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Una propuesta de sistematización:

2. Tipologia distribuzionale e funzionale degli avverb

2.1. La funzione ideativa

2.1.1. Modificatori del verbo, dell'aggettivo e dell'avverbio.

La funzione che dà all'avverbio il suo nome è quella di modificare il verbo: La

ragazza lo ascoltava pazientemente, L'uomo camminava stancamente.3 Dobbiamo però osservare che la modificazione del verbo può essere affidata anche a una forma assoluta di aggettivo – Gianni corre forte, veste giovane, cammina stanco,

mangia sano. In questi casi, l'aggettivo può anche applicarsi in modo predicativo a

un argomento, o addirittura sostituire un argomento. Nel nostro esempio, stanco si applica certamente al soggetto Gianni. In un sintagma come mangiare sano, d'altra parte, non solo l'aggettivo si applica coerentemente sia al soggetto, sia all'oggetto latente, e cioè al cibo, ma prende anche il posto di quest'ultimo, saturando la valenza 'oggetto' del verbo: infatti, non possiamo dire Gianni mangia sano il pesce (Prandi 1992).

La funzione principale dei modificatori di un aggettivo e di un avverbio consiste nel graduarne l'intensità: molto buono, abbastanza grande, troppo poco,

appena sopra.

2.1.2. Luogo e tempo: argomenti e circostanze

Le relazioni spaziali possono svolgere due funzioni principali: di argomento, con i verbi di movimento e di spostamento, o di circostanza, cioè di margine

3 Con alcuni verbi, il modificatore è obbligatorio, e di fatto ha un ruolo argomentale. In Piero si

esterno di un processo saturo. Lo stesso vale per gli avverbi di luogo:4 in Giorgio

ha portato i viveri laggiù, l'avverbio introduce un complemento di portare, che

satura la sua valenza 'meta'. In Giorgio ha perso le chiavi della macchina laggiù, l'avverbio situa nello spazio l'intero processo saturo. Tra un avverbio di luogo e un sintagma preposizionale locativo c'è la stessa relazione che tra un pronome e un sintagma nominale: gli avverbi di luogo, in un certo senso, sono pronomi obliqui, come ci o ne.5

Le espressioni di luogo, e quindi anche gli avverbi, non segnalano nella forma la differenza funzionale: come scrive Halliday (1976: 160), gli argomenti locativi dei verbi di stato, di movimento e di spostamento si presentano sulla scena "travestiti da circostanziali". Per questo, il criterio che permette di discriminarli non può essere basato sulle proprietà formali dell'espressione, ma sul contenuto concettuale e sulla sua coerenza della relazione. Quando sono circostanziali, i locativi possono essere portati fuori dalla frase, in una dimensione testuale, e collegati al processo principale grazie a mezzi anaforici appropriati. L'articolazione di un processo esteso come Giorgio ha perso le chiavi della macchina laggiù, che situa un processo nello spazio, può essere affidata a un frammento di testo coerente formato da due enunciati indipendenti: Giorgio ha perso le chiavi della macchina; (questo) è accaduto laggiù. Quando sono argomenti del verbo, viceversa, i locativi possono essere specificati solo all'interno della frase. Processi come Giorgio abita

laggiù e Giorgio ha portato i viveri laggiù non si lasciano riformulare nei

frammenti di testo Giorgio abita. Accade laggiù e Giorgio ha portato i viveri. È

accaduto laggiù. Il soggetto di accadere riprende in blocco il processo antecedente,

lo ripresenta come irreversibilmente saturato, e lo situa in blocco nello spazio. Ora, non è coerente riprendere un antecedente privo di un argomento come se fosse saturo, e al tempo stesso pretendere di saturare il posto vuoto dopo la ripresa.

Osservazioni simili possono essere fatte per l'espressione del tempo. Avverbi puntuali come oggi, ieri, domani esprimono circostanze temporali: Il Presidente

arriverà in città domani. Una locuzione di durata come a lungo può funzionare sia

come circostanza – Questa mattina è piovuto a lungo – sia come complemento di un verbo di durata: L'incontro durerà a lungo.

