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Il decorso del tempo e l’adattamento del minore al nuovo ambiente di vita Il fattore tempo incide notevolmente sulla tutela dell’interesse del minore sottratto.

4. Il superiore interesse del minore a un sereno sviluppo psicofisico: le cause ostative al rimpatrio

4.1. Il decorso del tempo e l’adattamento del minore al nuovo ambiente di vita Il fattore tempo incide notevolmente sulla tutela dell’interesse del minore sottratto.

L’impianto convenzionale si fonda sulla convinzione che la miglior protezione riconoscibile al bambino illecitamente allontanato dal proprio ambiente di vita sia il tempestivo ritorno alle sue abitudini, le sue relazioni, il suo status precedente all’illecito. Tuttavia la coincidenza tra interesse superiore del minore e ritorno nel luogo di residenza abituale fonda la presunzione giuridica propria del sistema internazionale che lotta contro la sottrazione di minore solo nel caso in cui la reazione all’illecito sia tempestiva. Il genitore che subisce l’illecito trasferimento del figlio ha l’onere di reagire immediatamente al torto subito, attivando le dovute sedi procedimentali e processuali per ottenere il ritorno del minore. Solo in questo modo il ritorno del bambino sottratto deve essere necessariamente ordinato poiché integra la migliore risposta per alleviare il trauma del brusco cambiamento di vita.

L’art. 12 della Conv. Aja 1980 stabilisce, quindi, che il ritorno del minore non possa essere disposto se decorso un tempo superiore a un anno dalla sottrazione internazionale e il bambino si sia successivamente integrato nel nuovo ambiente di vita. Elementi strutturali di questa causa ostativa al rimpatrio sono quindi l’inattività del genitore vittima del legal kidnapping per un tempo superiore a un anno; la prova dell’integrazione del bambino nel nuovo ambiente di vita. Conseguentemente, si presume che nell’arco temporale di un anno è possibile disporre il ritorno della prole illegittimamente spostata oltre frontiera poiché non è ancora intervenuta una nuova integrazione (che invece renderebbe il ritorno causa di nuovo trauma, per la necessità di vivere un nuovo adattamento conseguente alla modifica dell’ambiente esterno e relazionale); mentre decorso questo termine, la presunzione cede il passo alla necessità di provare l’integrazione del minore nel nuovo luogo di residenza.

156 In questo senso appare evidente come la causa ostativa al rimpatrio relativa al decorso del tempo

dalla sottrazione del minore deve essere letta in combinato disposto con l’eccezione di cui all’art. 13 lett. b. Considerato come il decorso del tempo rileva già a livello normativo, non si dovrebbe ritenere integrata la fattispecie del rischio di danno in ragione di un periodo di tempo intercorso tra il trasferimento illecito e l’esecuzione del ritorno del minore che sia inferiore a un anno. In questo senso sussiste una presunzione giuridica a livello normativo secondo cui il ritorno del minore deve essere disposto sempre nel caso in cui non sia decorso il termine prescritto.

108 Questione particolarmente dibattuta in dottrina e in giurisprudenza è il dies a quo dal quale decorre il termine di un anno in commento. Secondo un primo orientamento, il termine decorre, utilizzando l’interpretazione letterale del testo, dalla sottrazione internazionale; secondo una tesi minoritaria, il termine decorre dal momento in cui il genitore possa legittimamente esperire i rimedi per ottenere il ritorno del minore (cioè dal momento in cui è a conoscenza del luogo in cui la prole è stata condotta). Sul punto, la Cour de Cassation francaise, nel caso della sottrazione di due minori dal Portogallo alla Francia ad opera del padre, ha ritenuto decorso il termine nonostante la madre non potesse utilmente attivarsi poiché non conosceva il luogo ove il genitore sottraente avesse condotto i bambini. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione propende per un’interpretazione letterale che sembra sostenuta dalla necessità di leggere le norme in materia di ritorno del minore alla luce del superiore interesse del fanciullo. Il termine, quindi, deve intendersi decorso con riferimento al punto di vista del bambino, poiché a suo favore viene sancito; con l’ulteriore conseguenza che esso decorre dal momento dell’illegittimo trasferimento poiché è da questo avvenimento che inizia il processo di adattamento e integrazione del bambino al suo nuovo ambiente di vita157.

Interessante il percorso argomentativo di una sentenza del Tribunale di Bruxelles158 in cui il fattore tempo acquista un valore del tutto peculiare. Nel caso di specie, il giudizio aveva ad oggetto la sottrazione dei piccoli J.C. e N.C. sottratti dalla madre dalla Thailandia e condotti a Bruxelles; il padre avanzava formale richiesta di ritorno dei minori, rispettando il termine previsto dalla normativa internazionale. Tuttavia, inspiegabilmente, il giudizio di ritorno durava quasi due anni, all’esito del quale si riteneva che i minori fossero ormai pienamente integrati (considerata la tenera età in cui avevano lasciato la Thailandia) e che il ritorno nel luogo di residenza abituale non fosse più nel loro esclusivo interesse. Giova considerare come nel caso di specie, il giudice di merito consacra la sussistenza, formalmente, di una causa ostativa al rimpatrio di cui all’art. 13 lett b), quando, in verità, si prende in considerazione la ratio di cui all’art. 12 della Conv. Aja 1980. La sentenza, infatti, si fonda sulla valutazione dell’inserimento dei minori nel nuovo ambiente di vita, in ragione del decorso di un tempo tale da non giustificare il loro ritorno. Tuttavia, tale percorso

157 Cour de Cassation, 9 luglio 2008, in Revue critique de droit intenational privè, 2008, p. 841; con

commento di H. Muir Watt, ibid., p. 842.

109 ermeneutico non può essere accolto poiché, lo si ribadisce, trattandosi di eccezioni alla regola del ritorno immediato del fanciullo sottratto, tutte le cause ostative al rimpatrio devono essere interpretate restrittivamente.

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