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2. Il pensiero filosofico

2.4 Dialettica e mimes

È quanto Adorno si proporrà di avviare con alcuni dei capolavori della maturità, i Minima Moralia, Dialettica negativa e Teoria estetica, testi che offrono alcune costellazioni concettuali cruciali per comprendere la monografia su Beethoven.

Nei Minima Moralia, primo importante contributo filosofico della maturità, elaborato tra il ’44 e il ’47, mentre Adorno sta contemporaneamente collaborando agli Studies of Prejudice con il saggio su La personalità autoritaria, si incrociano la lezione micrologica appresa da Benjamin, attenta ai più minuti particolari della vita quotidiana, e l’impostazione concettuale fino ad allora elaborata all’interno della teoria critica.

Il fuoco della ricerca si sposta sull’individuo che, se da una parte incarna una «cattiva copia» della cattiva società, del tutto falso , dall’altra può rappresentare un’occasione preziosa per indagare e 267 smascherare i meccanismi perversi che la governano e per ospitare un resto della «forza sociale liberante» cui Adorno affida le proprie speranze di redenzione. 268

Arte, individuo e micrologia costituiscono infatti gli unici baluardi in grado di contrastare la totalità falsa, di fronte alla quale la negazione, fallito il progetto rivoluzionario, sfuma nell’utopia inducendo uno sguardo nostalgico ma pur sempre critico.

Pettazzi sintetizza efficacemente il sillogismo sotteso ai Minima Moralia:

La nostalgia del passato borghese è negazione della società di massa, la negazione della società di massa è anticipazione di una società più giusta, dunque la nostalgia del passato borghese è un’anticipazione della società più giusta . 269

Ivi, p. 145. 263 Ivi, p. 25. 264 Ivi, p. 26. 265 Ivi, p. 223. 266

TH. W. ADORNO, Minima Moralia, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1951, trad. it. Minima Moralia, a cura di

267

R. Solmi, Einaudi, Torino, 1954, p. 40. Ivi, p. 7.

268

PETTAZZI, cit., pp. 241-242.

Rinunciando a una esposizione sistematica, che parlerebbe inevitabilmente con la voce del sistema, e facendo ricorso, attraverso la forma aforistica, a quelli che Solmi definisce i «corto circuiti del pensiero» , Adorno lascia emergere, attraverso le crepe della società borghese, la crisi dell’ideale 270 di humanitas, denunciando la paralisi della fiducia interpersonale e la decadenza del rapporto disinteressato, espressioni di un dominio sulla natura che è diventato ormai un dominio sull’uomo. Alla sterilità dei rapporti relazionali, nei quali «l’amore è paralizzato dal valore che l’io attribuisce a se stesso» , si affianca la decadenza della cultura, che appare uno dei tanti prodotti dell’ideologia 271 dominante.

L’ intellettuale si trasforma da incudine critica a funzionario stipendiato, immobilizzato «dalla 272 configurazione della propria coscienza, che è modellata in anticipo secondo i bisogni della società» . 273

A propria volta il pensiero, dimenticando l’elemento del desiderio «che costituisce- antiteticamente - il pensiero come pensiero», ciò che consente di spingersi autenticamente verso l’utopia , si 274 riduce a ripetizione tautologica e macchina calcolante, potenziata dall’uso improprio della 275 tecnologia la quale sorregge anche l’esplosione dell’arte di massa.

In questo quadro, «il compito del dialettico sarebbe quello di consentire alla verità del pazzo di pervenire alla coscienza della propria ragione, senza la quale - del resto - perirebbe nell’abisso di quella malattia che il sano buon senso degli altri impone senza pietà» . 276

Il tentativo di spezzare il carattere coattivo della logica coi suoi stessi mezzi realizzato dal pensiero dialettico comporta però un latente pericolo, che cioè l’astuzia della ragione possa affermarsi anche contro la dialettica . 277

La dialettica, infatti, nata dalla sofistica per scuotere le affermazioni dogmatiche e «rendere più forte il pensiero del più debole», in quanto strumento volto a ottenere ragione», fu, fin dal principio, anche «uno strumento di dominio, una tecnica formale dell’apologia, indifferente al contenuto, pronta a entrare al servizio di chiunque fosse in grado di pagare: il sistema di mostrare sempre e con successo il rovescio della medaglia» . 278

Il vero «salto» sarebbe solo quello capace di condurre fuori dalla dialettica, realizzando l’eredità lasciataci da Benjamin che consiste nel «recuperare ciò che è privo di intenzione attraverso il concetto», pensando «dialetticamente e non dialetticamente a un tempo» . 279

La filosofia autentica consiste in questo nuovo sguardo in grado di «considerare tutte le cose come si presenterebbero dal punto di vista della redenzione» poiché «la conoscenza non ha altra luce che non sia quella che emana dalla redenzione del mondo: tutto il resto si esaurisce nella ricostruzione a posteriori e fa parte della tecnica».

