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Descartes versus Regius Fabrizio Lomonaco

In una densa pagina autobiografica Vico sollecita riflessioni su un capitolo interessante della fortuna olandese di Cartesio. Egli ricorda di essersi occu- pato, quasi alla fine della presunta “solitudine” a Vatolla (dal 1686 all’autun- no del 1695), della fisica del filosofo francese e di averne ricavato notizia da un testo della «libreria di suo padre», la Filosofia naturale (1654) di Henricus Regius. Rielaborazione dei Fundamenta physices del 1646, l’opera, riedita nel 1661 e tradotta in francese a Utrecht nel 1686, è giudicata una «maschera» di Descartes1 in cui si rinnovano le classiche tesi di Epicuro, associando il fluire

casuale degli atomi alla necessità e al fatalismo della fisica cartesiana, posizio- ni entrambe indifferenti al fare responsabile degli individui:

E dopo il Lucrezio avendo preso il Regio a studiare, filosofo di profession medico, che mo- strava non aver altra erudizione che di mattematica, il credette uomo non meno ignaro di metafisica di quello ch’era stato Epicuro, che di mattematica non volle già mai sapere. Poiché egli pone in natura un principio pur di falsa posizione – il corpo già formato, – che soltanto differisce da quel di Epicuro, che quello ferma la divisibilità del corpo negli atomi, questo fa i suoi tre elementi divisibili all’infinito; quello pone il moto nel vano, questo nel pieno; quello incomincia a formare i suoi infiniti mondi da una casuale declinazion di atomi dal moto allo ingiù del propio lor peso e gravità, questo incomincia a formare i suoi indefiniti vortici da un impeto impresso a un pezzo di materia inerte […]. Onde, come dalla casuale declinazione de’ suoi atomi Epicuro permette il mondo alla discrezione del caso, così, dalla necessità di

1 «Verso il fine della sua solitudine, che ben nove anni durò, ebbe notizia aver oscurato la fama di tutte le passate

la fisica di Renato Delle Carte, talché s’infiammò di averne contezza; quando per un grazioso inganno egli ne aveva avute di già le notizie, perché esso dalla libreria di suo padre tra gli altri libri ne portò via seco la Filosofia

naturale di Errico Regio, sotto la cui maschera il Cartesio l’aveva incominciata a pubblicare in Utrecht» (G. Vico, Vita scritta da se medesimo, introduzione e cura di F. Lomonaco, postfazione di R. Diana e contributo bibliogra-

fico di S. Principe, Napoli, Diogene edizioni, 2012, p. 47; d’ora in poi si cita con Vita). Un esemplare dell’opera di Regius (Philosophia naturalis. Editio tertia, Amstelodmi, apud L. and D. Elzevirium, 1661) è nel fondo Valletta confluito nella Biblioteca dei Girolamini di Napoli: Antico Catalogo della Biblioteca dell’Oratorio di Napoli detta

dei girolamini, Biblioteca dei Girolamini di Napoli, SM. 27.1.10, ristampa anastatica a cura e con introduzione di

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Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea

sforzarsi al moto retto i primi corpicelli di Renato, al Vico sembrava che tal sistema sarebbe comodo a coloro che soggettano il mondo al fato. E di tal suo giudizio egli si rallegrò in tempo appresso, che, ricevutosi in Napoli, e risaputo che la fisica del Regio era di Renato, si erano cominciate a coltivare le Meditazioni metafisiche del medesimo2.

Servendosi degli accademici olandesi, Cartesio ha coniugato astutamente Epicuro con Platone per garantire una metafisica alla fisica moderna e assi- curarsi un primato anche nei «chiostri» così come era riuscito ad Aristotele nella scolastica:

[…] Perché Renato, ambiziosissimo di gloria, sì come – con la sua fisica machinata sopra un disegno simile a quella di Epicuro, fatta comparire la prima volta sulle cattedre di una cele- bratissima università di Europa, qual è quella di Utrecht, da un fisico medico – affettò farsi celebre tra professori di medicina; così poi disegnò alquante prime linee di metafisica alla maniera di Platone – ove s’industria di stabilire due generi di sostanze, una distesa, altra in- telligente, per dimostrare un agente sopra la materia che materia non sia, qual egli è ’l “dio” di Platone – per avere un giorno il regno anche tra i chiostri, ne’ quali era stata introdotta fin dal secolo undecimo la metafisica d’Aristotile. Ché […], però, essendone la pianta quella di Platone, facilmente la religion cristiana la piegò a’ sensi pii del di lui Maestro, onde, come ella resse da principio con la platonica sino all’undecimo secolo, così indi in poi ha retto con la metafisica aristotelica3.

