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Difficile operatività dell’istituto fino alla svolta della sentenza n 14815/

Nella prima fase di entrata in vigore del Decreto, caratterizzata da disorientamento e difficoltà nel rendere operativo l’istituto, si rinvenivano solo pochi e isolati casi. Oltre all’ipotesi di litisconsorzio in fase di gravame, come prevista dall’art. 49 del Decreto, espresso richiamo dell’art. 331 c.p.c., se ne riconosceva un possibile impiego nell’ambito delle controversie catastali, di cui all’art. 2, III comma, del Decreto. In base a quest’ultima norma, si attribuiscono alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura,

l’estensione, il classamento dei terreni e delle singole unità immobiliari e l’attribuzione della rendita catastale. Utilizziamo quest’ultima fattispecie e poniamo, a titolo esemplificativo, che venga modificata la rendita catastale di una unità immobiliare la cui proprietà appartiene a più soggetti. Sappiamo che gli estimi catastali vengono utilizzati come base per il calcolo di determinati tributi (es. Ici, oggi Imu), un cambiamento della rendita, determina una modifica dello status dell’immobile, di conseguenza una variazione di quanto spettante all’Amministrazione finanziaria. Affinché non si verifichino differenze di rendita catastale in capo ai vari comproprietari, è necessario che tale decisione venga assunta nei confronti di tutti loro, configurando, perciò, un’ipotesi di litisconsorzio necessario54.

Poste queste due fattispecie oramai consolidate, le difficoltà dell’interprete erano palesi e proprio per tale ragione intervenne il Ministero delle Finanze prospettando alcune ipotesi di litisconsorzio necessario55:

 la prima si rinveniva nel disposto degli articoli 43-bis56 e 43-ter57 del D.P.R. n. 602/1973. Si fa riferimento alla responsabilità solidale dipendente tra cedente e cessionario;

 la seconda era connessa a quanto previsto nell’art. 73, III comma, del D.P.R. n. 633/1972. In tema di dichiarazione e versamenti Iva, società controllanti e controllate sono solidalmente responsabili relativamente alle cessioni delle eccedenze;

 la terza era prevista all’art. 6 del D.M. 13 dicembre 1979. In base alla menzionata disposizione, le società controllate rispondono in solido con l’ente o

54IZZI G., Brevi note in tema di litisconsorzio necessario nel processo tributario, in “Rivista di diritto

tributario”, 1/1993, p. 995.

55 Circolare Agenzia delle Entrate n. 291/E 1996. Modifiche alla disciplina del processo tributario.

Articolo 12 del decreto legge 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 ottobre 1996, n. 556.

56 II comma:“Ferma restando nei confronti del contribuente che cede i crediti di cui al comma 1

l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 43(“L’ufficio delle imposte procede mediante reiscrizione a ruolo, non oltre il secondo anno successivo a quello in cui fu eseguito il rimborso, al recupero delle somme erroneamente rimborsate, dandone avviso al contribuente”), il cessionario risponde in solido con il contribuente fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsate, a condizione che gli siano notificati gli atti con i quali l’ufficio delle entrate o il centro di servizio procedono al recupero delle somme”.

57 I comma:“Le eccedenze di imposta sul reddito delle persone giuridiche […] risultanti dalla

dichiarazione dei redditi delle società o enti appartenenti ad un gruppo possono essere cedute, in tutto o in parte, a una o più società o all’ente dello stesso gruppo […]”.

la società controllante per il pagamento delle imposte risultanti dalle proprie liquidazioni periodiche o dalle proprie dichiarazioni e non versate dall’ente o società controllante.

La dottrina ha poi offerto ulteriori contributi. Era unanime nel riconoscere l’operatività del litisconsorzio necessario (per esigenze di natura processuale) in caso di morte del ricorrente, in conseguenza della quale veniva trasmessa la legittimazione processuale agli eredi58. La responsabilità fiscale di questi aveva origine dall’apertura di una successione mortis causa. Un Autore59 ha effettuato un’attenta disamina di questa fattispecie, individuando tre tipi di effetti derivanti dalla successione: innanzitutto si aveva la successione nei diritti del de cuius scaturenti da rapporti tributari (es. diritti di rimborso, gli eredi acquistano la titolarità di tali somme); poi, si aveva la successione nell’adempimento di obblighi formali che avrebbero fatto capo al defunto (es. presentazione della dichiarazione dei redditi per quei redditi prodotti o percepiti prima della morte); infine, si aveva la successione nei debiti di imposta riferibili al de cuius. La legge tributaria prevedeva una responsabilità di tipo solidale tra gli eredi per le obbligazioni tributarie il cui presupposto si era verificato anteriormente al decesso del contribuente60. Responsabilità solidale che doveva essere intesa così come disciplinata in ambito civile (estendibilità agli altri eredi degli effetti favorevoli, non di quelli sfavorevoli). Gli eredi potevano sottrarsi a tale responsabilità mediante la rinuncia all’eredità (art. 519 c.c.), evitando la confusione dei patrimoni di erede e defunto, precludendo così all’Amministrazione finanziaria la possibilità di soddisfare le proprie pretese rivolgendosi al rinunciante. È intuitivo che, ove vi fosse stata revoca della rinuncia, si ritornava alla situazione inizialmente prospettata ovvero alla responsabilità tributaria dell’erede. Altra strada percorribile era quella dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, ancora una volta si evitava la confusione dei patrimoni e presentava la peculiarità di circoscrivere la responsabilità fiscale all’ammontare dell’attivo ereditario.

