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L’esistenza in natura di proteine dolcificanti è nota ormai da molti anni. In genere le si ritrova nei frutti di alcune piante tropicali della foresta pluviale, di cui le popolazioni indigene si servono per dolcificare i propri alimenti (Melis, 2012). Si ipotizza che le piante abbiano sviluppato la capacità di sintetizzare queste proteine per rendere i propri frutti più ap- petibili per gli animali e ottenere, di conseguenza, una più efficiente di- spersione dei semi nell’ambiente attraverso le feci.

Le proprietà dolcificanti di molte specie vegetali sono state scoperte in modo del tutto fortuito.

La prima proteina vegetale ad essere stata studiata è stata la taumati- na. Questa prima scoperta ha stimolato gli studiosi ad ampliare le loro ricerche, perciò, oggi si conoscono numerose altre proteine naturali con forte potere dolcificante. Oltre alla taumatina, sono state isolate altre cinque proteine dolcificanti: la brazzeina, la pentadina, la curculina, la mabinilina e la monellina. Una settima proteina, la miraculina, è consi- derata più che altro un composto in grado di modificare in senso favo- revole l’aroma degli alimenti (Melis, 2012). Il potere edulcorante di que- ste proteine, rispetto al saccarosio, varia dalle 100 volte della mabinilina alle circa 500 volte della pentadina e della curculina, per arrivare alle 3000 volte della monellina e della taumatina stessa.

Le proteine dolci costituiscono una accattivante alternativa ad alcune delle sostanze tradizionali e, per questo, molte industrie hanno mostrato grande interesse verso la loro commercializzazione, stimolando forte- mente la ricerca. Numerosi studi scientifici condotti sulle piante produt- trici di questi metaboliti hanno consentito di conoscere in maniera molto dettagliata le sequenze genomiche che determinano la sintesi di questi composti e di sintetizzare proteine dolcificanti anche per bioingegneria genetica. La taumatina è stata approvata come ingrediente naturale si- curo dalle autorità regolatrici inglesi nel 1983. Da allora ha trovato un vasto impiego nelle chewing gum, come eccipiente in prodotti farma- ceutici e in prodotti di uso veterinario. Lo sviluppo commerciale della

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monellina invece, è stato lento a causa della sua instabilità alle alte temperature ma un grande passo in avanti è stato compiuto da ricerca- tori giapponesi che sono riusciuti a ricavarla da colture geneticamente modificate di Candida utilis in quantità assai elevate (10 mg/g di lievito) (Melis, 2012).

Non va dimenticato, infine, che negli ultimi anni si è affermato un nuovo tipo di approccio verso i dolcificanti delle derrate alimentari, che po- tremmo definire un “approccio dolcificante multiplo” (Melis, 2012). In base a questo principio, si cerca di utilizzare sempre nuove combina- zioni di dolcificanti ed esaltatori dell’aroma per creare prodotti ipocalorici con migliori caratteristiche sia di salubrità che sensoriali (Melis, 2012). Dal punto di vista tossicologico non sono disponibili ancora dati scienti- fici per quanto concerne eventuali conseguenze che l’impiego di queste proteine dolci potrebbe avere sulla salute umana. Va da sé che il fatto di produrre simili composti anche per mezzo di vegetali o microrganismi geneticamente modificati, pone per tali dolcificanti gli stessi problemi che sono emersi per tutti i prodotti alimentari transgenici (Melis, 2012). L’aggiunta di queste categorie di dolcificanti agli alimenti dovrà, dunque, essere specificata nell’etichetta come previsto dalla normativa vigente.

LA TAUMATINA

Le taumatine (dal greco “tauma”, miracolo) costituiscono una famiglia di sostanze di natura proteica a elevatissimo potere dolcificante, estratte per la prima volta nel 1972 da H. Van der Wel dal frutto della pianta tro- picale Thaumatococcus daniellii. La taumatina si ottiene per estrazione acquosa dagli arilli (polpa che copre più o meno completamente il se- me) del frutto della pianta che cresce nelle foreste pluviali dell’Africa occidentale (Figura 12).

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Figura 12: Frutto della piantaThaumatococcus daniellii (immagine presa dal web).

