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2. Casi di studio: alcuni creat

2.5 Giulio Iacchett

Nato in provincia di Cremona nel 1966 e laureato al Politecnico di Milano, Giulio Iacchetti si occupa di industrial design dal 1992, collaborando per marchi quali Abet Laminati, Alessi, Danese, Casamania, Fontana Arte, Foscarini, Pandora Design. Progettista di grande sensibilità, si dedica continuamente a una personale ricerca, sperimentazione che va oltre le forme e i materiali, cimentandosi con il senso degli oggetti. Iacchetti ci sorprende sempre dando agli oggetti un senso altro,

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che va oltre la funzione, spesso nascosto nel nome, o nella relazione con uno specifico contesto. È capace di unire alla progettazione anche una narrazione, che scrive con i suoi oggetti, posizionati nello scenario indefinito e complesso della nostra contemporaneità. I lavori in cui si riconosce di più sono animati da un’idea che trascende il mero scopo funzionale: infatti considera gli oggetti come potenti diffusori di storie, vedendo in loro una forte dimensione narrativa, feticci necessari ad ogni uomo221.

Tra i suoi caratteri distintivi c’è la ricerca e la definizione di nuove tipologie oggettuali: dal 1998 al 2005 dà vita, con Matteo Ragni, allo studio Aroundesign, aggiudicandosi nel 2001 il Compasso d’Oro con la posata multiuso Moscardino (fig. 85), realizzata in Mater-bi, una bioplastica ricavata dall’amido di mais completamente biodegradabile, disegnata per Pandora design, oggi nella collezione permanente di design del Museum of Modern Art di New York. Pensata per riunire in sé le funzioni della forchetta e del cucchiaio, questa posata usa e getta, di ridotte dimensioni e adatta anche ai bambini, sintetizza in un unico artefatto due degli attrezzi indispensabili per portare il cibo alla bocca: la forchetta e il cucchiaio. I rebbi della forchetta diventano impugnatura del cucchiaio, che a sua volta si fa impugnatura della forchetta, in un rapporto di reversibilità. Tale invenzione progettuale è funzionale ai mutamenti in atto nella pratica della nutrizione, ovvero mangiare in fretta, in piedi ed in maniera informale222.

221 A. Biamonti, Giulio Iacchetti: research experiences in design, Angeli, Milano 2012, pp. 10 e 39. 222

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Nel maggio 2009 la Triennale di Milano ha ospitato una mostra personale di Iacchetti intitolata “Giulio Iacchetti. Oggetti disobbedienti”. Il ciclo di mostre dedicate durante quell’anno al nuovo e giovane design italiano, è stato inaugurato con una riflessione sul lavoro di questo creativo, promotore di soggettività che sa fare rete e promuove iniziative collettive e progetti corali. Inoltre tra i designer della sua generazione è quello che più di tutti continua a interrogarsi sulla necessità di ampliare e rafforzare i processi di effettiva democratizzazione del design, opponendosi a coloro che ancora pensano a cultura e mercato come entità antagoniste. Gli oggetti di Iacchetti sono capaci di suggerire scarti, sbalzi, contrasti: con la parola disobbedienti vengono descritti gli oggetti-manifesti selezionati dal protagonista della mostra, attribuendo loro un chiaro valore paradigmatico ed emblematico rispetto al corpus complessivo della sua produzione. Nella storia della cultura occidentale, l’oggetto disobbediente per antonomasia è Pinocchio, il quale disobbedisce al creatore Geppetto e rivendica la propria autonoma identità. Gli oggetti disobbedienti selezionati per questa mostra sono progetti che sfuggono a una chiara classificazione, che non sono esattamente “design” e hanno qualcosa di “pinocchiesco”, come dice Silvia Annicchiarico nella presentazione del catalogo: a volte sono feroci provocazioni monellesche, altre volte mettono in discussione la forma del mondo così com’è223

.

Nelle parole di Iacchetti gli oggetti forse possono disobbedire a certe logiche del mercato che vorrebbero solo prodotti obbedienti allo stile e alla moda, e crede che

223 Giulio Iacchetti: oggetti disobbedienti, catalogo della mostra a cura di Francesca Picchi (Milano, Triennale

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l’idea che anima i progetti, diluita in una buona dose d’ironia, sia il valore più prezioso224.