R. SOLMI, Introduzione ad ADORNO, Minima Moralia, cit., p. XIV. 270

ADORNO, Minima Moralia, cit., p. 163. 271 Ivi, p. 61. 272 Ivi, p. 191. 273 Ivi, p. 194. 274 Ivi, p. 113. 275 Ivi, p. 69. 276 Ivi, p. 145. 277 Ivi, pp. 231-232. 278 Ivi, p. 147. 279

Una prospettiva che emana dalle crepe di quel mondo che apparirà un giorno «deformato e manchevole, nella luce messianica» e che si sprigiona tornando al semplice contatto con gli oggetti, senza esercitare alcun arbitrio o violenza . 280

Tale sguardo si rivela però impossibile perché «presuppone un punto di vista sottratto, sia pure di un soffio, al cerchio magico dell’esistenza, mentre ogni possibile conoscenza, non soltanto deve essere prima strappata a ciò che è per riuscire vincolante, ma, appunto per ciò, è colpita dalla stessa deformazione e manchevolezza a cui si propone di sfuggire».

Il limite estremo cui può giungere il pensiero risiede nel comprendere la propria impossibilità. Fino a questo limite si spinge la Dialettica Negativa, capolavoro teoretico adorniano, pubblicato per la prima volta nel 1966, durante l’intensa fase editoriale che segue il ritorno a Francoforte, a partire dagli anni ’50.

Per comprendere la forza innovativa introdotta dalla dialettica negativa di Adorno è necessario fare un passo indietro e richiamare brevemente il significato assunto dal concetto di dialettica in Hegel, a propria volta connesso con un autore cardine della speculazione filosofica occidentale, Platone. Migliori definisce efficacemente alcuni tratti cruciali della dialettica platonica:

Con dialettica intendiamo una posizione filosofica che si dichiara esplicitamente per una priorità originaria delle differenze, che vede nella realtà un gioco costante di termini che si richiamano per il loro stesso distinguersi e contrapporsi, e che cerca di inventare/proporre uno strumento adeguato alla natura di una tale realtà.

Appaiono da subito necessari una serie di momenti.

1. La negazione/opposizione come passaggio decisivo e irrinunciabile, quindi al competenza di due termini antagonisti;

2. Il problema della presenza-assenza di un termine medio, quindi la continua presenza di modelli binari e di modelli trinari;

3. L’intreccio tra concetti diversi, cioè il rifiuto dell’immediato, del semplice, con una forte affermazione della complessità;

4. Il nesso unità-molteplicità, cioè l’individuazione delle forme in cui si articolano intrinsecamente, al

loro interno e tra loro, i diversi concetti, il che da luogo anche a modelli complessi, nel senso tecnico del

termine . 281

All’interno di una concezione uni-molteplice della realtà, ovvero partendo dal presupposto che ci sia un fondamento unitario alla base di una molteplicità di oggetti e concetti, la dialettica non solo è necessaria ma nel pensiero platonico si identifica direttamente con la filosofia.

In quanto scienza delle identità e delle differenze, infatti, la dialettica pone come oggetto primario della sua riflessione le Idee, le cui reciproche articolazioni vengono indagate attraverso complesse tecniche diairetiche, affrontate con particolare efficacia all’interno del Sofista.

Il primo modello di diairesi viene definito da Migliori come «esterno», in quanto «costruisce un albero diairetetico che si semplifica in via discensiva» . 282

Ciò che viene eliminato dal procedimento divisorio viene comunque conservato «in quanto passaggio necessario per capire ciò che è stato valorizzato» , come leggiamo nel Politico: 283

È evidente che tu non hai seguito ciò che è stato detto; e così mi par giusto ritornare indietro cominciando dalla fine. Se tu infatti comprendi cos’è la parentela, ti devi rendere conto che noi poco fa abbiamo scisso da quell’artefatta una parentela, che ad essa era legata, dividendo l’arte di fare coperture sulla base di ciò che avvolge e di ciò che si fa da tappeto . 284

Ivi, p. 235. 280

M. MIGLIORI, Il disordine ordinato. La filosofia dialettica di Platone, Morcelliana, Brescia, 2013, vol. I, p. 310.

281 Ivi, p. 373. 282 Ivi, p. 372. 283 PLATONE, Politico, 280B 3-9. 284

Il simile consente cioè di cogliere la dissomiglianza e quindi di essere consapevoli della scelta effettuata, in una sorta di anticipazione dell’Aufhebung hegeliano.

