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CLASSIFICAZIONE :

DOMINIO: Eukaryota REGNO: Plantae

SOTTOREGNO: Tracheobionta SUPERDIVISIONE: Spermatophyta

DIVISIONE: Angiospermae o Magnoliophyta CLASSE: Magnoliopsida SOTTOCLASSE: Asteridae ORDINE: Asterales FAMIGLIA: Asteraceae SOTTOFAMIGLIA: Asteroideae GENERE: Stevia SPECIE: S. rebaudiana

NOMI POPOLARI ED INTERNA- ZIONALI:

Candy Leaf, Honey Yerba, Honeyleaf, Sweet Herb of Paraguay, Yerba Dulce, Caá-Ché, Ste- via Del Norte De Paraguay, Capim Doce, Ya Wan, Tian Ju.

Figura 18: Stevia rebaudiana Bertoni (Immagine presa da Lemus-Mondaca R. et al., 2012).

La Stevia è un genere di circa 200 specie di erbe e di arbusti della fa- miglia delle Asteraceae (Figura 18). E’ una pianta perenne, anche se in condizioni ambientali diverse da quelle originarie, può assumere un ci- clo annuale. Si presenta come un arbusto cespuglioso ramificato, con altezza dai 50 cm ai 120 cm; il diametro del cespuglio generalmente è compreso tra i 40 e 60 cm.

Le radici sono fibrose, affusolate e perenni, e formano ceppi consistenti (Schmeling, 1967), ma difficilmente tendono ad arrivare in profondità, insediandosi perciò solo nella parte superiore del terreno. I fusti si rin- novano ogni anno e presentano una struttura semi-legnosa, con ten-

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denza a flettersi, più o meno ricoperti di peluria (Sakaguchi & Kan, 1982).

Le foglie sono piccole, lanceolate, oblunghe e dentellate (Dwivedi, 1999). La disposizione fogliare, lungo i germogli, ha andamento alterna- to. I primi organi fotosintetici, di forma arrotondata, si formano subito dopo la germinazione e corrispondono ai due cotiledoni.

I fiori della Stevia sono auto-incompatibili (Chalapathi et al., 1997b; Mi- yagawa et al., 1986), e l'impollinazione avviene sia per via entomofila (Oddone, 1997) sia per via anemofila sebbene la vitalità dei semi sia molto scarsa e variabile (Lester, 1999). I fiori sono piccoli e bianchi (Dwivedi, 1999), presentano una gola viola pallido e sono collocati in piccoli corimbi composti da due a sei fiorellini e impiegano più di un mese a schiudersi. I corimbi, a loro volta, sono raggruppati in formazioni a pannocchia (Goettemoller & Ching, 1999).

I semi sono contenuti in particolari frutti indeiescenti, detti acheni, di cir- ca 3 mm di lunghezza: ogni achenio è dotato di pappo composto di cir- ca venti setole (Ramesh et al., 2006). Il tempo che intercorre dalla se- mina alla germinazione del seme è correlato alla temperatura e 24°C sono considerati ottimali per la germinazione dei semi (Goettemoeller & Ching, 1999).

La S. rebaudiana Bertoni è stata classificata botanicamente nel 1899 da Moisés Santiago Bertoni, che l’ha descritta in dettaglio. Inizialmente era stata chiamata Eupatorium rebaudianum, in seguito nel 1905 il suo nome è stato cambiato in S. rebaudiana Bertoni (Lemus-Mondaca R. et al., 2012).

Il principio dolce fu isolato per la prima volta nel 1909 e solo nel 1931 l'estratto è stato purificato per produrre lo stevioside, la cui struttura chimica è stata stabilita nel 1952 come un glicoside diterpene (Lemus- Mondaca R. et al., 2012). Lo stevioside un glicoside comprendente tre molecole di glucosio attaccate ad un aglicone. Durante gli anni '70, altri composti sono stati isolati, compreso il rebaudioside A, con una poten- za di dolcificazione anche superiore a quello dello stevioside (Barrioca- nal et al., 2008).

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Lo stevioside, uno dei glicosidi della Stevia, è circa 300 volte più dolce del saccarosio e può essere particolarmente utile per coloro che soffro- no di obesità, di diabete mellito, di malattie cardiache e di carie dentale (Ghanta et al., 2007).

