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La didattica della geografia e il problema della complessità del reale

Terza parte Esplorazione e narrazione

1. La didattica della geografia e il problema della complessità del reale

Nella contemporaneità, globalizzata e informatizzata, si pongono sfide per l’insegnamento e per l’educazione che le scienze sociali e territoriali non possono esimersi dal considerare di propria pertinenza. Di fronte all’emersione di nuove forme di disparità socio-territoriali e culturali, nonché di nuove barriere comunicative di natura tecnologica, anche la geografia si trova quindi nella condizione di dover riflettere con urgenza sui propri obiettivi. Non solo come disciplina singola bensì anche come elemento di un sistema educativo in parte differente rispetto a quello costruito nel XX secolo dagli Stati nazionali allo scopo di rafforzare l’identità e il senso di cittadinanza all’interno dei loro confini. In questa situazione

la scuola e l’università devono perseguire […] obiettivi che mirano alla costruzione di contesti comuni, in una situazione in cui gli individui sono sempre più diversificati, in cui la multiculturalità è nei fatti prima ancora che nei progetti, in cui le esperienze in rete aumentano la varietà delle aspettative individuali e fanno crescere nuove forme di microculture e talvolta anche nuove appartenenze claniche (Bocchi e Ceruti, 2004, p. XI-XII).

A ciò si aggiunge il fatto che, nel contesto della nascente infosfera globale, all’interno della quale si svolgono relazioni socio-territoriali fondate su una sempre più debole separazione tra vita online e vita  

* Università degli Studi di Milano, Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, sez.

offline (Floridi, 2017) e spazi reali e virtuali, il ruolo della scuola e dell’università sta cambiando. La formazione degli individui non è più appannaggio esclusivo delle istituzioni, di natura pubblica o privata, create a questo scopo. Assumono infatti una crescente importanza ca- nali informali di trasmissione del sapere, che hanno un effetto perva- sivo nella formazione delle giovani generazioni. Ci troviamo pertanto in una fase storica caratterizzata da una crescente complessità dei si- stemi socio-territoriali di cui gli enti di formazione nel loro complesso non possono non prendere atto, per avviare una seria riflessione sul proprio ruolo educativo. La condizione antropologica che si sta ve- nendo a creare nel variegato quadro della globalizzazione contempo- ranea e dei nuovi protezionismi è caratterizzata da un irriducibile mol- teplicità di dimensioni sovrapposte e alternate (Ceruti, 2018). Da ciò deriva la necessità di una duplice consapevolezza, «dell’irriducibile molteplicità delle identità individuali e, nel contempo, […] della so- stanziale unità evolutiva della specie umana» (Bocchi e Ceruti, 2004, p. XV). Educare al tempo della complessità significa pertanto fornire gli strumenti per cogliere l’intreccio tra la dimensione soggettiva e quella collettiva, insegnando a cogliere il valore fondamentale di cia- scuno nel molteplice e della molteplicità per ciascuno. Al fine di por- tare avanti un progetto di questa importanza, occorre un ripensamento generale dei sistemi di formazione e dei modelli di insegnamento delle singole discipline. Fondamentale da questo punto di vista è soprattutto una presa di coscienza dell’inutilità di un ragionamento fondato sull’idea che possano esistere competenze disciplinari insegnabili in- dipendentemente dalle altre. I problemi non possono infatti essere af- frontati nella prospettiva limitata di un singolo insegnamento in quanto, se le società e i territori diventano sempre più liquidi (Bauman, 2011), è implicito che anche i saperi che li analizzano devono imparare a diventare a loro volta più fluidi. Ciò non significa che la specializza- zione dei saperi sia di per sé inutile, al contrario può portare a impor- tanti accrescimenti dal punto di vista della conoscenza, ma la loro co- municazione al di fuori degli ambiti ristretti degli specialisti deve es- sere pensata all’insegna della complessità, ovvero del tentativo di for- nire un quadro il più possibile completo degli intrecci tra singolarità e molteplicità.

Rispetto ad altre scienze sociali iperspecialistiche, la geografia con- tiene in sé un’aspirazione intrinseca alla complessità, essa è infatti una

disciplina sistemica per vocazione. Il confronto nel lungo periodo con la concretezza dei processi ambientali e territoriali l’ha infatti resa con- sapevole delle relazioni transcalari tra globale e locale, nelle quali agi- sce in maniera decisiva la percezione soggettiva degli individui che operano nei territori, plasmando i paesaggi e attribuendo significati agli spazi che diventano luoghi soggettivi e collettivi. Fondando la propria essenza sullo studio delle relazioni non solo tra gli individui bensì anche tra essi e il sistema fisico terrestre, la geografia si occupa infatti di «relazioni spaziali che legano tra loro i soggetti umani attra- verso i legami che essi hanno con la terra. Sono cioè intersoggettive e territorializzate» (Dematteis, 2017, p. 25). Si tratta dunque di una di- sciplina che può risultare strategica per imboccare il cammino verso un’auspicabile scuola fondata sull’educazione alla complessità e que- sto non solo per il suo specifico approccio ai problemi socio-territo- riali, bensì anche per la sua aspirazione a educare alla varietà delle esperienze e dei punti di vista individuali.

La recente pubblicazione della Carta Internazionale sull’Educa- zione Geografica1 conferma il ruolo potenzialmente decisivo della geografia di fronte alle sfide del XXI secolo e per l’educazione alla cittadinanza globale. In essa si afferma infatti che «la geografia è […] una materia e una risorsa vitale per i cittadini del XXI secolo che vi- vono in un mondo sempre più interconnesso. Una disciplina che ci consente di affrontare le domande relative a cosa significhi vivere in maniera sostenibile in questo mondo».

Alla luce di tutto questo, il presente contributo intende proporre una riflessione sul senso di una “competenza localizzativa”, cercando di mettere in evidenza quale ruolo essa potrebbe avere nel contesto più ampio dell’educazione alla complessità e quindi della didattica multi- disciplinare a cui si è appena fatto riferimento.

Nelle pagine che seguono proveremo a proporre alcune riflessioni teoriche e una possibile applicazione pratica relative al tema della competenza localizzativa, cercando di evidenziare in che modo essa  

1 La nuova versione della Carta Internazionale sull’Educazione Geografica, del 2016, è

stata redatta dal prof. Joop van der Schee e dal prof. John Lidstone a nome della Commissione sull’Educazione Geografica dell’IGU (International Geographical Union). La traduzione in italiano e è di Cristiano Giorda e Giacomo Pettenati per conto dell’Associazione Italiana In- segnanti di Geografia (AIIG).

sia di fondamentale per un sapere che mira ad aiutare i discenti a com- prendere il proprio spazio nel mondo (Giorda, 2014), e perciò a inse- gnare a vivere. Come ci ha ricordato Edgar Morin (2015, p. 47) infatti «al cuore della crisi dell’educazione ci sono i fallimenti nell’insegnare a vivere. Saper vivere, problema di ognuno e di tutti, è nel cuore del problema e della crisi dell’educazione».

2. La necessità di una competenza localizzativa territorializzata