Eppure la «filosofia di Renato», in coerenza con la matrice epicurea e la sua stessa fisica meccanicistica, non era riuscita a teorizzare un’etica conciliata con la religione cristiana, dando soluzioni solo “provvisorie” e utili alla medicina, come aveva confermato la “maschera” di Regius4. C’è una fonte diretta delle

osservazioni di Vico o siamo posti dinanzi a un’altra delle sue potenti trasfigu- razioni di un dato storico in funzione di una personalissima interpretazione? 2 G. Vico, Vita, p. 48. Ma sulla «falsa posizione delle fisiche meccaniche» di Epicuro e di Descartes era già stato

netto il precedente giudizio: «E ’l salto, che egli aveva dapprima fatto dalla logica alla metafisica, fece che ’l Vico poco poi curasse la fisica d’Aristotile, di Epicuro ed ultimamente di Renato Delle Carte; onde si ritrovò disposto a compiacersi della fisica timaica seguita da Platone, la quale vuole il mondo fatto di numeri, e ad esser rattenuto di disprezzare la fisica stoica, che vuole il mondo costar di punti, tralle quali due non è nulla di vario in sostanza, come poi si applicò a ristabilirla nel libro De antiquissima italorum sapientia; e finalmente a non ricevere né per gioco né con serietà le fisiche meccaniche di Epicuro come di Renato, che sono entrambe di falsa posizione» (ivi, p. 43). Su questa pagina vichiana sia consentito rinviare al mio contributo Vico, le nuove scienze, la Scienza nuova, in La letteratura italiana e la nuova scienza. Da Leonardo a Vico, Atti del Convegno di studi (Napoli, 8-9 maggio 2017), a cura di S. Magherini, Milano, FrancoAngeli, 2017, pp. 233-256.

3 G. Vico, Vita, cit., p. 48. In proposito, illuminanti osservazioni ha svolto G. Giarrizzo, Da Napoli a Vienna: il cir- colo meridionale della filosofia del Metastasio, in Legge, Poesia e Mito. Giannone, Metastasio e Vico fra “tradizione” e “trasgressione” nella Napoli degli anni Venti del Settecento, Atti del convegno internazionale di studi (Napoli, 3-5

marzo 1998), a cura di M. Valente, Roma, Aracne, 2001, pp. 99-124, pp. 111-112.

4 «Né la sua metafisica fruttò punto alcuna morale comoda alla cristiana religione, perché, non solo non la com-

pongono le poche cose che egli sparsamente ne ha scritto, e ’l trattato delle Passioni più serve alla medicina che alla morale» (G. Vico, Vita, p. 49).

Fabrizio Lomonaco, Mens, anima, corpo in una polemica tra medici e filosofi in Olanda

Potrebbe, forse, prevalere la prima ipotesi se si interrogassero due testi accessibi- li al filosofo napoletano: il Admiranda methodus novae philosophiae Renati des Cartes (1643) di Martin Schoockius che insinua la creazione di una “setta”, iden- tificando in Regius il «Sectator Cartesii», il «Medicus Cartesianus»5 ; o il breve

ma interessante resoconto che della traduzione francese della Philosophia natu- ralis danno, nel 1686, le «Nouvelles de la République des Lettres», presentando le relazioni controverse tra Regius, «Apôtre du Cartesianisme», e Descartes fino a riconoscere che «Monsieur Regius n’est au fond que Cartésien»6.

