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Nel capo 3 della L. 40/2004, derubricato «Disposizioni

concernenti la tutela del nascituro», trovano collocazione due

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rispettivamente, come brevemente anticipato, lo stato giuridico del nato dalle tecniche di procreazione medicalmente assistita e il divieto di disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre.

In particolare l’art. 8 stabilisce che i nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli naturali riconosciuti dalla coppia a norma dell’art. 6. In questo modo regola diversamente lo status del nato da genitori uniti dal vincolo del matrimonio e quello del nato da genitori non sposati.

La disposizione, che appariva superflua per quanto riguarda la filiazione legittima, oggi appare superata per effetto dell’abolizione della distinzione dello status dei figli legittimi e naturali, stabilito dall’art. 315 del Codice Civile italiano183, come modificato dalla L.

219/2012184. Infatti l’articolo in questione prevede che tutti i figli abbiano lo stesso stato giuridico. Diversamente dall’ipotesi di procreazione «naturale», in cui lo stato di figlio naturale riconosciuto si consegue con l’atto formale di riconoscimento che ciascuno dei genitori può porre in essere indipendentemente dall’altro, nel caso della procreazione assistita lo stato di figlio riconosciuto viene attribuito ex lege al momento della nascita. Infatti per i nati da coppie coniugate opererà la presunzione di legittimità di cui all’art. 231c.c. ed in questo caso la presunzione diventa una certezza di provenienza dal marito, dal momento che il seme utilizzato è quello del marito stesso (salvo ovviamente ipotesi particolari di eventuale scambio

183 Art. 315 c.c, DIRITTI E DOVERI DEL FIGLIO: “1. Il figlio ha diritto di essere

mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. 2. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. 3. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. 4. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.”

184 Si veda L. 219/2012, Riforma della Filiazione, disponibile in www.camera.it -

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erroneo prima dell’impianto185) e quindi non potrà esserci

disconoscimento di paternità.

Più problematica risulta la posizione del figlio di una coppia convivente: infatti, lo status di figlio naturale si acquista solo a seguito del riconoscimento da parte di uno o di entrambi i genitori o per accoglimento della domanda giudiziale. Nel caso di figlio nato a seguito delle tecniche di procreazione, si ritiene che proprio la dichiarazione dei genitori di accedere alle tecniche di fecondazione assistita vada vista se non come un vero e proprio atto di riconoscimento, quanto meno come l’espressione di una volontà irrevocabile di riconoscimento186.

Dunque, al nuovo nato deve essere attribuito lo stato di figlio naturale riconosciuto a prescindere dal fatto che vi sia stato o meno un riconoscimento ex art. 250 c.c187. La legge, si può dire, prevede una sorta di automatismo della filiazione naturale: il consenso prestato dai genitori implica la volontà di riconoscere il figlio e di assumersi la relativa responsabilità. Per quel che riguarda l’ipotesi, seppur vietata, di maternità surrogata, nel caso in cui si realizzi, si può ritenere che un indice di regolamentazione della filiazione in questo caso viene implicitamente letto nella disposizione dell’art. 9, comma 3, che nega qualsiasi relazione parentale tra il donatore di gameti con il soggetto nato da tecniche di PMA eterologa, effettuate in violazione del divieto posto dal terzo comma dell’art. 4 della stessa legge, ovviamente prima della relativa dichiarazione di incostituzionalità.

185 Interessante un confronto con Considerazioni bioetiche sullo scambio involontario di embrioni – 11 luglio 2014 a proposito del caso avvenuto

all’ospedale Pertini di Roma, per cui la Regione Lazio ha chiesto (in data 6 maggio

2014) al CNB di formulare un parere – disponibile in

http://www.governo.it/bioetica/pdf/Considerazioni_scambio_involontario.pdf.

186 Si veda M. DOGLIOTTI – A. FIGONE, opera citata, p. 181

187 Art. 250 c.c., RICONOSCIMENTO: “[…]Il figlio nato fuori del matrimonio può

essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento […]”

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La dottrina da questa disposizione ricava l’adozione, da parte del legislatore, del principio di base, fissato nel secondo comma dell’art. 9 della stessa legge, per il quale la donna che ha partorito è l’unica cui possa essere attribuita la maternità, essendo giuridicamente irrilevante il fatto che l’embrione trasferito nel suo corpo fosse formato da materiale genetico proveniente da altra donna. In questo modo secondo tale dottrina si avrebbe conferma del principio accolto dall’ordinamento che trova declinazione nella regola contenuta nell’art. 269 c.c.188, comma 3 in materia di accertamento giudiziale della maternità naturale189, considerando, a tale proposito, che nell’ipotesi eventuale di una surrogazione di maternità, si vengono, certo, a concretizzare problemi più complicati, per via delle stesse disposizioni contenute nel codice penale italiano190, anche se poi, ai fini di questo punto della trattazione, si è scelto di tralasciare, almeno temporaneamente, gli aspetti relativi e conseguenti ad un’eventuale ipotesi di surrogazione di maternità.

La maternità, da sempre, può essere provata con ogni mezzo, come stabilito nel codice civile nel secondo comma dell’art. 269, e, a tale proposito, è opportuno porre in evidenza la particolare rilevanza e il ruolo sempre più decisivo, che, recentemente, è stato assunto dalla c.d. prova scientifica191.

Nel corso del tempo, quindi, è stato operato un importante processo di unificazione fra l’accertamento paterno e materno, che consente, ad oggi, di interrogarsi sull’attualità dello stesso art. 269

188 Art. 269 c.c., DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI MATERNITA’ E

PATERNITA’

189 Si veda M. SESTA, Diritto di famiglia, Padova, Cedam, 2005, p. 10. Si veda

anche G. COLLURA – L. LENTI – M. MANTOVANI, opera citata, p. 193 ss.

190 Si veda su tale punto P. ZATTI, Maschere del diritto, volti della vita, Milano,

Giuffrè Editore, 2009, p. 210 ss.. Si veda poi anche R. PICARO, Stato unico della

filiazione: un problema ancora aperto, Torino, Giappichelli Editore, 2013, p. 144.

Interessante anche un confronto sul tema trattato con www.articolo29.it

191 Si veda M. MANTOVANI, Questioni in tema di accertamento della maternità e

sistema dello stato civile, in Nuova giur. Civ. comm., 2013, II, pp. 323 ss.. Si veda

anche A. RENDA, L’accertamento della maternità. Profili sistematici e

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c.c., per il quale “la maternità è dimostrata provando l’identità di colui che si pretende di essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume di essere madre192”. Tale norma appare funzionale al sistema previgente, in cui l’accertamento della maternità non era soggetto a limiti, a differenza di quanto previsto per l’accertamento paterno: per questo, è facile asserire che, ad oggi, non sembra che alla disposizione in commento sia da attribuire un particolare significato.

Le pratiche di surrogazione, quindi, rompono quella tradizionale certezza relativa all’individuazione della madre: a tale proposito, è facile osservare come, il nostro legislatore, seguendo una tendenza che accomuna quasi tutti i paesi europei, si sia orientato verso il divieto di ogni forma di surrogazione della maternità, divieto non previsto espressamente, ma comunque ricavabile implicitamente dal sesto comma dell’art. 12 della stessa L. 40/2004193.