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DECRETO AUTORIZZATIVO E MOTIVAZIONE

Nel documento LE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE (pagine 175-180)

ELEMENTI CARATTERIZZANTI

4.5. DECRETO AUTORIZZATIVO E MOTIVAZIONE

Tra le garanzie che l’articolo 15 della Costituzione prevede a tutela della segretezza delle comunicazioni figura il decreto motivato, che deve essere adottato del giudice, a richiesta del Pubblico Ministero, per autorizzare, prorogare o convalidare l’intercettazione.

Il Giudice per le indagini preliminari decide sulla richiesta del Pubblico ministero con decreto non impugnabile che si atteggia rispetto alle intercettazioni telefoniche alla medesima stregua delle condizioni di procedibilità in riferimento all’esercizio dell’azione278

. Il provvedimento può essere di accoglimento e in questo caso deve essere necessariamente motivato, stante l’esplicita previsione dell’articolo 267, 1° comma, c.p.p., oppure di rigetto, per il quale la legge non esige la motivazione, salva la facoltà del Pubblico Ministero di rinnovare la richiesta.

Anche se la legge sul punto nulla dispone, si deve ritenere che il giudice che autorizza l’intercettazione deve indicarne le seguenti modalità: il soggetto daq intercettare279, l’utenza telefonica, l’ambiente o il computer da sottoporre a controllo e gli impianti di amplificazione, ricetrasmittenti e/o di registrazione da utilizzare, la durata delle operazioni di captazione, eventualmente differenti da quelle richieste dal Pubblico ministero280.

Uno degli aspetti centrali del provvedimento autorizzativo è quello che attiene all’obbligo motivazionale dei provvedimenti dispositivi, autorizzativi, di convalida e di proroga delle intercettazioni.

La motivazione, imposta sotto comminatoria di nullità dagli art. 267, 1°comma e 125, 3° comma, c.p.p., e insieme di inutilizzabilità, secondo l’articolo 271, 1°comma, c.p.p., deve dare conto dell’esistenza di “ gravi indizi” di un reato

278 GAITO, Limiti all’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche nelle decisioni sulla libertà

personale, in Giur. It., 1992, II, p. 513.

279I risultati delle intercettazioni telefoniche sono inutilizzabili qualora le operazioni di captazione vengano eseguite nei confronti di soggetti od utenze diversi da quelli originariamente indicati nel provvedimento autorizzativo, Cass., Sez. IV, 7 ottobre 2011, n. 38667. Si veda, anche, Cass., 2009, n. 7455; Cass., 2008, n. 17022; Cass., 2007, n. 14653, Cass., sez. V, 26 giugno 2003 n. 44705, Cass., sez. VI, 3 luglio 2003 n. 43010.

176 rientranti tra quelli indicati dagli articoli 266 e 266-bis, c.p.p., cioè spiegare per quali ragioni si ritiene verosimile che il reato sia stato commesso, indicando gli elementi dai quali tali indizi sono desunti.

La sanzione disposta dall’articolo 271, 1° comma, c.p.p. è intesa nel senso che il mancato rispetto degli obblighi motivazionali, finisce per causare l’inutilizzabilità delle intercettazioni, quindi, con la drastica conseguenza della definitiva perdita del supporto probatorio dalle stesse rappresentato.

Pur dovendo, l’obbligo motivazionale, rivelarsi con essenziali esigenze di sintesi, si ritiene necessario che, prima ancora del Giudice delle indagini preliminari, sia lo stesso pubblico ministero a dar conto in modo esaustivo delle ragioni e degli elementi che fanno ritenere la sussistenza di un grave quadro indiziario e la indispensabilità delle intercettazioni, evitando motivazioni apparenti e adeguando i contenuti delle richieste all’evolversi del quadro investigativo, nel caso di proroga delle intercettazioni281

.

In giurisprudenza si è più volte ribadito che la mancanza di motivazione dei decreti che autorizzano o prorogano le operazioni, di quelli che convalidano i decreti emessi in casi di urgenza dal Pubblico ministero, nonché di quest’ultimi, è tale, con conseguente inutilizzabilità dei risultati di captazione, non solo quando l’apparato giustificativo manchi del tutto, ma anche quando la motivazione sia apparente, ovvero ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare.

Tali vizi della motivazione non devono confondersi con la difettosità, nel senso di incompletezza o non perfetta adeguatezza ovvero di sovrabbondanza, cioè di vizi che non negano e neppure compromettono la motivazione, ma la rendono non puntuale, e che vanno emendati dal giudice cui la doglianza venga prospettata quando debba utilizzare i risultati delle intercettazione ai fini di una valutazione di merito.

Secondo la Suprema Corte a Sezioni unite, quando una base motivazionale è comunque rinvenibile, trattasi non di assenza di motivazione, ma di suo difetto, come tale emendabile dal giudice, sia esso giudice di merito, o quello

177 dell’impugnazione nella fase di merito o in quella di legittimità. Ciò, in particolare è stato riconosciuto nel caso in cui la motivazione sia incompleta, insufficiente, non perfettamente adeguata282.

Una delle questioni più affrontate nella prassi e che ha dato luogo ad una copiosa giurisprudenza, è quella relativa alla ammissibilità della motivazione per relationem, cioè effettuata per mero richiamo al contenuto di altri atti del procedimento. Sulla scia delle numerose pronunzie sul punto, si può ritenere l’esistenza di un consolidato orientamento secondo cui la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un atto legittimo del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione.

