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Il dibattito italiano in tema di PMA: ratio ed iter di approvazione

Tracciare nel dettaglio l’intera storia giudiziaria della L. 40/2004, disciplinante le tecniche di procreazione medicalmente assistita, sarebbe un’impresa ardua e pressoché infinita, anche se poi si possono profilare le linee generali delle tappe di ciò che può essere definito un vero e proprio “martirio giudiziario127”, cioè, come si vedrà, un assalto al corpo ed allo spirito di una delle più discusse leggi degli ultimi anni. La L. 40/2004 è stata varata per porre fine all’«anarchia procreativa128», che era ampiamente diffusa prima della

sua approvazione129.

In Italia, la nascita di Louise Brown fu accolta con riserva, suscitando anche forti critiche nei confronti delle nuove tecniche usate per procreare. Solo poche voci ritenevano, infatti, che tale evento rappresentasse un grande passo in avanti per il mondo

spermatozoi all'interno del corpo della donna per favorire il loro incontro con l'ovocita

127 Si veda A. VITALE, Legge 40/2004: breve storia di un martirio giudiziario, 9

maggio 2013, in www.uccronline.it, p. I ss.

128 Si veda G. BONI - E. CAMASSA - P. CAVANA - P. LILLO - V. TURCHI, Recte Sapere – Studi in onore di Giuseppe Dalla Torre, I, Torino, Giappicchelli

Editore, 2014, p. 226

129 Si veda per un ulteriore approfondimento V. BALDINI, Diritti della persona e problematiche fondamentali. Dalla bioetica al diritto costituzionale, Torino,

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scientifico, dato che la maggior parte dei commentatori condannava la pratica in questione con ferma convinzione. Le stesse testate giornalistiche non avevano assunto una posizione chiara e certo non desideravano dichiararsi apertamente contro il progresso scientifico, tuttavia sottolineando i gravi “pericoli” che la nuova pratica avrebbe potuto comportare.

In Italia, la prima bambina, frutto di fecondazione artificiale, nacque a Napoli nel 1983 e molti centri iniziarono ad organizzarsi in questo senso, per far fronte alle sempre più numerose e pressanti richieste di interventi di PMA; nel 1984 fu nominata la Commissione Santosusso130, che, dopo aver lavorato, dal 31 ottobre dello stesso anno al 22 novrembre 1985, in conclusione dei suoi lavori, presentò due diverse proposte di legge, che contenevano numerosi vincoli, ma anche spiragli di apertura: prevedevano, cioè, la liceità del ricorso alla donazione dei gameti in subordine ad una richiesta di adozione non corrisposta entro un determinato periodo di tempo. La proposta Santosuosso, tuttavia, non fu presa in considerazione, dato che taluni commentatori ritennero che mancavano le basi per un qualsiasi accordo politico e altri sostenevano che la proposta fosse troppo “avanzata” poiché in qualche modo ammetteva la procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

Nel 1985, esattamente il 1 marzo, l’allora Ministro della Sanità, Costante Degan, emanò una circolare131 (“Limiti e condizioni di

legittimità dei servizi per l’inseminazione artificiale nell’ambito del

130 Si veda E. SGRECCIA, Manuale di Bioetica, Vol. I, Fondamenti ed etica biomedica, Milano, Edizioni Vita e Pensiero, 2007, p. 351

131 La Circolare Degan risulta essere un primo atto ufficiale del Governo in materia

di PMA: consente la pratica della fecondazione omologa negli ospedali pubblici soltanto se operata su coppie sposate. Un provvedimento dimostratosi, nel tempo, infausto, determinando una non giustificata distinzione tra Centri pubblici , autorizzati soltanto a tecniche di fecondazione omologa , e strutture private implicitamente autorizzate ad ogni genere di fecondazione assistita e prive di qualsiasi controllo

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Servizio Sanitario Nazionale”132, detta Degan, appunto, dal nome del

Ministro stesso), che dispose che le strutture pubbliche non avrebbero dovuto realizzare procreazioni assistite di tipo eterologo133, con donazione di gameti, legittimando così, almeno all’apparenza le strutture private ad occuparsene: strutture private che, fino a quel momento, avevano operato in tal senso in sordina, non essendo certa la liceità delle loro operazioni.

