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DIRETTIVE DELLA COMUNITA’ EUROPEA E CONTRASTI INTERPRETATIVI STIMOLANO IL

Nel documento LE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE (pagine 40-47)

2.2. LA DISCIPLINA DELL’ACQUISIZIONE DEI TABULATI TELEFONICI: PLURIMI INTERVENTI DEL LEGISLATORE

2.2.2. DIRETTIVE DELLA COMUNITA’ EUROPEA E CONTRASTI INTERPRETATIVI STIMOLANO IL

LEGISLATORE: LA DISCIPLINA DEL CODICE DELLA

PRIVACY

Stimolato dalle pronunzie della giurisprudenza, ma soprattutto dai dubbi interpretativi circa il termine entro il quale scatta l’obbligo per i gestori di telefonia di conservare i dati del traffico telefonico, il legislatore non può rimanere inoperoso; emana, difatti, il decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 che consente, ai fornitori del servizio di telecomunicazioni e al fornitore della rete, di conservare i dati del traffico telefonico per il termine di cinque anni, facendo applicazione dell’art. 4 del decreto legislativo. La conservazione dei dati di traffico può avvenire per soli fini di fatturazione per l’abbonato o per pagamenti tra fornitori in caso di interconnessione, nei termini in cui è possibile contestare la fattura o pretendere il pagamento (art. 2948 c.c.). E’ evidente che si tratta di una norma dettata esclusivamente per fini attinenti ai rapporti di natura civilistica tra contraenti67

. Passato quel termine, cinque anni, le esigenze di tutela della privacy prevalgono sulle necessità d’indagine e, per gli inquirenti, diviene impossibile procurarsi tali informazioni68.

In questo scenario - da una parte divenuto confuso, in quanto alcuni interpreti identificano in dieci anni l’obbligo dei fornitori di conservazione dei dati del traffico telefonico69

, dall’altra stimolato dalla Comunità europea che nel

67

CAPOCCIA, Tabulati telefonici: tanti dubbi sulla nuova normativa, in Cass. pen., 2005, p. 289.

68 CORSO, La tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni, in Dir. pen. proc., 1998,

p. 827; IDDA, I dati esteriori delle conversazioni telefoniche e la loro pretese riducibilità al

concetto di comunicazione, in Giur. it., 2001, p. 1702. 69

DE LEO, Tra tutela della Privacy e interesse pubblico si gioca la sorte dei tabulati telefonici, in Guida dir., 2001, p. 13.

41 frattempo emana una direttiva, la 58/2002/CE - interviene il decreto legislativo N. 196 del 2003 ( c.d. codice della privacy70).

Per la prima volta nel nostro Paese si è tentato di disciplinare la materia dell’acquisizione dei dati del traffico telefonico, disciplina che negli anni seguenti sarà oggetto di numerosi interventi modificativi, non sempre in un ottica di coordinamento e sistematicità.

L’art. 13271, decreto legislativo N. 196 del 2003, stabilisce che i dati del traffico telefonico devono essere conservati dai gestori (ossia dai privati esercenti un servizio pubblico in quanto operanti in un regime di concessione pubblica) per il termine di due anni mezzo, trenta mesi, esclusivamente «per finalità di accertamento e repressione dei reati». Il ben più ristretto limite di sei mesi, stabilito all’art. 123 codice privacy espressamente richiamato dall’art. 132, viene individuato per l’utilizzabilità, di tali dati, nel rapporto civilistico con la clientela.

La norma, nella sua originaria stesura, ha cercato di dare attuazione all’art. 1572 della richiamata direttiva 2002/58/CE che impone agli Stati membri di emanare una legislazione per la conservazione dei dati di traffico «per un periodo di tempo limitato», esclusivamente per finalità di sicurezza nazionale; ma, nonostante un’appropriata collocazione nel «codice in materia di protezione dei

70 Sul percorso evolutivo del diritto alla privacy, si veda: AA.VV., Codice in materia di

protezione dei dati personali, a cura di CASSANO-FADDA, Torino, 2004; FINOCCHIARO, Alcune riflessioni sulle norme sul trattamento dei dati personali, in Contratto e Impresa, n. 6,

2006, p. 1426; AA.VV., Protezione dei dati personali e accertamento penale, a cura di NEGRI, Roma, 2007.

