8.5.1 Legge di Byerlee
Il movimento lungo discontinuità presenti nella roccia (faglie) durante un evento
de-formativo è di interesse per lo studio della fisica delle rocce, per lo studio della resistenza
residua delle rocce, per lo studio degli ammassi rocciosi fratturati, per lo studio di strutture
quali lineazioni e foliazioni nella roccia, per lo studio del comportamento dinamico della
roccia in relazione ai meccanismi di genesi dei terremoti.
Abbiamo già discusso in precedenza (vedi Fig. 3.3 ed Eq. 3.2 a pagina 61) che lo stress di
taglio necessario per causare movimento lungo una discontinuità già presente in una roccia
è proporzionale allo sforzo normale agente su quella superficie e che questa proporzionalità
è ilcoefficiente di frizione (o coefficiente di attrito statico). Il comportamento lungo una
superficie di discontinuità può essere descritto come un comportamento “elastico-plastico”
(vedi Capitolo 8.1.5) e può essere assimilato ad un corpo posto su una superficie scabra
a cui è applicata una molla. Applicando uno sforzo e aumentandolo progressivamente la
molla si allunga (comportamento elastico, Fig. 8.1s) fino a quando non si raggiunge un
Figura 8.11 Dati sperimentali per stress normali maggiori di 5 MPa mostranti le due linee che costituiscono la Legge di Byerlee. I dati derivano da una grande varietà di tipi di rocce; da Byerlee (1978).
sforzo il corpo si muove e lo sforzo di taglio necessario per far muovere il corpo è dato dal
coefficiente di attrito dinamico.
Esperimenti condotti per determinare il coefficiente di frizione di vari tipi di rocce ha
dimostrato che per valori di stress normale 𝜎
𝑛molto bassi al di sotto di 5 MPa, cioè nelle
condizioni più superficiali e importanti per la geologia applicata, il coefficiente di frizione 𝜇
è fortemente variabile e dipende fortemente dal tipo, grado di asperità e morfologia delle
fratture che vengono attivate. Per valori di 𝜎
𝑛maggiori di 5 MPa, almeno fino a 1700 MPa
e circa 400 °C (cioè per valori che si raggiungono nella crosta superiore) si è visto che
𝜇 è indipendente dalle asperità e morfologia delle fratture e, a parte alcune eccezioni, è
indipendente dal tipo di roccia. Eccezioni sono fratture riempite da minerali argillosi che
mostrano coefficienti di attrito eccezionalmente bassi. I rapporti tra stress di taglio e stress
normale in queste condizioni di alto 𝜎
𝑛è rappresentato da due equazioni empiriche che
sono note comeLegge di Byerlee (Fig. 8.11):
𝜏 = 0, 85 𝜎
𝑛valida per 5MPa < 𝜎
𝑛6 200 MPa
𝜏 = 50 + 0, 6 𝜎
𝑛valida per 𝜎
𝑛> 200 MPa
(8.8)
che è valida indipendentemente dal tipo di roccia, per rocce già fratturate.
8.5.2 Flusso nella litosfera
Come abbiamo già visto nel Capitolo 8.4.3, in natura una deformazione duttile continua
con stress e velocità di deformazione costante (flusso steady state) è descritta dall’Eq. 8.6,
in cui esiste una relazione esponenziale tra stress e velocità di deformazione. L’Eq. 8.6 può
permetterci di ricavare 𝜎 :
𝜎 =
(
̇
𝜀
𝐴 )
1/𝑛𝑒
𝐻 𝑅𝑇(8.9)
quindi se sono noti tutti gli altri parametri, fissando una certa velocità di deformazione
Plagioclase (An75) 3.3 ⋅ 10−4 3.2 238
Granite 1.8 ⋅ 10−9 3.2 123
Granite (wet) 2.0 ⋅ 10−4 1.9 137
Peridotite 2.5 ⋅ 104 3.5 532
Figura 8.12 Andamento dello stress differenziale (𝜎1− 𝜎3) con la profondità necessario per indurre defor-mazione steady state alla velocità di 10−14𝑠−1per vari tipi di rocce nella litosfera. A sinistra nel caso di gradienti geotermici “caldi” (dorsali medio-oceaniche, aree continentali in estensione), a destra nel caso di gradienti geotermici “freddi” (aree continentali stabili), da Ranalli & Murphy (1987).
