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Differenti strategie per differenti assetti insediativi

I dati archeologici non sono in grado di colmare ogni vuoto e non possono pretendere di sopperire a ciò che la documentazione scritta tralascia: non è questo il compito che spetta loro. L’autonomia di analisi e di metodo e soprattutto il confronto con altre “archeologie” di più lunga tradizione hanno consentito agli archeologi medievali di riflettere in modo puntuale sulla strategia più funzionale allo studio dell’insediamento medievale, calibrando alcuni parametri e plasmando alcuni presupposti metodologici, propri per lo più dell’archeologia classica, in funzione del proprio oggetto specifico di ricerca. Un esempio fra tutti è quello dell’applicazione di diversificati metodi di campionatura del territorio rurale a seconda che

310 TRAINA 1989, pp. 683-693.

l’oggetto di ricerca siano gli insediamenti di età antica o post-antica. Nel primo caso, infatti, è funzionale all’indagine una campionatura sistematica secondo transetti disposti in modo regolare sul territorio. Tale metodo risulta, al contrario, assai fuorviante per tutti quegli abitati che non seguano una logica di distribuzione ordinata e modulata sul territorio, come sono quelli altomedievali, che richiedono, invece, una ricognizione approfondita e serrata su ampie estensioni312.

L’impostazione di progetti sistematici e di largo respiro su alcuni comprensori più o meno vasti della nostra penisola ha consentito e tuttora permette di confermare, di integrare o di annullare alcuni “modelli teorici” con gradi differenti di specificità313.

E’ innegabile il fatto che la ricerca di superficie sconti un ritardo per la nostra penisola, per quanto riguarda tutta l’età post-antica, tuttavia i risultati desunti dalle indagini archeologiche degli ultimi decenni incoraggiano con nuovi stimoli lo studio dell’insediamento e accendono il dibattito metodologico in considerazione delle nuove prospettive aperte e dalle riflessioni scaturite da progetti già conclusi o in corso d’opera e dal confronto sempre più “alla pari” con il panorama archeologico europeo314.

L’insediamento altomedievale della pianura emiliana risulta molto sfuggente dal punto di vista materiale: condizioni di oggettiva mancanza di visibilità sono dovute sicuramente alla scarsità di indicatori cronologici e alla deperibilità di gran parte dei materiali utilizzati per le abitazioni e per gli oggetti di uso quotidiano315. Il fine al quale è stata indirizzata la ricerca

sugli insediamenti dei primi secoli del medioevo è stato verificare la presenza di una continuità insediativa. Si è perciò concentrata l’attenzione sugli insediamenti di età antica o tarda antica, al fine di individuare poi gli indicatori di età altomedievale che ne confermassero la qualifica di abitati “vincenti” rispetto a una percentuale altissima di siti “perdenti”. Un sostanziale cambiamento di prospettiva in campo archeologico vuole oggi porre al centro l’organizzazione insediativa medievale: si considera con maggiore attenzione l’ipotesi che l’invisibilità o “trasparenza” dell’alto medioevo, oltre a tutti i limiti riscontrati e accertati dal dato materiale più labile e rarefatto, debba essere valutata anche sulla base della collocazione degli abitati attuali che occultano in maniera decisiva fasi di vita riferibili a quel periodo, in

312 CAMBI, TERRENATO 1994, pp. 58-68; FRANCOVICH, PATTERSON, BARKER 2000; GELICHI 2005, pp. 7-9; GELICHI,

LIBRENTI, NEGRELLI 2005, in particolare le conclusioni a pp. 74-78.

313 FRANCOVICH, GELICHI 1988; FRANCOVICH, NOYÈ 1994; GELICHI, GIORDANI 1994; BROGIOLO 2001; Volpe 2001;

FRANCOVICH, HODGES 2003; BROGIOLO 2005; SAGGIORO 2005a; BROGIOLO, IBSEN, MALAGUTI 2006.

314 Per quanto riguarda il dibattito sulla metodologia dell’archeologia dei paesaggi si vedano i recenti contributi

contenuti in MANCASSOLA, SAGGIORO 2006. Nel contesto europeo un confronto necessario è ad esempio con gli

studi di L. Schneider in Francia (SCHNEIDER 1992; SCHNEIDER 2003; cfr. anche BOURIN-DERRUAU 1987) e di H.

Hamerow (in particolare HAMEROW 2002) per il popolamento anglossassone in Inghilterra.

una visione rivolta più agli sviluppi susseguenti che al legame retrospettivo con gli abitati antecedenti316.

