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La mastite bovina si definisce come una patologia della ghiandola mammaria, frequentemente causata da un’infezione ad eziologia batterica. Questa determina lo sviluppo di un processo infiammatorio con conseguente alterazione della composizione e della qualità del latte prodotto (Fig. 11).

Sebbene la mastite sia una patologia conosciuta e studiata da molto tempo, esistono diversi tipi di classificazione. Questo ha contribuito a creare non poca confusione sia per l’identificazione delle cause sia nell’applicazione di programmi di controllo razionali ed efficienti (Zecconi, 2016).

A livello internazionale la classificazione delle mastiti si basa sui seguenti parametri:

Figura 11: Consistenze di campioni di latte mastitico; A secrezione viscosa rossa/

marrone associata a mastite gangrenosa; B latte coagulato; C secrezione acquosa marrone, tipica di un’infezione da E. coli; D latte acquoso con alcuni coaguli (Blowey e Edmondson, 2010).

A B

- rilevamento di eventuali patogeni nel latte; - contenuto in cellule somatiche (SCC) del latte; - presenza di segni clinici.

In base a questi parametri si possono definire le seguenti forme:

1) Infezione latente: infezione rilevabile solo attraverso esami batteriologici, senza alcun tipo di alterazione visibili a livello di secreto e senza alcuna risposta cellulare (SCC<100.000 cellule/ml);

2) Infiammazione: può rappresentare lo stadio iniziale o finale di una forma di mastite clinica o subclinica (SCC comprese tra 100.000 cellule/ml e 200.000 cellule/ml);

3) Mastite subclinica: caratterizzata da un elevato contenuto cellulare (SCC>200.000 cellule/ml), con un esame batteriologico positivo o negativo;

4) Mastite clinica: caratterizzato dalla comparsa di segni clinici, rilevabili visivamente, i quali si manifestano con alterazioni del latte con presenza di fiocchi, frustoli di fibrina e aspetto sieroso, e/o con un aumento del volume della mammella, arrossamento, dolore e secrezione ridotta; in questo caso il contenuto cellulare è molto elevato (SCC>200.000 cellule/ml) e l’esame batteriologico può essere positivo o negativo. In base alla gravità, viene classificata in:

a. LIEVE, quando si rilevano alterazioni solo a livello delle secrezioni, ma il quarto si presenta normale;

b. MODERATA, quando si osserva un’irritazione a livello di un quarto con calore e dolore ed eventuale edema; può succedere che solo il quarto possa essere interessato senza che ci siano manifestazioni a livello di secrezioni;

c. GRAVE, qualora insieme ai sintomi precedenti compaiano anche sintomi generali come febbre, anoressia e calo drastico della produzione, generalmente la comparsa è improvvisa.

5) Mastite cronica: infezione mammaria persistente con un rialzo costante delle cellule somatiche, superiore alle 4 settimane, solitamente associato ad un repentino indurimento e/o presenza di noduli a livello

del parenchima mammario. Alle volte questa forma può dare luogo a forme cliniche, moderate o lievi.

La conta delle cellule somatiche totali, anche in assenza dell’isolamento dei patogeni, ci può dare un’indicazione utile sullo stato sanitario della mammella. Le cellule somatiche sono elementi cellulari del latte rappresentati per la maggior parte da leucociti di origine ematica (>90%) e da cellule epiteliali di origine mammaria. Spesso capita che le infezioni si realizzino a livello di un singolo quarto, ed è quindi possibile che l’animale sia affetto da mastite subclinica, e presenti, allo stesso tempo, un conteggio cellulare < 100.000 cellule/ml (Tab. 2 e Tab. 3). I motivi di quest’ultimo caso possono essere legati al fatto che i controlli ufficiali riguardano tutto il latte munto e non solo quello ad inizio mungitura, oppure perché un quarto infetto può secernere latte caratterizzato da un’elevata conta in cellule somatiche (400.000 cellule/ml), mentre gli altri un latte caratterizzato da valori nettamente inferiori (10.000 cellule/ml). In questo caso si parla di “effetto diluizione”, che rende difficoltoso valutare in maniera corretta il reale stato sanitario della mammella (Zecconi, 2016).