Come si può notare, le ultime fattispecie elencate (quelle della Circolare n. 291/E del 1996 e quella della responsabilità degli eredi per i debiti fiscali del de cuius) risultano

58 In mancanza di eredi non si apre alcuna successione mortis causa. In tal caso l’Amministrazione

finanziaria farà valere le proprie pretese sul patrimonio del defunto.

59FLESSATI B., op. cit., p. 216 ss.

60 Art. 65, I° comma, D.P.R. n. 600/1973. Diversamente da quanto previsto a livello civilistico in cui

disattese da quelli che sono i nuovi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. Si è voluto comunque descriverle con una certa attenzione proprio a significare come vi fosse la convinzione che anche in ipotesi di solidarietà tributaria trovasse applicazione l’istituto litisconsortile e come in tal senso era stata studiata dettagliatamente la disciplina e i vari aspetti che essa poteva presentare. Si dimostra ancora una volta come l’art. 14 abbia comportato non poche difficoltà interpretative e quali sforzi abbia richiesto.

Sottraendo dall’ambito del litisconsorzio necessario la materia della solidarietà tributaria, l’istituto risultava privo di riscontro concreto e non si riusciva perciò a giustificare e valorizzare l’originaria necessità di prevedere nel processo tributario una “embrionale disciplina dei processi con pluralità di parti”61.

La dottrina62, in realtà, aveva espresso una parziale apertura all’impiego del litisconsorzio necessario nell’accertamento dei redditi in forma associata, ma la giurisprudenza era di opinione opposta rilevando sempre il carattere separato delle controversie che riguardano i singoli soci da quelle che riguardano la società63.

Si dovettero aspettare ancora alcuni anni per consacrare l’effettivo valore dell’istituto in esame e la conferma è giunta a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 14815 del 2008, con la quale si è sancita la necessità del litisconsorzio necessario nelle controversie tra società di persone e relativi soci. A mio parere, la sentenza in esame ha fornito il necessario input per vedere l’istituto del litisconsorzio da un’altra prospettiva, attribuendogli l’effettiva valenza che il legislatore della riforma aveva cercato di conferirgli. Strumento attraverso il quale risolvere il problema della legittimazione sia attiva che passiva tale per cui la pronuncia non possa essere espressa se non nei confronti di tutte le parti. Ne derivano poi ulteriori vantaggi strettamente connessi a ragioni di economia processuale, scongiurando quindi il proliferare di giudizi aventi

61 Relazione ministeriale al d. lgs. n. 546/1992.

62 ALTIERI E., Accertamento nei confronti di società di persone e soci nel processo tributario.

Litisconsorzio necessario?, in “il fisco”, 5/2003, fascicolo 1, p. 640.

63 Sentenza della Cassazione n. 8567 del 22 giugno 2001. In realtà, in una sentenza precedente (n. 10410

del 21 ottobre 1998), la stessa Cassazione si era espressa in senso contrario ammettendo, seppur tenuamente, che “in tema di contenzioso tributario, quando il medesimo organo giudicante si trovi a pronunciare contestualmente più decisioni in cui siano affrontate questioni legate fra di loro con un vincolo di consequenzialità necessaria, è consentito che la motivazione di una decisione consista in un rinvio alle argomentazioni svolte nell’altra; in tal caso non si ha tanto la motivazione di una sentenza per

relationem, cioè mediante rinvio agli argomenti contenuti in altra sentenza, ma piuttosto la constatazione

che la decisione in un certo senso di una delle controversie comporta necessariamente l’identica conclusione per l’altra”.

medesimo oggetto, ma soprattutto evitando l’imbarazzo di giudicati contrastanti.

A seguire si approfondirà meglio la questione inerente l’impugnazione dell’avviso di accertamento del reddito delle società di persone e si prospetteranno gli ulteriori casi di impiego riscontrati nel tempo.

Capitolo II

LITISCONSORZIO NECESSARIO NELLE SOCIETA’ DI PERSONE