Per i secoli altomedievali (dall’VIII all’XI secolo) l’intera pianura emiliana necessita di interventi di scavo sistematici. La stretta integrazione tra ricognizioni intensive e scavi mirati appare, infatti, come la strategia migliore per riuscire ad ottenere informazioni puntuali in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi, sull’insediamento rurale altomedievale.

Gli indicatori cronologici, rilevabili durante una survey sono certamente ridotti, tanto più se si confronta il dato quantitativo di quelli relativi ad altre età. Tuttavia, per quanto ridotti nel numero, e a maggior ragione per questo, è fondamentale considerare con la massima attenzione i marcatori a nostra disposizione.

Essenziale è la presenza di pietra ollare, talvolta nelle vicinanze di un insediamento antico o in associazione a terreno carbonioso e concotto o a frammenti di laterizi antichi; questi elementi, a cui si aggiunge la presenza di frammenti riconoscibili di ceramica da fuoco, costituiscono un indizio inequivocabile di un’occupazione altomedievale, anche se spesso la frantumazione subita da questi recipienti li renda quasi irriconoscibili nel corso di una ricognizione e quindi risulti molto complicato stabilire l’intervallo cronologico a cui si possono riferire317.

Scavi stratigrafici programmati laddove siano stati rinvenuti tali indicatori possono certamente contribuire alla definizione dei caratteri qualitativi e alla verifica della cronologia di quell’insediamento, fornendo poi dati rappresentativi che facilitano la lettura di altri siti equivalenti, analizzabili solo dai frammenti ceramici presenti in superficie in seguito alle arature nei campi. Per questo è significativo sottolineare la penuria, generalizzata a gran parte del territorio nazionale, di scavi specifici su abitati rurali dei primi secoli medievali, tanto da non permettere ancora di definire in modo attendibile dei modelli a cui riferirsi318. Più

frequenti sono certamente gli scavi di abitati romani, in cui si è riscontrata una continuità di vita anche per i primi secoli del medioevo, ma spesso queste fasi di frequentazione sono passate per lo più inosservate o, comunque, non sono state debitamente studiate.

Nella lettura diacronica dello sviluppo insediativo nelle campagne uno degli indicatori a cui è stata rivolta maggiore attenzione è la centuriazione. L’individuazione delle tracce della

316 GELICHI 2003, pp. 53-55. Una ricerca esemplare a tal proposito è quella di HALSALL (1995) sugli assetti

insediativi dell’Austrasia in età merovingia.

317 G

ELICHI 1987; LIBRENTI 1996; LIBRENTI 2000, p. 170; MANCASSOLA 2006.

318 Nella regione Emilia Romagna gli scavi di questo genere sono davvero pochi: certamente da ricordare è il

villaggio presso S. Agata Bolognese, cfr. GELICHI, LIBRENTI 2005; GELICHI, LIBRENTI c.s.. Un’eccezione nel

panorama nazionale è costituito dalle diffuse e approfondite ricerche condotte in Toscana, che hanno consentito di tracciare una sintesi e di postulare modelli insediativi fondati su dati archeologici, ovviamente non applicabili aprioristicamente ad altri contesti regionali. cfr. una sintesi in FRANCOVICH, VALENTI 2005 e anche VALENTI 2005

suddivisione agraria attuata in età romana è stata spesso interpretata come segno di continuità. In età romana il confine tra Modena e Bologna era attestato lungo il corso del paleoalveo del torrente Samoggia; oltre al confine determinato dal fiume è stato ipotizzato che qui corresse anche il limite centuriale tra i due municipia. Sulla base della ricostruzione della viabilità antica e le individuazione delle tracce degli assi centuriali, sono stati individuati 25 decumani ancora oggi riconoscibili fino a S. Giorgio di Piano; tuttavia le variazioni idrografiche del Reno, del Savena e del Samoggia determinarono sicuramente grossi danni al reticolo centuriale bolognese319.

Gli studi compiuti di recente nel territorio di Maccaretolo hanno messo in luce le tracce della persistenza della viabilità antica anche nel corso dell’alto medioevo. In particolare sono state riconosciute tra Rubizzano e Maccaretolo, lungo attuale scolo Calcaratella (da C. dell’Opera di Rubizzano a Valle Piombino, a nord di S. Vincenzo vecchio, fin quasi al corso attuale del Reno) le tracce della direttrice centuriale che, partendo da Bologna, proseguiva in direzione Saliceto- Bentivoglio, a cui poi si raccordavano le strade che costeggiavano il Reno in età romana320.

