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IL CANZONIERE MS. M.819 DI NEW YORK

Il canzoniere trobadorico ms. M.819 della Morgan Library & Museum di New York costituisce un’importante testimonianza della lirica occitanica per l’ampiezza della scelta testuale operata dal collettore e soprattutto, per quanto riguarda la nostra ricerca, un’eccezionale prova artistica. La sua decorazione è articolata in due differenti apparati: in primo luogo le iniziali decorate, che si pongono sulla linea della tradizione del ritratto dell’autore posto all’interno della lettera che inizia la sua opera, tradizione già condivisa da Bibbie di età romanica che continua in ambito laico con i canzonieri miniati, che presentano, praticamente tutti, un’ornamentazione di questo tipo. In secondo luogo è presente un’intensa glossa figurata posta nei suoi margini, che rappresenta l’aspetto più originale di questo codice e che si pone, se non come un unicum, come uno dei commenti miniati più complesso e originale della tradizione scritta romanza del periodo. Esso trova un contrappunto di altezza intellettuale simile esclusivamente nelle illustrazioni dei Salteri: anche il loro linguaggio, essendo denso di metafore e invenzioni retoriche che rinviano all’aspetto visuale della lingua, si presta a una critica e a un’esegesi che trovano nell’illustrazione la loro più naturale disposizione espressiva. Il più celebre degli esempi, benché molto distante cronologicamente dal canzoniere N, è il Salterio di Utrecht (Utrecht, Universiteitsbibliotheek, Cat. Cod. ms 32), nel quale uno sfondo paesaggistico comune, che corre liberamente nei margini, raccoglie numerosi elementi che si collegano ai testi “per rendere visibili le associazioni di idee suscitate dalla parola”. L’artista traduce graficamente i pensieri del salmista attraverso una riflessioni di tipo letterale, oppure attraverso nessi allegorico-tipologici che rendono l’immagine una stratificazione di significati che, attraverso lo studio dell’iconografia rapportata al testo stesso, meritano di essere sciolti. La riflessione che sottende all’illustrazione dei Salmi è la medesima che muove l’artista del canzoniere: “volendo dipingere pensieri, non prende le parole in senso figurato, ma prende le figure in parola.”111

III.1. STORIA E COMPOSIZIONE

Il codice ms. M.819 è stato uno dei canzonieri trobadorici meno studiati, probabilmente a causa della sua complessità, dovuta in parte all’incompletezza di quasi ogni sua parte,

Le due citazioni sono da Otto Pächt, La miniatura medievale. Una introduzione, Torino: Bollati 111

difetto che l’ha reso meno utile di altri in un’ottica di analisi complessiva della fenomenologia materiale della letteratura occitanica. L’occasione e i protagonisti della sua nascita sono ancora avvolti nella nebbia; la copia di un documento storico, trascritta sul fol. 52v del canzoniere N, può però essere considerata un punto d’inizio per le ricerche finora condotte da Giuseppe Frasso : il foglio rappresenta la trascrizione di un atto imperiale 112

datato 9 aprile 1354 con cui l’imperatore Carlo IV concede la cittadinanza mantovana a Giacomino Painelli, su insistente richiesta del figlio Andrea “de Painellis de Godio”. Costui, Andrea da Mantova, è conosciuto per essere il destinatario di due delle lettere

Familiari (libro V, 11 e 12)113 e di una lettera Metrica (libro III, 26)114 di Petrarca. Andrea era ambasciatore per i Gonzaga, a nome dei quali si era recato in missione diplomatica presso l’imperatore, ottenendo in seguito il titolo di conte e le terre intorno a Goito; venne definito da Antonio Nerli, arciprete della basilica di sant’Andrea, come “vate egregio”, epiteto che lo identifica come poeta esperto; fino al 1369 rimase agente diplomatico dei Gonzaga e fidato dipendente all’interno della cancelleria imperiale. È in questo periodo di crescita professionale che Andrea riuscì a ottenere il diploma imperiale che assicurava la cittadinanza mantovana al padre e a tutti i suoi discendenti. Frasso ipotizza che Giacomino abbia fatto copiare la carta imperiale (probabilmente da Andrea stesso, stando alla mano della pagina, che è l’unica in tutto il manoscritto a essere stilata in littera notularis italiana del XIV secolo) su uno dei codici più preziosi della sua collezione, a perpetuo ricordo dell’onore toccato a lui e alla sua famiglia.

