593 (FIG. 66) entrambi della Biblioteca Laurenziana di Firenze. Per l’analisi del ms. Plut.1 dex.9 e del Vangelo Plut.3 dex.9 si veda in particolare Sonia Chiodo, Ad usum fratris… Miniature nei manoscritti

laurenziani di Santa Croce (secoli XI-XIII). Catalogo della mostra, Firenze, 18 marzo-25 giugno 2016.

Firenze: Mandragora (2016): 110 (cat. 7e) e 128 (cat. 7n). Per la miniatura bolognese, oltre ai testi sopracitati si veda anche Massimo Medica (a cura di), Duecento. Forme e colori del Medioevo a Bologna. Catalogo

della mostra, Bologna, 15 aprile-16 luglio 2000, Venezia: Marsilio (2000).

Ringrazio la professoressa Sonia Chiodo per i suoi preziosi consigli sul confronto tra i due manoscritti. 146

dell’Annunciazione, spesso inserito in questa lettera147; la T è invece l’iniziale del “Te igitur”, incipit del Canon Missae, spesso miniato con un crocifisso, di cui la lettera richiama la sacra forma148. Si nota che la regola di aniconicità della T non è valsa in occasione dell’iniziale al fol. 55r, in apertura alla sezione dedicata a Folquet de Marseilla, che ospita il ritratto del trovatore149.

Delle 11 iniziali abitate nella prima parte del manoscritto in cui le sezioni sono divise per genere, 5 D iniziali della parola “dompna” ospitano la figura di una dama; si può supporre che siano ritratti fittizi della donna a cui la poesia è indirizzata, l’amata a cui si rivolge il poeta . Altre 5 ospitano ritratti maschili, i quali, con l’eccezione della figura al fol. 47r, 150

recano in mano il bastonet, oggetto che li identificherebbe come gli autori del testo corrispondente; si possono considerare ritratti dei trovatori anche tutti quelli all’interno delle iniziali poste in apertura delle sezioni divise per autore, nella parte lirica del canzoniere, tradizione mutuata dall’illustrazione delle Bibbie atlantiche italiane in età tardo romanica, che presentavano il fittizio ritratto dell’autore, a figura intera o di tre quarti, all’inizio di ogni libro151; un ulteriore indizio dell’identificazione autoriale sarebbe la sostanziale uguaglianza delle figure ai foll. 1r e 66r, entrambe raffiguranti Arnaut de

Se ne possono osservare esempi soprattutto negli Antifonari, come al fol. 188r del ms .A 15 della 147

Biblioteca Capitolare di Padova (Giovanna Baldissin Molli, Giordana Mariani Canova e Federica Toniolo (a cura di), La miniatura a Padova dal Medioevo al Settecento. Catalogo della mostra di Padova- Rovigo, 21

marzo- 27 giugno 1999, Modena: Franco Cosimo Panini (1999): 91), e altri, benché leggermente più tardi, nel

frammento di Antifonario umbro del 1320-30, BM 2541, presso la collezione McCarthy (Gaudenz Freuler,

The McCarthy Collection, vol. 1, Londra: Paul Holberton Publishing (2018): 170); nel foglio staccato da

Antifonario di ambito veneto del 1330 circa, inv. 22160 della Fondazione Giorgio Cini e, presso la stessa, nell’iniziale ritagliata da Antifonario toscano degli anni ’90 del ‘300, inv. 2201 (Massimo Medica e Federica Toniolo (a cura di), Le miniature della Fondazione Giorgio Cini, Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale (2016): 151-152 e 284-285).

A questo proposito confronta Otto Pächt, La miniatura medievale. Una introduzione, Torino: Bollati 148

Boringhieri (2013): 55-57, in cui l’autore riporta la testimonianza di papa Innocenzo III che dimostra come il duplice carattere di questa iniziale fosse sentita coscientemente.

Vedi infra: III.2.2.1 L’iniziale di Folquet de Marseilla. 149

Nutro alcuni dubbi sul genere della figura nell’iniziale al fol. 10r, che introduce il frammento del Roman de 150

Jaufre: la pettinatura sembra indicare un’identità femminile, con la quale concorda BEdT, ma l’abbigliamento

e la presenza del bastonet potrebbero indirizzare verso un ritratto maschile.