Il 14 gennaio 1994 fu nominata dal Governo Ciampi la Commissione Guzzanti134 per studiare il problema, ma anche questo nuovo Rapporto venne accantonato; il 17 febbraio dello stesso anno fu, poi, pubblicata una sentenza che legittimava il disconoscimento di paternità a seguito di fecondazione con seme di donatore135.

Continuarono, in quegli anni, a nascere, a seguito di ovodonazioni, bambini partoriti da donne che avevano da tempo superato l’età della menopausa; si trattava di una situazione, che si era sviluppata in assenza di una base legislativa solida, che fu definita, come detto appunto, di “far west procreativo136”, concetto, quest’ultimo, ribadito con forza anche da Irene Pivetti, presidente della Camera in quello stesso periodo.

Dopo che, nel febbraio 1995, venne lanciata la proposta di legge d’iniziativa popolare per la modifica dell’articolo 1 del Codice

132 Si veda M. D’AMICO – M. P. COSTANTINI, L’illegittimità costituzionale della “fecondazione eterologa” – Analisi critica e materiali, Milano, Franco

Angeli Edizioni, 2004, p. 345

133 Si può, quindi, dire che anche prima dell’emanazione della legge 40 del 2004, la

procreazione assistita di tipo eterologo era vietata, ma solo nelle strutture pubbliche. Si veda, a tale proposito, Ministero della Salute, Circolare 1 marzo 1985; utile , a tale proposito, anche un confronto con C. CASINI – M.L. DI PIETRO – M. CASINI, opera citata, pp. 490 – 491. Si veda anche F. PIZZINI – L. LOMBARDO, Corpo medico e corpo femminile: parto, riproduzione artificiale,

menopausa, Milano, Franco Angeli Edizioni,1999, p. 118 ss.

134 Si veda G. COLLURA – L. LENTI – M. MANTOVANI, Trattato di diritto di

famiglia, Vol. II, Filiazione, Milano, Giuffrè Editore, 2012, p. 612

135 Si veda “Caso Cremona”, cfr. Tribunale di Cremona, sentenza n.3576/60 del 17

febbraio 1994

136 Si veda F. BUZZI – G. TASSI, La procreazione medicalmente assistita: normativa, giurisprudenza e aspetti medico legali, Milano, Giuffrè Editore, 2011,

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Civile137, spostando l’ascrizione della capacità giuridica dalla nascita al concepimento, emerse chiaramente che la figura dell’embrione138

sarebbe stata uno dei punti più importanti e fondamentali di tutta la riflessione sul tema della PMA, nonché uno dei pilastri della discussione parlamentare. Nello stesso anno fu nominata, per volontà del Ministero di Grazia e Giustizia, la cosiddetta Commissione Busnelli (dal nome del suo presidente Francesco Donato Busnelli), che elaborò, in tema di PMA, una proposta di legge che non ebbe miglior fortuna della precedenti139.

Il 17 maggio 1996 si insediò il Governo Prodi e si cominciò a pensare seriamente ad una legge sulla fecondazione assistita. In questo contesto, il 22 giugno 1996 il Comitato Nazionale di Bioetica approvò il parere “identità e statuto dell’embrione umano”. Questo documento dette forza e credibilità all’ipotesi cattolica che considerava la tutela dell’embrione come uno dei pilastri dell’eventuale legge. Il dibattito si vivacizzò ulteriormente quando, il 17 febbraio 1997, nacque Elena, la prima bambina venuta al mondo da ovociti congelati.

Nello stesso anno, il Ministro della Salute Rosy Bindi emanò due ordinanze, una il 5 marzo e l’altra il 7 giugno, con le quali ha vietato per tre mesi tutte le cessioni di gameti o embrioni con remunerazione, nonché la clonazione umana e animale. Successive ordinanze prorogarono di volta in volta i divieti.

