1. Alla ricerca del vero mago
«Magus» – nella ristretta comunità dei filosofi – «significat hominem sapien- tem cum virtute agendi»1. La lapidaria definizione di Giordano Bruno si legge
nelle prime pagine del De magia naturali, l’opera concepita dal Nolano per spie- gare i fondamenti teorici che giustificano l’efficacia delle prassi magiche.
Prima di illustrare i vari aspetti dei fenomeni arcani e dei mezzi idonei a realizzare effetti sorprendenti (i vincula), Bruno si propone di fugare le ambi- guità e contrastare i pregiudizi deformanti, non solo nella visione popolare, la figura e l’azione del mago.
Il secolo avvolto dalle tenebre in cui sente di vivere, ha assunto sempre più la connotazione di un mondo rinversato dove ignobili ciarlatani sono scam- biati per potenti taumaturghi e asini illetterati vengono insigniti col lauro ac- cademico. A causa della confusione regnante nelle menti2 – denuncia malin-
conicamente Bruno nello Spaccio de la bestia trionfante – soltanto pochi sono ormai in grado di distinguere il vero dal falso.
L’immane compito di rimettere nei cardini un mondo sgangherato potreb- be tuttavia apparire realizzabile se si richiamassero in vita quelle pratiche an- tichissime adottate dagli Egizi con ineguagliabile perizia per «farsi familiari, affabili e domestici gli dèi»3. Purtroppo, si è quasi persa la memoria di quei
venerandi saggi, conoscitori dei modi per salire fino «a l’alto della divinità»,
1 G. Bruno, La magia naturale, in Id., Opere magiche, edizione diretta da M. Ciliberto, a cura di S. Bassi, E. Scap-
parone, N. Tirinnanzi, Milano, Adelphi, 2000, p. 167.
2 Cfr. A. Masullo, Il confusissimo secolo, in Id., Giordano Bruno maestro di anarchia, Caserta, Edizioni Saletta
dell’Uva, 2016, pp. 17-44.
3 G. Bruno, Spaccio de la bestia trionfante, in Id., Dialoghi filosofici italiani, edizione a cura di M. Ciliberto, Mi-
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Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
percorrendo «la medesima scala di natura […] per la quale la divinità descen- de sino alle cose minime per la comunicazione di se stessa»4.
Nel caliginoso tempo presente, immemore dei fasti di quella lontana età aurea della magia e della civiltà, il sedicente mago è, generalmente, uno dei numerosi impostori – indovini, oracoli, incantatori, invocatori di spiriti etc. – che trovano incarnazione nel goffo negromante Scaramuré, inventato da Bru- no per la scena del Candelaio. Questi millantatori gettavano un profondo di- scredito sulla magia, truffando il volgo credulo nei borghi e nei mercati dove propagandavano con successo i risultati “miracolosi” di formule e pozioni.
Un sistematico tentativo di screditare la magia era, inoltre, condotto dal clero di parte cattolica e protestante. I predicatori, timorosi che i decantati effetti di quelle ritualità misteriose facessero lievitare la tracotanza umana e ridimensionassero il ruolo di Dio onnipotente, sconfessavano e condannava- no indifferentemente tutti coloro che si dedicavano alle arti occulte. Anche chi basava la capacità di realizzare effetti straordinari su un solido impianto teorico e un approfondito studio delle cause naturali, si vedeva equiparato – nella descrizione denigratoria resa «da quei bardocuculli quale fu l’autore del libro intitolato Il martello delle streghe» e riproposta nei «catechismi di preti ignoranti e vaneggianti» – a «un qualunque balordo scellerato, che dal rap- porto, o addirittura dal patto, con un demone malvagio è messo in grado di danneggiare o di giovare»5.