La fortuna dei Painelli si concluse però nel 1383-84. Con la deposizione di Bernabò Visconti da parte del nipote Gian Galeazzo a Pavia, Agnese, figlia di Bernabò, divenne scomoda al marito Francesco Gonzaga: venne quindi condannata a morte per adulterio; Andrea da Mantova, che nel 1380 era stato addetto diplomatico alle trattative per il matrimonio, venne anch’egli giustiziato e i suoi beni confiscati, entrando così a far parte del patrimonio signorile . Il codice N si trovava sempre nella biblioteca ducale quando venne 115

Giuseppe Frasso, “Petrarca, Andrea da Mantova e il canzoniere provenzale N” in Italia medioevale e 112

umanistica, XVII, Padova (1974), 185-205.

Ugo Dotti (a cura di), Francesco Petrarca. Le Familiari, Urbino: Argalìa editore, 1974, 562-567. 113

Francesco Petrarca, Poesie minori, vol. I, Milano: Società tipografica de’ classici italiani (1829): 124-135. 114

Confronta anche Ubaldo Meroni (a cura di), Mostra dei codici gonzagheschi. La biblioteca dei Gonzaga 115

studiato da Mario Equicola, Angelo Colocci e Pietro Bembo all’inizio del XVI secolo; in 116

seguito passò nella collezione MacCarthy-Reagh di Tolosa, poi a Londra, presso la collezione di Richard Heber; nel 1836 divenne proprietà di sir Thomas Phillipps a Middlehill e, dopo la sua morte, venne accolto nella biblioteca di Cheltenham dal genero, il rev. John Fenwich, presso il quale venne acquistato nel 1946 dalla Morgan Library & Museum di New York, dove è conservato tuttora con la sigla ms. M.819 .117

La composizione materiale del codice è stata trattata con dovizia da Giosuè Lachin nel suo intervento al convegno di filologia romanza di Messina nel 1991118 a cui attingo ampiamente, insieme alle informazioni fornite dalla BEdT e dalla scheda MAFRA , per 119

questa parte dedicata alla cosiddetta “filologia materiale”, che non ha assolutamente la pretesa di essere esaustiva, ma vuole costituire una sintetica quanto necessaria introduzione all’analisi iconografica e alla ricerca storico-artistica che seguiranno, le quali, essendo legate ai disegni presenti nel manoscritto e al rapporto di questi sia con l’astrattezza delle parole sia con la loro concretezza grafica, si basano necessariamente sul carattere propriamente fisico, materiale appunto, del codice120.

Il manoscritto membranaceo M.819 consta di 296 carte di mm. 263x195, numerate a matita al momento dell’ingresso del codice nella Morgan Library da 1 a 296, mentre vi è una foliazione ottocentesca, a penna, da 1 a 293, che conta tre errori di ripetizione; entrambe le numerazioni si basano sull’ultima legatura, anch’essa ottocentesca, sicuramente diversa dall’originale. Il codice ha due guardie anteriori e due posteriori, cartacee e moderne; sulla prima anteriore è presente la scritta “M819. Chansonnier. Provençal. Italian / Late XIII century”, mentre sulla seconda è riportato il numero romano “II”121. Attualmente il codice è rilegato in 37 fascicoli quaternioni: 10 quaderni, un undicesimo quaderno all’interno del quale sono stati legati due bifolî, per un totale di dodici carte, ancora 25 quaderni ed un

Frasso, “Petrarca, Andrea da Mantova”, 200-201; recenti studi hanno provato che Angelo Colocci, che si 116

riferiva al manoscritto chiamandolo “Libro di Equicola”, ha lasciato sul codice alcune postille e annotazioni; vedi a questo proposito Maria Careri, “Angelo Colocci e il canzoniere provenzale N” in “Or vos conterons

d’autre matiere”. Studi di filologia romanza offerti a Gabriella Ronchi, Roma: Viella (2017): 87-90 e la

bibliografia riportata.