Ma in un altro brano autobiografico di Vico si può leggere – a mio parere – un giudizio ancora più tranchant sull’applicazione in medicina della filosofia cartesiana a fronte della recuperata metafisica platonica proprio attraverso la lettura di Regius:

Né meno serve alla stessa medicina, perché l’uom di Renato dagli anatomici non si ritruova in natura, tanto che, a petto di quella di Renato, più regge in un sistema la filosofia d’Epicuro, che non seppe nulla di mattematica. Per queste ragioni tutte, le quali avvertì il Vico, egli appresso molto godeva con esso seco che quanto con la lezion di Lucrezio si fe’ più dalla parte della metafisica platonica, tanto con quella del Regio più vi si confermò7.

5 M. Schoockius, Admiranda methodus novae philosophiae Renati des Cartes, Ultraiecti, ex officina J. van We-

sberge, 1643, pp. 132, 14, 147 e sectio I, caput I: «Cartesianae Philosophiae omnes capaces non sunt, ejus sectator omnium quae didicit oblivisci debet» (pp. 14-26). La presenza a Napoli di questo autore è documentata dall’Antico

Catalogo della Biblioteca dell’Oratorio di Napoli detta dei Girolamini, cit., cc. 71v-72r, 81v, 106r, 144v, 146r. Su

Schockius e la polemica con Regius dopo E.-J. Bos (Regius and the Diffusion of Cartesianism in the early 1640s-

and beyond, in Les Pays-Bas aux XVIIe et XVIIIe siècles. Nouveaux regards, sous la direction de C. Secretan et D.

Antoine-Mahut, Paris, Champion, 2015, pp. 79-86; p. 81 e nota), rinvio a T. M. Schmaltz, The Curious case of Hen-

ricus Regius, in Descartes and Cartesianism, edited by S. Nadler, T. M. Schmaltz and D. Antoine-Mahut, Oxford,

Oxford University Press, 2019, pp. 434-449; pp. 435-437.

6 «Nouvelles de la République des Lettres», octobre 1686, pp. 1219, 1220 (poi Genève, Slatkine reprints, 1966, t.

II, p. 312). Anche questa fonte è largamente presente a Napoli come testimonia l’Antico Catalogo della Biblioteca

dell’Oratorio di Napoli detta dei Girolamini, cit., c. 231r.

7 G. Vico, Vita, p. 49. Dalla «figura híbrida “Regius/Descartes”» è partita l’interessante ricostruzione di A. J.

Pereira Filho, criticamente vigile nel riconoscere il senso dei riferimenti complessi e molteplici al filosofo francese e al cartesianismo europeo e meridionale (A. J. Pereira Filho, O discurso e o método: Vico leitor de Descartes e a

Autobiografía, in Embates da Razão: mito e filosofía na obra de Giambattista Vico, a cura di H. Guido, J. M. Sevilla

e S. De Amorim e Silva Neto, Uberlândia, Edufu, 2012, pp. 179-202; pp. 180 e sgg.). Da un punto di vista più gene- rale ma non generico sono illuminanti le osservazioni che approfondiscono le differenze tra lo stile discorsivo del filosofo napoletano e quello metodologico del francese, mostrando i non pochi motivi del «pensamento tortuoso de Vico» dai quali partire per ricostruire l’unità e la continuità di un pensiero fino all’ultima Scienza nuova (1744) che non è «preestabelecido, nem é transparente de início […]; em Vico o sentido da obra val se esclarecendo pouco a pouco com a precisão de um objeto novo definição de temas que sejam seus, como fica claro em sua obra mais madura […], a capacidade de narrar a própria história, de pensá-la e produzi-la como obra de reflexão, pertence ao homem e é por isso que a Sn44 é possível» (ivi, pp. 199, 200). Utili informazioni si ricavano dal documentato contributo di G. Costa, Idea nella cultura italiana del Settecento. La posizione di Vico, in Idea. VI Colloquio Internazionale del Lessico Intellettuale Europeo (Roma, 5-7 gennaio 1989), a cura di M. Fattori e M. L. Bianchi, Firenze, Olschki, 1990, pp. 279-298; p. 290.