possiamo calcolare il valore di 𝜎 a cui si ha flusso steady state al variare della profondità in
una certa area. Se consideriamo i valori di Tab. 8.1 e li sostituiamo nell’Eq. 8.9, fissando la
velocità di deformazione ad un valore costante di 10
−14𝑠
−1si ottengono le curve di Fig. 8.12.
Dall’andamento di queste curve si vede come:
- lo stress diminuisce fortemente con la profondità, cioè le rocce in profondità si deformano
applicando stress minori rispetto a condizioni più superficiali; cioè in profondità le rocce
si deformano più facilmente;
- le rocce evaporitiche sono le rocce in assoluto più facili da deformare;
- rocce ricche in quarzo (quarziti, graniti) sono più facili da deformare rispetto a rocce
ricche in plagioclasi o olivina (peridotiti);
- in condizioni superficiali siano richiesti alti valori di sforzo per attivare una una
deforma-zione con flusso nella litosfera.
8.5.3 Profili reologici
Dalla Fig. 8.11 e dalla Eq. 8.8 (Legge di Byerlee) si vede come lo stress richiesto per avere
movimento lungo una frattura e produrre flusso cataclastico aumenta con la profondità,
mentre dalla Fig. 8.12 e dalla Eq. 8.9 si vede come lo stress richiesto per avere flusso
fusione parziale, migmatiti
transizione cataclasi/plasticità nel quarzo 200 °C 300 °C 400 °C 500 °C 600 °C 700 °C 800 °C zone di taglio anastomizzate in gneiss ~15 km ~30 km instabilea/sismica cr eep/asismica A B C P (a) (b) km 10 20 Power law Feldspati Quarzo
transizione cataclasi/plasticità feldsp.
cata cl
mi l o n
i ti
dimensioni dei grani
stabile
(nessuna deformazione) b
d
c
Figura 8.13 (a) Semplice costruzione di un profilo reologico per un certo minerale o roccia (linea continua). La curva A rappresenta l’andamento della Legge di Byerlee, la curva B è la curva per un flusso plastico steady-state (power-low creep) per un certo minerale (es. quarzo), la curva C la stessa curva per flusso plastico steady-state per un altro minerale o roccia (es. feldspato). P rappresenta la transizione “fragile/plastica”. (b) Andamento della resistenza per una porzione di crosta a composizione quarzo-feldspatica. La curva è costituita da porzioni rappresentate dalla legge di Byerlee e da porzioni rappresentate dalle curve per flusso plastico steady-state per quarzo e feldspato. Sono indicate le rocce di faglia che si sviluppano e le temperature a cui si ha transizione fragile/plastica per il quarzo e feldspati.
l’aumentare della profondità e dello sforzo si deve quindi avere una zona di transizione
dove la deformazione cataclastica viene sostituita da una deformazione plastica.
La resistenza di un certo minerale o roccia con l’aumento dello sforzo e della profondità
(o temperatura) può essere descritto quindi combinando l’andamento della curva della Legge
di Byerlee (Fig. 8.11) e la curva per il flusso plastico (Fig. 8.12) per il solito materiale. Questo
è rappresentato in Fig. 8.13a, che mostra schematicamente l’andamento della resistenza alla
deformazione per un certo minerale (es. quarzo) o roccia. A bassa profondità è necessario
avere alto stress per produrre deformazione plastica, flusso plastico però non avviene
perché in queste condizioni fratturazione e flusso cataclastico avvengono a stress molto
minore. In condizioni superficiali la resistenza di un materiale è governato dalla Legge
di Byerlee, rappresentata dalla curva A in Fig. 8.13a. Lo stress richiesto per deformare il
materiale (o roccia) per flusso cataclastico aumenta con l’aumentare della profondità mentre
contemporaneamente diminuisce lo stress per attivare un flusso plastico, rappresentato
dalla curva B in Fig. 8.13a. Il punto P indica la profondità a cui diventa più conveniente
per un minerale deformarsi per flusso plastico (dislocation creep, ecc.) piuttosto che per
flusso cataclastico, è il punto a cui si ha la transizione “deformazione fragile/deformazione
plastica”. A profondità maggiori la deformazione è governata dalla legge relativa al flusso
plastico steady-state (power-law creep). La curva C si riferisce ad un altro minerale o roccia
che si deforma in modo duttile a temperature più elevate.