Il mago-sapiente di cui parla Bruno esercita, per propria scelta, un’arte esclu- sivamente operante all’interno del perimetro della natura6. Pertanto egli è di-
sinteressato alle seduzioni di un potere anche illimitato, ottenuto mediante in- vocazioni di angeli e demoni; entità verso le quali, quindi, non contrae debiti né obbligo di restituzioni. Un’arte esercitata in modo indipendente, fondata sulla conoscenza più intima delle forze agenti nel cosmo, da lui, poi, indirizzate affin- ché producessero «cose mirabili con la sola unione dei princìpi attivi e passivi, come fanno medicina e alchimia, ciascuna nel proprio genere»7.
Il mago di Bruno – per precisarne la nobile discendenza – è l’ultimo erede di una tradizione della quale hanno fatto parte: «i trismegisti presso gli Egizi,
4 Ibid.
5 G. Bruno, La magia naturale, cit., p. 167.
6 Cfr. S. Bassi, Metamorfosi della magia in Giordano Bruno, in La magia nell’Europa moderna. Tra antica sapienza e filosofia naturale, Atti del convegno (Firenze, 2-4 ottobre 2003), a cura di F. Meroi e E. Scapparone, Firenze,
Olschki, 2007, vol. II, pp. 384-385; ed anche N. Tirinnanzi, Eroi e demoni tra Ficino e Bruno, ivi, pp. 405-406, 411.
Maurizio Cambi, Giordano Bruno, la magia e i limiti della ragione
i druidi presso i Galli, i gimnosofisti presso gli Indiani, i cabalisti presso gli Ebrei, i magi (il cui capostipite è Zoroastro) presso i Persiani, i sophoi presso i Greci, i sapienti presso i Latini»8.
2. La conoscenza del mago
Dopo aver distinto il vero mago dai simulatori in mala fede, Bruno passa a descrivere i tipi dell’arte arcana, analizzandone singolarmente lo statuto e i caratteri distintivi. Un’analisi colta che individua nella magia naturale l’unica forma legittimamente praticabile grazie all’impegno delle sole facoltà umane. Nel corso di un interrogatorio, durante la fase istruttoria del processo roma- no, Bruno spiegò agli inquisitori che essa – l’assolutamente magia – «non è al- tro che una cognitione dei secreti della natura con facoltà d’imitare la natura nell’opere sue e fare cose maravigliose agl’occhi del volgo»9.
La deposizione è pienamente coerente con la definizione di “mago” resa nel De magia naturali e può essere intesa come esplicazione di essa. Infatti, i magnalia sono prodotti dal mago solo se è sapiente; se, cioè, possiede un grado di «cognitione» tale da consentirgli di individuare le potenze latenti «che sono nel grembo della natura»10. Successivamente, egli dovrà scoprire quali sono
i nessi «secreti» regolanti intimamente i rapporti intercorrenti tra le res natu- rales. Infine – è la fase in cui il sapiente diventa agente – imparerà a liberare le virtù intrinseche degli enti e maritarle (avrebbe detto Giovanni Pico della Mirandola)11 per ottenere gli esiti desiderati.
La magia deve imitare la natura fino a farsi sua socia12. Solo allora, per il
mago-sapiente si svelano i misteri più riposti che gli permetteranno di so- stituirsi alla natura stessa. Giungerà perfino a «governarla e dirigerla»13 per
suscitare quelle «cose maravigliose», stupefacenti per la massa. 8 Ivi, p. 161.
9 Cfr. L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, Roma, Salerno Editrice, 1993, p. 275.
10 G. Bruno, Spaccio de la bestia trionfante, cit., p. 635. Cfr. anche Id., Le ombre delle idee, in G. Bruno, Opere mne- motecniche, edizione diretta da M. Ciliberto, a cura di M. Matteoli, R. Sturlese, N. Tirinnanzi, Milano, Adelphi,
2004, tomo I, p. 49.
11 G. Pico della Mirandola, Conclusiones nongentae. Le novecento Tesi dell’anno 1486, edizione a cura di A. Biondi,
Firenze, Olschki, 1995, p. 118: «13. Operare magia: è, semplicemente, maritare il mondo».
12 G. Bruno, La magia naturale, cit., p. 267. Cfr., al proposito, L. Spruit, Magia: socia naturae. Questioni teoriche nelle opere magiche di Giordano Bruno, in «Il Centauro», n°. 17-18, 1986, pp. 146-169.