Il suo potere dolcificante è circa 3000 volte superiore a quello del sac- carosio. Il fatto che la Thaumatococcus daniellii cresca soltanto nelle fo- reste africane complica notevolmente la produzione della proteina dol- ce. In un primo tempo si cercò di coltivare queste piante in serra, in habitat differenti da quello loro usuale, cosi’ ben presto si scopri’ che i vegetali crescevano ma non producevano i frutti da cui ricavare la pro- teina (Melis, 2012).

Si conoscono essenzialmente due forme predominanti: la taumatina I e la taumatina II, molecole formate da 207 aminoacidi, le quali si differi- scono per soli5aminoacidi (Van der Wel, 1972). La miscela di taumati-

na I e II è conosciuta col nome commerciale “Talin”. Il gene della tau- matina I è stato clonato e sequenziato, per cui l’industria è in grado di produrre taumatina ricombinante inserendone la sequenza nel genoma di microrganismi, conservando appieno il suo potere dolcificante (Ze- manek, 1995).

Il gusto dolce della taumatina, nonostante sia di lunga durata, non si manifesta immediatamente ma è accompagnato da un retrogusto di li- quirizia che potrebbe non essere accettato da alcuni palati. Per questa ragione, sono state prodotte, per mutagenesi, varianti aminoacidiche

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selezionate che hanno dimostrato di avere un minor retrogusto e, quin- di, migliori potenzialità commerciali (Melis, 2012).

E’ innocua in quanto nell’organismo è metabolizzata come le comuni proteine alimentari. Inoltre, avendo un alto potere dolcificante ne basta pochissimo per ottenere l’effetto desiderato.

LA MONELLINA

La monellina è una proteina ad elevatissimo potere edulcorante che si estrae dalle bacche rosse di un arbusto dell’Africa occidentale, la “Dio- scoreophyllum cumminsii Diels” (appartenente alla famiglia delle Meni- spermaceae), nota anche come “serendipity berry” o “utobili” dalle po- polazioni nigeriane, le quali utilizzano i suoi tuberi come addensanti nel- le zuppe e come ingrediente della cucina locale (Figura 13).

Figura 13: Frutto della piantaDioscoreophyllum cumminsii Diels (Immagine presa dal web).

E’ composta da due polipeptidi di 44 e 50 residui aminoacidici legati in- sieme da legami non covalenti, per questo motivo perde la dolcezza e diventa instabile quando è trattata a temperature superiori a 50°C e pH acido.

E’ circa 1500 volte più dolce del saccarosio. I frutti sono di difficile con- servazione perché la proteina si altera facilmente. L’estrazione delle bacche macinate richiede una tecnica difficile e complessa a causa del-

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la difficoltà di purificazione e non si può effettuare un’impiego commer- ciale (Melis, 2012). Anche per la monellina sono stati fatti vari tentativi di produrla con Escherichia coli, Saccharomyces cerevisiae e Candida utilis e il composto ottenuto si è rivelato più stabile di quello naturale sia ai trattamenti termici sia alle variazioni di pH.

LA MABINILINA

La mabinilina è una proteina ad elevato potere edulcorante che si e- strae dalla “Capparis masaikai”, nota anche come “Mabinlang”, una pianta che cresce in diverse zone della Cina sud occidentale. La pianta produce frutti (Figura 14) i cui semi maturati vengono utilizzati nella tra- dizionale medicina cinese; inoltre sono usati come dolcificanti masti- candone direttamente i semi. Nei frutti della pianta sono contenute 4 proteine dolcificanti, delle quali la più studiata è chiamata mabinilina II (Liu et al., 1993) che è circa 100 volte più dolce del saccarosio.

Figura 14: Frutto della piantaCapparis masaikai (Immagine presa dal web).

La proteina è formata da due catene polipeptidiche di 33 e 72 aminoa- cidi strettamente associate tra loro da legami non covalenti (Kohmura, 1998). Della famiglia, tutte sono state descritte, clonate e sequenziate genomicamente, anche altre varianti di mabinilina, chiamate mabinilina I, III e IV, che si differenziano fra di loro sia per il potere dolcificante che per la resistenza al calore.

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LA PENTADINA E LA BRAZZEINA

La pentadina e la brazzeina sono proteine edulcoranti estratte entram- be dalla “Pentadiplandra brazzeana”, un arbusto rampicante presente in alcuni Paesi dell’Africa occidentale. Il frutto è da secoli consumato dalle scimmie e dai nativi africani (Figura 15). Le bacche di questa pianta so- no talmente dolci che gli africani le chiamano “Joublie” (dal francese “io dimentico”), perché il loro sapore dolce aiuta i lattanti a “dimenticare” il latte materno.