Il procedimento divisorio, infatti, «esprime il rifiuto di una sintesi negatrice delle differenze; al contrario conserva e valorizza tutte le parti, la cui opposizione costituisce il reale, consentendo di cogliere identità e differenze, opposizioni e affinità, vicinanze e distanze teoriche che, altrimenti, potrebbero non emergere» . 285

Se il primo modello di diairesi distingue e collega un termine a una molteplicità di altri, il secondo può invece essere definito «interno», in quanto «cerca di cogliere l’intima struttura dell’oggetto indagato» , distinguendo e ordinando la molteplicità intrinseca a ogni unità. 286

È in particolare nel Sofista, definito da Diogene Laerzio il dialogo sull’essere (perì touontos), che Platone dota l’Occidente di un discorso capace di articolarsi intorno all’essere che differisce . 287 Perché questo discorso sia vero, occorre distinguerlo dal discorso falso pronunciato dal sofista, che dice le cose diverse da come sono:

Penso che così analogamente il discorso sarà da ritenersi falso quando dirà che le cose che sono non sono e quando dirà che sono invece quelle che non sono . 288

Assodato che il non essere assoluto è impronunciabile, Platone si pone il problema di come dire il non essere relativo, quel non essere, cioè, che riguarda anche i generi sommi dell’Essere (essere, identico, diverso, quiete e movimento) i quali, a causa della loro reciproca diversità, non sono, pur essendo . 289

Il diverso partecipa dell’essere, dunque è; ma in quanto differisce dall’Essere, non è l’essere, non in senso assoluto ma in senso relativo.

Ritroviamo alcuni concetti che si riveleranno decisivi nella concezione della dialettica negativa adorniana: il problema della negazione, della falsità del discorso e del rispetto della differenza. Anche Hegel si propone di riportare la dialettica ai fasti di Platone, dopo la condanna kantiana della dialettica, definita logica dell’apparenza . 290

La riflessione sulla dialettica emerge nel momento in cui lo Spirito, giunto a conoscersi e a togliere la scissione che caratterizza la coscienza, al termine del lungo processo descritto nella Fenomenologia dello Spirito, pone il pensiero come proprio oggetto.

Il rischio in cui incorre è quello di impigliarsi in contraddizioni, perché quando pensa una determinazione si accorge che non può non pensare anche la sua negazione.

La dialettica è questa consapevolezza che la contraddizione del pensiero non annienta il pensiero ma è anzi fondamentale perché egli possa trovarsi:

MIGLIORI, cit., vol. I, p. 372. 285

Ivi, p. 373. 286

Sul problema della differenza nel Sofista, cfr. G. SASSO, L’ essere e le differenze. Sul «Sofista» di Platone, Il Mulino,

287

Bologna, 1991.

PLATONE, Sofista, 238 c8, cit. p. 210.

288

«Penso che così analogamente il discorso sarà da ritenersi falso quando dirà che le cose che sono non sono e quando 289

dirà che sono invece quelle che non sono» (ivi, 240e). Questo è l’errore compiuto dal sofista in cui Platone vuole evitare di incorrere. Cfr. sul problema del discorso falso tutta l’analisi che Platone svolge nel Teeteto.

I. KANT, Kritik der reinen Vernunft (1781), trad. it. Critica della ragion pura, trad. it. a cura di G. Gentile e G. 290

La dottrina che la dialettica sia la natura stessa del pensiero, che esso come intelletto debba impigliarsi nella negazione di sé medesimo, nella contraddizione, costituisce uno due punti principali della logica . 291

La contraddizione rappresenta pertanto una figura logica necessaria «per descrivere quelle strutture profonde della realtà a partire dalle quali è possibile la determinazione stessa delle cose» . 292

Nella Scienza della logica Hegel analizza lo sviluppo di tali determinazioni logiche, caratterizzato dal fatto di essere fondato sul loro stesso contenuto.

Il passaggio da una determinazione all’altra, infatti, si sorregge sul contenuto della prima mentre la seconda ne rappresenta una sorta di esplicitazione, così da giustificare ogni determinazione del pensiero all’interno del movimento della logica stessa.