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Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea

Questi giudizi sembrano in qualche modo attenuare la tesi di un Descartes “mascherato” e consentono di prendere indirettamente le distanze da certe fonti (da Clerselier e Baillet) che hanno privilegiato i motivi della scarsa affi- dabilità degli interlocutori olandesi e, nel caso di Regius, enfatizzato il motivo dell’«infedeltà» e le ragioni dello «scisma»8. La traccia autobiografica di Vico

diventa non solo rilevante in sé, ma invito a verificare le ragioni autonome dell’opera del medico-filosofo di Utrecht nelle relazioni con Descartes. La presunta sudditanza all’autore del Discours de la méthode, quasi una reductio assoluta alla sua filosofia, utilizzando il solo carteggio, ha finito per svuota- re di significato il pensiero dell’olandese che l’autore delle Meditationes, nei luoghi di mancata sintonia teorica, ha cassato o riportato alla propria inter- pretazione. Il fatto è che egli è stato storicamente un amico e un interprete del francese, non un allievo diretto9. L’incontro con Descartes non provocò

un’improvvisa e fulminea conversione ma la verifica critica di alcune tesi di fisica e di fisiologia che il medico di Utrecht elaborò già nell’apprendistato a Padova dei primi anni Trenta. La scuola aristotelica di Cremonini gli risul- 8 Così F. Bouillier, Histoire de la Philosophie cartésienne, Paris, Ch. Delagrave et C., 1854, 1868³ (reprint 1972),

pp. 261-265, cit. da P. Dibon (Notes bibliographiques. Sur les cartésiens hollandais [1950], poi in Id., Regards sur la

Hollande du siècle d’or, Napoli, Vivarium, 1990, pp. 613-657; pp. 616-617) che in queste letture ha notato il rischio

di occultamento della vita accademica e religiosa olandese del secolo d’oro (su Regius cfr. ivi, pp. 638-639). Di una «fabbrica» della storia del cartesianesimo olandese nella storiografia francese del secolo XIX ha parlato D. Antonie-Mahut (La fabrique de l’histoire du cartésianisme néerlandais dans les histoires de la philosophie francaise

au XIXe siècle, in Les Pays-Bas aux XVIIe et XVIIIe siècles. Nouveaux regards, sous la direction de C. Secretan et D.

Antoine-Mahut, Paris, Champion, 2015, pp. 107-124), partendo dalle posizioni di Cousin, Damiron e utilizzando la fonte Regius, identificata da Renouvier quale filiazione cartesiana di un «matèrialisme medicale» che giungerà a La Mettrie e a Cabanis (ivi, p. 112). In Bouillier è sottolineata la rivendicata autonomia di quel «cartésianisme empirique» che nell’opera del medico-filosofo di Utrecht ha caratteri suoi propri e distinti da Descartes (ivi, pp. 108, 113, 119). Sugli esiti di un’«epistemologia empirista», pienamente assunta a proposito della “fisiologia” delle passioni, si è soffermata l’accurata analisi di D. Kolenski-Antoine (La question des passions chez Regius et Descar-

tes. Premiers éléments d’interprétation, in «Azimuth. Philosophical Coordinates in Modern and Contemporary

Age», n° 1, 2013, pp. 13-32), attenta a esaminare di Regius le Disputationes nella Physiologia del 1641, il Traité des

affections de l’âme del 1650 e il libro IV della Philosophia naturalis (1654 e 1661).

9 A precisare tutto ciò hanno contribuito le documentate ricostruzioni di de Vrijer circa i luoghi e i momenti

di un’originale posizione scientifica e filosofica preesistente al rapporto con Cartesio e fondata su un’aggiornata teoria psicofisiologica, via d’accesso, secondo l’interprete, a un materialismo, «prélude sur le mode matérialiste à Spinoza qui fit de la pensée et de l’étendue les attributs d’une substance unique» (M. J. A. de Vrijer, Henricus

Regius: Een “cartesiaansch” hoogleeraar aan de Utrechtsche Hoogeschool, ’s. Gravenhage, s. e., 1917, pp. 134, 180).