In Fig. 8.13b è rappresentato il caso di una porzione di crosta a dominanza di rocce
quarzitiche in superficie e feldspatiche più in profondità. La curva continua rappresenta
l’andamento della resistenza con la profondità, cioè dello sforzo necessario per deformare
una porzione di roccia. Fino ad una certa profondità/temperatura prevale flusso cataclastico
(Legge di Byerlee, tratto “a” della curva) e le rocce di faglia più comuni sono le cataclasiti.
Ad una certa profondita (a profondità con temperature di circa 300 °C) il quarzo si deforma
di nuovo rappresentata dalla Legge di Byerlee (breve tratto “c” della curva). All’aumentare
della profondità anche per i feldspati è più favorevole deformarsi per flusso plastico (tratto
“d” della curva) e con la profondità sarà sempre più facile deformare la crosta (diminuzione
della resistenza). Le rocce di faglia a questo punto sono rappresentate da miloniti con
deformazione plastica di quarzo e feldspati.
Se oltre a quarzo e feldspati, i minerali più comuni nella crosta terrestre, consideriamo
anche le curve che descrivono il flusso per l’olivina, il minerale più comune nel mantello,
possiamo descrivere il profilo reologico della litosfera continentale, come indicato in Fig. 8.14.
In questo modello di crosta continentale si suppone una crosta superiore in cui prevalgono
rocce granitoidi, rocce sedimentarie ricche in quarzo, scisti e rocce metamorfiche in genere
ricche in quarzo: la reologia della crosta è quindi controllata dal quarzo. Nella crosta
inferiore si suppone prevalgano rocce intermedie e metamorfiche ricche in feldspati: il
feldspato controlla quindi la reologia della crosta inferiore. Il mantello ha invece una
composizione peridotitica e quindi il flusso del mantello è governato dal comportamento
dell’olivina. La crosta è quindi reologicamente stratificata.
Tutte le considerazioni fatte finora hanno importanti conseguenze nello sviluppo dei
principali lineamenti tettonici. Minerali come anidrite e calcite possono sviluppare livelli
di scollamento a livelli tettonici superficiali (thin-skinned tectonics). Al di sopra di 300 °C il
quarzo si deforma in modo plastico e forma importanti livelli milonitici a scala regionale
lungo sovrascorrimenti e faglie normali a basso angolo. Lo sviluppo di questi livelli di
quarzo-miloniti lungo sovrascorrimenti regionali porta alla messa in posto di unità tettoniche (“falde
di basamento”) completamente scollate dalla crosta inferiore. Un altro livello di scollamento
importante è quello alla base della crosta inferiore. Le rocce del mantello superiore si
deformano inizialmente con difficoltà, ma poi più in profondità si raggiunge l’astenosfera,
caratterizzata da flusso dell’olivina anche per bassi stress differenziali.
Bibliografia
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quarzo olivina feldspati km 20 10 15 30 40 60 km 120 Moho mantello litosferico, fragile
mantello litosferico, plastico crosta superiore (quarzo), plastica crosta inferiore (feldspati), plastica
(a)
(b)
Figura 8.14 Modello reologico di una litosfera continentale stratificata.
Tullis T.E. & Tullis J. (1986) -Experimental rock deformation techniques. In: B.E. Hobbs & H.C. Heard (Eds.), Mineral and Rock Deformation: Laboratory Studies-The Paterson Volume, Geophysical Monograph, vol. 36, pp. 297–234. American Geophysical Union, Washington.
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