La deformazione sperimentale di rocce viene effettuata normalmente su campioni
cilindrici di roccia, di dimensioni da 2 a 15 mm in diametro e da 6 a 300 mm in altezza. Il
carico è applicato alle facce del cilindro mediante un pistone, mentre la pressione laterale
è applicata mediante fluidi o solidi. Lo stress applicato dal pistone è dettostress assiale,
mentre lo stress laterale è lapressione di confinamento. Se non c’è stress lungo le facce
del campione all’interfaccia con il cilindro gli stress applicati sono tutti stress principali,
la differenza tra lo stress assiale e la pressione di confinamento è lostress differenziale.
Durante una deformazione sperimentale si possono avere i seguenti stati di stress:
a) compressione assiale: lo stress assiale è maggiore della pressione confinante, 𝜎1> 𝜎
2=
𝜎
3> 0 (Fig. 8.3a);
b) estensione assiale: la pressione confinante è maggiore dello stress assiale, 𝜎1= 𝜎
2> 𝜎
3>
0 (Fig. 8.3b). Da non confondere con la “tensione assiale”, in cui lo stress assiale è di
tipo tensile.
I seguenti esperimenti possono inoltre essere condotti:
a) torsione semplice: gli assi principali dello stress sono a 45° rispetto all’asse del cilindro
(Fig. 8.3c). Questo tipo di esperimento ha lo svantaggio che stress e strain variano dal
centro all’esterno del campione.
b) torsione di un cilindro vuoto: ha il vantaggio di eliminare la variazione di stress e strain
1 3 2 2 2 (d) 3 3 3 1 (e) 1 (c) 3 1 1 3 1 (b) 3 3 3 1 (a)
Figura 8.3 Differenti stati di stress in campioni di roccia deformati in laboratorio.
c) torsione e compressione di un cilindro: oltre alla rotazione si ha anche compressione
assiale e una pressione di confinamento che, nel caso di un cilindro vuoto, agisce anche
all’interno del cilindro (Fig. 8.3d).
d) taglio semplice: il materiale da deformare viene inserito all’interno di un campione
cilindrico di materiale indeformabile precedentemente tagliato in modo obliquo rispetto
all’asse del cilindro (Fig. 8.3e). Ha lo svantaggio di non permettere il raggiungimento di
alti valori di strain.
Durante gli esperimenti i campioni vengono riscaldati, in modo da raggiungere
de-formazioni permanenti plastiche anche con le velocità di deformazione che si possono
ottenere in laboratorio, di parecchi ordini di grandezza inferiori a quelle naturali. Se il
riscaldamento viene effettuato mediante resistenza internamente alla camera di pressione,
cioè direttamente a contatto con il campione, si possono raggiungere temperature fino a
1400 °C, mentre se il riscaldamento è esterno si può arrivare fino a 500 °C.
8.2.1 Tipi di apparati
I più comuni esperimenti vengono effettuati utilizzando come mezzo confinante un gas,
un liquido oppure un materiale solido deformabile abbastanza facilmente. Solitamente il
campione è rivestito da una pellicola di materiale impermeabile (gomma, poliuretano, rame,
alluminio, piombo, ecc), in modo che i fluidi non possano infiltrarsi.
Apparati a gas
In questi apparati (Fig. 8.4) la presenza di gas permette di raggiungere temperature molto
alte durante la deformazione e di controllare accuratamente lo stress applicato. Svantaggi
sono la maggiore possibilità di perdite e quindi una necessaria maggiore accuratezza
nella costruzione della macchina, e la maggiore pericolosità legata alla presenza di un gas
fortemente compresso. Il gas usato è spesso Argon, in quanto gas inerte. È l’apparato oggi
comunemente usato per esperimenti su quarzo, feldspati, olivina ecc.