4 Il fatto che un avverbio possa funzionare come argomento mette in discussione un'idea diffusa, secondo la quale avverbiale implicherebbe non argomentale. Su questa idea si basa in particolare l'opposizione tra subordinate completive e avverbiali: queste ultime, o «at least some of them», «relate to main clause in the same way as adverbs do» (Chafe 1984). In realtà le due classificazioni – la distinzione tra argomenti e margini da una parte, la classificazione di certe parole e espressioni come avverbi dall'altra – si basano su criteri indipendenti, per cui la presenza di aree di sovrapposizione – e in particolare di avverbi che funzionano come argomenti – è un dato empirico. Per una critica del concetto di subordinata avverbiale, e per le ragioni che mi portano a preferire il concetto di margine (Longacre 1985: § 1.1), rimando a Prandi 2004: nota 329.

5 G. Gross (1996: 107) estende questa intuizione a avverbi come allora con valore temporale – Allora

Come abbiamo già osservato, ci sono anche avverbi che occupano la posizione di margini del predicato, in particolare di strumento: L'operazione va eseguita

manualmente. Questo significa che possiamo trovare avverbi in tutti i nodi della

struttura di un processo semplice, dal modificatore del verbo alle circostanze esterne passando per gli argomenti e i margini del predicato.

2.1.3. Tra funzione ideativa e funzione interpersonale: ponti anaforici

Tra gli avverbi si classificano parole e locuzioni che tracciano relazioni anaforiche oltre il confine di frase, contribuendo alla coesione testuale. Piove.

Parto lo stesso, ugualmente. In quanto espressioni anaforiche, questi particolari

avverbi hanno un antecedente, che può estendersi da una singola frase a una porzione più o meno ampia di testo.

Quando l'antecedente è una singola frase, gli avverbi anaforici sono strumenti della connessione transfrastica (Prandi 2004: 302-304; 2006: 224-226), e tracciano ponti concettuali come la causa – È piovuto a lungo. Per questo il fiume è

straripato – o il fine: Mario voleva diventare traduttore. Per questo si è iscritto alla SSLiMIT.

Quando l'antecedente è una porzione più ampia di testo, cambia anche la funzione dell'avverbio. Invece di collegare due processi, l'avverbio orienta il destinatario impegnato a interpretare strategie comunicative complesse segnalando la loro ossatura logica nel testo. Dalla funzione ideativa si passa alle funzioni testuale e interpersonale. Un avverbio come dunque o quindi, ad esempio, è in grado sia di esprimere una relazione di causa tra due processi – È piovuto a lungo,

quindi il fiume è straripato – sia di collegare la premessa e la conseguenza di un

ragionamento complesso: Ieri pioveva. La macchina di Gianni è sporca di fango.

Dunque, ieri Gianni ha usato la macchina.

Di fronte a differenze di funzionamento come queste, si parla normalmente di connettori semantici nel primo caso e di connettori pragmatici nel secondo (van Dijk 1977; 1979). Tuttavia, nell'uso di queste categorie si nascondono due rischi. In primo luogo, che sfumi la distinzione tra connessione grammaticale intrafrastica e relazione anaforica, di ordine testuale.6 In secondo luogo, che si attribuiscano al connettore valori che in realtà discendono dalle proprietà specifiche dei termini connessi. In effetti, la differenza non dipende dal contenuto dell'avverbio, e nemmeno dal suo valore anaforico, ma dall'estensione dell'antecedente, che a sua volta influisce sulla natura della relazione tra antecedente e conseguente. Quando l'antecedente è un singolo processo, l'avverbio crea una relazione concettuale locale; quando l'antecedente è una porzione più o meno ampia e complessa di testo, l'avverbio segnala una strategia discorsiva più articolata, e assume la funzione di

6 Il termine segnali discorsivi (Bazzanella 2001; Fischer 2006) scongiura evidentemente questo rischio.

segnale testuale o discorsivo (Bazzanella 2001). Più che di connettori distinti, dovremmo parlare di usi distinti.