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La delimitazione delle classi di parole: criteri in conflitto

Una propuesta de sistematización:

1. La delimitazione delle classi di parole: criteri in conflitto

A partire da Aristotele, la classificazione delle parole si fonda al tempo stesso sulle loro proprietà grammaticali, sul loro contenuto concettuale e sulle loro funzioni. Nella tradizione grammaticale europea, questa semplice sinergia di criteri ha alimentato l'idea di una sorta di armonia prestabilita tra forme, contenuti e funzioni, e da questo tacito presupposto si è sviluppata l'idea che la struttura e il contenuto delle espressioni complesse, e in particolare delle frasi, possano essere giustificati a partire da una definizione preliminare delle proprietà intrinseche delle diverse classi di parole. In realtà, tra proprietà grammaticali, destinazioni funzioni e contenuti concettuali delle classi di parole non c'è armonia, ma sfasatura (Lyons 1966; 1977: 440-442). Di conseguenza, l'analisi delle parole in classi e la definizione delle loro proprietà grammaticali, concettuali e funzionali non è il fondamento della grammatica, e in particolare della sintassi delle espressioni complesse, ma la sua ideale conclusione, una sorta di bilancio consuntivo.1

Il nome è l'esempio più chiaro. Quando pensiamo ai nomi, pensiamo a parole che hanno un genere, si flettono per numero, formano la testa di un sintagma nominale, istituiscono criteri per classificare referenti, e nel discorso sono usate prevalentemente per identificare referenti. Ora, questa intuizione è giusta per quel che riguarda le proprietà grammaticali. Sul piano dei contenuti concettuali e delle funzioni, la realtà è più complessa. Il nome è attrezzato per raggruppare i referenti in classi relativamente omogenee: per creare concetti classificatori. Questa funzione, oltre a essere la più tipica, è esclusiva del nome. Tuttavia, ci sono nomi che designano non referenti ma processi o qualità, e che quindi in un certo senso si impadroniscono di un compito elettivo del verbo o dell'aggettivo: per esempio

regalo e bellezza.

1 Il presupposto che vede nella classificazione delle parole il fondamento della descrizione si materializza nella struttura stessa delle grammatiche: la morfologia è generalmente collocata all'inizio della descrizione grammaticale, e ne assorbe la parte maggiore. L'idea alternativa che qui esprimo mi ha spinto in un primo tempo (Prandi 1990) a collocare la morfologia dopo la sintassi della frase semplice. Successivamente (Prandi 2006), una maggiore consapevolezza mi ha portato a spostare la morfologia alla fine del percorso, dopo la descrizione non solo della frase semplice, ma anche delle dinamiche testuali, in particolare dei mezzi della coesione, e delle relazioni transfrastiche.

La sfasatura tra proprietà grammaticali e funzionali non è un difetto del dispositivo linguistico, ma una sua proprietà qualificante, che gli permette di funzionare al meglio. Per compiti funzionali simili, la lingua offre normalmente opzioni differenziate, che possono essere valutate solo se si prendono in esame non le singole parole ma le costruzioni complesse. Quando l'espressione deve essere accurata, la lingua dispone di risorse specializzate. Quando è sufficiente un abbozzo, propone delle scorciatoie. Il comportamento del nome di processo è l'esempio più significativo. L'articolazione di un processo all'interno del sintagma nominale è al tempo stesso rudimentale e approssimativa, ben lontana dal grado di precisione e di accuratezza che il verbo raggiunge nella frase. È rudimentale perché raramente si assiste alla specificazione di tutti gli argomenti, e questo per due ragioni funzionali non banali. In primo luogo, la funzione più tipica di un sintagma nominale non è la prima ideazione, ma la ripresa anaforica di un processo già articolato in modo adeguato da una frase: per esempio Kofi Annan ha richiamato

l'Iran a una maggiore collaborazione. L'avvertimento non è servito. Quando

fornisce la prima ideazione di un processo, d'altra parte, il sintagma nominale è comunque inserito in una frase, con la quale è possibile che condivida uno o più argomenti: Dopo aver visto il documentario su Gerusalemme, Guido fissò la data

del viaggio (di Guido a Gerusalemme). La specificazione ridotta degli argomenti, a

sua volta, esalta il carattere approssimativo dell'ideazione del processo, dovuto al grado normalmente molto basso di codifica degli argomenti. In esempi come il

sogno di Giovanni; il sogno di una vita migliore; il sogno di una notte di mezza estate, solo l'inferenza, motivata da ragioni di coerenza concettuale e testuale,

permette di attribuire un ruolo pertinente – soggetto, contenuo o circostanza - al complemento del nome. Il meccanismo descritto qui, d'altra parte, si estende ad altre parti del discorso, sia pure con minore intensità. Nell'espressione la difesa

italiana, l'aggettivo non esprime la qualità di un referente, ma l'agente di un

processo: gli italiani si difendono.

