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Le definizioni della dottrina

Nel documento Sviluppo sostenibile e diritto del lavoro (pagine 37-42)

1.3 Profili definitori di un concetto

1.3.2 Le definizioni della dottrina

Nonostante lo sviluppo sostenibile sia generalmente definito ricorrendo alla nozione del Rapporto Brundtland, risulta interessante, ad avviso di chi scrive, proporre una panoramica delle definizioni dottrinali del termine, per estrapolarne, in un momento successivo, le caratteristiche chiave e imprescindibili.

Secondo l’ecologista John Ehrenfeld: “la sostenibilità, ed i termini che da essa derivano (sviluppo sostenibile), appartengono alla medesima classe di quei pochi concetti chiave che stanno alla base di ogni democrazia liberale - come uguaglianza e libertà - che sono scritti esplicitamente nei documenti fondatori degli Stati Uniti. Termini come questo sono chiamati ―nozioni essenzialmente controverse‖, intendendo con ciò che esistono continue ed interminabili dispute circa il significato ed il grado per il quale si può ottenere tutto ciò che viene indicato dal concetto58”. Lo sviluppo sostenibile è infatti una nozione controversa,

nel senso che, come vedremo, si presta a contrastanti interpretazioni da parte della dottrina.

L’economista britannico J.R. Hichs lo definisce ad esempio come “il massimo ammontare che una comunità può consumare in un certo periodo e rimanere, tuttavia, lontana dall'esaurimento delle risorse come all'inizio”, sottolineando dunque la stretta correlazione tra sviluppo e consumo di risorse.

Jabareen invece, riproponendo la definizione data dall’ONU secondo la quale lo sviluppo sostenibile è “un miglioramento di qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi alla base59”,

lo declina come “il potenziale di un ecosistema di sussistere nel tempo, senza alcun cambiamento60”.

L’ICLEI, (International Council for Local Environmental Initiatives61), ancora, lo identifica sia come lo “sviluppo che offre

servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una

58 EHRENFELD J.R., Sustainability needs to be attained, not managed, in

Sustainability: Science, Practice & Policy, 2008, vol. 4, n. 2, p. 1.

59 World Conservation Union - United Nation Environment Programma - World Wide

Fund for Nature, Onu, 1991.

60 JABAREEN Y., A new conceptual Frameworkf for Sustainable Development, in

Environ. Dev. Sustain., 2008, n. 10, p. 181.

61 L’ICLEI è uno dei networks internazionali, fondato dalle Nazioni Unite nel

1990 che supporta più di 6000 programmi locali di sviluppo sostenibile in più di 100 paesi nel mondo.

comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi”, sia come “lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunità dipendono62”. In tal senso viene dunque enfatizzata la

triplice dimensione dello sviluppo sostenibile, della quale ogni intervento di programmazione deve tener conto, per la stretta correlazione tra le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali.

Goodland e Ledec lo definiscono, concentrandosi più sull’aspetto dell’equità intra-generazionale, come un percorso di trasformazione economica e sociale, il cui obiettivo primario è il raggiungimento di un livello economico di benessere equitamente distribuito, che possa essere perpetuato ripetutamente per molte generazioni: “a pattern of social and structural economic transformations (i.e. 'development') which optimizes the economic and societal benefits available in the present, without jeopardizing the likely potential for similar benefits in the future. A primary goal of sustainable development is to achieve a reasonable (however defined) and equitably distributed level of economic well-being that can be perpetuated continually for many human generations63".

In termini simili Daly, uno dei padri dell’economia ecologica, lo descrive come un concetto di ―giustizia estesa al futuro64”, dandone una definizione in termini di utilizzo razionale delle risorse naturali, secondo cui: il tasso di utilizzo delle risorse non rinnovabili sia pari alla velocità di sviluppo di risorse sostitutive (rinnovabili) e quindi si mantenga costante (c.d. rendimento “sostenibile”); i tassi di inquinamento non eccedono la capacità di assorbimento dell’ambiente65.