Il processo di autosviluppo del pensiero si compone di tre momenti: quello astratto intellettuale, nel quale la determinazione viene considerata autosufficiente; quello dialettico negativo, in cui si manifesta la contraddittorietà della posizione precedente e la sua incapacità di dispiegare l’articolazione concettuale della determinazione; e infine quello positivo razionale speculativo, nel quale, muovendo dalla contraddittorietà della considerazione astratta, si propone una sua riarticolazione evidenziando come essa si strutturi unicamente nelle relazioni che la legano al proprio opposto.

La fase negativa si rivela dunque cruciale e si declina sotto un triplice profilo: nella fase astratto- intellettuale viene negata la concretezza della determinazione; nella fase dialettico-negativa, quella più propriamente dialettica, il negativo assume il volto della contraddittorietà originata dal processo di astrazione; infine, nella fase speculativa, la negazione si manifesta nella relazione negativo- oppositiva tra determinazioni opposte, riconosciuta ora come costituiva della struttura stessa della determinazione:

L’unico, per ottenere il progresso scientifico, - e intorno alla cui semplicissima intelligenza bisogna essenzialmente adoprarsi, - è la conoscenza di questa proposizione logica, che il negativo è insieme anche positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare, vale a dire che una tale negazione non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve, ed è perciò negazione determinata . 293

La negazione determinata, in cui trapela l’eco del non essere relativo teorizzato nel parricidio di Platone, ha un contenuto determinato:

Cotesta negazione è un nuovo concetto, ma un concetto che è superiore e più ricco che non il precedente. Essa è infatti divenuta più ricca di quel tanto che è costituito dalla negazione, o dall’opposto di quel concetto. Contiene dunque il concetto precedente, ma contiene anche di più, ed è l’unità di quel concetto e del suo opposto . 294

Ciò grazie a cui il concetto «si spinge avanti», il motore che dunque garantisce il dinamismo al processo di auto-sviluppo del pensiero, è rappresentato dal negativo che il concetto ha in sé e in cui Hegel riconosce il «vero elemento dialettico del pensiero» . 295

G. W. F. HEGEL, Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, versione del 1830, trad. it. 291

Enciclopedia delle Scienze filosofiche in compendio, a cura di B. Croce, Laterza, Roma-Bari, 1994, p. 18.

L. ILLETTERATI, P. GIUSPOLI, G. MENDOLA, Hegel, Carocci, Roma, 2015, p. 121. 292

G. W. F. HEGEL, Wissenschaft der Logik, 1812-16, trad. it. Scienza della Logica, a cura di A. Moni, Laterza, Roma-

293 Bari, 1988, p. 36. Ivi, p. 36. 294 Ivi, p. 38. 295

Il movimento innescato dall’impulso dialettico nelle determinazioni che si tolgono e superano grazie alla negazione determinata, consente al contenuto del pensiero di disporsi e articolarsi.

Mentre la dialettica platonica si limita, secondo Hegel, a «risolvere e confutare di per sé delle affermazioni limitate», quella di Kant, pur con le sue debolezze, sottolinea «la necessità della contraddizione appartenente alla natura delle determinazioni del pensiero» . 296

Ma l’autentica valorizzazione della dialettica avviene solo nel pensiero speculativo di Hegel, capace di «comprendere l’opposto nella sua unità, ossia il positivo nel negativo» . 297

Qui si inserisce l’innovazione adorniana che rappresenta probabilmente il suo apporto più originale e fecondo all’evoluzione del pensiero filosofico.

Nella Dialettica negativa, come abbiamo osservato, una denominazione positiva del vero è infatti impossibile e nella contraddizione la cosa manifesta proprio il suo opporsi al processo di identificazione, il suo essere dissonante con la forzatura imposta dal pensiero totalizzante.

La pretesa di dominio della ragione, e di conseguenza la violenza insita nel suo costrutto gnoseologico, può sciogliersi qualora prevalga l’umile consapevolezza di essere natura alienata . 298 Secondo Cortella, mentre Horkheimer, già all’epoca della Dialettica dell’Illuminismo, è convinto che sia possibile un illuminismo positivo , per Adorno la verità risulta invece dalla critica stessa, 299 dalla capacità della negazione. Il processo di autoriflessione viene pertanto inteso come un processo di autonegazione che si fonda sulla negazione stessa . 300

L’unica negazione praticabile è quella della negazione determinata, che muove dalle contraddizioni dell’oggetto. Una denominazione positiva del vero è infatti impossibile e questo depone a garanzia della verità stessa, esattamente come nel divieto biblico di farsi un’immagine di Dio e nell’impossibilità di pronunciarne il nome vive la speranza della non falsificazione del divino . 301 La sfida di riuscire a preservare il punto di vista diverso, nonostante esso risulti immanente al processo criticato, si avvale di una strumentazione dialettica che si ispira a quella hegeliana ma solo per quanto riguardo il suo tratto negativo.