Tra le circa 200 specie del genere Stevia, solo la specie rebaudiana e phlebophylla producono i glicosidi steviolici (Brandle & Telmer, 2007). Prima del 1900, la Stevia non era coltivata e, dunque, il suo consumo era limitato a coloro che avevano libero accesso al suo habitat, ma do- po gli studi di Bertoni, la coltivazione della Stevia si diffuse velocemente accrescendo anche l’interesse sulle sue potenzialità commerciali, quale sostituto naturale del tradizionale saccarosio. La principale zona di col- tivazione della Stevia si trova nelle regioni di San Pedro e Concepciòn, dove i piccoli agricoltori dominano l’economia rurale. Le società com- merciali più importanti di Stevia operano in questa regione; non si tratta però della regione nativa della pianta. La Stevia cresce invece sponta- neamente nelle zone degli altipiani del Brasile e Paraguay, ma è pre- sente anche in Venezuela e Colombia. Questo spostamento dell’area di produzione dalla terra di origine al nord si è verificato in quanto gli alti- piani sono stati occupati col tempo dalla coltivazione di soja, che non è compatibile con la coltivazione della Stevia. La Stevia infatti non richie- de l’uso di fitofarmaci, invece utilizzati in maniera intensiva per la colti- vazione dei semi di soja; inoltre, mentre la coltivazione della soja sfrutta processi altamente meccanizzati; d’altra parte non vi è alcun sistema di meccanizzazione per la coltivazione della Stevia e per la rimozione di erbe infestanti che possono essere rimosse solo manualmente. La pianta non cresce bene in terreni compatti ma, preferisce gli ambienti rurali con terreno smosso (www.agraria.org). Per lo sviluppo della pian- ta si richiede un clima temperato con un optimum a 23°C e una posizio- ne ben soleggiata; in caso di clima freddo può essere riposta in serre, permettendo la sopravvivenza della parte basale che rivegeterà a pri- mavera (www.agraria.org). Richiede abbondante irrigazione, ma teme i ristagni d’acqua che potrebbero danneggiare le radici perciò è consi- gliabile creare un sistema di drenaggio. L’habitat migliore è la zona sub- tropicale con un suolo limo-argilloso, una temperatura media di 20°C,

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con 10 ore di luminosità e con piovosità di 1000 mm/anno. In funzione delle condizioni climatiche, della tipologia del terreno, della luminosità, dei metodi irrigui e dei sistemi di coltivazione, di lavorazione e di imma- gazzinamento, le foglie di Stevia possono differire nei quantitativi di gli- cosidi. Le malattie che si riscontrano più frequentemente nella coltiva- zione della Stevia sono soprattutto di natura fungina come la Septoria Steviae e la Sclerotinia sclerotiorum. Per quanto riguarda l’attacco di in- setti, prevale la farfallina bianca e gli afidi.

Gli studi hanno rivelato che la Stevia è stata utilizzata da tempi antichi per vari scopi in tutto il mondo (Goyal et al., 2010). Per secoli, le tribù dei Guarani del Paraguay e del Brasile usavano la Stevia, principalmen- te S. rebaudiana, che chiamavano ka'a he'ê ('' erba dolce ''), come dol- cificante in yerba matee in tè medicinali per il trattamento di bruciori di stomaco e di altri disturbi (Brandle & Telmer, 2007).

S. rebaudiana Bertoni ha attratto gli interessi economici e scientifici per la dolcezza e per le possibili proprietà terapeutiche della sua foglia. Il Giappone è stato il primo paese in Asia a commercializzare lo steviosi- de come dolcificante per il cibo e per l'industria farmaceutica. Da allora, la coltivazione di questa pianta si è ampliata anche ad altri paesi dell'A- sia, tra cui la Cina, la Malaysia, Singapore, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia (Chatsudthipong & Muanprasat, 2009). La Stevia e lo stevio- side sono stati utilizzati come sostituti per il saccarosio, per il trattamen- to del diabete mellito, per l'obesità, per l'ipertensione e per la preven- zione della carie (Pól et al., 2007), infatti un certo numero di studi hanno suggerito che, dietro la dolcezza, lo stevioside, insieme ad altri compo- sti che includono il rebaudioside A, lo steviolo e isosteviolo, possono of- frire vantaggi terapeutici, in quanto hanno effetti anti-iperglicemici, antii- pertensivi, anti-infiammatori, anti-tumorali, anti-diarrea, diuretici e im- munomodulatori (Chatsudthipong & Muanprasat, 2009). Le foglie di Stevia hanno proprietà funzionali e sensoriali superiori a quelle di molte altre ed è probabile che diventino una grande fonte di dolcificante per il mercato alimentare naturale in crescita nel futuro (Goyal et al., 2010). Studi tossicologici hanno dimostrato che lo stevioside non ha effetti mu-

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tageni, teratogeni e cancerogeni. Non sono state osservate reazioni al- lergiche da quando viene utilizzata come dolcificante (Pól et al., 2007). Studi recenti sulla tossicità generale e riproduttiva del rebaudioside A hanno dimostrato la sua sicurezza ad elevati livelli di assunzione nella dieta.

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