13 G. Bruno, Il sigillo dei sigilli, in Id., Opere mnemotecniche, edizione diretta da M. Ciliberto, a cura di M. Matte-
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Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Per realizzare tali ambiti obiettivi sembra siano sufficienti solo le facoltà del soggetto e le innumerevoli virtù custodite negli enti naturali.
Bruno – come detto – esclude dal suo orizzonte la magia transnaturale o metafisica (senza mai negarne l’esistenza e la pratica diffusa) perché giudi- ca la richiesta dell’aiuto satanico un’abdicazione alla propria autonomia. Chi divorato dalla vanità invoca i demoni “presta” la «propria persona» al mali- gno che di essa necessita per manifestarsi e operare. Il presunto mago, in tal modo, «diviene vaso e strumento» di un potere altrui e soltanto in apparenza si mostra «dotato di una sapienza» che, in realtà, non gli appartiene. L’effimera scienza così ottenuta si dissolverà in fretta (o potrà essere eliminata con l’as- sunzione di «un semplice farmaco»). È la magia desperatorum invocata da uo- mini meschini, i quali, per la loro improvvida sete di potenza, sono destinati a diventare «ricettacoli di cattivi demoni»14.
Insomma: Bruno non è disposto a pagare l’alto prezzo di un patto con Me- fistofele – come invece accettò di fare il dottor Faust di Marlowe – per diven- tare «bravo come Agrippa che stupì l’Europa coi suoi fantasmi»15. Il Nolano
è interessato a una magia che abbia come prima finalità l’uomo, una magia finalizzata a “ringiovanire il mondo”16 e a istituire una universale civil con-
versazione. Trascurabili sono per lui i prodigi il cui segreto è svelato nel libro magico studiato con abnegazione dal dottore di Wittenberg: le formule da ripetere per ottenere «oro», i cerchi da disegnare per provocare «tuoni turbini tempeste lampi» e i richiami per far «apparire uomini armati» pronti a esegui- re ogni ordine loro impartito dal negromante17.
3. Le ragioni del mondo e la ragione del mago
Il rifiuto bruniano di ausili metafisici equivale a un’orgogliosa affermazio- ne dei poteri umani. Per il filosofo, la mente rappresenta una risorsa inestima-
14 G. Bruno, La magia naturale, cit., p. 163. Si veda anche Id., La lampada delle trenta statue, in Id., Opere magi- che, edizione a cura di S. Bassi, E. Scapparone, N. Tirinnanzi, Milano, Adelphi, 2000, p. 937. Cfr., al proposito, S.
Bassi, La magia in Giordano Bruno, in Storia d’Italia. Annale XXV: Esoterismo, a cura di G.M. Cazzaniga, Torino, Einaudi, 2010, p. 242.
15 C. Marlowe, Il Dottor Faust, edizione a cura di N. D’Agostino, Milano, Mondadori, 1983, p. 41.
16 S. Bassi, La magia in Giordano Bruno, cit., p. 234; L. Salza, Metamorphose de la Physis. Giordano Bruno: infinité des mondes, vicissitudes des choses, sagesse héroïque, Naples-Paris, La città del Sole - Vrin, 2005, pp. 498-502; M.
Ciliberto. Il sapiente furore. Vita di Giordano Bruno, Milano, Adelphi, 2020, p. 549.
Maurizio Cambi, Giordano Bruno, la magia e i limiti della ragione
bile18. Può, ad esempio, scoprire su quali principi è retto il mondo, quali leggi
sovrintendono alla costituzione e allo sviluppo degli enti. Può ricostruire la fitta rete che lega tutte le res naturales grazie al comune denominatore dello spiritus universalis e scegliere come e in quale segmento di questa smisurata ragnatela, inserire il proprio intervento.