Così ancora la Bibbia gigante della basilica di San Marco (Venezia, Biblioteca Marciana, Lat. I, 1-4). 151

Confronta Carl Nordenfalk, Storia della miniatura. Dalla tarda antichità alla fine dell’età romanica, Torino: Einaudi (2012): 241-242; Francesca Flores d’Arcais (a cura di), La pittura nel Veneto. Le origini, Milano: Mondadori Electa (2004), 234-235.

Maroill, e di quelle ai foll. 111v e 275r, probabili ritratti di Gaucelm Faidit152. Costituiscono un’eccezione le due B ai foll. 27v e 218r, la seconda posta all’inizio del corpus di Raimon de Miraval, che presentano due ritratti nelle due pance della lettera, un uomo in quella superiore, una donna in quella inferiore; altre B nel manoscritto presentano, invece, una decorazione astratta nella pancia superiore e un ritratto maschile in quella inferiore; non ho trovato alcun significato particolare da attribuire a questi doppi ritratti, anche in rapporto ai testi che introducono: potrebbero essere semplicemente varianti delle B con un singolo personaggio.

Tutti i ritratti all’interno delle lettere abitate, con la significativa eccezione di Folquet de Marseilla, sono tagliati in corrispondenza del busto o delle ginocchia, dettaglio che diversifica il manoscritto N dagli altri canzonieri trobadorici miniati, nei quali i trovatori sono normalmente rappresentati a figura intera: si tratterebbe di una scelta che dona alle immagini un tratto più arcaizzante. Seppur i ritratti nelle iniziali appaiano completamente stereotipati, si differenziano tra loro grazie a vari elementi che il miniatore usa sapientemente in maniera modulare: la presenza o meno del bastonet , l’abbigliamento 153

del personaggio, che varia dalla veste semplice al mantello di vaio; soprattutto appare particolarmente variata e accentuata la gestualità delle figure, che si muovono nelle iniziali in maniera raffinata, elegante, perfettamente adeguata al contesto cortese del manoscritto: tirano il cordoncino del mantello, si aggrappano morbidamente alla struttura della lettera, sollevano il digitus argumentalis o tengono una mano aperta davanti a sé, nel gesto tipico della parola. Ciò che emerge sia dal confronto con gli altri canzonieri miniati sia dalla lettura delle vidas154 (che sono assenti nel canzoniere), è che gli elementi aggiunti ai ritratti

sono completamente avulsi dalle biografie, vere o fittizie, dei trovatori e dai testi poetici riportati; è quindi probabile che le vidas, composte in ambiente trevigiano intorno alla metà

Mentre i ritratti di Arnaut de Maroill sono posti in testa a due suoi componimenti, l’immagine al fol. 111v 152

introduce genericamente l’ultima parte del canzoniere, dedicata alle tenzoni: benché il primo testo sia opera di Aimeric de Peguillan, il suo incipit Gaucelm Faidit, de dos amics corals (BEdT 10,28) spiega la corrispondenza pittorica di questa iniziale con quella che introduce il corpus del trovatore.

Meneghetti riporta come questo oggetto sia simbolo del successo ottenuto dal trovatore che lo porta e lo 153

attribuisce, nel manoscritto N, ad Arnaut de Maroill e Uc de Saint Circ (Il pubblico dei trovatori, 249, nota 15); in realtà è presente nelle iniziali di molti altri trovatori e, dato il carattere vago di queste, non credo sia possibile assegnargli un particolare significato. L’attributo del bastone nell’iconografia dei trovatori sembra derivare dalla figura dell’insipiens dei Salmi, che nel tempo viene gradualmente sostituita da quella del giullare; vedi Marco Assirelli, “L’immagine dello ‘stolto’ nel Salmo 52” in Il codice miniato. Rapporto tra

codice, testo e figurazione, Atti del III Congresso di Storia della Miniatura, Cortona, 20-23 ottobre 1988, a

cura di Melania Ceccanti e Maria Cristina Castelli. Firenze: Leo S. Olschki Editore (1992): 19-34.

Le vidas e le razos trobadoriche sono tutte raccolte in Jean Boutiere e A. H. Schutz, Biographies des 154

del XIII secolo, abbiano iniziato a circolare successivamente rispetto almeno all’ideazione del progetto iconografico di N155.