Tra i lavori Pollicino del 1999 (fig. 86), un tagliere per il pane in acciaio inox del diametro di 4 centimetri da appendere al collo come un gioiello, con cui dividere equamente le briciole di pane. Si tratta di un provocatorio ed inutile tagliere per briciole che spinge a riflettere con ironia sulla precarietà delle risorse alimentari e sulla loro ingiusta distribuzione nel mondo, o St. Peter Squeezer del 2007 (fig. 87) che invece è una riproduzione stilizzata e miniaturizzata di piazza San Pietro, che trasforma la cupola della basilica in spremiagrumi e la piazza antistante nel contenitore del succo spremuto. Ironico spremiagrumi, progettato per Pandora design e parte della collezione “Souvenir”, dispiega un lungo ma minuscolo

continuum di colonnato-paratia per trattenere il succo d’arancia, lasciando il

protagonismo alla piccola cupola225. Questo progetto declina e associa il termine “spremitura” al versamento volontario dell’8xmille a favore della chiesa cattolica, di cui la Basilica è il simbolo.

In mostra era presente anche il risultato dell’operazione “Design alla Coop”, per cui Iacchetti chiamò in Triennale nel 2003, una squadra di progettisti. “Tutti ritenevamo di vivere in maniera passiva il fatto che il design, nato per essere per tutti, aveva finito per creare oggetti esclusivi. In qualche modo ci sentivamo di dover sanare questa deviazione al significato originario. Mi sono sempre occupato di oggetti trascurati dagli altri, mi interessava dare attenzione a quegli oggetti

224 Ivi, p. 15. 225

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normalmente esclusi dal progetto di design”226

. Questa operazione è stata la dimostrazione che i nuovi designer non solo esplorano campi non ancora indagati, ma creano dispositivi ironici e coraggiosi che, con freschezza e sarcasmo stanno offrendo al design italiano una nuova possibilità di crescita227. Iacchetti ha capito che fare il progetto oggi richiede la capacità di immaginare i contesti entro cui collocare i propri sforzi, tratteggiare spazi che prima non c’erano. Così ha immaginato che un grande magazzino potesse produrre e diffondere oggetti di qualità, utili alla quotidianità, disegnati da nuovi autori. Nell’ottobre del 2003 Giulio Iacchetti e Matteo Ragni hanno radunato al bar della Triennale di Milano la nuova generazione di designer italiani per promuovere un’azione comune che sfociasse in un progetto collettivo ambizioso, col fine di raggiungere il grande pubblico e concretizzare l’aspirazione di un design democratico. Ha convinto una grande società di distribuzione che era arrivato il momento di portare il “design” alla “Coop”. Eureka Coop è stato il primo caso italiano di progetto collettivo per la grande distribuzione organizzata. I designer hanno avviato un lungo processo che ha portato alla mostra del Salone del Mobile 2005: al supermercato Coop di via Arona sono stati esposti 20 prototipi di oggetti per l’organizzazione e la pulizia della casa, per il bucato e per la cura del corpo. In seguito si è svolta una mostra itinerante per i supermercati Coop di tutta Italia. Gli oggetti sono stati votati dal pubblico raccogliendo più di 10.000 preferenze. Dopo mesi di sperimentazioni, dal febbraio 2008, 11 dei 20 progetti presentati, sono in vendita sui banchi dei

226 G. Iacchetti, Grande numero/basso costo: il caso COOP, in “Domus” n. 906, 2007, pp. 95-97. 227

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supermercati Coop, con grande soddisfazione per il pubblico e per il marchio. Si tratta di oggetti di raffinato product design (fig. 88), tra invenzioni e accelerazioni tipologiche, ricche di soluzioni che migliorano di un po’ la vita di tutti i giorni228

. Oggetti solitamente considerati semplici, banali, di facile usura e pronta sostituzione, sono stati realizzati in colori allegri e con un accorgimento in più per ovviare ad alcune problematiche che possono subentrare utilizzandoli: ad esempio ad una spugna per i piatti è stato apportato un foro per poterla comodamente inserire nel rubinetto, l’ingombrante guanto ignifugo è stato accorciato all’altezza del polso aggiungendo un gancio importante per poterlo appendere con più facilità, in una vaschetta per il bucato è stata creata una morbida rientranza per poterla comodamente appoggiare al fianco durante gli spostamenti nell’ambiente casalingo.