• Non ci sono risultati.

Il food design in mostre-event

Nell’introduzione al catalogo 2398 gr. A book about food, che riunisce un progetto annuale dedicato al cibo realizzato da Fabrica insieme a diversi giovani artisti ed artisti affermati, Paola Antonelli dà una visione riassuntiva del cibo e del food design: “Il cibo può essere considerato come una forma legittima di design applicato e in quanto tale può offrire una prospettiva utile per studiare e comprendere la cultura materiale in un mondo globalizzato, e la relazione fra tradizioni locali e distribuzione internazionale. Il cibo è un’ode alla creatività umana e storia applicata del design e dell’architettura. Esistono forti paralleli fra l’evoluzione del design e dell’architettura e quella del cibo. Circa quindici anni fa, ad esempio, anche la gastronomia ha attraversato il suo periodo minimalista, proprio com’è avvenuto per il design. Un gruppo di chef eletti in tutto il mondo hanno abbracciato la religione del ‘less is more’ (meno è più) con la nouvelle

159

cuisine. Questi chef rendono omaggio ai propri invitati presentando piatti di porcellana esageratamente grandi e finemente decorati dove il vuoto – in quanto spazio bianco – era usato per accentuare le elaborate prelibatezze che primeggiavano, per nobiltà delle linee ed eleganza scanzonata, con il Padiglione Mies van der Rohe di Barcellona”276.

Abbiamo visto come la commistione tra arte e vita, design e cibo, cuochi e artisti, sia diventata più presente negli ultimi decenni. Infatti in un articolo dell’11 novembre 2009 su “Flash Art”, Damiano Gulli recita: Form. Food Function. In

bilico tra cucina, arte e design277, per cui la partecipazione del famoso chef Ferran

Adrià a documenta 12, analizzata nei capitoli precedenti278, è vista solo come un esempio macroscopico dei fermenti che stanno attraversando sicuramente anche l’Italia, dando luogo a esperienze in cui i confini tra le discipline diventano talmente labili da annullarsi. Così proliferano cuochi-designer, designer-cuochi e artisti che lavorano con il cibo. Il clima è di una creatività dilagante, non facilmente circoscrivibile ed etichettabile, il cui comune denominatore è una progettualità che parte dalla radicata conoscenza di una grammatica condivisa di base destinata ad essere sovvertita dall’interno attraverso una delicata rivoluzione. Ad esempio la mostra presentata dalla Triennale di Milano nel 2007, “The New Italian Design”279

, aveva lo scopo di indagare il nuovo design italiano e, oltre a

276 P. Antonelli, NewYork, 2002 in 2398 gr. A book about food…., op. cit., pp. 287-288.

277 D. Gulli, Form. Food. Function. In bilico tra cucina, arte e design, in “Flash Art” ottobre-novembre 2009, pp.

100-102.

278

Si veda il capitolo I.

279 La mostra, concepita come aggiornabile e itinerante ha presentato i risultati del censimento The New Italian

Design, lanciato dalla Triennale in aprile 2006 e rivolto a progettisti, art-director, consulenti ed esperti di

160

presentare nella collezione oggetti di food design come la bacchetta-forchetta B-

side di Alessandro Busana, dedicò una sezione al lavoro di alcuni giovani ma già

affermati chef, quali Carlo Cracco, Massimo Bottura, Pier Busserri, Davide Oldani, i quali si distinguono, ciascuno secondo proprie modalità, per un nuovo approccio verso la cucina, che si fa multisensoriale, sperimentale ma legato alla tradizione, attento ai sapori e alla matericità dei cibi, ai processi e alle lavorazioni, il cui scopo è definire una dimensione esperienziale ed emozionale del pasto, che non si esaurisca nel puro consumo.

Il food designer da un lato agisce sul gusto (caratteristiche organolettiche e sapore), dall’altro sulla forma (aspetto e consistenza), e in questo appare di fondamentale importanza l’apporto della cucina molecolare, inventata dal chimico e fisico francese Hervé This alla fine degli anni Ottanta, che agisce sulla natura microscopica della materia e lavora alla destrutturazione delle ricette come tecnica e stile, così da avere gli stessi ingredienti di composizione ma “visualizzati” in maniera diversa nel piatto. Inoltre il vero food designer non lavora mai da solo, e risulta interessante questo rapporto, alle volte simbiotico, tra food designer e chi (chef) lo supporta nella fase operativa; il food design è dunque una forma di progetto collaborato, perché presuppone l’aiuto di un “tecnico” e questa messa in comune di competenze da entrambi i campi si configura per il design come un’autentica strategia. Tale fenomeno riguarda in particolare i giovani, i designer

Per approfondimenti si veda The new italian design. Il paesaggio mobile del nuovo design italiano, catalogo della mostra a cura di S. Annichiarico (Milano, Triennale di Milano 20 gennaio-25 aprile 2007), Triennale di Milano Servizi, Milano 2007; Stefano Caggiano, The New Italian Design in “Exibart”, 26 febbraio 2007.

161

emergenti. Da tempo il nome del catalano Martí Guixé è noto come quello di un autentico designer-artista che progetta indagando il rapporto con il cibo e la cultura alimentare, con ideazioni talvolta sorprendenti, come fu il caso del cibo liofilizzato

Pharma food (1999), che è stato considerato l’approdo più estremo della sua

ricerca partita da forme più ludiche e tradizionali di sperimentazione (tecno-tapas e “pizze sponsorizzate”). Pharma food280

è un sistema di alimentazione che avviene tramite la respirazione: infatti noi ingeriamo costantemente microparticelle sospese nell’aria, come la polvere in casa nostra. L’idea alla base di questo lavoro è quella di convertire questo atto, l’ingestione di particelle (a cui siamo del tutto abituati e che si svolge al chiuso e in aree urbane all’aperto), in una nuova forma di nutrimento. Pharmafood è composto da un tipo di particelle ingerite respirando e che hanno effetti benefici sull’organismo: particelle sono vitamine, aminoacidi , minerali o microelementi in generale. L’attenzione per l’argomento vivacizza temi

di concorso e mostre ormai da dieci anni: erano infatti gli anni 2000 quando si sono avvertiti i segnali di un interesse diffuso verso il fenomeno iniziato in primis con un’autopromozione del “giovane design” tramite l’evento rappresentato dalla novità del food281, con iniziative di studi di designer quali la Galleria ONE off che ha ideato il progetto “Food Design” inaugurato nel 2002.

Ad esempio gruppi come le Ciboh e le Arabeschi di latte, in bilico fra cucina, arte, design e architettura, indagano le valenze evocative e simboliche del cibo, da una

280 Per approfondimenti si veda: http://www.guixe.com/exhibitions/1999_pharma_food/index.html (consultato il 20-

11-2015).

281 A. Filippini, FooDesign. Scenario: il disegno del gusto in “diid disegno industriale | industrial design”, n. 19,

162

parte con un impiego del cibo stesso come pura componente dell’opera, dall’altra mediante un’attitudine performativa che insiste sulla teatralità intrinseca dei momenti conviviali, le cui radici risalgono alla Cena di Trimalcione descritta nel

Satyricon di Petronio o alle cene rinascimentali.