Frasso, “Petrarca, Andrea da Mantova”, 201 e note. 117

Giosuè Lachin, “La composizione materiale del codice provenzale N (New York, Pierpont Morgan Library, 118

M 819)” in La Filologia Romanza e i Codici, Atti del Convegno, Messina, 19-22 Dicembre 1991. Messina: Editrice Sicania (1992), 589-607.

https://www.mirabileweb.it/risultati.aspx?cpage=ASP.p_romanzo_aspx.pinfo (da ora in avanti MAFRA). 119

Vedi, per approfondimento, infra, capitolo III.4. Tabella dei contenuti. 120

MAFRA 121

ternione finale, bianco dal rigo 293b21 sino alla fine. I primi sei fascicoli contengono testi non lirici, il settimo discordi, mentre l’antologia lirica vera e propria, che comincia con Folquet de Marseilla, occupa i restanti fascicoli; gli ultimi tre contengono un’antologia di testi dialogati. Vi è una lacuna di due carte, forse il bifolio centrale del quarto fascicolo, tra i foll. 26 e 27; una seconda lacuna, di dimensioni imprecisate, è tra i foll. 259 e 260. Un’importante serie di interversioni di carte si è avuta nei fascicoli trentunesimo e trentatreesimo122. Lo specchio di scrittura è di mm. 180x130, con 27 o 28 righe per pagina, stilate su una rigatura a secco visibile solo in qualche punto del testo. La scrittura utilizzata è la littera textualis, con angolosità variabile che fa pensare alla presenza di due o più scribi; sono frequenti i cambi d’inchiostro, il cui colore spazia dal marrone al nero123. Sono usati nel manoscritto due diversi modi di impaginazione, uno per i testi non lirici, l’altro per i testi lirici. I testi non lirici, presenti dal fol. 1r al fol. 29r, sono disposti con un verso per rigo su una o due colonne, a seconda della lunghezza del verso stesso; vi sono nove sezioni ordinate per genere, ognuna introdotta da una capitale miniata o da righe bianche ad essa destinate; a volte i paragrafi sono divisi tra loro da iniziali colorate e decorate in punta di penna. Le sezioni sono: l’ensenhamen Razons es e mesura di Arnaut de Maroill (BEdT 30,VI) e l’ensenhamen El termini d’estiu di Garin lo Brun (BEdT 163,I), che costituiscono un’unica sezione in quanto introdotti dalla stessa lettera miniata; un frammento del Roman

de Jaufre; un salut anonimo (BEdT 461,I)124; un frammento del Judici d’amor di Raimon Vidal (BEdT 411,II)125 introdotto dalla rubrica “Novas imperials”; un comjat di Falquet de Romans (BEdT 156,I) introdotto dalla rubrica “Comiat”; un componimento anonimo adespoto (BEdT 461,V)126; un salut attribuito ad Arnaut de Maroill (BEdT 30,III)127

introdotto dalla rubrica “De bons salutz”; un salut frammentario attribuito in maniera

Giosuè Lachin, Il trovatore Elias Carel, Modena: Mucchi Editore (2004), 38 nota 34. 122

MAFRA 123

Il testo è presente esclusivamente in questo manoscritto; confronta Francesca Gambino (a cura di), Salutz 124

d’amor. Edizione critica del corpus occitanico, Roma: Salerno editrice (2009): 606-623.

Giuseppe Tavani, “Sulla tradizione manoscritta del Judici d’amor di Raimon Vidal. Le testimonianze 125

parziali di LN e l’apporto dei frammenti” in Critica del testo, XIX /1 (2016): 27-48.