Nell’Epistola esplicatoria dello Spaccio de la bestia trionfante, Bruno intro- duce il tema «dell’eterna sustanza incorporea […] che non può esser suggetto de dessoluzione». Essa, «principio efficiente ed informativo» dell’intera realtà, «ordisce la tela, intesse le fila, modera le tempre, pone gli ordini, digerisce e distribuisce gli spiriti, infibra le carni, stende le cartilagini, salda l’ossa, ra- mifica gli nervi, incava le arterie, infeconda le vene, fomenta il core, inspira gli polmoni, soccorre a tutto di dentro […]». Nella materia, in cui pulsa una vitalità perpetua, vige il principio per cui si possono perfino «tener uniti gli contraii elementi» e «contemperar insieme come in certa armonia le discor- danti qualitadi»19.
L’ordito cosmico è regolato da un ordine inalterabile. Gli enti naturali sono caratterizzati da un’inclinazione a intrattenere con le altre realtà rapporti go- vernati da attrazione e repulsione. Paolo Rossi ha scritto che «nel mondo di un mago del Rinascimento amore e odio, simpatia e antipatia non riguardano solo gli esseri umani né sono termini applicabili solo alla psicologia»20. Il cosmo dei
neoplatonici, ove tutto vive e sente, è paragonabile a un enorme animale21, le
cui parti (astri, piante, metalli etc.) sono attraversate – secondo un’antichissima tradizione (avente la sua radice in Empedocle ma che nel tempo si arricchisce di motivi stoici, gnostici, ermetici) – da pulsioni in tutto simili a quelle degli uomini22. Al principio generale, garante della conservazione dell’«essere viven-
te unico» enunciato da Plotino («naturalmente esiste armonia tra le nature si- mili e opposizione tra quelle dissimili»)23, Bruno aggiunge che
18 Cfr. M. Matteoli, ad vocem: raggione, in Giordano Bruno. Parole concetti immagini, dir. scientifica di M. Cili-
berto, Pisa, Edizioni della Normale, 2014, vol. II, pp. 1630-1631.
19 G. Bruno, Spaccio de la bestia trionfante, cit., p. 466.
20 P. Rossi, Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2006, p. 39 (si veda
anche p. 30); cfr. anche M. Ciliberto, Pensare per contrari. Disincanto e utopia nel Rinascimento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005, p. 421.
21 Cfr. S. Gómez López, «Tellus animal magnum». Storia filosofica di una metafora, in «Intersezioni», a. XIX, n°
2, 1999, pp. 185-207.
22 N. Tirinnanzi, I Libri Physicorum Aristotelis e la riflessione magica di Bruno, in Ead., L’antro del filosofo. Studi su Giordano Bruno, a cura di E. Scapparone, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2008, p. 148.
23 Plotino, Enneadi, edizione a cura di M. Casaglia, C. Guidelli, A. Linguiti, F. Moriani, Torino, Utet, 1997, vol.
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Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
non ogni cosa è adatta ad essere passiva rispetto ad ogni altra […] per cui l’acqua si mescola con l’acqua e l’acqua si confonde con altra acqua, per somiglianza o affinità o omogeneità di composizione, sicché, una volta avvenuta l’unione, nessun artificio può separare l’una dall’al- tra […]. È impossibile, invece, mescolare olio e acqua, perché le particelle dell’olio aderiscono e si compattano l’una all’altra quasi avvinte da un amore reciproco, per cui non possono né penetrare né essere penetrate dalle particelle d’acqua24.
Perché si possa «mantenir la composizione d’uno animale» è, quindi, ine- ludibile il rispetto della ratio naturae da parte del mago intento a mescolare forze e proprietà delle cose: egli deve prioritariamente conoscere tutti i “senti- menti” degli enti naturali per non incorrere in errori che pregiudicherebbero le sue operazioni.
Contempla, in tutti gli esseri viventi – raccomanda il Nolano nel De vinculis in genere – l’ami- cizia e l’inimicizia, la simpatia e l’antipatia, la somiglianza e la diversità e le loro circostanze, e passa poi a confrontare, secondo un certo ordine ed analogia, le realtà particolari ed indivi- duali singolarmente prese all’interno della specie degli altri esseri viventi, una per una e poi tutte insieme; infine, le specie di tutte le altre cose: comprenderai così quale varietà e disponi- bilità di vincoli ti occorra25.