La situazione proseguì, tra feroci dibattiti, ordinanze ministeriali e “scontri politici” , in questo modo per alcuni anni, senza che venisse trovata una “concreta” soluzione normativa a

137 Il primo comma dell’art. 1 del Codice Civile, secondo questo orientamento,

avrebbe dovuto prevedere: “Ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento” e non come lo stesso articolo recita oggi: “La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita”

138 Si veda per un approfondimento ulteriore E. MOSCATI, La tutela

dell’embrione, in Arch. Giur., 2004, p. 1 ss.. Si veda poi A. SERRA, L’uomo embrione: il grande misconosciuto – Volume 2 di ragione, scienza ed etica, Siena,

Edizioni Cantagalli, 2003, p. 87

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questi problemi relativi alla PMA: basti pensare che nella XIV legislatura vennero presentate e/o ripresentate alla Camera sedici proposte di legge ed al Senato altre dodici. Dopo l’inizio della discussione alla Camera, si pervenne ad un coordinamento di tutte le proposte in un unico testo, che venne approvato dopo un lungo dibattito, il 18 giugno 2002.

Al Senato, dopo numerose audizioni e dopo l’esame da parte della dodicesima Commissione, il testo venne discusso in Aula ed approvato in via definitiva l’11 dicembre 2003, per essere poi trasmesso nuovamente alla Camera limitatamente ad una modifica circa l’onere economico.

Il testo fu pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 24 febbraio ed entrò in vigore il 10 marzo 2004.

Con l’approvazione della L. n. 40/2004, con un notevole e significativo ritardo rispetto agli altri paesi europei, ha, quindi, preso vita in Italia il primo tentativo di regolamentazione in materia di PMA140.

La lunga storia dei tentativi di modifica della L. 40 inizia nel 2005, anno in cui, la legge stessa fu sottoposta a referendum. Sul finire dello stesso anno in cui la legge entrò in vigore, infatti, furono presentate ben cinque richieste di referendum abrogativo, ai sensi del contenuto disposto dell’articolo 75 della Costituzione italiana: con la prima di esse si chiedeva di sottoporre alla decisione del corpo elettorale la totale abrogazione della legge, mentre con le altre quattro era richiesta l’abrogazione di specifiche disposizioni, relative, soprattutto, alle questioni maggiormente controverse della legge, quali, ad esempio, il tentativo di garantire la fecondazione assistita non solo alle coppie sterili ma anche a quelle affette da patologie geneticamente trasmissibili; l’eliminazione del limite di poter

140 Si veda G.B. LA SALA, G. M. COLPI, S. PALOMBA, A. NICOLI, L. DE

PASCALIS, M. T. VILLANI, Infertilità umana: principi e pratica, Milano, Edizioni Edra, 2014, pp. 203 – 209

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ricorrere alla tecnica solo quando non vi siano altri metodi terapeutici sostitutivi; garantire la scelta delle opzioni terapeutiche più idonee ad ogni individuo; dare la possibilità di rivedere il proprio consenso all'atto medico in ogni momento, nonché ristabilire il numero di embrioni da impiantare141.

Allora vinse l'astensionismo e non fu raggiunto il quorum necessario. La disciplina produsse i suoi effetti e restò intatta fin quando, nel 2008, il ministro della Salute del governo Prodi, Livia Turco, ne riscrisse le Linee Guida, introducendo due importanti novità: il sì alla possibilità di effettuare la diagnosi pre-impianto sull'embrione da impiantare in utero (prima vietata, eccetto la diagnosi pre-impianto di solo tipo osservazionale) e la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche per le coppie in cui l'uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, in particolare virus HIV ed epatiti B e C, riconoscendo che tali condizioni sono assimilabili ai casi di infertilità per i quali è concesso il ricorso alla fecondazione assistita142.

Il nostro legislatore si è trovato, quindi, ad affrontare il problema relativo alla sterilità di coppia, una problematica diffusa e fortemente avvertita nella società italiana, ampliando particolarmente la gamma dei limiti e dei divieti imposti alla procreazione medicalmente assistita, dotandoli nel contempo di un apparato sanzionatorio ben più stringente rispetto a quello dei codici di autoregolamentazione.

141 Si veda C. COLAPIETRO – M. RUOTOLO, Diritti e Libertà: con appendice giurisprudenziale, Torino, Giappichelli Editore, 2014, p. 176 ss

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3. Breve panoramica della legge. Princìpi e finalità: il carattere