O'Riordan invece, nel suo tentativo definitorio, distingue il concetto di sostenibilità da quello di sviluppo sostenibile, ritenendo il primo termine un fenomeno più ampio del secondo perché comprensivo di norme etiche per i diritti delle generazioni future e per le istituzioni responsabili della presa in considerazione di tali diritti nella definizione - e nell’attuazione delle azioni e delle politiche:

62 1997, International Council for Local Environmental Iniziatives.

63 GOODLAND R., LEDEC G., Neoclassical economics and principles of sustainable

development, in Ecological Modelling, 1987, pp. 19-46.

64 DALY H.E., COBB J.B., For the Common Good, Boston, Beacon Press, 1989.

65 DALY H. E., Sustainable Development: Definitions, Principles, Policies,

Comments on the World Bank‘s [draft] ―World Development Report 2003”, Washington

“Sustainability is a much broader phenomenon [than sustainable development], embracing ethical norms pertaining to the survival of living matter, to the rights of future generations and to institutions responsible for ensuring that such rights are fully taken into account in policies and actions66”.

Repetto invece insiste sulla forte connotazione solidaristica che si cela dietro il concetto di sostenibilità e che rimanda a una solidarietà tra le generazioni attuali e future: "The core of the idea of sustainability, then, is the concept that current decisions should not impair the prospects for maintaining or improving future living standards....This implies that our economic systems should be managed so that we live off the dividend of our resources, maintaining and improving the asset base. This principle also has much in common with the ideal concept of income that accountants seek to determine: the greatest amount that can be consumed in the current period without reducing prospects for consumption in the future67." Lo sviluppo sostenibile si può definire

altrimenti in termini di equità con le generazioni future: “Sustainable development is about being fair to the future. It is about living the next generation a similar, or better, resource endowment than that which inherited68”.

A proposito di equità, John Rawls, nella sua opera principale della moderna filosofia politica, ritiene che il senso dell’equità e l’esistenza della giustizia, siano condizioni necessarie perché gli individui orientino certe azioni cruciali secondo una norma sociale. Ci si può aspettare che gli individui limitino l’esercizio del loro potere individuale allo scopo di proteggere il tessuto della loro società se, e soltanto se, essi credono che la società nel suo complesso sia giusta69.

Per questo motivo lo sviluppo sostenibile dovrebbe essere un quadro di valori comunemente accettato e condiviso. Lo sviluppo sostenibile potrebbe infatti definirsi come il principio giuridico cardine del discorso della responsabilità verso le generazioni future, o come “una rinnovata visione del mondo, piuttosto che una nozione: è un pensiero,

66 O'RIORDAN T., The politics of sustainability, in TURNER R.K. (ed. by).,

Sustainable Environmental Management: Principles and Practice, London, Belhaven

Press, 1988, p. 30.

67 REPETTO R., The Global Possible-Resources, Development and the New Century, New

Haven, Yale University Press, 1985, p. l0.

68 PEARCE D., Sustainable Development: an economic perspective, in Gatekeeper

Series, n. 89-01, London, London Environmental Economic Center, 1989.

plurale, molteplice, complesso, che nella contaminazione tra i saperi e tra linguaggi diversi (...) muove verso un ripensamento dei modi dell‘agire della nostra civiltà, sul piano sociale, economico, giuridico70”.

Interessanti risultano poi le definizioni che accentuano il concetto della solidarietà intra e inter generazionale: “sostenibilità significa sopravvivenza delle generazioni future71”.

Probabilmente la difficoltà di definizione del termine risiede anche nella apparente (ma discussa) contraddizione terminologica tra il sostantivo “sviluppo” e l’aggettivo “sostenibile”: un tale sviluppo manifesta infatti forti tensioni antinomiche ove, da un lato postula un’esigenza costante di evoluzione della società verso un maggiore benessere (sviluppo) e dall’altro propone di valutare, confrontare, porre un limite, prospettare, nelle forme più radicali dell’ambientalismo, mutamenti delle condizioni di vita e trasformazioni rilevanti degli assetti organizzativi della società (sostenibile): “- in una visione antropocentrica - è un modello di sviluppo che sostiene le società umane senza minare le basi ambientali e sociali sulle quali poggiano le stesse capacità di sviluppo72”.