Chi «non ispira e conforma la sua prassi a questi principi» – si legge nel De rerum principiis et elementis et causis – «non può portare a compimento alcuna operazione se non per caso»26.
4. Il sogno del mago e le facoltà della mente umana
Un vincolo stretto dal mago bruniano per “annodare” energie e uomini alla propria volontà, si configura come il distillato di un complesso proces- so avviato imprescindibilmente con lo studio dei fenomeni naturali27. Non a
24 G. Bruno, La magia naturale, cit., p. 255. Bruno opera una distinzione tra “la magia naturale” e “la magia
naturale propriamente detta”. La prima forma di praxis si limita a coniugare i principi attivi e quelli passivi, mentre la seconda è «quella che deriva dalla capacità di antipatia e simpatia degli enti, come nel caso di quelli che respingono, trasformano e attraggono, quali, ad esempio, le specie del magnete e simili, le cui operazioni non sono riconducibili alle qualità attive e passive, ma tutte vengono riferite allo spirito, ossia all’anima radicata nelle cose» (ivi, p. 163).
25 G. Bruno, I vincoli in generale, in Id., Opere magiche, cit., p. 471. Cfr. in proposito S. Bassi, Il vincolo di Cupido. La magia e il mago, in Ead., L’incanto del pensiero. Studi e ricerche su Giordano Bruno, Roma, Edizioni di Storia e
Letteratura, 2014, pp. 36-38.
26 G. Bruno, I principi delle cose, in Id., Opere magiche, cit., p. 693.
27 «Sa ben vincolare, quindi, chi conosce caratteristiche e proprietà di tutto ciò che esiste, o – quantomeno – la
natura, la disposizione, l’inclinazione, la condizione, l’utilità e lo scopo della specifica realtà da sottoporre a vin- colo» (G. Bruno, De vinculis, cit., p. 429). Su questo tema, si veda: E. Scapparone, Magia, politica e filosofia nel De
Maurizio Cambi, Giordano Bruno, la magia e i limiti della ragione
caso, il De vinculis inizia con una perentoria prescrizione: «è necessario che chi deve operare sulla realtà facendo uso di vincoli possieda in un certo modo una teoria universale delle cose, per essere in grado di avvincere l’uomo, che di tutte le cose è, per così dire, la ricapitolazione»28. E poco oltre, nella stes-
sa opera, Bruno riafferma la legittimazione a compiere l’operazione magica soltanto per «qui universi rationem habet»29. Può darsi che, scrivendo queste
parole, Bruno parlasse di sé considerandosi un individuo eccezionale30.
In effetti, la definizione non sembra tener conto dei limiti connaturati alla condizione umana. Chi, tra gli uomini comuni, sarebbe in grado di incame- rare tutte le infinite informazioni relative agli enti naturali i quali, per di più, mutano di continuo sottomessi come sono alla legge e al ritmo della «magni- fica vicissitudine»31?
La mente umana (compresa quella del mago) apprende seguendo «quattro gradi in cui sono scandite le potenze cognitive, così da ascendere senza errore dal senso, che concerne i corpi, alla fantasia, che concerne i simulacri dei cor- pi; da questa all’immaginazione che concerne i contenuti dei simulacri, e da qui all’intelletto, che medita sulle nature comuni ai singoli contenuti»32. Le
molteplici funzioni della ragione, poi, completano le operazioni della mente (astrazione, valutazione, comparazione, discernimento etc.)33 che conducono
l’uomo ad un passo dal vero. Non alla piena conoscenza perché, “circoscritto” dalla propria natura – come Bruno scriveva già nel De umbris idearum –, l’uo- mo si ferma sulla soglia dell’ombra34.
vinculis, in Autobiografia e filosofia. L’esperienza di Giordano Bruno, Atti del convegno (Trento, 18-20 maggio 2000), a cura di N. Pirillo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 55, 57-58.