71 Art 132 d. lg 196/2003 «Fermo restando quanto previsto dall’art. 123 comma 2, i dati relativi

al traffico telefonico sono conservati dal fornitore per trenta mesi, per finalità di accertamento e repressione dei reati, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i ministri dell’interno e delle comunicazioni, e su conforme parere del garante». 72

Comma 1: «Gli stati membri possono adottare disposizioni legislative volte a limitare diritti e obblighi di cui agli articoli 5 e 6, all’ art. 8, paragrafi da 1 a 4, e all’art. 9 della presente direttiva, qualora tale restrizione costituisca, ai sensi dell’art. 13, paragrafo uno della direttiva 94/46/CE, una misura necessaria, opportuna e proporzionata all’interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale, cioè della sicurezza dello stato, della difesa, della sicurezza pubblica; e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell’uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica. A tal fine gli stati membri possono tra l’altro adottare misure legislative le quali prevedano che i dati siano conservati per un periodo di tempo limitato per i motivi enunciati nel presente paragrafo. Tutte le misure di cui al presente paragrafo sono conformi ai principi generali del diritto comunitario, compresi quelli di cui all’art. 6, paragrafi 1 e 2, del trattato dell’Unione europea».

42 dati personali» e l’attuazione di un preciso obbligo derivante da una normativa comunitaria, la previsione viene percepita come un fulmine a ciel sereno.

La brevità del termine di conservazione, difatti, è certamente opinabile;<<norma viziata da un evidente difetto di miopia>>73, <<senso di impotenza e di frustrazione delle procure>>74: sono alcuni commenti, espressione del clima di quel periodo.

Il punto maggiormente discusso non è il limite in sé - in vari stati d’Europa il confine è ben più ristretto, negli altri stati UE il confine non supera un anno - ma la censura troppo netta (da apparire una rottura) con il sistema precedente. La norma pregressa, dando facoltà di conservare i dati del traffico fino a cinque anni, faceva riferimento soltanto alle esigenze di fatturazione e pagamento, ma non si occupava delle finalità di giustizia, ingenerando, come sopra si è evidenziato, il fondato dubbio che per tali fini i dati potessero essere conservati con diverso limite. Sarebbe stato sufficiente, onde scongiurare allarmi degli ambienti investigativi, che nell’introdurre questo nuovo limite si fosse scelto un termine più ampio, non troppo inferiore a quello operante in precedenza, realizzando così un notevole avanzamento della tutela della privacy in tale settore, sino ad allora lasciato, di fatto, alla libera iniziativa dei gestori della telefonia75.

L’art. 132 codice privacy, contenendo l’esplicito riferimento al traffico «telefonico» esclude di acquisire, con le stesse modalità valevoli per i tabulati, anche i dati relativi alla “navigazione” in internet.

La materia, appena approdata ad una disciplina unitaria, verrà sottoposta a numerosi interventi modificativi sintomatici di una irresistibile frenesia della produzione normativa; «è passata l’epoca delle norme scolpite nel marmo. Gli italiani le consumano a ritmo febbrile: non s’era mai visto un codice così fluido e deperibile»76, difatti, l’art. 132 decreto legislativo 196/2003 riceve nel

73 GREVI, Ma quei tabulati sono indispensabili per le istruttorie, in Corriere della sera, 24 dicembre 2003, p.16.

74 DE LEO, Conservazione dei tabulati telefonici: la via italiana un modello per l’Europa, in

Guida dir., 2004, n. 2, p.10. 75

CAPOCCIA, Tabulati telefonici, op. cit., p. 290.

43 brevissimo arco di due anni (dal 30 giugno 2003 al 31 luglio 2005) ben tre distinte formulazioni.

La disciplina non è ancora entrata in vigore, diviene operativa dal 1° gennaio 2004, che il timore di un’irreparabile eliminazione dei dati per i quali il periodo di conservazione venga a scadere, spinge il governo all’emanazione del decreto legge 24 dicembre 2003, n. 354, a cui si devono numerose innovazioni.

