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Si tratta di edulcoranti di origine naturale o derivanti da questi per modi- fica parziale (glicosidi, polioli, proteine), utilizzati in sostituzione del co- mune zucchero da cucina, il saccarosio, e destinati a dolcificare le be- vande e gli alimenti.

D(-)Fruttosio:o levulosio (Figura 6), è un chetoesoso molto diffuso nel regno vegetale, nella frutta e nel miele. E’ presente anche nell’inulina, un polisaccaride inattaccabile dagli enzimi digestivi.

Figura 6: Formula chimica del D-fruttosio e sua ciclizzazione (Immagine presa dal web).

Possiede un potere dolcificante superiore a quello del saccarosio e un indice glicemico più basso del glucosio (23 contro 57 del saccarosio e 100 del glucosio), caratteristica che rende il fruttosio idoneo come suc- cedaneo dello zucchero comune.

Anche i polimeri del fruttosio, i cosiddetti “fruttani”, sono impiegati nell’industria alimentare per dolcificare bevande, preparazioni dolciarie o generalmente alimenti ipocalorici poiché, non apportano energia; tut- tavia, se assunto in grosse quantità (quantità superiore a 40 g/die), il fruttosio può fermentare e causare diarrea, flatulenza, gonfiore e dolori addominali; mentre un eccesso a lungo termine, a causa della conver- sione del fruttosio a livello epatico in glucosio, glicogeno, acido lattico e

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trigliceridi, può essere causa di obesità (Livesey & Taylor, 2008), stress ossidativo, danni microvascolari, iperuricemia, ipertrigliceridemia (con conseguente steatosi epatica), diabete e ipertensione (Johnson et al., 2007). Per questi motivi l'American Diabetes Association sconsiglia l'u- so di fruttosio come dolcificante nei soggetti diabetici e suggerisce ai non diabetici di moderare il più possibile l'assunzione di fruttosio nella dieta (American Diabetes Association, 2008).

Sorbitolo: edulcorante noto con la sigla europea E 420. Ha preso il nome dal sorbo, che ne è particolarmente ricco, ma è presente anche in frutti come mele, prugne, ciliegie e uva e in molte bacche. Industrial- mente è prodotto per idrogenazione catalitica del glucosio e anche del saccarosio (Figura 7).

Figura 7: Formula chimica del sorbitolo e riduzione del glucosio a sorbitolo (Presi dal web).

Si presenta a temperatura ambiente come un solido incolore e inodore. Ha lo stesso potere calorico e circa la metà del potere dolcificante del saccarosio. Il sorbitolo è gradevolmente dolce, dà una sensazione pia- cevole di fresco al palato ed è acariogeno (Melis, 2012).

Per le sue caratteristiche, è molto usato nell’industria alimentare come dolcificante, stabilizzante e agente lievitante in vari prodotti da forno e di pasticceria. Sostituisce il saccarosio in sciroppi dietetici e farmaceutici. Sebbene la dose pro die sia ”senza limite”, si consiglia di non superare i 50 g/die.

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Xilitolo: edulcorante noto con la sigla E 967. E’ un polialcol naturale di origine vegetale composto da 5 atomi di carbonio (Figura 8).

Figura 8: Formula chimica dello xilitolo (Immagine presa dal web).

E’ presente in piccole quantità in molti frutti come fragole, lamponi, pru- gne e in alcuni ortaggi tra cui il cavolfiore. E’ stato sintetizzato dal chi- mico tedesco Hermann Emil Fischer nel 1891, ed è stato usato, a parti- re dagli anni '60, come succedaneo dello zucchero tradizionale.