28 G. Bruno, I vincoli in generale, in Id., Opere magiche, cit., p. 415.
29 Ivi, p. 428. Su questa tema, si veda M. Ciliberto, Il sapiente furore. Vita di Giordano Bruno, cit., pp. 553-570. 30 P. Rossi, Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità, cit., p. 30: «Da sempre la magia ha a che fare con mi-
racoli, con cose inaudite e stupefacenti e meravigliose, da sempre si incarna in uomini che pensano a se stessi come tre volte uomini o ritengono di essere (come Bruno riteneva) messaggeri celesti, inviati sulla Terra, capaci di librarsi in alto, verso la Verità e la Luce, lasciando attoniti i semiuomini o i comuni mortali (come Bruno ancora riteneva)».
31 G. Bruno, De gl’eroici furori, in Id., Dialoghi filosofici italiani, cit., p. 772. Ne Le ombre delle idee (cit., p. 51), il
Nolano aveva scritto che la «quiete stabile o stasi non persevera a lungo in quanti vivono secondo i ritmi della natura».
32 Cfr. G. Bruno, Il sigillo dei sigilli, cit., pp. 209-211. Cfr. al proposito M. Matteoli, ad vocem: raggione, cit., pp.
1630-1631.
33 G. Bruno, Le ombre delle idee, cit., pp. 55-57; Id., Esposizione dei trenta sigilli, cit., pp. 107, 111, 121.
34 G. Bruno, Le ombre delle idee, cit., p. 45: «[…] in ragione della sua facoltà, l’animo è reso partecipe del bene e
del vero, e se pure non ha tanta forza da essere immagine di quello, è tuttavia a sua immagine, mentre il cristallo diafano che è proprio dell’anima, limitato dall’opacità che è l’essenza del corpo, sperimenta una traccia labile dell’immagine nella mente dell’uomo, per quanto l’appulso può spingerlo ad essa; ma nei sensi interni e nella
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Ragione, razionalità e razionalizzazione in età moderna e contemporanea
Tutte le capacità si rivelano preziose per orientare l’uomo nel mondo ma in- sufficienti per quel sapere pansofico indispensabile per il mago che intenda do- minare e volgere a proprio vantaggio, le potenti virtutes presenti nelle res. Am- mirevole è la sua continua tensione a scoprire i segreti del funzionamento dei più minuti gangli del tessuto naturale; irrealistico che egli possa svelarli tutti35.
Tuttavia Bruno opera per superare ogni impedimento e realizzare il sogno del mago. Pertanto, mette a punto varie strategie per potenziare le singole facoltà della mente. Ad esempio, una parte cospicua della sua produzione è dedicata alle modifiche della vetusta Ars memoriae e ai commentari alle arti combinatorie di Raimondo Lullo; opere concepite con l’intento di ampliare il «granaio»36 della memoria dove si conservano le cognizioni già conseguite.
Al lettore dell’Explicatio triginta sigillorum, il Nolano raccomanda lo studio del suo trattato, utilissimo «per l’invenzione, la disposizione e la memoria di ogni scienza e disciplina». Chiunque (se di buona volontà), imparando a usare il metodo, sarebbe stato condotto «con successo ad organizzare tutte le opera- zioni dell’animo e a trattenerne i significati»37.
Non meno continui sono i tentativi del filosofo di accrescere la produttività dell’immaginazione mediante la prescrizione di esercizi specifici. Le immagi- ni traducono concetti e fenomeni offrendosi quale insostituibile nutrimento della mnemotecnica che, a sua volta, ha il compito di fornire con fluidità i ma- teriali al ragionamento. «Non possiamo condurre a compimento alcuna ope- razione conveniente alla nostra natura» – ricorda Bruno – «se non mediante certe forme e figure, che i sensi esterni concepiscono a partire dagli oggetti sensibili che i sensi interni dispongono e ordinano»38.
Bruno sembra ritenere possibile superare, collocando e ricombinando di