Il termine di conservazione, inizialmente fissato in trenta mesi, con l’introduzione di un doppio termine, viene dilatato per un tempo omologo ulteriore, ma i dati conservati possono essere richiesti esclusivamente per finalità di accertamento e repressione dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., nonché delitti in danno a sistemi informatici o telematici.

La norma del decreto legge indica anche i soggetti legittimati a disporre l’acquisizione; per i dati riguardanti i primi trenta mesi è competente l’autorità giudiziaria procedente, e quindi nella fase preliminare il Pubblico ministero, anche su richiesta del difensore delle parti private. Il difensore dell’imputato, nell’esercizio dei suoi poteri di investigazione difensiva, ottiene direttamente dal gestore della telefonia le informazioni relative alle utenze intestate al proprio assistito. Per i tabulati degli ulteriori trenta mesi è il giudice a dover emettere il decreto motivato su richiesta del p.m. o del difensore.

Disposizione destinata a cambiare ad opera della Legge 26 febbraio 2004, n. 45 che converte l’atto governativo.

Il Parlamento, proprio in sede di conversione, non ha solo modificato il termine di conservazione, che si trasforma in ventiquattro mesi, più ulteriori ventiquattro mesi, per le ipotesi speciali. Soprattutto, si è previsto che debba essere sempre il giudice, su richiesta del Pubblico ministero o del difensore delle parti private, a disporre l’acquisizione dei tabulati. Il provvedimento autorizzatorio all’acquisizione successiva alla scadenza del primo termine risulta legittimo solo nel caso in cui il giudice abbia riscontrato indizi sufficienti dei delitti indicati dall’art. 407, lett. a) c.p.p. Viene imposta, quindi, una valutazione del fumus commissi delicti, prima non richiesta, e volta a consentire un’invasione nella

44 sfera privata non irrelata da elementi che rivelino l’opportunità dell’operazione investigativa77 .

Benché anche tale versione dell’art. 132, decreto legislativo 196 del 2003 subirà, successivamente, per l’ennesima volta, notevoli cambiamenti, si ritiene opportuno, qui, soffermarsi per brevi osservazioni78.

In ordine al tipo di dati da conservare, nei primi due commi dell’art. 132 codice

privacy riformulato, si specifica che i dati interessati sono quelli telefonici, così

orientando l’interprete verso la sicura esclusione dei dati del traffico telematico, tanto quelli di accesso a internet quanto quelli di posta elettronica.

La normativa, come approvata nel 2003, appare per molti aspetti criticabile, oltre che generativa di dubbi interpretativi causati dalla tecnica di emendamento utilizzata, nel 2004, in sede di conversione.

A seguito della stessa, difatti, si è evidenziata la differenza di formulazione tra il comma 3 dell’art. 132 del decreto legislativo 196/2003, secondo cui: «i dati sono acquisiti…con decreto del giudice», e il comma 4, in base al quale: «il giudice autorizza l’acquisizione dei dati». Tale differente formulazione ha fatto pensare ad una diversa modulazione dell’esercizio del potere del giudice: entro il primo termine, acquisisce i tabulati, mentre nel successivo periodo si limiterebbe ad una autorizzazione, rimettendo l’esecuzione alle parti richiedenti79.

E’scelta molto dibattuta quella di porre al centro del procedimento acquisitivo l’organo giurisdizionale; opzione che, oltre ad essere costituzionalmente corretta, la Consulta con la sentenza n. 281 del 1998, sopra citata, aveva demandato al legislatore, nella sua discrezionalità, di dettare i parametri della disciplina, diviene opportuna alla luce dei rinnovati canoni dell’art. 111 Cost. e

CORDI’, Diritto alla privacy e acquisizione di tabulati telefonici: repressione e garanzia nel

crocevia tra Consulta e legislatore, in Dir. pen. proc., 2007, n. 5, p. 596. 78

Tra gli altri, i primi commentatori: BUSIA, Elenco tassativo delle informazioni da archiviare, in Guida dir., 2004, n. 2, p. 28; AMATO, Dati conservabili solo per due anni, in Guida dir., 2004, n. 10, p. 53; GIORDANO, Tabulati telefonici: senza regole sull’iter: «convivenza» più

difficile con la novella, in Arch. n. proc. pen., 2004, n. 13, p. 11; MINOTTI, I dati delle comunicazioni più recenti non richiedono una nuova deliberazione, in Guida dir., 2004, n. 16, p.