Questo modo di funzionare complica enormemente la classificazione delle parole e l'esplicitazione dei criteri di inclusione. La complicazione, d'altra parte, è il prezzo da pagare per una grande versatilità funzionale.

Oltre a essere in conflitto tra di loro, i criteri che concorrono a definire le classi di parole hanno un peso differenziato: quando si tratta di stabilire i criteri di inclusione, ogni classe di parole trova un equilibrio specifico tra criteri grammaticali formali e criteri concettuali e funzionali.

Per i verbi e i nomi, il criterio prevalente è grammaticale, ma non per questo esclusivamente morfologico, cioè basato sulle proprietà grammaticali interne della singola parola: per il nome, in particolare, il criterio morfologico deve essere integrato con il criterio distribuzionale, accessibile solo a partire da strutture sintattiche complesse.

Sia il nome, sia il verbo, sono classi di parole variabili, che ricevono una flessione secondo categorie specifiche. Per il verbo, il criterio morfologico è discriminante. Il verbo si coniuga sulla base delle categorie di modo, tempo, persona, numero. Tutte e solo le parole classificate come verbi condividono queste proprietà flessionali, indipendentemente dalle funzioni, che possono variare nell'uso: a parità di profilo morfologico, i verbi possono essere usati come verbi predicativi, verbi supporto, al servizio di un nome predicativo, e verbi ausiliari e servili, al servizio di un verbo principale. Per il nome, il discorso è più complesso. Indipendentemente dai suoi contenuti concettuali, dal fatto cioè che designi individui, processi o qualità, il nome si declina sulla base della categoria di numero - singolare o plurale – come gli aggettivi, i determinanti e i pronomi. Si distingue da questi ultimi in quanto possiede un genere proprio, ma questa proprietà esclusiva, se si manifesta nella morfologia, si giustifica a partire dalla distribuzione: il nome ha una morfologia autonoma, e in particolare un genere proprio, in quanto testa del sintagma nominale. Determinanti, aggettivi e pronomi, viceversa, hanno distribuzione e funzioni distinte, ma gravitano tutti intorno al nome, dal quale ereditano le proprietà morfologiche di genere e numero, che dunque non sono autonome ma eteronome, controllate dal nome.

L'articolo e l'aggettivo presentano proprietà morfologiche identiche – si flettono secondo il genere e il numero, in accordo con il nome – ma proprietà distribuzionali distinte: l'articolo è, insieme al nome, un costituente essenziale del sintagma nominale, mentre l'aggettivo è un'espansione del nome. Questo significa che il criterio in grado di discriminare determinanti e aggettivi non è da cercare nella grammatica interna della parola, ma nella distribuzione. La classificazione tradizionale si concentra sulla forma della parola senza distinguere con chiarezza determinazione e modificazione. Per questo, anche se riconosce la funzione dell'articolo come determinante del nome, classifica tra gli aggettivi molti determinanti, che hanno la distribuzione e le funzioni degli articoli: in particolare i dimostrativi – questo, quello – i numeri cardinali – due, diciannove – e le espressioni di quantità indefinita: molto, poco.

I pronomi hanno la stessa flessione dei nomi, degli articoli e degli aggettivi, ma hanno una distribuzione e una funzione propria, uguali a quelle dei sintagmi nominali formati da un nome e da un determinante: occupano le stesse posizioni nella frase, e sono in grado di designare referenti. Ancora una volta, non è il criterio morfologico che ci aiuta, ma quello distribuzionale e quello funzionale.

Le restanti classi di parole – le preposizioni, le congiunzioni, e gli avverbi, ai quali siamo interessati in primo luogo – sono invariabili, cioè non hanno flessione. Gli unici criteri che permettono di isolarle sono dunque la loro distribuzione e le loro funzioni, cioè esattamente quelle proprietà che non possono essere definite se non osservando il comportamento delle parole nella frase, nel testo e nel discorso.