Nei vari tentativi definitori del termine, c’è chi infine individua diversi gradi di sostenibilità: molto debole, debole, forte, molto forte, a seconda del fatto che il capitale economico e quello naturale siano complementari (sostenibilità forte) o sostituibili (sostenibilità debole). La sostenibilità molto debole (weak sustainability) è definita rispetto al solo capitale economico (la generica capacità produttiva di un’economia, che si compone di capitale fisico - dotazioni immateriali e risorse naturali - sfruttate o sviluppate per l’uso nei processi di trasformazione economica), e richiede che esso sia mantenuto intatto, in modo da garantire un livello di consumo pro capite costante nel tempo, con l’ipotesi che il capitale naturale possa essere facilmente sostituito dai prodotti dell’attività umana. La sostenibilità debole (sensible sustainability) è definita invece rispetto al capitale totale (che

70 BIFULCO R., D’ALOIA A., Le generazioni future come nuovo paradigma del diritto

costituzionale, in BIFULCO R., D’ALOIA A.(a cura di), Un diritto per il futuro.

Teorie e modelli della responsabilità intergenerazionale, Napoli, Jovene

Editore, 2008, p. 10.

71 TIEZZI E., MARCHETTINI N., Che cos‘è lo sviluppo sostenibile? Le basi

scientifiche della sostenibilità e i guasti del pensiero unico, Roma, Donzelli

Editore, 1999, p. 179.

risulta dall’aggregazione di capitale fisico, risorse non rinnovabili, capitale ecologico e capitale umano) e richiede che il welfare (benessere) potenziale derivante dalla base di capitale complessivo rimanga intatto. In questo livello di sostenibilità si considera dunque necessaria una politica di protezione del capitale naturale a rischio, anche se si ha fiducia in una certa riproducibilità delle risorse attraverso l’attività umana e lo sviluppo tecnologico; ciò a condizione che sia possibile sostituire il capitale naturale con del capitale prodotto dall’uomo, prevedendo una compensazione dell’impoverimento dell’ambiente naturale con l’aumento del valore degli ambienti creati artificialmente. Secondo questo punto di vista, anche i danni irreversibili, come ad esempio la distruzione di foreste primarie o l’estinzione di rare specie animali, sono “sostenibili” purché il capitale prodotto crei un benessere proporzionato.

La sostenibilità forte (strong sustainability) che accoglie maggiori consensi tra gli economisti, è definita invece rispetto al capitale ecologico (stock totale di risorse rinnovabili utilizzate e non all’interno del processo produttivo, terreni allo stato semi-naturale e naturale, fattori ecologici quali il ciclo dei nutrienti e le condizioni climatiche - che rappresenta la parte di capitale naturale che determina la generale qualità dell’ecosistema), e richiede il rispetto di alcuni vincoli in merito alla capacità dell’ecosistema di svolgere le funzioni ambientali di base. Più in generale, in questo livello di sostenibilità si ritiene che il capitale naturale vada salvaguardato attraverso misure atte a tutelare le risorse non rinnovabili e a garantire la riproducibilità di quelle rinnovabili. La sostenibilità molto forte infine (absurdly strong sustainability) rappresenta la versione più restrittiva della sostenibilità forte ed è definita rispetto al capitale naturale (la risorsa naturale di base di un’area geografica, che si compone del capitale ecologico e degli stock di risorse non-rinnovabili), con una serie di vincoli di stazionarietà che devono essere imposti in termini di garanzia di alcune funzioni ambientali. In questo livello di sostenibilità, in generale, si ritiene necessaria la conservazione del capitale naturale poiché il capitale naturale non può essere sostituito da quello umano: “Sustainability requires that the stock of natural capital remain constant and not decrease in the long run in order not to

endanger the opportunities of future generations to generate wealth and well-being73”.

Alcuni economisti che si sono occupati dell’argomento come Solow e Stiglitz, ritengono che la sostenibilità debole sia sufficiente. Secondo questo punto di vista la società può essere sostenibile a condizione che gli stock aggregati di capitale naturale e manufatto non siano decrescenti. Altri, come David Pearce e Giles Atkinson criticano questa impostazione ed abbracciano un concetto di sostenibilità forte.

Nel documento Sviluppo sostenibile e diritto del lavoro (pagine 37-42)