Fornisca la dimostrazione che il giudice abbia preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia mediate e ritenute coerenti con la sua decisione283.

Inoltre sia conosciuto dall’interessato l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, o almeno sia ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed eventualmente di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione284;

con specifico riferimento poi alla motivazione per relationem nei provvedimenti di proroga, è stato precisato che essi possono scontare un minore impegno motivazionale quanto ai presupposti, se accertati come ancora esistenti, ma devono ugualmente dar conto della ragione di persistenza dell’esigenza captativa285.

La Suprema Corte ha chiarito che l’onere di motivazione del decreto di proroga presenta aspetti di minore specificità e ben può risolversi nel dare atto della

282 Cass., S. U., 21 giugno 2000, n. 17, Primavera, in Cass. Pen., 2001, p. 96.

283 SPIEZIA, Strumenti comuni di indagine e di ausilio della tecnologia:le intercettazioni

telefoniche, relazione tenuta in occasione del sesto corso “Amato”di approfondimento tematico

delle tecniche di indagine: I protocolli di indagine, Roma, 16 giugno 2003. 284

Cass., Sez. 1, 2005, n. 11525, in www.cortedicassazione.it.

178 constatata plausibilità delle ragioni esposte. Può pertanto ritenersi legittima, per i decreti di proroga, una motivazione che, con riferimento al quadro indiziario si richiami, per relationem, ai precedenti provvedimenti, dando conto, in più, della persistenza ovvero delle eventuali modifiche del quadro probatorio, mentre con riferimento all’indispensabilità delle stesse si diffonda maggiormente nelle illustrazioni delle ragioni che giustificano il persistere delle intercettazioni286. Ultimamente, alcune pronunce di legittimità si mostrano parecchio comprensive nei confronti di tale tipologia di motivazione ammettendola anche nei casi in cui la motivazione del giudice sia pressoché identica a quella contenuta nella richiesta di autorizzazione del Pubblico ministero. Difatti tale circostanza, a detta della Corte di cassazione, ”<<non autorizza a ritenere sic et simpliciter che il giudice non abbia valutato la ricorrenza dei presupposti richiesti dalla legge e non ne abbia verificato la fondatezza. In presenza di una richiesta proveniente dall’organo dell’accusa , che appaia esaustiva ed ampiamente motivata […..]non incorre certo nel vizio di motivazione il provvedimento che ne recepisca il contenuto mediante allegazione di fotocopia, giacche anche in tal modo il Gip ha comunque mostrato di avere espresso una propria autonoma valutazione in ordine alla sussistenza delle condizioni legittimanti l’adozione del provvedimento>>”287.

Forse con eccessiva magnanimità, la sentenza riportata fa riferimento a decreti ritenuti legittimi nonostante contenessero spesso una sorta di stralcio in fotocopia della motivazione della richiesta autorizzativa presentata dal Pubblico ministero; interlineando l’intestazione “il Pm”, sostituendola con “il Gip”288. Seguendo tale critica si era già sottolineato in passato come, pur riconoscendo in astratto la legittimità della motivazione per relationem, è richiesto che l’apparato motivazionale del decreto sia strutturato in modo tale da far emergere l’esistenza

286 APRILE-SPEZIA, Le intercettazioni, op. cit., p. 14.

287

Cass., Sez., I, 2005, n. 2613.

179 di un’autonoma valutazione da parte del giudice in ordine alla presenza delle condizione richieste per l’esecuzione delle intercettazioni289.

La motivazione per relationem, riduce l’impegno del decidente col rischio di farne un meccanico ripetitore di deliberati altrui.

La dottrina ha frequentemente assunto un atteggiamento critico nei confronti di tale forma di motivazione, sostenendo delle vistose critiche a tale modo di motivare ed escludendo la legittimità del rinvio ad atti processuali provenienti da soggetti diversi dal giudice che abbia preso parte alla “deliberazione”290.

Nell’ipotesi in esame se essa può prestarsi con una certa efficacia a giustificare la presenza di elementi indizianti, difficilmente potrà dimostrarsi idonea ad esporre le ragioni da cui si evince l’assoluta indispensabilità di far ricorso all’ intercettazione291.

Poiché i decreti, comunque motivati, non sono impugnabili, il sindacato sulla motivazione può operarsi, tuttavia, nel corso del processo, in sede di pronuncia sull’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, visto il divieto di utilizzazione posto dall’art. 271, 1° comma, c.p.p., proprio per l’inosservanza dell’art. 267, c.p.p., relativo ai presupposti e alle forme del provvedimento. Ovviamente tale sindacato deve riportarsi al momento della pronuncia del provvedimento, essendo irrilevanti gli eventuali esiti positivi dell’intercettazione.

289 Cass. Sez., V, 15 febbraio 2000, n. 784; Cass., Sez., III, 3 settembre 1999, in Arch. proc. Pen,

2000, 58; Cass., Sez., VI, 28 gennaio 2003, in C.E.D. Cass., n. 225351. 290

AMODIO, Motivazione della sentenza penale, in Enc. Dir., vol. XXVII, 1977, p. 230.

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Nel documento LE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE (pagine 175-180)