La distinzione tra discepoli e ammiratori è stata introdotta da biografi di Cartesio del calibro di Borellus e Baillet: cfr. R. Bordoli, Introduzione a René Descartes. Henricus Regius. Il carteggio. Le polemiche, a cura di R. Bordoli, Napoli, Cronopio, 1997 p. 34 nota 38. Per uno studio esteso alle relazioni tra il filosofo e il mondo olandese rinvio alla fondamentale monografia di Th. Verbeek, Descartes and the Dutch. Early Reactions to Cartesian Philosophy

1637-1650, Carbondale and Edwardsville, Southern Illinois University Press, 1992. Una ricerca, utile anche per

l’accurato aggiornamento bibliografico, si deve anche a E. J. Bos, The correspondence between Descartes and Hen-

Fabrizio Lomonaco, Mens, anima, corpo in una polemica tra medici e filosofi in Olanda

tò preziosa per l’apprendimento della letteratura iatromeccanica di Santorio che lo orientò nella polemica contro la magia e nello studio della natura, del- le sue quantità e delle sue misurabili forze fisico-meccaniche in sintonia con le ricerche galileiane e la sintesi cartesiana di argomentazioni matematiche e fenomeni fisiologici, utili alla formazione del meccanicismo biologico10. In

proposito giova ricordare, dopo il ritorno a Utrecht nel 1634, l’influenza assai rilevante di Henri Reneri, professore di filosofia nell’Ecole Illustre della città e cartesiano della prima ora. Concorde con le tesi cartesiane della circolazione del sangue e del moto del cuore nella parte V del Discours e negli Essais11, il

professore di filosofia fu fedele al metodo moderno della conoscenza fondato sull’esperienza sensibile e, più in generale, all’orientamento pratico del filoso- fare che faceva pensare al Novum Organon di Bacone molto presente nell’O- landa contemporanea12.

Nominato professore straordinario di medicina teorica e di botanica nel novembre del 1638, Regius fu attento studioso degli scritti scientifici carte- siani (della Dioptrique e delle Météores) e, insieme, sensibile alla dimensione pratico-costruttiva della conoscenza, all’ideale del sapere fattuale ed efficien- te delle nuove arti meccaniche e delle loro caratteristiche procedure. Il che non sconfinava in un’acritica adesione al metodo baconiano, ancora fondato su una classificazione qualitativa dei fenomeni, eppure alquanto distante dal naturalismo umanistico e rinascimentale. Uno dei primi scritti del medico di Utrecht fu la raccolta di Disputationes pubblicata nel 1641 con il titolo di Physiologia sive cognitio sanitatis, ricordata da Descartes nella celebre lettera a Dinet del 1642 per l’esplicito sostegno a Regius, ai suoi concetti di mens e

10 Cfr. l’utile studio di P. Farina (Sulla formazione scientifica di Henricus Regius: Santorio e il De statica medicina,

in «Rivista critica di storia della filosofia», vol. XXX, n° 4, 1975, pp. 363-399) che non ha mancato di rilevare la personalissima critica di Santorio alle forme sostanziali rispetto ai personalissimi agganci della teoria di Regius (ivi, pp. 368, 369).

11 Su Reneri e i primi commenti a Utrecht del Discours e degli Essais si veda, dopo le note testimonianze di Baillet

e Cohen, P. Dibon, La réception du Discours de la Méthode dans les Provinces-Unies, in Descartes: il Metodo e i Sag-

gi, Atti del convegno per il 350° anniversario della pubblicazione del Discours de la méthode e degli Essais, a cura

di G. Belgioioso, G. Cimino, P. Costabel e G. Papuli, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, 1990, pp. 635-650; pp. 646-648. Fondamentali sono anche le note pagine di G. Rodis-Lewis (Descartes, trad. it. di G. Auletta e M. Anquetil, Roma, Editori Riuniti, 1997, pp. 111-113 e 121-123) e le aggiornate ricostruzioni di R. Buning, Henricus

Reneri and the earliest teaching of cartesian philosophy at Utrecht University, in Les Pays-Bas aux XVIIe et XVIIIe siècles. Nouveaux regards, sous la direction de C. Secretan et D. Antoine-Mahut, Paris, Champion, 2015, pp. 65-78. 12 Cfr. P. Dibon, Notes, cit., pp. 291-292. Sulla presenza del De sapientia veterum nel 1633 fino all’Opera omnia dal

1684 al 1696 si diedero continue e significative testimonianze di interesse e di studio (cfr. P. Farina, Il corpulari-

smo di Henricus Regius: materialismo e medicina di un cartesiano olandese del Seicento, in Ricerche sull’atomismo del Seicento, Milano, FrancoAngeli, 1977, p. 129 e note).