Lachin, “La composizione materiale”, 603, lo definisce un comjat, probabilmente associandolo alla rubrica 126

precedente; il BEdT lo riporta come un salut d’amor; Anna Radaelli infine lo considera un donnejaire in Gambino, Salutz d’amor, 700-733.

Vedi Gambino, Salutz d’amor, 310-353. 127

controversa (BEdT 17,I)128; un frammento dialogato del cosiddetto Roman du comte de

Toulouse (BEdT 461,g) ; un salut adespoto attribuito da Suchier ad Aimeric de Peguillan 129

(BEdT 10,I)130. Dal fol. 31r al 46v è presente infine un frammento della Cort d’Amor (BEdT 461,c)131, narrazione didattico-allegorica che compare esclusivamente in questo manoscritto: il frammento è ricopiato su una pergamena diversa rispetto al resto del codice, è interrotto improvvisamente e non presenta alcuna decorazione: questi dati potrebbero far pensare a un’interpolazione delle pagine132.

I testi lirici si dividono per autore e si presentano su due colonne, seguendo in maniera imperfetta per tutto il resto del codice le seguenti linee generali: l’iniziale del primo testo della sezione è una lettera capitale con miniatura; a destra della miniatura è presente una rubrica esordiale in oro che riporta il nome dell’autore; i testi successivi al primo hanno una rubrica rossa che indica il nome del trovatore e sono segnalati da una grande iniziale decorata con filettature in rosso e blu in punta di penna; anche l’inizio delle singole coblas è segnato da un’iniziale con le stesse caratteristiche, ma di dimensioni minori; ogni verso è delimitato da un tocco rosso nella lettera d’inizio e dal punto metrico finale, mentre si va a capo alla fine della cobla. I primi testi a seguire questa regolamentazione sono i descortz, ossia le canzoni cosiddette “discordi”, che occupano i fogli dal 47r al 52v e che si aprono con un’iniziale abitata, ma che sono riuniti, appunto, per genere; seguono due fogli bianchi; al fol. 55r iniziano dodici sezioni d’autore (tra parentesi è presente il numero dei componimenti presenti per ogni autore): Folquet de Marseilla (19); Arnaut de Maroill (12); Richart de Berbezill (6); Peirol (24); Peire Vidal (26); Peire Milo (10); Uc de Saint Circ (7); Gaucelm Faidit (26); Albertet de Sestaro (3); Daude de Pradas (14); Bernart de Ventadorn (25); Aimeric de Pegulhan (23). Ognuna delle sezioni d’autore inizia con capitale miniata; questa parte dimostra continuità, sempre con qualche imperfezione, sino al fol. 162v, che

Luca Barbieri, discostandosi dalla precedente attribuzione ad Alegret, considera prudente lasciare il salut 128

all’anonimato, ritenendolo vicino allo stile degli imitatori di Arnaut de Maroill; Gambino, Salutz d’amor, 690-693.

BEdT riporta come sia stato identificato da Field e Zufferey come un frammento del romanzo perduto di 129

“Andrieu de Fransa” o “Andrieu de Paris”.

Il testo è tramandato esclusivamente dal manoscritto N; Luca Barbieri si discosta dall’attribuzione di 130

Suchier, avvicinando il testo alla produzione di Arnaut de Maroill; Gambino, Salutz d’amor, 654-675. Vedi Matthew Bardell (a cura di), La Cort d’Amor. A Critical Edition, Oxford: Legenda (2002). 131

Lachin, “La composizione materiale”, 604. Possiamo aggiungere che Bardell ha notato nel testo la 132

presenza di gallicismi, altrove assenti, che gli fanno ipotizzare la copiatura da un manoscritto francese, tesi supportata dalla natura stessa dell’opera: le narrazioni allegoriche in occitano sono rarissime, mentre assai diffuse erano nel Nord della Francia; Bardell, La Cort d’Amor, 4.