Tabella 2: Definizione di stato sanitario della mammella (Zecconi,2016)

Definizione SCC Batteriologia Clinica

Quarto sano < 100.000/ml - Assente

Infezione latente < 100.000/ml + Assente

Infiammazione 100.000-200.000/ml - Assente

Mastite sublinica > 200.000/ml +/- Assente

Mastite clinica > 200.000/ml +/- Presente

Mastite cronica > 200.000/ml + (saltuariamente -) Assente (saltuariamente presente)

Tabella 3: Definizione di mastite clinica (Zecconi, 2016)

Definizione Alterazioni latte Alterazioni quarto Sintomatologia generale

Lieve Presenti Assenti Assente

Moderata Presenti (assenti) Presenti Assente

La causa principale di mastite è prevalentemente rappresentata da batteri Gram positivi, però sono relativamente frequenti anche batteri Gram negativi ed in minor misura da micoplasmi. Recentemente è stata inoltre messa in evidenza la presenza di un nuovo agente mastidogeno, quale

Prototheca spp., un’alga in grado di determinare una forte reazione

infiammatoria; saltuari sono invece i casi di mastiti provocate da lieviti e muffe.

La classificazione delle mastiti in base al serbatoio o reservoir è funzionale agli interventi da applicare per avere un controllo all’interno dell’allevamento. La mammella si infetta quando i batteri penetrano nel canale del capezzolo e si moltiplicano nella ghiandola mammaria, anche se si possono avere delle eccezioni con infezioni sistemiche, come nel caso di listeriosi, salmonellosi e micoplasmosi. Tuttavia in questi casi i problemi da affrontare sono diversi e spesso più importanti di quelli che hanno a livello mammario. Quando i batteri invadono e si moltiplicano all’interno della mammella, si determina una reazione infiammatoria ed immunitaria, con lo scopo di eliminare i patogeni, quindi l’esito dell’infezione sarà data dalla capacità di questi batteri di resistere all’azione difensiva della bovina (Zecconi, 2016).

Considerando le tipologie di trasmissione dell’organismo responsabile di mastite, è possibile classificare le mastiti stesse in AMBIENTALI e CONTAGIOSE.

Ancora più nello specifico, in base all’eziologia e alla modalità di trasmissione, i microrganismi coinvolti possono essere divisi in:

1) Batteri contagiosi; 2) Batteri ambientali; 3) Batteri opportunisti;

4) Patogeni mammari non comuni.

La categoria facente parte dei batteri contagiosi hanno uno spiccato tropismo per il tessuto mammario, però hanno una scarsa capacità di sopravvivere nell’ambiente, per questo motivo si diffondono direttamente da animale malato ad animale sano tramite il contatto diretto con il latte. Il contagio avviene principalmente dall’impianto di mungitura e le mani dei mungitori.

I batteri più importanti facenti parte di questa categoria, sono: - Streptococcus agalactiae,

- Corynebacterium bovis, - Mycoplasma spp.

I batteri ambientali sono batteri comunemente presenti nell’ambiente in cui vivono le bovine e penetrano nella mammella nel periodo che intercorre tra le due mungiture, nel momento in cui i capezzoli vengono a contatto con le deiezioni o la lettiera.

A questa categoria appartengono i seguenti batteri: - Streptococcus uberis, - Streprococcus dysgalactiae, - Altri streptococchi, - Escherichia coli, - Coliformi, - Actynomices pyogenes

Il terzo gruppo appartiene a batteri opportunisti, che vivono normalmente sull’epidermide degli animali, diventando in alcuni casi microrganismi patogeni in animali soggetti ad abbassamento delle difese immunitarie. I batteri opportunisti sono per la maggior parte stafilococchi coagulasi negativi, quali:

- Staphylococcus epidermidis, - Staphylococcus chromogenes, - Staphylococcus haemolyticus, - Altri stafilococchi.

I batteri mammari non comuni sono rappresentati da un gruppo di batteri che solo saltuariamente possono determinare gravi mastiti ed in genere interessano solo pochi animali della mandria.

Questi patogeni sono:

- Pseudomonas aeruginosa, - Actinomyces piogenes, - Nocardia spp.,

- Micoplasmi spp., - Lieviti e muffe.

Un’ulteriore classificazione divide i microrganismi in patogeni maggiori (tutti i contagiosi, Coliformi, Actinomyces piogenes), indipendenti da fattori

esterni, solitamente responsabili di danni gravi; e minori (Stafilococchi coagulasi negativi, Streptococchi ambientali), che necessitano invece di fattori condizionanti.

In Tabella 4 è riportata una classificazione dei batteri in base al serbatoio di riserva prevalente, con relativa frequenza in Italia e tipologia di mastite provocata (Zecconi, 2016).