Attualmente lo xilitolo è impiegato come edulcorante in molti alimenti non cariogenici (chewing gum, caramelle gommose) e meno frequen- temente in cibi dietetici. La sua importanza in campo odontoiatrico fu oggetto di ricerche in Finlandia all'inizio degli anni settanta, quando gli scienziati dell'università di Turku dimostrarono che la sua presenza co- me edulcorante nei dolci poteva aiutare la prevenzione della carie me- diante l'inibizione della crescita dello Streptococco mutans; inoltre re- centi studi confermano una riduzione nella formazione della placca e una diminuzione dei microrganismi che causano la carie a seguito del consumo di chewing gum contenenti xilitolo (Autio, 2002; Soderling, 2009). Tra i polialcol, lo xilitolo è la sostanza a maggiore potere edulco- rante, uguale a quello del saccarosio, ma presenta minore contenuto calorico (2,4 calorie per gr) e un più basso indice glicemico (Livesey, 2003) (Figura 9).

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Figura 9: Confronto del potere edulcorante nei diversi edulcoranti (Presa dal web).

Mannitolo: edulcorante noto con la sigla europea E 421. Spesso è chiamato mannite ed è un isomero del sorbitolo. E’ un carboidrato sem- plice appartenente alla categoria dei polialcoli con sei gruppi ossidrilici (Figura 10). Il mannitolo abbonda in natura in frutti, ortaggi, alghe e in alcuni funghi. Il nome deriva dalla manna, la linfa del frassino, da cui si può ottenere, ma oggi si produce industrialmente in maniera molto

semplice a partire dal saccarosio (Melis, 2012).

Figura 10: Formula chimica del mannitolo e immagine della manna (Presi dal web).

A temperatura ambiente si presenta come un solido bianco e inodore. Il mannitolo trova largo impiego nel settore farmaceutico:

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− per via parenterale viene usato come diuretico osmotico, in quanto, formando una soluzione ipertonica, ne è stata dimostrata la capacità di richiamare acqua all'interno dei tubuli renali;

− per via orale è usato come blando lassativo osmotico, specie nei bambini, in quanto richiamando acqua nel lume intestinale, aumenta il volume delle feci. Dunque rappresenta uno stimolo per la peristalsi in- testinale;

− ha la capacità di diminuire la pressione intracranica ed intraoculare, tanto da essere utilizzato nel trattamento dell'edema cerebrale (Singhi & Tiwari, 2009);

− la permeabilità intestinale si valuta misurando il differente assorbi- mento di semplici sostanze come il mannitolo e il lattulosio, che si ritro- vano nelle urine a poche ore dalla assunzione (Han, 2010).

Dal punto di vista alimentare, il mannitolo appartiene alla categoria degli stabilizzanti, addensanti, gelificanti ed emulsionanti. Rispetto al sacca- rosio, il mannitolo ha il vantaggio di essere ipocalorico (2,4 Kcal/g), di avere un minor potere cariogeno, e un metabolismo indipendente dall’insulina; tuttavia, avendo un potere edulcorante inferiore rispetto al saccarosio, bisognerebbe usare quantità più elevate per ottenere un ef- fetto dolcificante e, considerando gli effetti lassativi conseguenti, ne ri- sulta perciò limitato il suo impiego nella categoria dei prodotti dietetici come ad esempio quelli per diabetici.

La DGA del mannitolo è di 50g/die.

Maltitolo: edulcorante noto con la sigla europea E 965. E’un polialcol, derivato dal maltosio per idrogenazione. Preparato mediante idrogena- zione catalitica dello sciroppo di glucosio ad alto tenore di maltosio o mediante idrogenazione dei suoi singoli componenti, seguita da misce- lazione (Melis, 2012). E’ presente in commercio sia come sciroppo che come prodotto solido. Il maltitolo è un polialcool naturalmente presente nel miele e in alcunivegetali tra cui cipolle, carciofi, funghi, alghe brune. Il maltitolo è utilizzato come dolcificante, dato che ha il 75% della dol- cezza e circa la metà delle calorie del saccarosio, 2,1 Kcal/g (Melis, 2012). La molecola, infatti, ha potenzialmente le stesse calorie del sac-

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carosio ma quella che varia è la biodisponibilità, in quanto il maltitolo viene metabolizzato solo al 25% nell’intestino (Melis, 2012).