rimane in parte bianco e che sembra segnare una cesura nel canzoniere; la nuova parte inizia con la sezione dedicata a Guiraut de Borneill e si conclude al fol. 202v così comprendendo altre quattro sezioni autoriali: Guiraut de Borneill (43); Arnaut Daniel (9); Guillem Ademar (5); Guillem de Saint Leidier (5), senza differenze sostanziali rispetto alla parte precedente. Altre diciannove sezioni d’autore sono presenti dal fol. 203v al fol. 274r: Gui d’Uisel (5); Perdigo (4); Lamberti de Buvalel (4); Gausbert de Poicibot (7); Pons de Capdoill (6); Raimon de Miraval (20); Graf von Poitiers133 (5); Castelloza (6); Graf von Poitiers (5); Uc Brunet (6); Cadenet (5); Peire Raimon de Toloza (3); Guillem de la Tor (6); Bertran de Born (5); Raimbaut d’Aurenga (9); Peire d’Alvergne (7); Aimeric de Belenoi (6); Elias Cairel (7); Marcabru (11)134; in questa parte si interrompono completamente le applicazioni dorate; inoltre dal fol. 223r mancano anche tutte le rubriche e le iniziali, anche se viene lasciata una linea bianca alla fine di ogni poesia, dove avrebbe dovuto trovarsi la rubrica, e un piccolo cerchio è disegnato nei margini al posto delle iniziali mancanti135. Lachin afferma che la sezione di Bertran de Born è da considerarsi mutila a causa della mancanza di un intero fascicolo: al fol. 249r è infatti presente la fine di un sirventese del trovatore il cui inizio non è rintracciabile altrove nel manoscritto, preceduta inoltre dalla fine di un componimento di Raimbaut d’Aurenga, la cui sezione inizierebbe formalmente soltanto al fol. 254v; ulteriore prova della mutilazione sarebbe il fatto che soltanto nella parte dedicata a Bertran sono state eseguite rubricature e iniziali colorate: molto probabilmente ci troviamo di fronte a un errore di legatura: la sezione di Bertran de Born, di cui comunque risulta mancante la parte iniziale, avrebbe dovuto essere inserita anteriormente nel manoscritto136. Dal fol. 275r inizia invece la sezione delle tenzoni, 34 componimenti con “interlocutore esplicito”, anch’essi considerati come testi lirici e conseguentemente impaginati, anche se ordinati per genere (come i descortz); la sezione comincia con un’iniziale abitata ed è caratterizzata nuovamente dall’intervento del rubricatore per quanto riguarda la scritta dorata “partimenz” a destra della miniatura e le iniziali dei componimenti e delle coblas.

Mi attengo, come per tutti gli altri, alla dicitura dei nomi riportata dalla BEdT; tuttavia specifico, per 133

chiarezza, che si tratta del primo trovatore Guglielmo IX d’Aquitania.

cfr. Lachin “La composizione materiale, 596-602, e BEdT. La sezione posta sotto il nome di Lamberti de 134

Buvalel inizia in realtà con una canzone di Raimbaut d’Aurenga (BEdT 389,38a), le due seguenti appartengono a Lamberti (BEdT 281,8 e 281,4), mentre l’ultima è attribuita a Daude de Pradas (BEdT 124,9). Inoltre si nota come in questa parte lo scriba abbia copiato due volte la sezione di Graf von Poitiers cambiando però l’ordine dei componimenti.

BEdT 135

Lachin, “La composizione materiale”, 600-602. 136

Il progetto che sottosta alla stesura del canzoniere N è molto ambizioso, sia da un punto di vista letterario, dato il grande numero di antologie trobadoriche riportate oltre all’iniziale florilegio, sia da un punto di vista artistico; esso appare però non perfettamente portato a termine: le iniziali decorate sono incomplete e lo stesso può dirsi dei disegni marginali che costellano il codice, alcuni lasciati allo stato di schemi grafici tracciati in punta di penna. L’incompletezza è attribuita da Lachin a un probabile scarso coordinamento a livello di

scriptorium, che avrebbe portato il codice, di committenza signorile, a essere usufruito in

seguito in ambito borghese, con scopi diversi da quelli per cui era stato progettato137.

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