Mentre infatti la dialettica hegeliana aggiunge al contenuto di partenza un’ulteriore determinazione, in quanto la negazione del concetto precedente è anche affermazione di un nuovo concetto, Adorno, attraverso la negazione determinata, pone in rilievo l’identità della cosa ma anche la non-identità del contenuto dei concetti, a causa della sovrapposizione di una identità falsa che il soggetto attua sull’oggetto.

La realtà diventa così una proiezione del mondo concettuale che, fagocitando il diverso, genera la contraddizione da cui sorge il vacillare della dialettica.

In questo vacillare si svelano contemporaneamente la costrizione identificante attuata dal pensiero e la voce della ribellione della cosa, unitamente all’irriducibile sporgenza dell’a-concettuale.

Cortella osserva opportunamente come la contraddizione non rappresenti la vera sostanza delle cose ma la rivelazione dell’incapacità del concetto di ricondurre l’oggetto al suo interno . 302

Ivi, p. 38. Cfr. KANT, Critica della Ragion Pura, cit., vol. II, p. 285. 296

HEGEL, Scienza della Logica, cit., p. 39.

297

L. CORTELLA, Una dialettica della finitezza. Adorno e il programma di una dialettica negativa, Meltemi, Roma,

298

2006, p. 21.

HORKHEIMER-ADORNO, Dialettica dell’Illuminismo, cit., p. 8.

299

CORTELLA, Una dialettica della finitezza, cit., p. 25. 300

Ivi, p. 26. 301

Ivi, p. 51. 302

Nella contraddizione la cosa manifesta il suo opporsi al processo di identificazione e in questo affermare la sua non identità, la sua «dissonanza» con la forzatura imposta dal pensiero identificante svela, al negativo, la propria autentica essenza.

La dialettica negativa rappresenta allora quel pensiero che si auto-guarisce perché è in grado di pensare contro di sé senza buttarsi via, grazie a un processo affine alla mimesi artistica che, pur duplicando l’oggetto, lo mostra nella nudità delle sue laceranti contraddizioni.

La strategia critica attuata dalla mimesis assume dunque un doppio volto, concettuale (in cui consiste la dialettica negativa) ed estetico (esercitato dall’arte) . 303

Cortella sottolinea come la dialettica negativa, in quanto esclusivamente tale, non costituisca l’approdo definitivo del pensiero, poiché l’apparire dell’assoluto, che abita la dimensione micrologica, coincide proprio con la fine della dialettica.

Mentre in Hegel la cosa conserva un’identità dialettica che consiste nell’unità di essa col suo opposto, per cui il principio di identità non viene mai messo in discussione, in Adorno la dialettica della disgregazione dissolve l’impianto stesso della concettualità, negando alla filosofia la speranza di potere ambire alla totalità . 304

Il pensiero dialettico preserva però la libertà dell’individuo, definita da Adorno come la possibilità di essere altro da ciò che si è:

Eppure negli uomini non c’è nulla di meglio di quel carattere, la possibilità di essere un altro di quel che si è, mentre pure tutti sono incarcerati nel loro sé e così ne sono anche separati . 305

Una libertà individuale che si pone come fondamento della libertà concessa all’altro da sé attraverso la «bella estraneità», ovvero la schöne Fremde di cui parla Eichendorff, vale a dire un tipo di vicinanza in cui permane sufficiente distacco per potere riconoscere al diverso la sua differenza senza cedere al desiderio dell’annessione.

L’autentica conciliazione, la pace cui ambisce Adorno, consiste proprio in quello stato di differenziazione senza potere, ove ciò che è differenziato partecipa dell’altro pur rimanendo se stesso . 306

Tale rapporto capace di rispettare la differenza riflette l’aprirsi del pensiero identitario a una conoscenza che si configura in modo plurale, sotto forma di costellazione concettuale, restituita con integrità dal linguaggio.

La conoscenza dell’alterità e la conseguente irruzione dell’altro non scattano, dunque, per merito di una sola chiave ma in virtù di un grimaldello aperto da una vera e propria combinazione di numeri. L’essere se stesso vive solo nella connessione, nel rapporto con l’altro da sé.