82; SAVIOTTI-SALVI, Tabulati telefonici e traffico via internet: norme coerenti per la lotta al

terrorismo, in Cass. Pen., 2004, n. 14, p. 11; BUSIA, Così la riservatezza «guadagna» terreno,

in Guida dir., 2004, n. 10, p. 58. 79

CANTONE, Le modifiche processuali, op. cit., p. 2512; CAPOCCIA, Tabulati telefonici,op. cit., p. 298.

45 del giusto processo. Anzitutto, un organo in posizione d’equidistanza è, ovviamente, più adatto ad effettuare un bilanciamento fra le ragioni dell’investigazione e quelle della libertà individuale.

Concentrare, poi, l’incombenza nelle mani del pubblico ministero finirebbe per manomettere le prospettive d’indagine del difensore che, per acquisire determinate informazioni, dovrebbe sollecitare l’antagonista80.

La disciplina, così delineata, parrebbe sufficientemente equilibrata se non si riconoscesse, in capo al difensore dell’indagato o dell’imputato, un autonomo potere di acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico, sia delle chiamate in entrata che di quelle in uscita, delle utenze intestate al proprio assistito. Tale potere determina un notevole sbilanciamento a detrimento del pubblico ministero e delle altre parti private in favore del difensore dell’imputato. Infatti, al pubblico ministero non è riconosciuta tale opzione, egli, benché titolare delle indagini, deve, in ogni caso, richiedere l’autorizzazione del giudice. Inoltre, la posizione del difensore dell’indagato è favorevolmente sperequata rispetto a quella dei difensori delle altre parti private che pure, in via di principio, sono egualmente legittimati a svolgere investigazioni difensive81.

Verosimilmente il senso della regola, però, è un atro. Il legislatore è partito dalla convinzione che le manovre compiute da uno degli interlocutori non possono comunque ledere il diritto alla segretezza e, sul ragionevole presupposto d’una comunione d’intenti fra assistito e difensore, ha esteso al secondo facoltà e che competono al primo. Non, dunque, un privilegio del patrocinatore, illegittimamente avvantaggiato rispetto al pubblico ministero; bensì la considerazione che l’abbonato, e per estensione il suo difensore, non può violare la segretezza delle comunicazioni di cui sia parte. Del resto, così interpretato il significato della norma, si riesce a capire perché il difensore possa acquisire

80 FRUGANTI, Prime riflessioni sui profili applicativi della disciplina sull’acquisizione dei

tabulati del traffico telefonico, in Arch. nuova proc. pen., 2004, p. 369. 81

DE BELLIS, Brevi note sulla nuova disciplina dell’acquisizione dei tabulati telefonici, in

46 soltanto i tabulati relativi alle utenze intestate all’assistito, non quelle che riguardano utenze di terzi82.

Anche seguendo tale lettura della disposizione, il predetto sbilanciamento non sembra attutirsi, non si comprende, difatti, come mai se l’azione del difensore, proprio perché autorizzata dal suo assistito, non sia lesiva del diritto alla segretezza, non venga riconosciuta anche ai difensori delle altre parti private83. L’istanza non è, comunque, sottoposta ad un regime indifferenziato. Le richieste relative al traffico in uscita sono assoggettate a regole più permissive rispetto a quelle stabilite per il traffico in entrata: per il primo caso non viene fissato alcun presupposto, il difensore dovrà solo documentare la sua qualità (art. 391-quater, c.p.p.); per il secondo è invece necessario il rischio di « un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive », art. 8, comma 2, lettera f, codice privacy, richiamato dall’art. 132 comma 3, dello stesso codice. Resta senza esplicita soluzione il caso in cui il gestore di telefonia opponga al difensore il diniego a fornire i dati del traffico, soprattutto perché non è dato intendere chi e come debba effettuare la valutazione del pregiudizio per le indagini difensive.

82

CAMON, L’acquisizione dei dati, op. cit., p. 609.

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2.2.4. UN ULTERIORE SPOSTAMENTO DELLE

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