Le ricerche svolte sul campo con l’obiettivo specifico di studiare l’insediamento rurale nell’età altomedievale hanno dimostrato come sia necessaria una maggiore cautela nel valutare la persistenza degli assi centuriati. In particolare è stato sottolineato il discrimine tra quella che può essere una effettiva continuità di suddivisione topografica del territorio e la reale gestione dell’organizzazione agraria. Infatti i dati archeologici attestano in modo incontrovertibile la crisi del sistema di conduzione colonico-familiare già a partire dal III secolo d.C. I piccoli nuclei insediativi distribuiti in maniera sparsa e regolare nelle campagne sono talvolta abbandonati o, nella maggior parte dei casi, sono trasformati in modo sostanziale nel loro assetto, attraverso l’accorpamento della proprietà e l’aggregazione dei servizi321.

Nello specifico del territorio emiliano, per esempio sulla base delle ricognizioni effettuate nel comprensorio modenese, è attestata una notevole contrazione degli insediamenti già nella seconda età imperiale, mentre nel tardoantico si assiste ad una loro ripresa, talvolta anche accentuata, benché permanga una rarefazione insediativa in confronto alla situazione di età imperiale322.

319 CHEVALLIER 1960; BOTTAZZI 1988; CALZOLARI 1988; BONORA MAZZOLI 1989; FERRI, CALZOLARI 1989. 320 BOTTAZZI 1991, pp. 43-113; BOTTAZZI 2003.

321 GIORDANI 1988, pp. 481-482; ORTALLI 1986, pp. 564 – 576.

E’ stato appurato che un gran numero di abitati tardoantichi risulta impostato su insediamenti di età imperiale, in particolare sulle ville urbano-rustiche. Tuttavia i connotati di queste strutture, desunti da scavi mirati, risultano fortemente modificati. Si assiste ad una trasformazione di assetto: in particolare, la pars urbana perde la destinazione d’uso originaria, lo spazio abitato viene ridotto, si verifica la riconversione funzionale di alcuni ambienti ed il reimpiego delle componenti di lusso che in principio caratterizzavano questi edifici. Sono attestati anche nuovi insediamenti di modeste dimensioni: nella maggior parte dei casi si tratta di fattorie, i cui indicatori cronologici specifici sono costituiti da ceramica grezza associata a quella verniciata e talvolta a frammenti di anfore. E’ dunque stato ipotizzato che già all’inizio dell’età tardoantica si sia affermato un nuovo “modello” insediativo, determinato da una differente conduzione della proprietà, perpetuatosi anche durante la dominazione gota323.

E’ importante ricordare, poi, che alcuni risultati di recentissima acquisizione dimostrano che la persistenza di assi centuriati nel corso del medioevo non corrisponde nemmeno ad un indizio dirimente su una generica continuità insediativa. Così è il caso del territorio nonantolano, di cui è possibile ancora oggi ricostruire l’assetto centuriale, ma che le ricognizioni intensive svolte negli ultimi anni hanno provato essere privo di insediamento sparso durante i secoli altomedievali324.

Sempre basandosi sulle fonti materiali è ancora tutto da verificare il processo di accentramento insediativo conseguente alle trasformazioni nella conduzione della proprietà, che le fonti scritte mostrano progressivamente concentrata nelle mani dell’alta nobiltà laica ed ecclesiale. Come si è visto, infatti, le sintesi storiografiche in proposito sottolineano una sostanziale dicotomia tra l’organizzazione del territorio nella Langobardia rispetto a quella nella Romània, rilevando nella prima un accentramento precoce in villaggi e castelli, la cui diffusione è invece tardiva nella seconda325. Tuttavia l’accentramento insediativo nella

Langobardia finora non è sostenuto da dati archeologici consistenti; i pochi esempi rinvenuti in ricognizione attestano strutture ampie con rialzi e fossati notevoli, ma sono in numero decisamente inferiore rispetto a quello desumibile dalle fonti di XII e XIII secolo326. Alla luce

delle consistenti limitazioni nella leggibilità degli insediamenti altomedievali (irregolarità nella distribuzione demica, deperibilità dei materiali costruttivi legata spesso alla temporaneità di occupazione, conoscenze ridotte sulla “cultura materiale” e penuria di indicatori cronologici) risulta inaccettabile sostenere acriticamente la spiccata contrazione

323 GELICHI, GIORDANI 1994, pp. 135 - 150.

324 GELICHI, LIBRENTI 2004; LIBRENTI, NEGRELLI 2006. 325 CASTAGNETTI 1982; FUMAGALLI 1985d; MONTANARI 1988. 326 LIBRENTI 2000, p. 171; LIBRENTI, MICHELINI, MOLINARI 2004.

insediativa, sulla base della diretta associazione tra quantità di dati archeologici e numero di insediamenti327.

Fig. 8 – Le tracce centuriali ancora oggi riconoscibili nella pianura emiliano-romagnola (immagine rielaborata da LIBRENTI, NEGRELLI 2006).