Apparati con liquido
Sono più semplici dal punto di vista della costruzione della macchina e permettono
ugualmente un buon controllo dello stress applicato. Svantaggio principale è la possibilità
di essere usati solo fino a temperature di qualche centinaio di gradi (<500 °C). Il mezzo
Punto di snervamento
Elastico
Chiusura fratture
Resistenza allo scorrimento ("Residual strenght")
Figura 8.5 Curva caratteristica di una deformazione sperimentale di un campione di roccia in un diagramma stress/strain.
Apparati con mezzo solido confinante
Sono apparati di più facile costruzione e possono raggiungere temperature e pressioni
molto alte. Svantaggio principale è la mancanza di un controllo accurato dello stress
applicato e le condizioni non perfettamente idrostatiche. Il materiale impiegato di solito è
NaCl per temperature <900 °C, grafite per temperature superiori. Sono usati principalmente
per studiare processi che avvengono nel mantello, come la deformazione di perovskite o la
transizione olivina-spinello.
8.2.2 Rappresentazione dei dati
Durante la deformazione di un campione di roccia in laboratorio le grandezze che si
possono misurare sono: la temperatura (𝑇 ), la pressione confinante (𝑃
𝑐), la forza applicata
al pistone (𝐹 ) e lo spostamento del pistone (Δ𝑙 ). Stress, strain e velocità di deformazione
devono invece essere calcolate:
𝑒 =
𝑙 − 𝑙
0𝑙
0̇
𝑒 =
𝛿 𝑒
𝛿 𝑡
𝜎 =
𝐹
𝐴
0(8.5)
Il modo più comune di rappresentare i dati è quello di utilizzare un grafico stress/strain
(Fig. 8.5). Le differenti curve che si ottengono hanno andamenti caratteristici che dipendono
dal meccanismo deformativo e sono utili per confrontare il comportamento di materiali
deformati in condizioni differenti.
Parti caratteristiche di una curva ottenuta da un esperimento sono (Fig. 8.5):
a) una parte iniziale che indica la chiusura di tutte le microfratture precedentemente
presenti nella roccia, non appena si applica uno stress assiale; questo non accade se si
applica inizialmente un’alta pressione di confinamento;
b) una parte corrispondente al comportamento elastico reversibile;
c) un punto di snervamento (yield point) a cui corrisponde un carico di snervamento,
al di sopra del quale aumentando ulteriormente il carico sul pistone, si produce una
deformazione permanente nel campione;
d) un tratto in cui si ha work hardening, in cui cioè la roccia si deforma sempre più
difficilmente. Se la temperatura è sufficientemente alta, si raggiunge invece lo stato
steady state in cui la roccia si deforma a stress costante;
e) ultimate strength, che è il massimo valore dello stress raggiunto durante tutto
Figura 8.6 Curve stress/strain in funzione della pressione di confinamento (𝑃𝑐), della pressione interstiziale (𝑃𝑝), della temperatura (𝑇 ) e della velocità di deformazione ( ̇𝑒).
f ) fracture strength, rottura improvvisa del campione, con forte emissione acustica, a
questo punto si un’improvvisa caduta dello stress;
g) resistenza allo scorrimento oresidual strength, stress necessario per avere scivolamento
lungo le fratture appena formate.
In Fig. 8.6 è riportato il comportamento di rocce deformate sperimentalmente in un
grafico stress/strain al variare di differenti parametri. Dalla Fig. 8.6a si vede come per
raggiungere un certo valore di strain è richiesto uno stress sempre maggiore se si aumenta
la pressione di confinamento (𝑃
𝑐). Il caso contrario avviene invece se aumenta la pressione
interstiziale dei pori (𝑃
𝑝) (Fig. 8.6b). Dalla Fig. 8.6c è evidente che per produrre un certo
strain nella roccia è necessario uno strain sempre minore se la temperatura (𝑇 ) aumenta.
Una velocità di deformazione bassa consente infine di raggiungere un certo valore di
strain applicando uno stress minore rispetto a quello che sarebbe necessario applicare per
raggiungere il solito valore di strain deformando la roccia con velocità di deformazione
maggiore (Fig. 8.6d).
Nel documento
Microstrutture, tessiture, meccanismi deformativi in rocce deformate
(pagine 138-142)