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Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea

materia, di figura e moto, celebrati in verso13, alle descrizioni dell’uomo, tut-

te ispirate a un modello meccanico di definizione fisiologica della salute. A definirlo sono le classificazioni dei “temperamenti” e le considerazioni sulle diverse età della vita, sulle azioni umane in rapporto alla forza del corpo e all’anima fino alle actions naturelles e alle actions animales, dalla nutrizio- ne alla digestione, dal movimento del cuore alla respirazione14. Prevale una

posizione alternativa alla fisica qualitativa di matrice aristotelica, fondata su una concezione corpuscolare della materia, sull’intreccio di atomismo e con- cezione dinamico-vitalistica, sulla compatibilità tra animismo e atomismo che non si identifica tout-court con il recupero dell’atomismo classico. Una fonte accertata è il De rerum natura di Lucrezio, utilizzato per il sostegno alla

13 «Mens, Mensura, Quies, Motus, Positura, Figura, / Sunt cum Materia cunctarum exordia rerum», in H. Regius, Physiologia, sive Cognitio sanitatis. Tribus disputationibus in Academia ultrajectina publice proposita, Utrajecti,

A. Roman, 1641 (poi in E. J. Bos, The correspondence, cit.), p. 5; versi riproposti in Id., Fundamenta physices, Amstelodami, apud L. Elzevirium, 1646, p. 29. Sulla citazione in versi rinvio a E. J. Bos, Regius, cit., p. 80 e nota. Il testo della lettera al Dinet è in Oeuvres de Descartes, a cura di Ch. Adam e P. Tannery, ristampa accresciuta, Paris, Vrin, 1964-1974, vol. VII, pp. 582-583, trad. it. (parziale) in René Descartes. Henricus Regius, cit., p. 27, nota. Dopo P. Farina (Il corpularismo, cit., pp. 162-163, note e, ivi, per la polemica di Regius con Primerose del 1640), cfr. le magistrali ricostruzioni di E. Garin sulle lotte anticartesiane a Utrecht fino allo scontro diretto con le tesi di Regius (La vita e le opere di Cartesio, in Cartesio, Opere, a cura di E. Garin, Bari, Laterza, 1967 e poi in volume autonomo, Roma-Bari, Laterza, 1984, pp. 173-174 e sgg.) e A. Bitbol-Hespéries, Descartes et Regius: leur pensée

médicale, in Descartes et Regius autour de l’Explication de l’esprit humaine, édité par Th. Verbeek, Amsterdam-

Atlanta, GA, Rodopi, 1993, pp. 47-68; pp. 65-66.

14 H. Regius, Physiologia, cit., Disp. I, pars I, pp. 1-8, ivi pars II, pp. 9-16; Disp. II, pars I, pp. 17-24; pars II, 25-32; Disp. III, pars I, pp. 33-.40, pars II, pp. 41-50. Per la composizione dell’opera e, in particolare, sulle pagine dedicate

alla fisiologia si veda Th. Verbeek (Regius’s Fundamenta physices, in «Journal of the History of Ideas», vol. 55, n° 4, 1994, pp. 533-551; pp. 545-547) che ha bene documentato la sostanziale originalità dello studioso di Utrecht, la sua autonomia da L’Homme, conosciuto in bozze di stampa e ripreso solo per la questione dei movimenti musco- lari (ivi, pp. 542, 543, 544-545). Cfr. anche A. Bitbol-Hespériès, Descartes et Regius, cit., pp. 54-56 e D. Kolesnik- Antoine, L’âme et le corps dans la philosophie naturelle de Regius: repenser en médicin l’héritage cartésien, in

Machine and Life. Epistemological Models and moral Implications (XVII-XIXth Centuries), edited by N. Allocca,