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La partecipazione del minore al procedimento che lo interessa

Tuttavia, il titolare del diritto di visita, ai sensi dell’art. 21 Conv. Aja 1980, può presentare una domanda concernente l’organizzazione e la tutela dell’esercizio effettivo di tale diritto, inoltrandola all’autorità centrale di uno Stato contraente con le stesse modalità previste per la domanda di ritorno del minore.

Invero, compito delle autorità centrali è quello di cooperare al fine di assicurare un pacifico esercizio del diritto di visita e sono chiamate a porre in essere ogni attività necessaria per rimuovere qualsivoglia ostacolo all’esercizio di detti diritti.

Non vi è chi non veda come sia assolutamente differente la tutela nel caso di titolarità del diritto di affidamento e di diritto di visita. Nel primo caso il ricorrente potrà richiedere l’immediato rientro del minore, nel secondo caso l’istante potrà ottenere quei provvedimenti atti a garantire la possibilità di esercitare il diritto di visita, ossia il diritto di tenere con sé il minore in un luogo diverso dalla propria residenza abituale per un periodo limitato di tempo34. Anche con riferimento alla tutela del diritto di visita possono essere sollevate le medesime critiche al modus attraverso cui gli Stati contraenti applicano la Convenzione Aja, in relazione a problematiche interpretative e alla eterogeneità delle normative nazionali coinvolte. Invero, si assiste a talune pronunce che negano l’esecuzione del diritto di visita qualora il genitore affidatario si opponga al contatto tra l’altro genitore e la prole, in ragione di un timore, più o meno fondato, che questi possa sottrarre il figlio nel corso dell’esercizio del diritto di visita. Orbene, non manca una certa giurisprudenza volta a negare i rapporti genitore – figlio in questo contesto poiché la diffidenza del genitore affidatario influisce sullo stato psicologico del minore, determinando un grave stress in capo al figlio.

3.5. La partecipazione del minore al procedimento che lo interessa

34 La diversità di tutela sancita dalla Convenzione comporta che ove venga presentata una domanda

per la tutela del diritto di affidamento e che richieda, quindi, l’immediato rientro del minore, nella stessa non può ritenersi inclusa una domanda volta a tutelare il diritto di visita, essendo domande incompatibili tra loro. In tal senso si è pronunciata Corte di Cassazione, 4 aprile 2007, n. 8481, in Foro

Italiano, rep. 2007, voce Minori, infanzia e maternità n. 42, con l’ulteriore conseguenza che incorre

nel vizio di ultrapetizione il giudice del merito che, in presenza di una domanda volta a tutelare il diritto di affidamento attraverso la richiesta di rimpatrio del minore, detti non richieste prescrizioni in ordine alla modalità di esercizio del diritto di visita. Nella specie, il tribunale dei minori, avendo ritenuto insussistente la fattispecie di sottrazione internazionale, poiché il trasferimento era avvenuto da parte del genitore affidatario, aveva regolato il diritto di visita facendo carico alla madre “di

condurre i minori nello Stato di residenza del padre almeno una volta all’anno al fine di farli incontrare con lui con le specifiche modalità di volta in volta da concordare”.

34 La Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale non prescrive alcuna norma espressa in materia di posizione processuale del minore coinvolto nella procedura di ritorno immediato. Il solo riferimento alla posizione del minore è dato dall’art. 13 paragrafo 2 nella parte in cui, prescrivendo come causa ostativa al rimpatrio il rifiuto del minore al suo ritorno, si riferisce alla presa in considerazione del suo parere. Tuttavia la normativa internazionale nulla dice sulle modalità attraverso cui acquisire tale parere del minore.

L’art. 7 della L. n. 64/1994, recando norme di attuazione della normativa internazionale, afferma che il presidente del tribunale decide con decreto sentito, se del caso, il minore coinvolto. Ne deriva come il giudice competente a decidere sul ritorno del minore, ai sensi di questa normativa, non è tenuto a sentire direttamente il minore. Conseguenza di tale ricostruzione è che il parere del minore può essere dedotto anche dalle altre circostanze del caso concreto, dalla documentazione prodotta e dalle dichiarazioni rese dalle altre parti coinvolte.

Inoltre, appare chiaro come nell’impianto convenzionale, così come recepito in Italia, non vi è alcuno spazio per il riconoscimento di una posizione processuale autonoma del minore. Tale conclusione è avvalorata dalla costante giurisprudenza di legittimità la quale ha affermato che, nell’ambito dei procedimenti in materia di sottrazione internazionale, il minore non è legittimato ad intervenire come parte, a mezzo di un curatore speciale, mancando una esplicita previsione normativa a riguardo, anche in considerazione del carattere urgente del procedimento35.

Tale conclusione, secondo la costante giurisprudenza, appare compatibile anche con il dettato della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, la quale all’art. 12 prescrive il diritto del minore di essere ascoltato36, in quanto sussiste una sostanziale differenza tra il diritto di essere ascoltato nel procedimento che interessa il minore ed il diritto di costituirsi come parte. Tale ultima norma, invero, riconoscendo il diritto di essere ascoltato richiede la capacità di discernimento del minore, mentre non può inferirsi quello di essere parte del

35 Corte di Cassazione, 10 ottobre 2003, n. 15145, in Foro Italiano, 2004, p. 2167

36 La questione viene affrontata in maniera più approfondita all’interno del paragrafo 6 del presente

35 procedimento poiché la legitimatio ad processum deve essere conferita positivamente dal legislatore37.

I diritti processuali del minore trovano una rilevanza crescente nel contesto di altre convenzioni internazionali, per l’esame delle quali si rinvia ai paragrafi successivi, pertanto, saranno analizzati successivamente, rilevando in questa sede la sola posizione processuale del minore sancita dalla Convenzione dell’Aja in esame.

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