Lo sciroppo di maltitolo ha invece circa 3 Kcal/g e un più alto indice gli- cemico. Il suo indice glicemico, anche se pari al 53% di quello del sac- carosio, resta comunque elevato se paragonato al fruttosio (20%) e, quindi, resta problematico per i diabetici (Melis, 2012).

Ha proprietà lassative a dosi superiori a 100 gr al giorno.

Lactitolo: edulcorante noto con la sigla europea E 966. E’ un poliolo semisintetico utilizzato anch’esso come sostituto dello zucchero. Il lacti- tolo è un disaccaride ottenuto attraverso una riduzione ad alta tempera- tura sotto pressione dal lattosio. Il lattosio è molto meno dolce rispetto al saccarosio, e perciò è ovvio che anche il lactitolo abbia un potere dolcificante minore del saccarosio. Sebbene sia un derivato del lattosio, tenendo conto dei dati scientifici, si ritiene che sia improbabile che pre- parazioni di lactitolo inneschino reazioni avverse in persone intolleranti al latte vaccino e al lattosio (Melis, 2012). E’ leggermente meno calorico del mannitolo, perché meno assorbito a livello gastrointestinale, ma an- che meno dolcificante, ragion per cui il suo uso non è consigliato in re- gimi ipocalorici.

Isomalto: edulcorante noto con la sigla europea E 953. Si chiama an- che “palatinosio idrogenato”, è un poliolo complesso ricavato dallo zuc- chero di barbabietola (Figura 11).

E’ una sostanza cristallina, inodore, bianca, lievemente igroscopica, molto solubile in acqua, lievemente solubile in etanolo.

L’isomalto unisce le qualità del saccarosio a una serie di proprietà spe- cifiche dei dolcificanti che subiscono una digestione più o meno impor- tante con liberazione di glucosio e polialcol. In questo modo, diminuisce l’apporto calorico dovuto allo zucchero e la fermentazione a livello del colon dovuta al polialcol. E’ lassativo a dosi superiori a 100 gr al giorno. Lo scarso potere igroscopico ne assicura l’inalterabilità. La resistenza all’idrolisi enzimatica, non favorendo la formazione del substrato neces- sario alla crescita della microflora batterica, ne aumenta la stabilità mi-

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crobiologica, minimizzando anche il processo cariogeno (Melis, 2012). Non presenta retrogusto amaro ed è praticamente privo di controindica- zioni.

E’ impiegato in prodotti alimentari di vario tipo come gelati, dolci e in prodotti farmaceutici, come sciroppi, sospensioni e compresse.

Figura 11: Formula chimica dell’isomalto (Immagine presa dal web).

Glicirrizina: è il nome del sale di potassio e/o di calcio dell’acido glicir- rizico, una saponina triterpenoidica presente nelle radici di Glycyrrhiza glabra. Ha un potere dolcificante da 50 a 150 volte maggiore dello zuc- chero ed è acalorico. Il suo impiego è compromesso dai suoi effetti far- macologici, quali arresti cardiaci legati all’abbassamento del livello di potassio nel sangue, correlati all’assunzione forte di liquirizia (Melis, 2012). Inoltre, la liquirizia possiede un gusto caratteristico che non ne consente l’uso. Gli effetti ipertensivi dell’estratto di liquirizia privato di glicirrizina vengono meno, ma viene meno anche il sapore dolce, men- tre il suo aroma, costituito da una miscela di un centinaio di sostanze e dovuto alla reazione di Maillard, che avviene quando si concentra l’estratto con il calore, permane (Melis, 2012). La direttiva 2004/77/CE del 29 Aprile 2004 stabilisce che la presenza di acido glicirrizinico e del suo sale di ammonio debba essere indicata sull’etichetta dei prodotti con la seguente dicitura “contiene liquirizia- le persone ipertese devono evitarne un consumo eccessivo” (Melis, 2012).

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