Sono comunque presenti anche altri casi di mastite dovuti a microrganismi meno frequenti, i quali necessitano di test più specifici per il loro riconoscimento, quali (Blowey e Edmondson, 2010):

- Arcanobacterium pyogenes, riscontrabile nel periodo estivo, responsabile di necrosi e distruzione del quarto infetto;

Tabella 4: Principali agenti di mastiti e le loro caratteristiche (Zecconi, 2016)

Gruppo Specie Serbatoio prevalen-te Frequenza in Italia Mastite preva-lente Contagiosi • Staphylococcus aureus • Steptococcus agalactiae • Corynaebacte- rium bovis • Mycoplasma spp. Mammella bovina infetta • > 30% • 5-20% • > 20% • < 1% • Subclinica • Subclinica • Latente • Clinica Ambientali • Streptococchi: Streptococcus ube- ris Str. bovis Str. faecalis Str. dysgalactiae Str. canis Aerococcus viri- dans etc. • Gram negativi: E. coli Klebsiella spp. Enterobacter spp. etc. Ambiente (lettiera) • 30% circa • 10% circa • Clinica lieve e moderata • Clinica grave

Opportunisti Stafilococchi coa- gulasi negativi: S. chromogenes S. epidermidis S. haemolyticus Cute capezzoli (lettiera) • 40% circa • Latente

Altri • Muffe e lieviti • Prototheca • Ambiente conta- minato • Feci, ambiente • < 1% • < 5% • Clinica • Sublinica con elevato rialzo cellulare

- Corynebacterium bovis, causa di mastiti subcliniche e aumento della conta cellulare; viene associato ad una scarsa o ritardata applicazione del disinfettante dopo la mungitura. Può anche essere isolato dal canale del capezzolo e non essere associato a mastite;

- Streptococcus faecalis, presente nelle feci e quindi correlato comunemente a contaminazione fecale del latte;può rappresentare causa di mastite, qualora isolato in coltura pura dal campione in esame;

- Leptospira hardjo, associata ad aborto e ad un calo della produzione di latte, questo è un germe difficilmente isolabile;

- Nocardia asteroides, causa un indurimento significativo del quarto interessato; risponde scarsamente al trattamento antibiotico;

- Streptococcus zooepidermicus;

- Pasteurella/Mannheimia, microrganismi ambientali correlati spesso a contaminazioni delle acque di abbeveraggio;

- Serratia spp., causa mastite sia in vacche in asciutta che in lattazione; tra le diverse specie S. marcescens è la più comune. Alcuni ceppi non pigmentanti si pensa che siano molto più patogeni rispetto ai ceppi pigmentanti

- Salmonella, microrganismo rilevante, soprattutto per i risvolti sulla salute umana;

- Listeria monocytogenes, può essere implicata in fenomeni di mastite con risvolti sulla sicurezza delle produzioni lattiero-casearie, è sopratutto associata a formaggi freschi;

Il latte apparentemente cambia in base al tipo di infiammazione e si presenta coagulato, acquoso o filamentoso. Non è possibile essere sicuri che tipo di microrganismo sia la causa di mastite semplicemente guardando come si presenta il latte. Il mungitore deve controllare eventuali mastiti osservando ogni capezzolo prima dell’attacco del gruppo di mungitura, eventuali cambiamenti comportamentali dell’animale, gonfiori dei quarti, rilevamento delle mastiti secondo i valori campionati dalla macchina mungitrice e controllo del latte nel tank o filtrato alla fine della mungitura (Blowey e Edmondson, 2010).

Le cellule somatiche sono uno dei parametri più importanti da valutare, considerando anche che al numero di cellule somatiche sono collegati premi, penalità e da un punto di vista normativo, la possibilità o meno di utilizzare il latte (Tab. 5).

Il significato del termine somatiche deriva dal termine greco “soma” cioè “corpo”, perché inizialmente si pensava che queste cellule fossero per la maggior parte cellule epiteliali della mammella e vennero chiamate così per distinguerle dalle cellule batteriche, anche esse presenti nel latte. Tuttavia, successivamente si scoprì che in realtà le cellule somatiche sono costituite per la gran parte da leucociti (linfociti, macrofagi e neutrofili), cioè cellule della serie bianca di origine ematica, il termine “somatico” è rimasto. Il numero dei leucociti varia in base allo stato di salute della bovina. Se questa è sana i linfociti predominano nel latte e rappresentano il 50-75% delle cellule totali, seguiti da macrofagi e neutrofili. Le cellule epiteliali indipendentemente dallo stadio di lattazione sono comprese invece tra lo 0% ed il 7% delle cellule totali (Zecconi et al., 2010; Serikaya et al., 2005). Quando è in atto un processo infiammatorio, per via di un patogeno che è riuscito a penetrare a livello della ghiandola mammaria, allora il numero di leucociti aumenta di conseguenza, a seguito di un richiamo di cellule leucocitarie dal sangue e dai tessuti (Serikaya et al., 2010).

Come si nota dal grafico 3 sottostante dove l’aumento del numero di leucociti è lineare.