Figura 15: Frutto della piantaPentadiplandra brazzeana (Immagine presa dal web).

La pentadina è stata isolata per la prima volta da Wan der Wel nel 1989 e si stima che il suo potere edulcorante sia circa 500 volte maggiore ri- spetto a quello del saccarosio.

La brazzeina è una proteina a catena singola, composta da 54 aminoa- cidi e ha un potere edulcorante di 2000 volte superiore al saccarosio. Il gene che nella pianta determina la sintesi di questa proteina è stato se- quenziato nel 1994 e lo si è inserito in vegetali transgenici, consenten- done la produzione tramite tecniche di bioingegneria genetica (Melis, 2012). La molecola che si ottiene da questi organismi geneticamente modificati risulta più stabile di quella naturale estratta dalla pianta, inol- tre più resistente alle alte temperature e alle variazioni di pH del sub- strato (Assadi-Porter, 2000).

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LA CURCULINA

La curculina è una proteina ad elevato potere edulcorante estratta e isolata la prima volta nel 1990 dalla pianta “Curculigo latifolia” (Figura 16), facente parte della famiglia delle Hypoxidaceae, che cresce in al- cune zone della Malesia.

Figura 16: Curculigo latifolia (Immagine presa dal web).

La curculina è un dimero formato dall’unione di due polipetidi identici, per un totale di 114 aminoacidi. Il DNA che ne determina la sintesi è stato isolato e sequenziato.

Poiché la curculina non è molto diffusa in natura, si è tentato di riprodur- la con tecnologia ricombinante. Nel 1997 è stata espressa in Escheri- chia coli e nel lievito, ma la proteina risultante non mostrava le stesse caratteristiche della proteina naturalmente estratta dalla pianta (Kuriha- ra & Nirasawa, 1997). Nel 2004 un altro studio ha invece dimostrato di poter ottenere un ceppo di E. coli in grado di esprimere la proteina con le sue caratteristiche originarie (Suzuki et al., 2004). La curculina è considerata un dolcificante ad alta intensità, con un potere edulcorante circa 550 volte superiore a quello del saccarosio .

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LA MIRACULINA

La miraculina è una glicoproteina estratta dalle bacche rosse della pian- ta africana “Synsepalum dulcificum” (sin. Richardella dulcifera), un ar- busto sempreverde appartenente alla famiglia delle Sapotaceace, origi- naria dell’Africa occidentale (Figura 17).

Figura 17: Frutto della piantaSynsepalum dulcificum (Immagine presa dal web).

E’ stata scoperta per la prima volta da Chevalier des Marchais nell’Africa occidentale nel 1725; durante le sue esplorazioni osservò le tribù locali mentre raccoglievano i frutti e li masticavano prima dei pasti. L’arbusto cresce spontaneamentea temperature tropicali-umide, e può raggiungerei 6 metri di altezza allo stato naturale, mentre in coltura di solito non supera i 3 metri; fruttifica due volte all’anno e i frutti sono bacche rosse oblunghe, con un solo seme, grandi circa 2-3 cm. Essa trae il suo nome dal fatto che, nonostante la miraculina non evochi al- cuna sensazione di dolcezza nel palato, è in grado di modificare un sa- pore acido o aspro in uno dolce. Da qui il nome “frutto del miracolo” (o “Miracle fruit”) conferito alla bacca che contiene questa proteina che modula l’aroma.

La miraculina è un tetramero formato da 191 aminoacidi, costituito da due coppie di dimeri (Theerasilp, 1989). Anche il suo DNA è stato clo- nato, sequenziato e inserito nel genoma di Escherichia coli. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Tsukuba è riuscito ad inserire il gene re-

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sponsabile della produzione della miracolina nella lattuga e nel pomo- doro, riuscendo così a produrre la proteina al di fuori del frutto origina- rio.

In Europa non sono mai stati importati né la pianta e né le bacche in quanto crescono con molta difficoltà al di fuori del suo ambiente natura- le e si deteriorano rapidamente, impedendone l’esportazione.

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CAPITOLO 4

4- LA STEVIA REBAUDIANA BERTONI

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