III.2.2.1. L’iniziale di Folquet de Marseilla156

L’iniziale abitata del fol. 55r apre la sezione delle poesie del trovatore marsigliese Folquet de Marseilla. Come si diceva, essa presenta delle caratteristiche uniche rispetto alle altre iniziali del manoscritto N: la lettera T, altrove decorata esclusivamente in modo astratto, contiene l’unico ritratto a figura intera con attributi che rendono riconoscibile il personaggio. Lachin157 ha osservato come questa iniziale sia di dimensioni doppie rispetto alla media delle altre; queste caratteristiche, aggiunte all’usura a cui sembra essere stato sottoposto il fol. 55r, fanno pensare che potesse essere questo il foglio d’apertura originale del codice e che quindi quest’ultimo appartenesse alla categoria delle Folquet-Sammlungen, i canzonieri che, secondo Avalle158, sono stati ordinati in base a un criterio religioso.

La T che ospita Folquet ha evidentemente la forma di una croce: presenta una sorta di cuspide sulla sommità e sporgenze tondeggianti e acute al fondo del braccio orizzontale che ricordano da vicino la forma dei crocifissi lignei o delle croci d’altare del periodo. Il personaggio presenta gli attributi di vescovo sopra l’abito e ha la mano sinistra alzata al cielo in segno di preghiera; è probabile che il miniatore fosse a conoscenza della reale vicenda biografica di Folquet, piuttosto che della vida tramandata: Folquet, nato intorno al 1160, era stato un mercante operante in zona marsigliese, le cui condizioni agiate gli avevano permesso di coltivare la poesia liberamente, senza le preoccupazioni di sussistenza e protezione che afflissero molti altri trovatori; fu comunque in buon rapporto con numerosi signori della fine del XII secolo. Tra il 1195 e il 1196 ebbe inizio la sua svolta religiosa: insieme ai figli e alla moglie decise di prendere gli abiti da cistercense presso il convento di Le Thoronet, di cui divenne presto abate; nel novembre del 1205, nel pieno della crisi del Mezzogiorno francese, viene nominato da papa Innocenzo III vescovo di Tolosa. In questa

Huot in “Visualization and Memory”, 3, sostiene invece che è probabile che il miniatore conoscesse le 155

vidas; non credo tuttavia ce ne sia alcuna evidenza.

Stephen G. Nichols afferma che, poiché Folquet de Marseilla aveva completato il suo corpus poetico prima 156

di diventare vescovo, non è sicuro che l’iniziale si riferisca a lui e ipotizza che potrebbe trattarsi di Raimondo della Torre, il quale fu a capo del patriarcato di Aquileia, che comprendeva Padova, dal 1273 al 1299, o per lo meno l’iniziale potrebbe fare riferimento a entrambi i personaggi; Stephen G. Nichols, “Art” and “Nature”: Looking for (Medieval) Principles of Order in Occitan Chansonnier N (Morgan 819)” in The Whole Book.

Cultural Perspectives on Medieval Miscellany, a cura di Stephen G. Nichols e Siegfried Wenzel, University of

Michigan Press (1996): 105.

Lachin, “La composizione materiale”, 595-598. 157

Avalle, La letteratura medievale in lingua d’oc, 91-92. 158

veste si impegnò in un’intensa campagna di predicazione, insieme a Domenico di Guzmán, contro la dilagante eresia catara. Nel 1208 venne proclamata dal pontefice la crociata antialbigese, affidandone la spedizione a Simone di Montfort; Folquet si appoggiò all’esercito mandato dal papa per portare a termine ciò che la sola forza della predicazione non era riuscita a fare: ripristinare il primato della Chiesa; la popolazione infatti non aveva risposto bene alla sua elezione, e più volte lo aveva scacciato da Tolosa. Durante le dolorose vicende della guerra, Folquet de Marseilla si tenne sempre vigorosamente dalla parte dell’esercito crociato, tanto da diventare uno dei protagonisti della Canso de la

crosada, nella quale viene paragonato addirittura all’Anticristo: “semba mielhs Antecritz /

que messatges de Roma” ; diede un contributo importante alla pace di Meaux-Paris del 159

1229, sollecitando inoltre la fondazione dell’Università di Tolosa. Morì il 25 dicembre 1231160.

Folquet godette successivamente di grande apprezzamento da parte dei primi rappresentanti della letteratura volgare italiana, di cui era considerato l’ispiratore per il suo stile retorico dai toni moraleggianti, per il suo gusto per personificazioni, antitesi e tecnicismi formali, per la coerenza con cui ordina il suo pensiero nei componimenti, indicando un preciso

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