I leucociti, rappresentano le cellule “di difesa” maggiormente note, tuttavia non sono le uniche, poiché a livello di ghiandola mammaria sono presenti anche le cellule epiteliali, in grado di produrre mediatori e componenti delle difese immunitarie aspecifiche (Mazzilli et al., 2010). Recenti studi hanno mostrato come queste sono un grado di produrre sostanze pro-

Tabella 5: Requisiti igienico sanitari applicabili al latte crudo alimentare (Regolamento CE

853/04)

Igiene di processo Limite accettabilità

Metodica utilizzata da laboratorio accreditato Note Cellule somatiche ≤400.000/ml Metodo optofluorometrico Media geometrica mobile, calcolata in un

periodo di 3 mesi con almeno 1 prelievo al mese Tenore in germi a 30°C <100.000 UFC/ml Media geometrica mobile, calcolata su un

periodo di 2 mesi, con almeno 2 prelievi al

infiammatorie e antibatteriche (Mazzilli et al., 2010; Gunther et al., 2010). Da queste analisi si ritiene infatti che l’andamento delle mastiti si determini quando le difese immunitarie aspecifiche regolate dalle cellule epiteliali falliscano. Riassumendo, l’ipotesi patogenetica attuale più accreditata è (Gunther et al. 2010):

- i batteri entrano in mammella attraverso il capezzolo;

- moltiplicandosi vengono riconosciuti dai recettori (Toll like receptors - TLR) presenti sulla superficie delle cellule epiteliali;

- il loro riconoscimento determina due conseguenze:

a. le cellule epiteliali colpite dall’infezione batterica smettono di produrre componenti del latte e cominciano a produrre sostanze antibatteriche chiamate defensine;

b. l e c e l l u l e e p i t e l i a l i r i l a s c i a n o l e c i t o c h i n e , m e d i a t o r i dell’infiammazione.

- se i batteri vengono eliminati, il tessuto ritorna allo stato iniziale e riprendono la produzione del latte;

- nel caso non fosse sufficiente, si ha un aumento del rilascio dei mediatori di infiammazione, dovuto anche ad un maggior danno cellulare, che richiama i leucociti in modo da aumentare la capacità difensiva della mammella. 0 25 50 75 100 <12.000 12-100.000 100-350.000 >350.000 6 13 24 78 33 46 58 15 61 41 18 4 PMN Macrofagi Linfociti

Grafico 3: composizione media dei leucociti a livello di quarto in relazione al

Esiste un’altra definizione per le cellule somatiche, diversa dalla precedente, tipicamente italiana, che individua la presenza del così detto “disordine secretorio” o “mastite asettica”. Questo tipo di definizione traeva origine dalla presenza di elevati contenuti cellulari nel latte ed allo stesso tempo un esame batteriologico negativo. Il problema diffuso agli inizi degli anni ’70, quando la moderna zootecnia italiana si stava sviluppando, era l’uso di campioni di latte individuale dei quatto quarti miscelato, affiancato ad una specifica analisi di ricerca per Str. agalactiae. Questo approccio rappresentava il principale, se non l’unico metodo per la diagnosi da effettuarsi attraverso il latte. Nei casi in cui però non veniva evidenziato nessun patogeno, per poter spiegare il frequente ed elevato contenuto cellulare nel latte, era stata ipotizzata la presenza di altri fattori, quali squilibri alimentari, che al tempo rappresentavano un evenienza frequente, considerati responsabili della produzione di sostanze “infiammatorie”, in grado di raggiungere la mammella inducendo un aumento delle cellule somatiche, dovuto ad un accelerato sfaldamento delle cellule epiteliali mammarie. Ci sono sicuramente dei fattori che possono interferire con l’omeostasi dell’animale e quindi aumentare il rischio di malattie, però per determinare un processo infiammatorio in mammella e l’aumento delle cellule somatiche, il ruolo dei batteri è fondamentale. E’ stato dimostrato come i rialzi cellulari siano evidenti in presenza di tali fattori e risultino essere significativi nei soggetti infetti, ma non in quelli sani, dove le variazioni sono trascurabili. Il classico rialzo cellulare che si osserva nei mesi estivi viene classificato come “male inevitabile”. Negli animali si possono osservare innalzamenti cellulari “puntiformi”, cioè per un giorno o due, che si manifestano dopo stimoli infiammatori sulla mammella, di breve durata, che molto spesso passano inosservati. Se invece il contenuto cellulare rimane alto per molti giorni, rilevabili con normali analisi sul latte individuale o di massa, questo è un chiaro segno che la mandria ha in corso un infezione mammaria (Zecconi et al., 2009).